La Cina in pieno boom

 

  By: FJF1 on Lunedì 05 Luglio 2004 14:15

adde: sabato sull'illeggibile giornale di torino, si leggeva ovviamente una gran gioia e un ulteriore attacco a Tremonti. Veniva costì velatamente inoltre accusato (cito a memoria) di Colbertinismo , per il tentativo di "ceare nuovi dazi e quote". Ciò che altri hanno compreso e combattuto ( logo sulle merci fabbricate in america "MADE WITH PRIDE IN USA") già da 20 anni, in questa regione del mondo - Europa - viene innalzato a modello quale modo di affrancamento dei paesim meno ricchi da quelli più ricchi. Parafrasando il nostro presidente Cossiga nel rivoplgersi a Rainer Masera " Cari amici decidete voi: o imbecilli o incompetenti". Cari amici - aggiungo io- la somma delle due cariche E' COMPATIBILE

Compra in USA roba cinese - FJF1  

  By: FJF1 on Lunedì 05 Luglio 2004 13:48

Giovanni Ancora d'accordo. Un Esempio : monitors da 19" LCD Vesa Mountable Produttore: azienda specializzata in high tech medicale (dunque il meglio del meglio professionale, altro che Sony). Contrasto 700:1 luminanza 400cd Peso 7.5 Kg Garanzia: 3 anni ; contarttualmente garantiti 0 pixels dead e non più di 3 sub pixels dead Prezzo: 657 USD (or 545 €) Quanti pensi ne abbia ordinati tempo fà? Il punto non è solo l'aspetto deflattivo, ma quello che questa regione - l'Europa- è in grado di proporre con un adegauato rapporto prezzo qualità. Altri 3 esempi: SUV ovvero la maggior parte della categoria di veicoli immatricolati sul nuovo in US *Porsche Cayenne S: se lo compri in US lo paghi circa il 16% in meno che in Italia. Il che significa che - ovviamente - Porsche e concessionari fanno pricing listini export USA usando una Base minore di 100, a occhio meno di 90. Perchè? Per questo motivo: *Cadillac SRX-2 ( ma vale lo stesso per ININITY FX Toyota) ovvero comparabile con Porsche. Sticker price? a partire da 36.000 USD Con 30.000 Euro cosa compri in Italia? Una Ulisse 2.0 16v Emotion senza accessori. Veramente una "Emotion". Ste4sso vale nell'abbigliamento lusso o no: cravatte? un tempo Zegna e Ferragamo erano le più care del mercato USA 115-125 USD ( fatto salvo Hermes che gioca fuori categoria da sempre in tutto perchè sono i più bravi .In tutto) Ora sno a 135 USD entrambi ( dunque non più altissimo di gamma come posizionamento) . E meno care che in Europa. (Zegna circa 120€ ) Differenziali di cambio? non solo. Capacità di un sistema paese ( USA) contro incapacità di una molteplicità di sistemi paesi ( Italia e Europa). Le conclusioni sul lungo periodo traetele voi.

