By: Roberto964 on Giovedì 30 Aprile 2015 11:17
Alla ricerca dell’inflazione perduta
Dopo che per decenni i professoroni delle più prestigiose e privatissime università ci hanno detto (falsamente) che il maggior pericolo per l’economia è l’inflazione elevata (e per loro lo è già oltre il 2%), ora confessano che la deflazione (che è l’opposto dell’inflazione) è ben peggiore e che stanno facendo carte false perché possa risalire al più presto “entro i canoni stabiliti”.
Ma come fa ad alzarsi l’inflazione?
Essa si alza allorquando una considerevole parte di beni e servizi ha una richiesta marginale maggiore della sua offerta relativa.
Cosa significa?
Semplicemente che la domanda aggregata deve superare l’offerta aggregata.
In tempi di bassa inflazione (o di deflazione come oggi) la domanda scende e con essa i prezzi.
La teoria del “liberomercato” con cui ci hanno nutrito dice che ad un certo punto, quando i prezzi sono nuovamente “convenienti”, le situazione si riequilibra da sola.
Purtroppo le cose stanno diversamente e difficilmente lo leggerete sui libri o lo sentirete dire da costoro: una caduta prolungata dei prezzi implica la chiusura di molti siti produttivi (tutti quelli necessari perché l’offerta diventi nuovamente minore della domanda) con la conseguente perdita di lavoro e di reddito di molte famiglie. La disoccupazione sale e con essa la propensione al risparmio, sia da parte di chi un reddito ancora lo ha ma soprattutto di chi invece l’ha perso. Adesso quel riequilibrio si trova ancora più in basso: i prezzi continuano a scendere ma la situazione economica peggiora. È una spirale senza fine: più scendono i primi e più peggiora la seconda.
Quel riequilibrio si avrà solo quando l’economia diverrà di sopravvivenza. (Se volete un esempio vedete il caso-Grecia: tuttora sono ancora alla ricerca di quell’equilibrio.)
Conosco un solo modo capace di far alzare l’inflazione in un’economia matura: dotare le famiglie di maggior reddito reale. Questa maggiore disponibilità di denaro le porterà a spendere di più per beni e servizi non strettamente necessari, e come naturale conseguenza, magicamente, l’inflazione comincerà a crescere. Questa semplice pratica porterebbe a cascata maggiori introiti nelle casse statali che in un tempo relativamente breve permetterebbe anche un cospicuo abbattimento della pressione fiscale. In pratica i salari bisogna aumentarli, non diminuirli.
Ma come fanno i salari a crescere?
La quota salari sale quando la disoccupazione marginale scende. Ciò accade quando l’offerta di lavoro supera la domanda di esso. Ed è ciò che è accaduto nei Paesi industrializzati europei dal dopoguerra in poi e sino alla costituzione della UE.
Dal I° febbraio 2002, giorno dell’avvento della moneta comune €uro, per i Paesi partecipanti al progetto si conclude l’iter avviato parecchi anni prima: le parvenze residue di “Stati Nazionali” spariscono, dando vita a delle vere e proprie SPA.
D’ora in poi il finanziamento pubblico andrà cercato sul mercato dei capitali privati e/o dalla tassazione che il singolo Paese sarà in grado di imporre ai propri cittadini.
Laddove non sarà sufficiente si opererà con tagli lineari alle spese correnti.
Non vi è più alcuna possibilità di rilanciare l’economia interna con un’appropriata politica monetaria mirata al conseguimento della piena occupazione e al benessere della popolazione e gli Stati non possono più intervenire a sostegno delle imprese nazionali, pubbliche o private che esse siano. Il pareggio di bilancio viene inserito nelle costituzioni.
Il mantra del liberismo si riassume in questa scarna frase: “Stato è brutto, privato è bello”.
Intanto l’industria multinazionale (e l’alta finanza ad essa collegata) dall’inizio degli anni ’80 è sempre più influente nelle decisioni dei governi. Essa è da SEMPRE alla ricerca di profitti maggiori e non importa dei danni permanenti che causerà a questo o quello: si convincono intere Nazioni a smantellare quasi del tutto la loro produzione industriale con forte partecipazione statale che viene svenduta ai privati e poi trasferita in blocco nei Paesi in via di sviluppo. La globalizzazione è cominciata.
