Re: La nuova civiltà ¶
By: XTOL on Lunedì 11 Novembre 2019 10:58
questa è la descrizione più chiara possibile del perchè il comunismo fallisce regolarmente
è un po' lunga per un post, ma credo valga la pena di essere letta con attenzione
Come spero saprete nella giornata di ieri si è celebrato il trentennale della caduta del muro di Berlino.
Molte parole sono state scritte su come è successo tale evento, peraltro tutte estremamente interessanti.
Un punto però mi pare non sufficientemente chiarito.
Anzi, direi almeno in Italia, semplicemente evitato.
Ovvero: perchè?
Perchè il muro di Berlino è crollato?
Per comprendere appieno le ragioni del crollo, bisogna allora spiegare la ragione che ha portato al fallimento il modello socioeconomico sul quale si basava il muro.
E questo modello è il comunismo.
Ecco, oggi proviamo a comprendere perchè il comunismo non ha funzionato, in Germania est, ma ormai si può tranquillamente dire ovunque nel mondo.
Infatti, se il crollo del comunismo nella ex DDR fosse stato un evento unico nel panorama della storia comunista, potremmo concludere che il fallimento dei quell'esperimento fu un problema strettamente locale.
Ma così non è.
Dal 1917, ovvero dalla rivoluzione russa in poi, il comunismo è stato sperimentato in numerosi altri paesi del pianeta e in mille salse diverse.
Oltre all'esperienza sovietica, si è andati dal maoismo cinese al comunismo caraibico cubano.
Si è proseguito col comunismo autogestito jugoslavo, fino al comunismo monarchico stalinista della corea del nord.
In tutti i casi il sistema o non ha aumentato lo stile di vita dei propri cittadini, come a Cuba, o l'ha perfino ridotto, come in Corea del Nord, o semplicemente è crollato su se stesso dopo alcuni anni, come in tutti gli altri casi.
Quindi non esiste un caso che sia uno, di sistema economico e sociale di stampo comunista o generalmente anticapitalista, che in un secolo di storia abbia prosperato creando ricchezza e benessere per i propri cittadini (e no, la Cina non è un esempio a favore, visto che perlomeno dal 1993 non è più un paese comunista e dal 2001 è a tutti gli effetti un sistema economico capitalista).
Non uno quindi.
A questo punto è evidente che tale sistema ha un problema “genetico” di adesione alla realtà nel senso evolutivo e darwiniano del termine.
Dove risiede questo problema?
Per ragioni di brevità possiamo riassumerlo in due grandi categorie:
1) l'uso nella strutturazione del sistema economico di una teoria economica errata, ovvero il marxismo
2) l'impossibilità di evitare in senso più generale, quindi riguardante ogni modello anticapitalista, tutti i problemi sottolineati dalla critica neoclassica marginalista al socialismo.
Problemi espressi inizialmente da Pareto nei primi del '900, ripresi e ampliati nel 1920 da Ludwig Von Mises, e chiariti in ogni loro aspetto infine da Friedrich Von Hayek negli anni '30.
Esaminiamo quindi i due aspetti.
Per il marxismo è relativamente semplice.
Come dovremmo sapere Marx non ha mai parlato di come dovrebbe essere un sistema economico comunista.
Ha solo criticato il sistema capitalista.
Critica che parte dal concetto di caduta tendenziale del saggio di profitto.
Per sommi capi: a causa dei rendimenti decrescenti degli investimenti di capitale, prima o poi il capitalismo avrebbe raggiunto una stasi economica dovuta all'azzeramento dei profitti.
Per aumentarli in simile situazione, l'unico modo è aumentare lo sfruttamento del fattore lavoro, unico fattore produttivo del sistema economico ovvero unica fonte per il marxismo del valore di un bene.
Il risultato quindi è la creazione di una enorme massa di persone poverissime e sfruttate, che una volta raggiunto il limite dello sfruttamento avrebbero rivoluzionato il sistema da soli.
Come è andata invece la realtà?
I dati sono chiari: i redditi di tutte le classi di lavoratori, anche quelli più poveri, sono aumentati.
E assieme a loro anche i profitti.
In sostanza nell'ultimo secolo e mezzo, pur con fluttuazioni anche ampie, i salari generali e i profitti sono aumentati dello stesso livello, lasciando invece il tasso di profitto medio di fatto costante.
In sostanza le cose sono andate in modo totalmente opposto alla critica e previsione di Marx.
Come è stato possibile?
Spieghiamo.
Marx, formulò la sua critica a metà dell'800 prendendo a man bassa dalle idee di Ricardo, e quindi poteva non “percepirlo” (anche se Ricardo, che era un vero economista, si), ma il punto centrale del problema è che nel momento in cui un imprenditore capitalista investe il suo capitale in nuovi prodotti e nuove tecnologie, può aumentare la quantità prodotta per unità di tempo, senza aumentare lo sfruttamento del lavoratore e a prezzi di vendita più bassi ma contemporaneamente aumentando il profitto.
