La Reconquista ( migrazioni e demografia )

 

  By: Moderatore on Mercoledì 01 Luglio 2015 02:43

Sui giornali è ritornata la polemica per la definizione di "orango" affibbiata alla Kyenge da Borghezio. Google Photos è un un software fenomenale che riconosce monumenti, piante, luogi, animali e li classifica automaticamente. Ma non è perfetto.

Immigrazionismo: industria della solidarietà, globalizzazione della miseria - Moderatore  

  By: Moderatore on Giovedì 25 Giugno 2015 20:51

Che uno dei "migranti" abbia derubato Gomez o pisciato sull'auto di Travaglio ? Cosa è successo oggi che il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo impeccabile sull'immigrazione invece della solita propaganda buonista multiculturale immigrazionista ? ^"Immigrazionismo: industria della solidarietà, globalizzazione della miseria"#http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/15/immigrazionismo-industria-della-solidarieta-globalizzazione-della-miseria/1778466/#disqus_thread^ di Antonello Ciccozzi | 15 giugno 2015, il Fatto Quotidiano Da tempo il senso comune progressista è irreggimentato entro una serie di postulati immigrazionisti: i migranti sono risorse e un modello positivo di umanità futura; accogliere tutti è un dovere di solidarietà nonché un onere espiatorio rispetto ai peccati del colonialismo; chi non è totalmente d’accordo o è vittima di paure irrazionali o è uno spregevole razzista. Sottovoce qualcuno si consola nell’idea che tanto chi sbarca è soltanto di passaggio verso altri paesi europei, accomodandosi in una forma tanto involontaria quanto poco onorevole di sindrome Nimby applicata a questi flussi umani. Così, che si tratti di migranti economici o di rifugiati – per quanto sfocata e simulata sia questa distinzione – in ambito progressista avvicinare alla parola ‘migrazioni’ quella ‘sostenibilità’ è tabù. La propaganda immigrazionista basa molto del suo consenso sulla spettacolarizzazione del dolore, ma, per mantenere il suo regime di verità, ha bisogno di rimuovere dall’immaginario collettivo qualsiasi manifestazione che esibisca l’insostenibilità dei flussi migratori. Pertanto, qualche giorno di assembramento di migranti-rifugiati in varie stazioni (a Roma, a Milano e non solo) ha causato un disvelamento pericoloso. Non solo gli spregevoli xenofobi di destra (gli unici verso i quali è lecito usare un lessico razzista!), ma anche i cittadini variamente “di sinistra”, messi di fronte all’evidenza, dopo essersi chiesti: “Ma questo schifo significa accoglienza?”, iniziano sempre di più a capire che la situazione è fuori controllo; e approdano a una consapevolezza banale, seppellita sotto anni di propaganda immigrazionista: non potremo accogliere tutti. Per questo, contro il rischio della diffusione di una simile presa di coscienza, è scattato un piano immediato: sgomberare le stazioni, diffondere ramanzine governative che derubricano qualsiasi ragionevole preoccupazione al rango di panico insensato e miserabile egoismo (minacciando con la solita accusa di razzismo chiunque osi dubitare), spostare l’attenzione verso le risse contro l’Europa egoista e ipocrita e contro i mostri xenofobi di casa nostra. Resta però il fatto che, in una prospettiva di lungo termine, non riusciremo ad accogliere tutti gli esseri umani che desiderano venire qui, perché nemmeno l’Europa intera basterà. Bisogna rendersi conto che per i prossimi decenni questo flusso epocale sarà un fenomeno permanente, e, se non s’interverrà in modo drastico, in crescita continua. Per cause prevalentemente loro (generate, soprattutto nel lungo termine, dal motore primo di un aumento catastrofico della popolazione che ci ostiniamo a rimuovere dai discorsi sulla contemporaneità), per cause variamente condivise di guerre e carestie, e per causa prevalentemente nostra, in quanto questo flusso lo abbiamo fomentato con politiche e poetiche dell’accoglienza che si sono diffuse nell’immaginario di quei luoghi, trasformandosi in un fattore di spinta. Una spinta che eccede le possibilità europee di accoglienza; limitate da uno spazio già congestionato, da mettere, appunto, in relazione all’iperbolica sproporzione demografica e natalistica tra i luoghi di partenza e quelli