Niente inflazione, obbligazioni che salgono - gz  

  By: GZ on Lunedì 05 Luglio 2004 12:02

Ero a telefonare da NY all'italia un telefono fisso con un cellulare americano e sentivo prima che iniziasse la comunicazione: "... avete ancora 34 dollari e avete 40 ORE DI COMUNICAZIONE ..." Poi sempre da NY con un cellulare americano chiamavo un cellulare in italia e sentivo prima che iniziasse la comunicazione: "... avete ancora 33 dollari e 24 ORE DI COMUNICAZIONE ..." In altre parole ecco perchè le telecom americane sono sul fondo da due anni e non si risollevano, telefonare ormai è quasi gratis in America, chiami con un cellulare un cellulare in Italia a un costo di un dollaro per ogni ORA di telefonata!. E chiami un fisso in Italia per mezzo dollaro all'ora. Questa è DEFLAZIONE non INFLAZIONE Sono stato a fare spese in un paio di mega centri commerciali a NY e poi anche in posti come Chinatown a NY e mi sono ritrovato a spendere ad es 100 dollari ottenendo in cambio una quantità di oggetti, elettronici, tessili e di altro genere che non mi sarei aspettato Forno a micronde da 25 dollari, cellulare da 29$, pc pentium IV da 800 dollari, tutte le tute, magliette, berretti e occhiali da sole che vuoi per 40$, l'Armani Exchange che ha roba sportiva non male di Armani tutta per meno di 50 dollari a pezzo e poi a Chinatown imitazioni perfette di tutta la moda e rolex vari per cifre ridicole ovviamente, mobili da ufficio stile ikea per pochi dollari... La Cina produce produce produce e tutti i prezzi delle merci producibili in cina calano e ^ogni mese aumenta la gamma di prodotti che la Cina riesce a fabbricare, fra poco tocca ai semiconduttori, DVD e TV piatte LCD, non si è mai visto una cosa del genere nella storia#http://www.nytimes.com/2004/07/04/magazine/04CHINA.html?pagewanted=print&position=^. Leggere questo ottimo pezzo del New York times. La Cina ormai produce tutto il tessile e abbigliamento e allo stesso tempo entra nell'alimentare (il pomodoro e il prosciutto in Italia diventa sempre più cinese..) e allo stesso tempo ora entra nei settori tecnologici. E le ultime notizie sono che la popolazione non sia 1.3 miliardi come dice il governo, ma quasi 1.5 miliardi ! Ecco perchè, nonostante aumenti dei costi nella sanità, assicurazioni, faccende legali e nell'energia nell'insieme non c'è vera inflazione in America dove importano ormai tutto dalla Cina. Ed ecco perchè i bonds alla fine non scendono

 

  By: panarea on Martedì 27 Aprile 2004 12:29

x tutti i pensatori occidentali un economia capitalistica basata sul lucro e sul profitto non può prescindere da una democrazia vera. non a caso i mercati finanziari + sviluppati sono in uk e usa, patria della democrazia moderna. in cina circa 500 mln di persone stanno cavalcando il capitalismo in modo selvaggio (chiedere a chi c'è stato) ma non avanzano pretese democratiche (leggersi ultimi programmi del governo cinese x HK) è possibile? quanto può durare? occhio che se x qualsiasi motivo (SARS, rivolte, ect) si ferma la cina sono c***i amirissimi x tutti

 

