By: XTOL on Martedì 26 Agosto 2014 18:38
mi sono appena accorto che nel 2013 è uscito in italiano l'ultimo libro di nassim taleb (un riferimento per chi opera sui mercati: Il cigno nero, Giocati dal caso).
già la recensione di Guglielmo Piombini è un quasi-libro, con una serie di considerazioni dell'autore che mi trovano entusiasta, ne elenco alcune, ma straconsiglio la lettura della ^recensione integrale:#http://www.libreriadelponte.com/det-libro.asp?ID=1291^
#i#la società, le attività economiche, i mercati e i comportamenti culturali.. contrariamente a quello che si pensa, sono sistemi complessi non hanno bisogno di strutture e regole complicate, né di politiche astruse. Più semplici sono meglio è, perché complicandoli si innescano delle reazioni a catena che moltiplicano gli effetti inaspettati: «L’intervento porta sempre a conseguenze impreviste, seguite da giustificazioni sull’aspetto imprevisto delle conseguenze, poi a un altro intervento per correggere gli effetti secondari, che a sua volta genera una serie esplosiva di ramificate reazioni impreviste, ognuna peggiore della precedente» (p. 29). Esattamente. Come spiegava anche Ludwig von Mises, ogni intervento statale si autoalimenta, perché genera nuovi problemi ai quali si cerca di porre rimedio con ulteriori dosi di interventismo
La tesi centrale di Taleb è che il nostro mondo moderno ci ha spesso danneggiato con politiche e marchingegni top-down, cioè imposti dall’alto, che Taleb definisce “illusioni sovietico-harvardiane”. Quasi tutto ciò che viene imposto dall’alto dà solo un’apparenza di sicurezza e di stabilità al sistema; in realtà lo rende più fragile, perché insieme alla giusta quantità di stress e di disordine elimina anche i micro-adattamenti spontanei dal basso. Noi ci illudiamo, scrive Taleb, che il mondo funzioni grazie a schemi preordinati, alla ricerca universitaria e alle sovvenzioni statali, ma ci sono prove convincenti, anzi estremamente convincenti, che le cose non stanno così.
Come rappresentante della minoranza cristiana nel Vicino Oriente posso testimoniare che il commercio, e in particolare quello al dettaglio, è la porta della tolleranza
È proprio la fragilità delle singole imprese, soggette al rischio del fallimento, che rende antifragile il sistema economico nel suo complesso. Se le singole imprese fossero robuste, cioè eterne e non soggette a fallimento come le burocrazie pubbliche, le imprese sussidiate o le banche salvate, il sistema economico sarebbe estremamente fragile, come l’esperienza del collasso del comunismo ha confermato. Ecco perché all’interno di un sistema le sue parti devono essere fragili, per permettere al suo insieme di non esserlo.
Per la mente umana è quasi un paradosso che la Svizzera rappresenti, da un punto di vista economico, il paese più solido del mondo, e che lo sia da diversi secoli...Le caratteristiche del rischio di un sistema centralizzato sono diverse da quelle di una confederazione disordinata e guidata da singole municipalità. Nel lungo periodo il secondo tipo è più stabile grazie a una certa dose di volatilità.
...Occorre infatti tenere conto che un grande stato non si comporta affatto come un gigantesco comune, perché moltiplicando il numero dei membri di una comunità si otterranno dinamiche assai diverse. La differenza, spiega Taleb, è qualitativa: l’aumento del numero di persone in una certa comunità altera la qualità dei rapporti tra le parti. Il modo in cui le persone gestiscono gli affari locali è molto diverso da quello in cui affrontano immense e astratte spese pubbliche.
Perché i sistemi centralizzati sono più fragili di quelli decentralizzati? Il motivo è che i sistemi che si sviluppano dal basso generano un gran numero di variazioni che possono fare paura, ma che tendono a controbilanciarsi tra loro nell’aggregato. Sono proprio tutte queste continue piccole variazioni che, pur in assenza di un controllo, generano l’informazione e le conoscenze che permettono al sistema di prosperare e di autocorreggersi senza troppi traumi. Al contrario, nei sistemi centralizzati si ha per la maggior parte del tempo stabilità, che può venire però interrotta da un’improvvisa catastrofe, perché gli errori qui hanno conseguenze serie. Il primo sistema fluttua, il secondo salta.
Queste nozioni valgono in ogni campo, dalla biologia (si pensi a un bambino che, dopo aver passato del tempo in un ambiente sterilizzato, viene fatto uscire all’aperto), alla fisica (J. Maxwell, celebre per la formulazione della teoria elettromagnetica, elaborò una tesi scientifica che dimostra come controlli troppo rigidi si rivelino controproducenti e causino esplosioni), alla politica (si pensi al repentino e inaspettato crollo dell’impero sovietico), al diritto: «Il filosofo politico e giuridico italiano Bruno Leoni – scrive Taleb – ha sostenuto la robustezza del diritto basato sui giudici (per la sua mutevolezza) rispetto alle codificazioni rigide ed esplicite» (p. 111). Malgrado la scelta di un tribunale possa sembrare una lotteria, commenta Taleb, questo sistema aiuta a impedire errori su vasta scala.
Lo stesso discorso vale ovviamente anche per l’economia. Taleb fa notare che nelle economie a pianificazione centrale, malgrado tutte le pretese di controllo, si sono verificate frequenti carestie di cibo, ben più numerose che nelle “anarchiche” economie di mercato: «La carestia che ha ucciso trenta milioni di cinesi tra il 1959 e il 1961 può illuminarci sugli effetti degli “sforzi immani” dello Stato»
La guerra civile è meglio del totalitarismo: il caso del Libano.
n conclusione della sua disamina politica ed economica, Taleb dà un giudizio molto negativo sullo stato moderno centralizzato e burocratizzato: «La storia dello Stato-nazione coincide con quella della concentrazione e dell’ingigantimento degli errori umani. La modernità inizia con il monopolio statale della violenza e termina con il monopolio statale dell’incoscienza finanziaria#/i#
naturalmente l'ho ordinato seduta stante