In sostanza il marxismo della caduta del saggio di profitto è niente di più e niente di meno che un caso speciale di produzione, ovvero quello della INVARIANZA TECNOLOGICA.
Nel momento in cui inseriamo lo sviluppo tecnologico, ecco che i rendimenti decrescenti di Marx, diventano almeno rendimenti costanti.
E infatti da due secoli il tasso di profitto è quasi perfettamente costante.
Va da se che con rendimenti costanti non c'è nessun sfruttamento del lavoratore, che anzi può chiedere ed ottenere di lavorare di meno e aumentare il suo reddito almeno al tasso di crescita del profitto.
Teoria economica errata quindi.
Che porta però li dove applicata, a concepire un mondo nel quale i prezzi dei beni verranno stimati secondo la loro quantità di lavoro "incorporata", e a non considerare il tasso di profitto negli investimenti.
Se però il sistema dei prezzi dato dal valore-lavoro come visto è errato, ovviamente anche tutti i prezzi stabiliti in un paese comunista sono errati.
Non solo: il profitto, lungi dall'essere il tasso di sfruttamento del lavoratore, è il rendimento dell'investimento, ovvero l'unico mezzo che esiste per determinare se un investimento è corretto oppure no.
Risultato se non lo considero?
Che non avrò la più pallida idea se i miei investimenti siano fruttosi oppure no.
Ecco allora uno degli errori genetici del comunismo: a causa della teoria usata (il marxismo), un sistema comunista non ha la più pallida idea di quali siano i prezzi corretti dei beni e non sa minimamente se sta sprecando risorse oppure no.
Non è stato quindi un caso se le prime riforme tese a rilanciare l'economia comunista più “anziana”, ovvero quella dell'Urss di fine anni '50, andavano tutte verso un ri-adeguamento dei prezzi e l'introduzione del profitto aziendale.
Potevano funzionare?
Di nuovo no.
La ragione?
Lo spiega il secondo punto e si riconduce essenzialmente all'assenza del mercato, ovvero il luogo dove poter formare i prezzi corretti.
Prezzi che in un mercato sono frutto della legge della domanda e dell'offerta.
Legge che è universale e non eliminabile da nessun sistema economico e senza la quale i prezzi non sapranno dirci nulla.
Non potranno quindi dirci ne quali beni sono scarsi, ne quali beni sono abbondanti, ne le preferenze di chi scambia, ovvero produttori e consumatori.
Questa è la critica hayekiana, ovvero il ruolo informativo per gli operatori economici del prezzo stabilito in un mercato.
E su tale problema, assieme alla logica conseguenza della gestione dei costi, vanno a sbattere regolarmente tutte le pseudo teorie economiche alternative al capitalismo.
Quindi, se prendiamo ad esempio l'esperienza più rigorosa dell'Urss, anche se alla fine è stato reintrodotto il profitto e sostanzialmente rottamato il concetto di valore-lavoro, non essendoci comunque un libero mercato sul modello capitalista (tutto sommato anche nell'esperimento yugoslavo, dove pure si era cercato di ricreare), i produttori non avevano la più pallida idea di quali beni erano scarsi, quali abbondanti, quali fossero le preferenze dei lavoratori/consumatori e infine, last but not least, quali erano i mezzi di produzione più efficienti.
E per mezzi di produzione dobbiamo intendere la tecnologia.
In modo tranchant e apparentemente tautologico, potremmo concludere dicendo che il comunismo fallisce invariabilmente perchè semplicemente non è il capitalismo.
Ovvero?
Ovvero quel sistema nel quale con la motivazione del profitto, liberi produttori indipendenti, producono con la migliore tecnologia a disposizione, esattamente i beni che i consumatori chiedono, soddisfacendo costantemente i bisogni di tutti, in un sistema di scambio e di determinazione dei prezzi di libero mercato.
In questo modo, anche se con fluttuazioni temporanee, il sistema economico capitalista:
- sa sempre cosa produrre
- sa sempre quali investimenti rendono e quali no
- sa quali sono i prezzi giusti
- sa sempre qual è la tecnologia economicamente più efficiente
- mantiene così il saggio di profitto sempre positivo
- soddisfa sempre i bisogni della gente
In definitiva il capitalismo, essendo un sistema produttivo totalmente decentrato in unità indipendenti e liberamente fallibili è un sistema economico evolutivamente stabile, potendosi costantemente adattare al mondo che cambia.
Al contrario, un sistema comunista, proprio perchè diretto dall'alto e quindi strutturalmente rigido, no.
Il comunismo quindi è un modello economico incapace non solo e non tanto di promuovere lo sviluppo, ma semplicemente di adattarsi in puro senso darwiniano all'ambiente, sia interno che esterno, o detto in parole chiare, il comunismo è un sistema nato per morire..... prima o poi.
Verrà compreso tutto ciò dai nemici del capitalismo?
Ovviamente no.
Il risultato?
Sempre lo stesso: altri muri e altri crolli, nel vano tentativo di combattere il capitalismo.
Così è la vita.
Buona giornata.