By: TotoTruffa on Lunedì 11 Novembre 2013 20:04
Krugman: le fatine e gli gnomi della fiducia non esistono
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È un po' triste, ma sospetto che di qui a cinquant'anni la storia della fatina della fiducia sarà la cosa che la gente si ricorderà di me (se si ricorderà qualcosa di me). Perciò può essere una buona idea cercare di presentare i miei sforzi per smontare l'«ellenizzazione» del nostro dibattito facendo notare che tutte queste storie allarmistiche sembrano evocare personaggi strettamente imparentati con la suddetta fatina, gli gnomi della fiducia.
La storia che tutti (dall'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan a Erskine Bowles, il copresidente della commissione debito del presidente Obama) ripetono recita più o meno così:
1. Perdita di fiducia degli investitori
2. ??????
3. Grecia!
Quello che continuo a chiedere è che qualcuno fornisca una spiegazione del secondo passaggio che sia coerente con il fatto che Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone (a differenza della Grecia) hanno una valuta propria e una Banca centrale con il controllo dei tassi di interesse a breve termine. Stanno dicendo che le Banche centrali alzeranno i tassi? E perché dovrebbero? Stanno dicendo che i tassi a lungo termine si svincoleranno dal tassi a breve? Perché? E perché le Banche centrali non sarebbero in grado di impedirlo semplicemente acquistando titoli di Stato a lungo termine?
Finora nessuno ha risposto con chiarezza a questa sfida. Si limitano a dire che andrà in questo modo, oppure cambiano argomento a metà strada, evocando all'improvviso lo spettro del collasso del sistema bancario o qualcos'altro. Ditemi soltanto che cosa dovrebbe succedere alla politica monetaria!
E non venite a dirmi che questo è quello che l'esperienza dimostra. Non esiste nessun precedente storico di una crisi del debito in un Paese che ha una sua moneta e si indebita in quella moneta. La Francia negli anni 20 è il caso che ci va più vicino, ma le cose non andarono affatto come nella Grecia di oggi.
Anzi, il Giappone di adesso è un esempio di Paese che trae beneficio da un calo della fiducia nel valore futuro reale del suo debito. (Prima di fare commenti su quanto sopra, leggete la bozza del mio nuovo saggio, all'indirizzo: ).
Non solo: abbiamo un chiaro esempio, in tempi recenti, di quanto sia importante ragionare attentamente su queste cose. Ricorderete che persone come Greenspan insistevano che i disavanzi di bilancio avrebbero portato a un'impennata dei tassi e dell'inflazione. Ma non hanno mai spiegato come sarebbe dovuto succedere tutto questo in un'economia depressa, con tassi di interesse a breve termine a zero.
Anche in questo caso il loro ragionamento funzionava più o meno così:
1. Disavanzi
2. ??????
3. Zimbabwe!
Nel frattempo, quelli fra noi che cercano di ragionare attentamente sulle cose erano giunti alla conclusione che non sarebbe successo nulla del genere: e così è stato. Potete annoverarmi fra quelli che credono che la scienza macroeconomica – almeno nella sua variante keynesiana – se l'è cavata piuttosto bene in questi ultimi cinque anni.
Il problema è che pochissimi economisti sono disposti a usare i loro stessi modelli; e anche che pochissime persone influenti hanno capito che le reazioni istintive servono a ben poco di fronte a una crisi economica di quelle che capitano una volta ogni tre generazioni.
di Paul Krugman - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/10iyoS