Gli industriali europei non restano a guardare e al fine di mettere un freno all’aumento dei salari persegue l’incentivazione dell’immigrazione di massa di lavoratori provenienti da zone sottosviluppate. Essi, con le loro basse pretese salariali avrebbero aumentato la disoccupazione marginale, costringendo le maestranze dei Paesi avanzati ad accettare paghe decrescenti e minor tutele. In questo modo tutto sommato banale si è aggiunta quella quota di domanda di lavoro necessaria a far divenire marginalmente rara l’offerta dello stesso. In nome di uno stupido quanto inutile “buonismo” stiamo assistendo a questa pratica nell’immobilismo generale da molti anni.
(A riprova che la curva di Phillips esiste eccome.)
L’esplosione dell’indebitamento privato, spinto e invogliato da istituti bancari transnazionali e disumani, fa innalzare il PIL dei Paesi avanzati e maschera per un buon numero di anni le lacune strutturali del sistema finanziario globale ma lo scoppio della bolla dei sub-prime porta tutti sulla terra: in meno di 5 anni un numero impressionante e in continua crescita di famiglie non riesce più a far fronte ai debiti e ciò porta allo scoppio di molte bolle immobiliari che portano in breve tempo al dimezzamento del valore delle case. Parecchie grosse banche sono sul punto di fallire: molte vengono salvate con i soldi dei contribuenti, diverse vengono nazionalizzate e solo qualcuna viene lasciata fallire. Dal 2009 la crisi economica nella UE diviene sempre più profonda e diversi Paesi chiedono aiuto al FMI.
La Grecia, tra le più colpite, avvia ben 3 procedure di default settoriale e finisce commissariata. L’economia globale risente il colpo e anche la Cina comincia a mostrare più di qualche debolezza.
La crisi si fa sempre più incisiva: la disoccupazione cresce e con essa il malcontento delle piazze e così si appronta il piano di finta salvezza, mascherato dal generico nome “riforme strutturali”: dare un lavoro a tutti, ma sottopagato.
In questo modo per gli istituti di statistica la disoccupazione nominale diminuisce e la nascita dei mini-job (Hartz IV, ottobre 2002) porta la IFO tedesca a dichiarare nel 2014 una disoccupazione sotto al 7%, contro l’11,5% del resto della UE. Intanto l’indice di povertà relativa aumenta anche da loro.
La creazione di un esercito di sottoccupati però, per le dinamiche spiegate sopra, non è in grado di far alzare l’inflazione se non di pochi decimali (vedi Germania).
L’intera Europa si è avviata su quella strada e i risultati sono già ben tangibili: 21 Stati su 28 di UE sono in deflazione conclamata.
A corollario di tutto ciò, nei Paesi più colpiti dal fenomeno deflattivo, percentuali significative e sempre crescenti di residenti emigrano a loro volta alla ricerca di un futuro migliore: un ulteriore impoverimento di quei territori che vedono partire non solo i più poveri ma soprattutto le migliori giovani menti, peraltro formate a spese delle famiglie e delle collettività di quei posti che abbandonano.
Tutti gli strumenti monetari messi in atto dalle banche centrali portano ad un solo obiettivo: incentivare le banche private a concedere prestiti a fantomatici richiedenti. Ma chi ha voglia di fare investimenti in un’economia sempre più di sopravvivenza? Quale imprenditore metterebbe a rischio il proprio capitale in un periodo di deflazione perdurante?
A questo punto, anzi molto prima, sarebbero dovuti intervenire gli Stati poiché quando gli investimenti privati languono o sono troppo bassi dovrebbe essere lo Stato a farli, svolgendo la funzione essenziale per il quale viene creato: quella di datore di lavoro e prestatore di ultima istanza, nonché di regolatore imparziale dell’economia nazionale e non quella di impositore di nuove tasse atte a perseguire un pareggio di bilancio inarrivabile.
Con le regole attuali non ci sarà alcuna ripresa dell’inflazione ne più un futuro.
Abituiamoci in fretta: la deflazione ci accompagnerà per molto tempo a venire.
Come se ne esce da tale situazione?
In un sol modo:
gli Stati dovranno tornare a svolgere appieno la loro funzione e perché ciò avvenga bisognerà che essi si sleghino dalla mentalità liberista imperante nella UE.
Quando avverrà?
Prima o poi, sicuramente.
Accadrà quando una massa critica di persone capirà: la verità non potrà essere ancora per molto tempo nascosta dalla menzogna e più presto che tardi la matematica presenterà il suo inappellabile conto.
Roberto Nardella.
http://www.forexinfo.it/Deflazione-cause-ed-effetti-della