Domande Frequenti

 

  By: Rosencrantz on Sabato 18 Maggio 2002 00:04

Alan Friedman, ma è mica quello della RAI??? No, non scherziamo, tanto vale far parlare di economia la Parietti da Vespa Friedman è un presentatotre televisivo che ti passano come "analista finanziario". Legge qualcosa a destra e a manca (spesso sul web, l'ho beccato più di una volta...) e poi mette insieme un articoletto. Come uomo è anche simpatico con quella sua aria da Olio (dei mitici Oliver & Hardy), ma in giro c'è da leggere roba ben più seria. Tanto vale chiedere a un promotore finanziario... Tutta l'ironia è nei confronti di Friedman, non certo nei tuoi. Hai postato un opinione di qualcuno e hai fatto benissimo a farlo. Esprimo solo il mio parere, dopotutto io sono Stanlio... Ok...ora direte che ho criticato a priori senza parlare per nulla dei contenuti, avete ragione...però...Friedman.....

 

  By: Sandro Cecconi on Venerdì 17 Maggio 2002 20:18

Vi chiedo scusa per la lunghezza di questi post, ma mi sono sembrati molto interessanti. A presto. Sandro P.S. Tengo moltissimo ai vostri giudizi in merito. Stephen Roach (New York) Economia globale Interrompere il circolo vizioso Fine del circolo virtuoso. Fine del circolo virtuoso. L’interagire di tre elementi quali l’esaurimento della fase di disinflazione, l’insuccesso della disciplina fiscale negli USA e la mancata individuazione di un nuovo motore della crescita globale fanno più che mai della “ricerca della crescita” una priorità. Come interrompere il circolo vizioso? Il deprezzamento di un dollaro USA sopravvalutato è il primo passo da compiere, dal mio punto di vista, dal momento che il dollaro forte è l’ultima bolla americana, sopravvissuta persino all’esplosione dell’azionario e alle bolle agire sulla leva prezzo potrebbe rappresentare la chiave di lettura del nuovo circolo vizioso in atto che è il risultato del concorrere di fattori come il perdurante ristagno a livello globale e la sopravvalutazione del dollaro. Deprezzamento del dollaro. Un dollaro più debole non farebbe altro che dare una spinta al rialzo ai prezzi all’importazione negli USA, neutralizzando in tal modo una delle forze deflazionistiche più letali che continua a deprimere l’economia statunitense. L’America degli affari sarebbe così in grado di utilizzare la leva prezzo e sidell’Information Technology. Deflazione importata. Il dollaro forte ha avuto un ruolo chiave nel far calare i prezzi all’importazione negli USA. Il prezzo delle merci importate è sceso infatti del 7,7% nel corso degli ultimi cinque trimestri, mentre i prezzi all’importazione dei prodotti non-petroliferi hanno fatto registrare una flessione del 4,6% dal picco toccato nel primo trimestre del 2001. Assenza della leva prezzo. In un’economia statunitense sempre più aperta, l’incapacità dell’America degli affari di sentirebbe più incentivata ad attuare nuove assunzioni e a incrementare la spesa per investimenti. Il resto del mondo deve puntare sulla domanda interna. Un dollaro debole innescherebbe un processo di trasformazione vitale e a lungo procrastinato nel resto del mondo, non lasciando altra scelta alle economie un tempo proiettate all’esterno se non quella di concentrarsi sulla domanda interna alla ricerca di nuove fonti di crescita economica. 2° post Cosa vedono i professionisti dei mercati nella loro sfera di cristallo (ammesso che ce l'abbiano)? La domanda sembra paradossale: ogni giorno possiamo leggere e ascoltare centinaia di analisi e previsioni. Ma tra i molti strumenti che abbiamo a disposizione per andare a vedere l'opinione degli esperti, uno particolarmente utile è il sondaggio mensile della Merrill Lynch, che intervista qualche centinaio di manager di fondi in giro per il mondo e vede dove stiano mettendo i soldi che hanno da gestire. E allora, visto che i listini ristagnano e regna ancora una buona dose d'incertezza, può essere utile darci un'occhiata. Il primo dato che salta agli occhi è che tutti sono tornati pesantemente sul mercato azionario. Quando l'orizzonte è scuro i gestori preferiscono tirare per quanto possibile i remi in barca e parcheggiare parte del portafoglio in liquidità. Quest'ultimo sondaggio dimostra invece che questa riserva di cassa è oggi bassissima, agli stessi livelli dell'aprile 2000, quando il 'diluvio' ancora non era cominciato. Insomma: i 'guru' del mercato credono fortissimamente nella ripresa delle azioni. Ma più passa il tempo, più crescono i dubbi e più si limano le aspettative. Rispetto ai mesi scorsi, sono sempre di più i gestori rassegnati a un mercato in crescita con cifre modeste. La 'maledizione' di Warren Buffett ("aspettatevi anni di bassi rendimenti") mette sempre più paura. Questa nuova e marcata esposizione dei grandi 'investitori istituzionali' sui mercati azionari ha anche degli aspetti potenzialmente pericolosi. I gestori hanno scommesso su una ripresa dei listini: se arrivassero cattive notizie potrebbero tirare i soldi indietro, con gli effetti (anche psicologici) che si possono immaginare. Veniamo alle aree di mercato. Secondo la felice sintesi della Merrill Lynch, il ritornello che pare risuonare nei centri-studi è "tutto tranne gli USA". Due gestori su tre considerano il mercato americano troppo caro, e preferiscono guardare altrove per cercare occasioni di crescita. Dove esattamente? L'investimento più gettonato è ancora quello nei mercati emergenti, ritenuto il più redditizio nei prossimi mesi dal 39% degli intervistati. A testimonianza del fatto che il disastro argentino non ha avuto alcun effetto domino. Anche l'Europa guadagna terreno. Sarà anche vero che i dati dell'economia reale dicono che il vecchio continente è ancora al palo, ma per la prima volta da un anno a questo parte le imprese europee vengono preferite rispetto alle concorrenti americane quanto a prospettive di crescita. Sui settori di mercato, non c'è il minimo accordo. O meglio, tutti sono d'accordo su cosa non comprare: tecnologici, telecomunicazioni e 'utilities'. Per il resto, ogni altro settore trova i suoi estimatori. Ecco, a grandissime linee, cosa dicono e fanno coloro che di mestiere investono in borsa.. Non oro colato. Ma un buon spunto di riflessione. ALAN FRIEDMAN