MONOPOLI - giorgiofra
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By: giorgiofra on Venerdì 19 Aprile 2013 23:28
Sosteneva Indro Montanelli che il melodramma non poteva nascere che in Italia, per la semplice ragione che solo gli italiani avevano la capacità di trasformare un dramma in uno spettacolo cantato. Effettivamente le cose non nascono per caso in un luogo determinato, ma lo fanno per la semplice ragione che ne sono l'espressione più compiuta di quella specifica cultura.
Mi è venuta in mente questa considerazione guardando dei ragazzini giocare a "monopoli". Ed effettivamente questo gioco mi pare il frutto naturale della cultura americana. Mi riferisco, in particolare, allo spirito capitalistico tipico della cultura protestante, efficacemente analizzato da Max Weber. Quello spirito secondo il quale il successo economico è segno tangibile della benevolenza di Dio.
Nel gioco del monopoli all'inizio vengono distribuiti ai vari giocatori delle somme di denaro e delle cartelle che rappresentano la proprietà di certe caselle. Mentre le somme di denaro sono uguali per tutti, il possesso delle caselle dipende dal caso, con la conseguenza che già le condizioni di partenza del gioco presentano delle asimmetrie. Tali asimmetrie aumentano in ragione delle sortite che di volta in volta il lancio dei dadi produce. Con la conseguenza che, appena dopo qualche giro, si verificano discrete differenze di patrimonio tra i vari giocatori.
E qui occorre fare un paio di considerazioni: innanzitutto le differenze di patrimonio tra i vari giocatori sono dovute in larga parte al caso, e solo in minima parte all'abilità. Ma la cosa più importante è che, ad un certo punto del gioco, il destino è già segnato, nel senso che chi si trova in vantaggio rispetto agli altri tende inesorabilmente ad aumentare, giro dopo giro, questo vantaggio. Direi che colui che si trova in una posizione dominante rispetto agli altri, trae tali vantaggi da questa posizione, da sopraffare, in un tempo più o meno lungo, tutti gli altri giocatori.
Il gioco si conclude con la distruzione economica di tutti i giocatori, ed eccezione dell'unico vincitore.
Mi è parso, questo gioco, la metafora perfetta del capitalismo predatorio che da tempo è stato imposto come modello economico a tutto il mondo.
La grande differenza tra il capitalismo americano ed il gioco del monopoli consiste nel fatto che nel capitalismo, oltre al caso, vi è una serie di fattori che concorre a produrre una posizione dominante: si tratta di un misto di corruzione, attività lobbystica, relazioni con il potere politico, imbrogli, manipolazione dell'informazione, e tutte quelle attività spesso illegali, sempre immorali, tese ad agevolare la crescita di potere di una corporation.
I sostenitori del libero mercato non riescono a rendersi conto che il vero libero mercato non è che una categoria del pensiero, mentre nella pratica il mercato è sempre manipolato da chi ne ha la possibilità e l'interesse. Con la conseguenza che il giocatore più forte tenderà man mano ad assorbire o a distruggere gli altri competitori, nella ininterrotta ricerca del monopolio, essendo tale condizione l'ideale per massimizzare i profitti.
Ma se la ricerca del profitto ha dei risvolti positivi, in quanto stimola l'intraprendenza, i monopoli, di qualunque genere, sono deleteri per la società nel suo complesso. Il monopolista, oltre ad imporre prezzi superiori a quelli naturali in un mercato di vera concorrenza, non è stimolato ad innovare ed a migliorare i prodotti o i servizi.
Ecco la ragione per la quale l'intervento pubblico nell'economia appare indispensabile. Il suo compito dovrebbe essere quello di porre degli argini alla brama ed all'avidità delle corporation, e garantire sempre l'esistenza di una vera libera concorrenza. Questo, purtroppo, accade raramente. La forza economica delle grandi compagnie, o degli oligopoli veri o nascosti, è tale da poter manipolare le decisioni dei governi.
Emblematico è il caso dell'obbligo per dipendenti e pensionati di avere un conto corrente bancario. Quest'obbligo viene giustificato con la necessità di tracciare i pagamenti per contrastare la fantomatica evasione fiscale. Si tratta, evidentemente, di una balla colossale. Nel momento in cui il datore di lavoro paga il dipendente con un assegno, o da mandato alla propria banca di pagare il dipendente, mi pare che la transazione sia sufficientemente tracciata. Così come è tracciato il pagamento di una pensione da parte dell'ufficio postale. Qual'è, allora, il reale motivo dell'esistenza di questa norma? Semplice: aumentare i profitti delle banche.
Perchè per quanto basso possa essere il costo di un conto corrente, ogni anno tra spese, valute, e balzelli vari, la banca raccatterà il suo obolo che, moltiplicato per milioni di italiani, fa una bella cifra. I banchieri, naturalmente, si giustificano sostenendo di fornire un servizio. Peccato che di questo servizio la gran parte dei clienti ne farebbe volentieri a meno. E' un servizio che non serve ai clienti, non serve per la lotta all'evasione fiscale, non serve per contrastare il riciclaggio. Serve esclusivamente a garantire profitti alle banche.
Questo discorso, naturalmente, si può estendere ad una infinità di settori. Solo gli ingenui possono credere che i monopoli o gli oligopoli non influenzino in modo determinante le scelte dei governi. E questa è anche la ragione per la quale sostengo che tutti i servizi che per loro natura vengono forniti in regime di sostanziale monopolio, debbano essere pubblici. Lasciare questi servizi ai privati vuol dire veder aumentare le tariffe e diminuire la qualità. Basti studiare quanto accaduto nelle privatizzazioni degli acquedotti, o della rete autostradale.
Il capitalismo è una bella cosa, che va però tenuta sempre sotto controllo, perchè, per sua natura, tende a degenerare. E' ciò che è accaduto in questi ultimi tempi, con le conseguenze che stiamo vivendo.