By: Sandro Cecconi on Venerdì 17 Maggio 2002 20:18
Vi chiedo scusa per la lunghezza di questi post, ma mi sono sembrati molto interessanti.
A presto.
Sandro
P.S. Tengo moltissimo ai vostri giudizi in merito.
Stephen Roach (New York)
Economia globale
Interrompere il circolo vizioso
Fine del circolo virtuoso.
Fine del circolo virtuoso. L’interagire di tre elementi quali
l’esaurimento della fase di disinflazione, l’insuccesso della
disciplina fiscale negli USA e la mancata individuazione di
un nuovo motore della crescita globale fanno più che mai
della “ricerca della crescita” una priorità.
Come interrompere il circolo vizioso? Il deprezzamento
di un dollaro USA sopravvalutato è il primo passo da
compiere, dal mio punto di vista, dal momento che il
dollaro forte è l’ultima bolla americana, sopravvissuta
persino all’esplosione dell’azionario e alle bolle
agire sulla leva prezzo potrebbe rappresentare la chiave di
lettura del nuovo circolo vizioso in atto che è il risultato del
concorrere di fattori come il perdurante ristagno a livello
globale e la sopravvalutazione del dollaro.
Deprezzamento del dollaro. Un dollaro più debole non
farebbe altro che dare una spinta al rialzo ai prezzi
all’importazione negli USA, neutralizzando in tal modo una
delle forze deflazionistiche più letali che continua a
deprimere l’economia statunitense. L’America degli affari
sarebbe così in grado di utilizzare la leva prezzo e sidell’Information Technology.
Deflazione importata. Il dollaro forte ha avuto un ruolo
chiave nel far calare i prezzi all’importazione negli USA. Il
prezzo delle merci importate è sceso infatti del 7,7% nel
corso degli ultimi cinque trimestri, mentre i prezzi
all’importazione dei prodotti non-petroliferi hanno fatto
registrare una flessione del 4,6% dal picco toccato nel
primo trimestre del 2001.
Assenza della leva prezzo. In un’economia statunitense
sempre più aperta, l’incapacità dell’America degli affari di
sentirebbe più incentivata ad attuare nuove assunzioni e a
incrementare la spesa per investimenti.
Il resto del mondo deve puntare sulla domanda interna.
Un dollaro debole innescherebbe un processo di
trasformazione vitale e a lungo procrastinato nel resto del
mondo, non lasciando altra scelta alle economie un tempo
proiettate all’esterno se non quella di concentrarsi sulla
domanda interna alla ricerca di nuove fonti di crescita
economica.
2° post
Cosa vedono i professionisti dei mercati nella
loro sfera di cristallo (ammesso che ce
l'abbiano)?
La domanda sembra paradossale: ogni giorno
possiamo leggere e ascoltare centinaia di analisi
e previsioni. Ma tra i molti strumenti che abbiamo
a disposizione per andare a vedere l'opinione degli
esperti, uno particolarmente utile è il sondaggio
mensile della Merrill Lynch, che intervista
qualche centinaio di manager di fondi in giro per
il mondo e vede dove stiano mettendo i soldi che
hanno da gestire.
E allora, visto che i listini ristagnano e regna
ancora una buona dose d'incertezza, può essere
utile darci un'occhiata.
Il primo dato che salta agli occhi è che tutti sono
tornati pesantemente sul mercato azionario. Quando
l'orizzonte è scuro i gestori preferiscono tirare
per quanto possibile i remi in barca e parcheggiare
parte del portafoglio in liquidità. Quest'ultimo
sondaggio dimostra invece che questa riserva di
cassa è oggi bassissima, agli stessi livelli
dell'aprile 2000, quando il 'diluvio' ancora non
era cominciato. Insomma: i 'guru' del mercato credono
fortissimamente nella ripresa delle azioni. Ma più
passa il tempo, più crescono i dubbi e più si limano
le aspettative. Rispetto ai mesi scorsi, sono sempre
di più i gestori rassegnati a un mercato in crescita
con cifre modeste. La 'maledizione' di Warren Buffett
("aspettatevi anni di bassi rendimenti") mette
sempre più paura.
Questa nuova e marcata esposizione dei grandi
'investitori istituzionali' sui mercati azionari
ha anche degli aspetti potenzialmente pericolosi. I
gestori hanno scommesso su una ripresa dei listini:
se arrivassero cattive notizie potrebbero tirare i
soldi indietro, con gli effetti (anche psicologici)
che si possono immaginare.
Veniamo alle aree di mercato. Secondo la felice sintesi
della Merrill Lynch, il ritornello che pare risuonare
nei centri-studi è "tutto tranne gli USA". Due gestori
su tre considerano il mercato americano troppo caro, e
preferiscono guardare altrove per cercare occasioni di
crescita.
Dove esattamente?
L'investimento più gettonato è ancora quello nei
mercati emergenti, ritenuto il più redditizio nei
prossimi mesi dal 39% degli intervistati. A testimonianza
del fatto che il disastro argentino non ha avuto alcun
effetto domino.
Anche l'Europa guadagna terreno. Sarà anche vero che i
dati dell'economia reale dicono che il vecchio continente
è ancora al palo, ma per la prima volta da un anno a
questo parte le imprese europee vengono preferite rispetto
alle concorrenti americane quanto a prospettive di
crescita.
Sui settori di mercato, non c'è il minimo accordo. O
meglio, tutti sono d'accordo su cosa non comprare:
tecnologici, telecomunicazioni e 'utilities'. Per il
resto, ogni altro settore trova i suoi estimatori.
Ecco, a grandissime linee, cosa dicono e fanno coloro
che di mestiere investono in borsa..
Non oro colato. Ma un buon spunto di riflessione.
ALAN FRIEDMAN