di approdo. Un fenomeno eccedente rispetto al miope auspicio ottimistico che le migrazioni possano pacificamente colmare un nostro calo demografico (un male che comunque non si è mai voluto curare con incentivi sociali). Un fenomeno storicamente inedito, con buona pace per la filippica del “siamo stati emigranti anche noi”. Teniamo a mente che, mentre la parola “rifugiato” è diventata il “cavallo di Troia” per imporre un’etica dell’accoglienza incondizionata, i rifugiati sono una parte minima di queste persone. Poi, se per qualcuno tutti i migranti sono rifugiati, nei fatti tutti i rifugiati anelano a diventare immigrati. Il rischio è che questi kamikaze delle migrazioni – che, spesso oltre il “non avere altre possibilità”, si buttano in mare su dei colabrodi coartandoci a una solidarietà che dentro miopi agoni politici nostrani andiamo sbandierando come genuina – ci porteranno a un suicidio sociale in nome dell’ospitalità assoluta. Siamo in un’ufficiosa e grottesca dittatura dell’accoglienza che ci fa credere che la parola maestra ‘integrazione’ possa significare far arrivare migliaia e migliaia di disperati riducendoli a materia prima per la deleteria industria della solidarietà. Inoltre va compreso che l’insostenibilità attuale di questi approdi quotidiani dipende dal fatto che in Europa non c’è lavoro a sufficienza, perché, molto banalmente, se siamo arrivati a picchi che sfiorano i 5000 sbarchi al giorno, non abbiamo, al giorno, 5000 posti di lavoro in più (e ricordiamoci, a proposito dell’assurdità del paragone tra le migrazioni odierne e quelle passate, che qui, da molti anni, ogni giorno i posti di lavoro diminuiscono). Dopo che la globalizzazione neoliberista ha sfigurato l’Europa del lavoro trasformandola da luogo di produzione a luogo di consumo, i corpi dei migranti servono oggi al capitolo finale di questa tragedia del consumo, quello dell’industria della solidarietà. Di fronte a questo disastro, l’Italia ha bisogno dell’Europa e, soprattutto, l’Europa ha bisogno dell’Onu. Invece ovunque regnano ipocrisia e indifferenza. Nel breve periodo questo flusso dovrebbe essere gestito dall’Onu soprattutto laddove si forma, approntando dei campi profughi in loco, costi quel che costi. Nel medio periodo dovremmo smetterla concretamente con il perdurare di sotterranee politiche coloniali che producono sfruttamento, disgregazione sociale e risentimento antioccidentale. In una prospettiva a lungo termine dovremmo fare in modo che le donne del Sud del mondo si emancipino dal loro status – tribalmente imposto – di oggetti per la riproduzione, e passino nel più breve tempo possibile dal fare quasi sei figli ciascuna (la media africana) a due o tre. E, prima possibile, dobbiamo correggere l’immaginario diffuso nei luoghi di partenza, dove milioni famiglie, mediaticamente inebriate da un mito della migrazione come arricchimento, premono per mandare uno dei loro troppi figli qui, a caccia di soldi da rispedire in Africa per il parentado. Si tratta di affondare la chimera migratoria, facendogli capire che, nella loro ricerca di salvezza e felicità, devono e possono sforzarsi e rischiare la vita non tanto per fuggire, ma soprattutto per migliorare i loro luoghi (da mali che non derivano solo dall’Occidente ma, per molti versi, dalle loro culture). Non c’è nessun “palo della cuccagna”, lo devono sapere: in Europa non ci può essere spazio per tutti. Per questo, al fine di scoraggiare le pulsioni migratorie, oltre a una dolorosa ma necessaria politica di rimpatri e respingimenti, andrebbe approntata una strategia culturale orientata a correggere la percezione del Nord del mondo che si è propagata a macchia d’olio nei paesi del Sud del mondo, soprattutto con la diffusione dei media digitali dell’ultima generazione. Dobbiamo accoglierne molti, finché possiamo, forse più di quanti ne accogliamo ora in malo modo; ma, realisticamente – se non vogliamo cadere nella trappola di una globalizzazione della miseria – dovremo respingerne ancora di più. Sarà difficile e doloroso, ma una cosa è certa: per quanto si provi a nasconderlo, questo schifo non è accoglienza. Per questo dobbiamo imparare, prima che sia troppo tardi, sia ad accogliere che a respingere.

