By: Roberto964 on Sabato 28 Dicembre 2013 10:01
Che piaccia o no
La morte industriale italiana sta accelerando paurosamente. Quel che resta dell’industria nazionale sta delocalizzando a tutta birra, andando a posizionarsi magari ad un passo o due da casa nostra. L’intento è sempre lo stesso: minimizzare i costi e massimizzare i profitti. Assistiamo così, inermi, alla eutanasia del nostro sistema produttivo.
La Fiat se ne va in Serbia, dove, per 12 ore di lavoro, un operaio gli costa sui 400 euro/mese e lo stato serbo non rompe troppo su diritti, TFR, pensioni ecc. ecc. il prodotto, chiaramente, a noi costa sempre lo stesso prezzo. In Polonia un operaio costa un po’ di più ma sempre meno della metà rispetto ad un pari grado italiano.
Anche la Indesit ha spostato la produzione delle lavastoviglie (e non solo) in Polonia, la ex Zanussi-Rex è sulla stessa strada. Anche in questi casi il prodotto lo continueremo a pagare come se venisse costruito in Italia.
Centinaia, anzi migliaia di altri casi identici ve li risparmio.
Questi sono i risultati per l’aver aderito alla regola fondante di UE: libera circolazione dei capitali, delle merci e dei lavoratori. La moneta unica euro-pea è stata la ciliegina sulla torta che gli industriali e i rentiers hanno voluto per eliminare il rischio di cambio in un’area valutaria per niente ottimale. La BCE è stata creata appositamente e con l’unico scopo di garantire i loro immensi capitali con una inflazione entro il 2%.
Questi attori, rispondendo esclusivamente ai loro famelici appetiti, sono riusciti a mettere in competizione il mercato del lavoro maturo e ricco delle economie occidentali con quello dei Paesi emergenti e in via di sviluppo, euro-pei e non, aumentando in continuazione la disoccupazione marginale che porta alla deflazione dei salari. Questa è la curva di Phillips. Questo è lo schiavismo di ritorno.
Che piaccia o no, bisogna obbligare le aziende che vogliono vendere nel nostro ricco mercato a produrre in loco.
Se ciò non avverrà, nell’arco di 10 anni, non avremo più alcuna attività manifatturiera che produrrà in Italia e il nostro mercato diverrà così povero da non interessare più a nessuno, facendoci a nostra volta divenire un Paese in via di sviluppo.
La repressione finanziaria a questo serve: che piaccia o no. Se vorranno vendere in Italia dovranno investire qui.
Alle aziende che andranno via dall’Italia si dovrà chiudere il mercato interno sino a quanto non verranno di nuovo a reimpiantare in Patria i loro stabilimenti, assumendo i lavoratori con tutti i diritti/doveri competenti ad una economia matura. Non faremo sconti a NESSUNO.
Ricordiamolo tutti: senza industria non c’è futuro. La classe media italiana, formatasi a partire dagli anni del miracolo economico in poi, è stata quella che ha portato benessere e crescita continua, senza di essa non avremo più diritti.
Senza che i lavoratori abbiano un buon reddito non si può sperare di crescere.
L’AUTARCHIA finanziaria-economica è propedeutica alla sviluppo della Nazione, evitando una nuova emigrazione di massa che interesserà moltissimi di noi. Abbiamo già dato, abbondantemente.
Le nefaste decisioni che ci stanno portando nel baratro sono state prese da uomini e non da Dio. Ebbene, io voglio rinnegare quelle decisioni. Se saremo in molti non potranno fare altro che adeguarsi.
O adeguarsi o scomparire, tertium non datur. Che piaccia o no.
Roberto Nardella