By: GZ on Lunedì 25 Giugno 2007 12:46
Per compensare il fatto che non si indaga sui 45 milioni in Svizzera in nero di Consorte e Sacchetti usciti dall'opa Telecom
Del resto dedicano risorse e mezzi a fermare i mafiosi che vogliono rimediare all'indulto
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I boss: «Maledetto indulto Troppi ladri, uccidiamoli» Fermato piano per eliminare chi rubava nelle aziende del pizzo
PALERMO — Sembra di sentirli canticchiare le note di Venditti su «questo mondo di ladri», di vederli recitare in un film con lo stesso titolo riproposto da Vanzina. Ma gli attori del sinistro canovaccio scoperto dai carabinieri di Palermo sono vecchi e nuovi boss di Cosa Nostra decisi a garantire una sorta di «ordine pubblico mafioso» liberando la provincia dai «cani sciolti » che rubano «senza rispetto » non appena «escono dall’Ucciardone grazie a quel maledetto indulto». E se la prendono con lo Stato gli eredi di Bernardo Provenzano, sorprendendo i militari che li intercettano.
Pronti allo sterminio dei ladruncoli, come borbottavano fino ad un paio di giorni fa Giuseppe Bisesi e Giuseppe Libreri, un emergente di appena 31 anni e il capo della famiglia mafiosa di Termini Imerese, due dei nove arrestati ieri con un blitz di grosso spessore che ha consentito di scoprire i segreti del «Codice Provenzano», la famosa «Bibbia » con un elenco di sigle decriptate e associate ai nomi dei fidati interlocutori dello Zio Binnu. Una «legenda» che fa tremare complici e fiancheggiatori, che avrà gran peso in tante indagini perché si scopre l’identità del numero 25 che sta per Antonio Rotolo, del capomafia Antonino Cinà indicato col 164, fino ai «30, gr. e pic.», ermetica sigla usata per Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, appunto, grande e piccolo, «gr e pic».
Ma, intanto, nel paradosso di questi nostri tempi, come dato secondario eppure emblematico, risalta il tono dei due mafiosi indispettiti contro la «debolezza dello Stato», decisi «a rompere le corna e scippare la testa a cani sciolti e scappati di casa», come diceva infuriato Bisesi: «Il problema dei ladri c’è stato sempre, non solo qua. Ma ora con quest’indulto siamo rovinati». Affermazioni che richiamano frasi famose finite nello Stupidario di mafia scritto da Lino Buscemi e Antonio Di Stefano. Come quella di Gaspare Mutolo, il pentito accusato al processo di furti, minacce, abigeati, quasi offeso: «No, signor giudice, mai commessi reati infamanti, io solo omicidi».