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 21:01

#i#x XTOL: il dismembramento dell' URSS è conseguente alla sconfitta in una guerra, la Guerra Fredda, che fu guerra a tutti gli effetti. Forse parlare solo di sangue è limitativo. Meglio parlare di scontri di forze, che nel 90% dei casi provocano il versamento del sangue, anche se non invariabilmente. E sempre tornando all' Ungheria di Orban, anche loro difendono i propri confini, e senza versare il sangue. Non ci trovo niente di strano in tutto questo. Anzi...#/i# Giusto. Probabilmente l'ho messa giù troppo radicale. Ma il senso del discorso è in effetti quello che hai esposto tu. Ho da eccepire solo su una cosa: PER ORA non versano sangue, ma se la pressione sopra il famoso muro che vogliono costruire si facesse notevole, scommetto la pensione (che non avrò mai immagino) che inizieranno a sparare.

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 20:59

#i#In quest'ottica parlare di diritti naturali come si fa dai tempi dei greci non ha alcun senso perchè è sempre la forza che crea il diritto mai il contrario .#/i# Eccellente.

 

  By: XTOL on Mercoledì 24 Giugno 2015 18:05

a me pare che ci sia una differenza gigantesca tra affermare: 1- un'entità nazionale si fonda SEMPRE sul sangue e 2- un'entità nazionale si fonda GENERALMENTE sul sangue (per verificarlo, chiedere ai martiri.., cioè ai poveretti spediti dai mentecatti alla spock ad ammazzarsi reciprocamente) gian, "in natura vale la legge del più forte" è una banalità che nasconde un errore: pensare che il più forte sia facile da individuare e quindi al più debole non resti che ubbidir tacendo. in natura invece il più forte teme sempre di non esserlo e quindi ha grande interesse a sembrarlo, per evitare i danni che un "più debole", che non si renda conto della sua debolezza, comunque gli farebbe in uno scontro. per farla breve, le semplificazioni rendono illeggibile la realtà

 

  By: traderosca on Mercoledì 24 Giugno 2015 17:43

" camerata Oscar!!! Mr,non chiamarmi camerata...barbun

 

  By: Ganzo il Magnifico on Mercoledì 24 Giugno 2015 17:24

#i#"I confini esistono perché senza non vi è sovranità, e senza sovranità non vi è politica, ovvero non vi può essere una comunità organizzata."#/i# Ineccepibile. D' altronde, quando fu necessario, nella prima Guerra Mondiale li difendemmo col nostro sangue. Mio nonno era un Ragazzo del '99. Perché ora questi stessi confini dovrebbero valere di meno? E qui mi riferisco per es. ad Orban che chiudendo i confini ungheresi fa semplicemente il suo mestiere di leader nazionale. Se poi tutte le parti in causa sono d' accordo, come giustamente eccepisce Gianlini, gli stati si fanno anche con i referendum (Cechia e Slovacchia), ma sono casi abbastanza rari. Nei conflitti d' interesse fra stati trovare l'accordo è l' eccezione, non la regola. x XTOL: il dismembramento dell' URSS è conseguente alla sconfitta in una guerra, la Guerra Fredda, che fu guerra a tutti gli effetti. Forse parlare solo di sangue è limitativo. Meglio parlare di scontri di forze, che nel 90% dei casi provocano il versamento del sangue, anche se non invariabilmente. E sempre tornando all' Ungheria di Orban, anche loro difendono i propri confini, e senza versare il sangue. Non ci trovo niente di strano in tutto questo. Anzi...

Slava Cocaïnii!

 

  By: gianlini on Mercoledì 24 Giugno 2015 15:11

Xtol, MR ha ragione...la storia insegna che i confini generalmente li si ridisegna col sangue Questo perché in natura vale la legge del più forte. Ovverossia del vantaggio maggiore. Si deve lottare per strappare questo vantaggio a chi vorrebbe goderselo ancora.

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:52

#i#Se non segue schemi utilitaristici, perché ne dovrebbe seguire di masochistici o sadici?#/i# Come no, disse quello per cui aiutare una persona in difficoltà comporta "benefici spirituali". Meno male che mi fai ridere.

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:51

#i#Non difendo i confini friulani e veneti, italiani dagli immigrati..non me ne può fregare di meno. il confine in se non ha senso di esistere... se vengono qua significa solo che hanno voglia di passare di qua..#/i# I confini esistono perché senza non vi è sovranità, e senza sovranità non vi è politica, ovvero non vi può essere una comunità organizzata.

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:50

#i#cmq, volendo "per carità di patria" (ehm..) prenderla sul serio, nella cartina ci sono un tot di stati nati senza guerre (nè civili nè internazionali), a cui possiamo aggiungere la repubblica ceca e la slovacchia, per non parlare del referendum scozzese (l'indipendenza non si ottiene per referendum!?) che smentiscono coi fatti la sua ridicola tesi.#/i# Non ne vedo nemmeno uno. Ma se per te il crollo dell'URSS è stato un momento di pace, allora chiudiamola qui.

 

  By: XTOL on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:26

#i#Volete "L'autodeterminazione" o fesserie simili? Imbracciate il fucile ed annegate il nemico nel suo stesso sangue.#/i# sembra che la comprensione dell'ironia non faccia parte delle sue caratteristiche.. cmq, volendo "per carità di patria" (ehm..) prenderla sul serio, nella cartina ci sono un tot di stati nati senza guerre (nè civili nè internazionali), a cui possiamo aggiungere la repubblica ceca e la slovacchia, per non parlare del referendum scozzese (#i#l'indipendenza non si ottiene per referendum#/i#!?) che smentiscono coi fatti la sua ridicola tesi.

 

  By: pigreco-san on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:24

Non difendo i confini friulani e veneti, italiani dagli immigrati..non me ne può fregare di meno. il confine in se non ha senso di esistere... se vengono qua significa solo che hanno voglia di passare di qua..

 

  By: gianlini on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:22

se non segue schemi utilitaristici, perché ne dovrebbe seguire di masochistici o sadici?

 

  By: MR on Mercoledì 24 Giugno 2015 14:20

#i#difenderei la libertà di cultura non i confini...#/i# Frase che non vuol dire nulla, ma fa tanto radical-chic.