  By: Mr.Fog on Martedì 27 Aprile 2004 10:40

Piccolo ripasso...da leggere con calma. Da asianews: Roma (AsiaNews) - Se la crisi irachena, o di un altro Paese del Golfo Persico, dovesse bloccare le esportazioni di petrolio da quell’area, colpirebbe l’Asia più di qualsiasi altra regione del mondo, perché è dal Golfo che proviene il grosso delle sue forniture di energia. Il prezzo del greggio potrebbe arrivare ad oscillare tra i 60 ed i 90 dollari al barile e la crescita economica di tutto il continente ne sarebbe paralizzata. Ma, anche senza evocare tali scenari, già ora l’Asia, ed in particolare la Cina, influenzano pesantemente il prezzo del petrolio. All’origine dell’aumento dei prezzi del greggio verificatosi nel primo quadrimestre di quest’anno non c’è infatti una speculazione dell’Opec, ma proprio l’esplosione della domanda di energia in tutta l’Asia ed in particolare in Cina. Proprio la Cina, infatti, ha registrato il maggior aumento delle importazioni e per il 60 % di queste dipende dal Medio Oriente. Ne è prova quanto accade in questi giorni: siamo nel periodo dell’anno nel quale si verifica una riduzione dei prezzi del greggio, poiché è minore l’esigenza di riscaldamento nel nord del mondo, dove vive la maggior parte della popolazione mondiale. Per prevenire il calo dei prezzi, a febbraio l’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, aveva deciso di tagliare di circa il 10% le forniture. In realtà sia l’Opec che la IEA, l’Agenzia internazionale dell’Energia legata ai paesi occidentali, hanno sottostimato la domanda di energia dell’Asia che sta vivendo una stagione di forte espansione, e agli inizi di aprile hanno dovuto modificare le proprie previsioni. D’altro canto, secondo l’agenzia cinese Xinhua, nel primo trimestre di quest’anno le importazioni petrolifere della Cina sono aumentate del 35,7 % e nel corso del 2004 si prevede supereranno i 100 milioni di tonnellate. L’incremento dell’intero 2003 rispetto all’anno precedente è stato invece del 31,2%. Il dato è particolarmente significativo in quanto, dopo gli Stati Uniti, la Cina è divenuto il secondo paese importatore al mondo ed in gennaio il consumo cinese ha toccato il record di 6,09 milioni di barili al giorno (b/g), all’incirca il 7,5 % del consumo mondiale di 80 milioni di b/g. In base alle nuove previsioni più del 35 % della crescita mondiale del consumo di petrolio, 1,65 milioni di b/g, deriverà dall’incremento della domanda cinese, forte particolarmente per i prodotti petroliferi destinati alla produzione dell’elettricità, richiesta dalla rapida crescita industriale. Al tempo stesso la Cina sta cercando di ridurre l’impiego del carbone, che nel 2003 ha fornito il 61% dell’energia, ma con impianti generalmente obsoleti che consumano in media il 22,5 % più di quelli occidentali. Il largo impiego del carbone, che non ha riscontri in altri paesi, ha essenzialmente due ragioni: la prima che essendo estratto localmente non comporta esborsi valutari e la seconda che, grazie ai bassi salari, è disponibile a prezzo molto concorrenziale. L’utilizzo del carbone ha però molti inconvenienti, sia per l’estrazione (gli incidenti con perdita di vite umane), sia per il trasporto (gli enormi volumi movimentati aggravano la già acuta paralisi delle comunicazioni terrestri) sia per l’inquinamento. In particolare la combustione di grandi quantità di carbone comporta seri problemi ecologici: molte città sono soffocate da una cappa di smog, che ha effetti sulle precipitazioni (le piogge acide) e nella circolazione atmosferica: in alcune zone aumentano i rischi di desertificazione, in altre le inondazioni in determinati periodi dell’anno. La produzione di elettricità, pur cresciuta nel 2003 di circa il 15% e del 16,4 % nel primo trimestre di quest’anno, non basta a soddisfare la domanda potenziale ed il deficit delle forniture sarà quest’anno di almeno 30 milioni di kW. La conseguenza è che nel 2003 in 21 provincie si sono verificati continui tagli alle forniture, che nel primo trimestre di quest’anno hanno riguardato 24 regioni. Avendo ora maggiori disponibilità di valuta convertibile grazie al forte attivo delle esportazioni industriali, la Cina sta cercando di diversificare le sue fonti di energia. Asianews ha già riferito degli sforzi per assicurarsi forniture di gas naturale da Australia, Indonesia, Russia (Siberia Orientale), Turkmenistan, Qatar, Arabia Saudita ed Iran. Per quanto riguarda i grandi impianti idroelettrici, quelli in costruzione (tra cui la diga delle Tre Gole, molto contestata dagli ecologisti) sono 28, mentre l’energia nucleare nel 2020 dovrebbe fornire 36 milioni di chilowatt, appena il 4 % del consumo elettrico. Sia gli impianti idroelettrici che quelli nucleari che infine i gasdotti richiedono però lunghi tempi di realizzazione e soprattutto enormi investimenti. Per questi ultimi c’e’ un concreto vincolo finanziario perché considerando tutti i settori dell’economia, l’investimento in Cina in conto capitale fisso, cioè in impianti e macchinari, è letteralmente schizzato a ritmi insostenibili: con un incremento nello scorso trimestre del 43 % rispetto allo stesso periodo del 2003, il rischio di un “surriscaldamento economico” è in pratica una certezza. A breve termine, dunque, la Cina non può far altro che ricorrere a maggiori importazioni di prodotti petroliferi. Finora però gli effetti sui prezzi sono stati relativamente contenuti: il greggio inglese Brent, maggiormente utilizzato a livello mondiale come parametro di riferimento, negli ultimi mesi è passato da circa 28 $ a quotazioni tra i 32 ed i 33 $ al barile. Per altre materie prime l’emergere dei consumi cinesi ha avuto effetti più marcati sui prezzi. Asianews ha già riferito degli aumenti di prezzo dei prodotti siderurgici che in certi casi ha toccato il 300 % a causa appunto della domanda cinese. Quotazioni record hanno raggiunto anche molti metalli non ferrosi come il molibdeno, il rame (quasi più 90 % nei 12 mesi) ed il nichel (quasi il 140 % in più in un anno). Il prezzo della soia ha raggiunto le maggiori quotazioni dal 1988 mentre per il mais ed il grano le quotazioni sono ai massimi degli ultimi 18 mesi. Il punto è che il modello di sviluppo cinese è caratterizzato da un intenso uso delle risorse: se nel cinquantennio dalla fondazione della Repubblica popolare il Pil (Prodotto interno lordo) è cresciuto di dieci volte, il consumo delle risorse minerarie è aumentato di più di quaranta volte. Lo scorso anno la Cina rispetto al totale mondiale ha consumato il 31 % del carbone, il 30 % del minerale di ferro, il 27 % dell’acciaio il 25 % della allumina, il 40 % del cemento. Viceversa il Pil della Cina lo scorso anno è stato un po’ meno del 4 % di quello mondiale e la sua popolazione circa il 20%. è quindi probabile che anche il consumo di petrolio cresca dall’attuale 7,5 % del totale. Per rendere più evidente la portata del problema energetico occorre considerare che nel 2001 il partito comunista ha fissato l’obiettivo di quadruplicare per il 2020 il PIL. Anche supponendo un relativamente modesto tasso medio di crescita annuo del PIL del 6 % (crescita per il corrente anno stimata al 9,5 %) le sole importazioni di petrolio nel 2020 dovranno essere di sei milioni di barili al giorno. Si tratta di un quantitativo che è ben sei volte il volume di importazioni del 1999, tre volte circa il volume del 2004, con una progressione quindi molto veloce. A titolo di paragone, nel 2002 il totale della produzione OPEC è stato di 24 milioni di b/g ed il totale delle esportazioni dell’Arabia Saudita è stato pari a circa sette milioni di b/g. Ovviamente se la crescita dovesse essere effettivamente quella programmata per il 2020 e se dovessimo tenere conto della necessità di ridurre il consumo di carbone o del fatto che si prevede un forte aumento delle immatricolazioni di autovetture (+ 75,3 % nel 2003) oltre l’intera produzione mediorientale di greggio dovrebbe essere allocata per soddisfare solo il fabbisogno cinese. L’Asia ha perciò necessità di una pace stabile e duratura in Medio Oriente più di qualsiasi altro continente. La domanda petrolifera cinese ed in generale asiatica ha infatti un particolare fabbisogno di benzina e distillati leggeri (gasolio e cherosene). In caso di una crisi che bloccasse i porti del Golfo persico, data la bassa capacità asiatica di desolforazione dei greggi pesanti e ad alto contenuto di zolfo, solo in Africa Occidentale sarebbe possibile reperire forniture di greggi leggeri ed a basso contenuto di zolfo. Assetate di energia, l’Asia e la Cina verrebbero a dipendere dagli imbarchi di super petroliere costrette a compiere il lungo periplo dell’Africa attorno al capo di Buona Speranza.

 

  By: Giancarlo on Mercoledì 11 Febbraio 2004 17:17

Giorgia, ho telefonato nuovamente .... non ci eravamo capiti. IB ha tutto quello che serve Grazie, Giancarlo

 

  By: LaSignoraMaria on Mercoledì 11 Febbraio 2004 13:58

"....Iteractive Brokers e mi hanno detto che anche loro non hanno futures sull'euro..." ----------------------------- Le possiamo assicurare che nel caso di Interactive Brokers hanno futures sull'euro, il simbolo è "EUR", dovrebbe parlare con Fernandino Macedo a IB

 

  By: Giancarlo on Mercoledì 11 Febbraio 2004 13:33

Giovanni, Sia Intesa che Etrade non trattano futures sull'euro ed ho telefonato ad Iteractive Brokers e mi hanno detto che anche loro non hanno futures sull'euro. Se fosse così mi pare che l'unica soluzione sia gcitrading suggerita da Paola. Per favore qual'è il simbolo/ nome del future da utilizzare. Grazie, Giancarlo

 

  By: paolagir on Martedì 10 Febbraio 2004 22:32

... oppure dai un'occchio a gcitrading.com dove ti copri i 50.000 con 4 lotti da 50 euro o dollari (a seconda di

 

  By: GZ on Martedì 10 Febbraio 2004 15:20

FUTURES è la parola magica occorre che Intesa o altri abbiano il future sull'euro o altri cambi

 

  By: Giancarlo on Martedì 10 Febbraio 2004 13:06

Un paio di mesi fa avevo letto un post che spiegava come fare hedging a seguito alla apertura di un c/c in dollari. Come faccio ad evitare il rischio sul cambio rispetto al dollaro? Quale strumento devo utilizzare e per quale controvalore avendo ad es. 50.000 euro da depositare. Al momento ho due conti uno con Etrade ed uno con Intesatrade e quindi preferirei utilizzare qualcosa che già trovo presso di loro. In alternativa penso che dovrò aprire un conto presso Interactive Brokers. Grazie, Giancarlo

 

  By: GZ on Martedì 10 Febbraio 2004 10:52

Come volevasi dimostrare "..il prezzo dei Noli marittimi per il trasporto merci è triplicato ..."

Dove che si guadagna veramente ora ? Con le materie prime - gz  

  By: GZ on Martedì 10 Febbraio 2004 01:43

Dove si guadagna veramente ora ? Con le materie prime Leggo oggi che il prezzo dell'Acciaio è raddoppiato in un anno da 130 a 265 $ a tonnellata in USA. Credo che l'ultima volta che è successo sia stato nei primi anni '70, ma allora c'era un inflazione generale al 12% almeno Da inizio anno sento che il prezzo dei Noli marittimi per il trasporto merci è triplicato e ora il rame è salito di un altro 20% perchè si sono messe in cantiere un sacco di navi per trasporto merci perchè non ce ne sono a sufficienza Per l'Argento leggo che ci sono ora ritardi in Asia di sei settimane nel consegnare il lingotto da 5 kg --------------- /www.thestreet.com/i/dps/te/theedge1.html ------------------ ..................Anyway, his company uses steel. Thousands and thousands of tons of it. And he has this to say about the rate of price increase in his steel supply: "In my 27 years, I've never seen anything like it." Major mills and mini-mills are raising prices about as fast as they can. Scrap steel that costs $130 a ton last year is now $265 a ton. U.S. Steel has raised prices a total of 50% on him, and they're trying for more. The problem, of course, is China, which has opened mini-mills that use scrap metal that country doesn't generate enough of. But there is also a coke processing unit in Gary, Indiana that went down last year, further hurting steel supply in the U.S ------------------------- /www.minyanville.com/gazette/newsviews/--------------- Chatted to my local bullion dealer here and they have a 6 week delay on 5kg silver bars… (supply is not keeping up with demand; hasn’t for nearly 20 years). Base metals are well bid and the dollar holds the key going forward

 

  By: GZ on Giovedì 15 Maggio 2003 11:27

sì è vero, è sempre il solito ^fondo Japan Small Cap quotato a NY#A:9917^ che ho discusso varie volte e che è nei portafogli

 

  By: polipolio on Giovedì 15 Maggio 2003 09:32

GZ, Forse son scemo ma non vedo il ticker nel grafico. Potresti dircelo?