Autonomia, Secessione e Indipendenza

 

  By: Paolo_B on Domenica 02 Gennaio 2011 21:01

Lutrom, non sono in grado di impegnarmi a dirti se va bene un tasso variabile o fisso, però ti segnalo questo articolo interessante da l'idealista: http://www.idealista.it/news/archivio/2010/12/15/016790-i-mutui-non-sono-mai-stati-cosi-convenienti-riassunto-2010 Per la convenienza dell'operazione in sé, ancora, ho poco da dire. Dipende dove si trova l'immobile da affittare. Negozi vuoti non ne mancano, ma se riesci a fare una ristrutturazione economica e sei sicuro che l'affitto copra il mutuo... Approfitto per augurare a te e a tutti un felice 2011

 

  By: lutrom on Domenica 02 Gennaio 2011 19:26

Grazie per i consigli non dati, anti... Per me la zappa non sarebbe un problema, sta nel sangue (nella mia famiglia, per 2.000 anni minimo, tutti, tranne il sottoscritto, hanno fatto i contadini: in confronto alla mia nobiltà di... zappa, gli Asburgo ed i Borbone sono dei ricchi dell'ultima ora!!), solo che la terra è poca e neanche buona per lavorarla...

 

  By: antitrader on Domenica 02 Gennaio 2011 19:02

"metterei comunque anche quella di vendere la casa con terra" Quello e' un asset che presto si rivelera' molto prezioso, basta munirlo di zappe, vanghe e quant'altro, e tu lo vorresti vendere???? ma rob de matt!!!!

 

  By: lutrom on Domenica 02 Gennaio 2011 18:38

Visto che si parla di prestiti e di mutui, vorrei esporvi la mia situazione. Io e mia moglie abbiamo due posti di lavoro a tempo indeterminato: io statale (docente) e mia moglie ausiliaria in una struttura privata (abbastanza solida, con diverse decine di dipendenti, funzionante da oltre 30 anni); complessivamente guadagniamo, netti, 2.600 euro al mese. Inoltre abbiamo una casa con terra dal valore minimo di oltre 200.000 euro (dove però, per una serie di motivi, non possiamo andare ad abitare né, per una serie di motivi, è affittata). Ora dovrei ultimare la costruzione della casa (l'altra mia casa) dove però abito: la parte già esistente (dove appunto abito), così com'è, vale, come minimo, 170.000 euro. Una volta ultimato il tutto affitterò il negozio sottostante, in buona posizione, senza problemi, ad oltre 1.000 euro al mese. Però per fare tutto questo mi servono circa 80.000 euro che non ho: inoltre non vorrei (o meglio non posso causa mia moglie perdutamente innamorata della stessa...) vendere l'altra casa con terra (dove non abito). Considerato che certo la mia situazione non è da disperato, cosa mi consigliate per il mutuo/prestito?? A chi rivolgermi?? Come devo comportarmi con le banche?? La mia idea sarebbe di fare un mutuo/prestito a tasso variabile (ma con un tetto massimo per quanto riguarda il tasso) della durata di circa 7-9 anni: che dite?? Va bene questo tipo di mutuo/prestito?? Consigli?? (come ultimissima ipotesi -molto difficile, ma non è una ipotesi proprio impossibile da realizzare- metterei comunque anche quella di vendere la casa con terra dove non abito...) Ringrazio in anticipo per le risposte.

 

  By: alberta on Domenica 02 Gennaio 2011 17:33

Dimenticavo... http://it.reuters.com/article/italianNews/idITLDE6BT0WF20101230 Questo contenzioso si preannunzia interessante... ma dubito che andrà a Sentenza (la battuta è involontaria..eh eh), si accorderanno prima, con obbligo reciproco di riservatezza... e tutti felici... così da evitare che ad altri vengano delle idee.. Comunque è significativo per far capire come funziona il "do ut des", a tutti i livelli....

 

  By: alberta on Domenica 02 Gennaio 2011 17:13

Ciao Sentenza, come avrai capito, il mio Post, pur dando degli spunti "seri", aveva un taglio informale e scherzoso... In sostanza la tua situazione finanziaria è molto interessante per qualunque banca, hai una buona busta paga, un reddito ulteriore documentabile... insomma una situazione invidiabile, visto anche la tendenza alla crescita costante della capacità reddituale. ma gli Istituti bancari oramai non differiscono molto dalle compagnie telefoniche: portagli qualcosa, in quel caso la fedeltà per 24/30 mesi, e ti daranno tanto in cambio.. Con le banche, parti dal fatto che vuoi cambiare il tuo attuale Istituto, domiciliando Stipendio, e quant'altro (molte banche on-line costano ZERO), facendo qualche prodottino "a tunnel" (commissioni iniziali e di gestione zero, purchè non disinvesti prima di due/tre anni) nella forma del PAC, ad es.... ovviamente ti scegli quello che ti sembra meno "stupido" e così fai vedere che sei anche un investitore evoluto (se sei su questo Sito lo do per scontato), che farà anche del movimento di portafoglio......che sono altri soldi per loro...... Poi passi al Mutuo.... ma deve essere qualcosa che non chiedi tu, deve essere un prodotto che ti consigliano loro, buttando lì che avresti da tempo questa idea.... ma non hai trovato niente di interessante: se dovessero però proporti qualcosa........un immobile ci sarebbe... ma hai ancora dei dubbi... chissà quanto costa... etc. etc....... .......a quel punto la situazione si è ribaltata e per non perderti, subito, potrai "costringerli" a darti delle condizioni migliori di quelle standard (il promotore dell' Istituto ON-line oppure il tuo gestore della banca tradizionale, hanno ampie facoltà che si guardano bene dal pubblicizzare, perchè sono guadagni inferiori per loro)... Insomma credo che tu abbia capito.... buona fortuna per il nuovo anno ....... e sei hai bisogno di qualche indicazione specifica.... mandami una mail, senza problemi...

 

  By: sentenza on Domenica 02 Gennaio 2011 15:25

Alberta capisco le tue osservazioni, d'altronde il mio obbiettivo e' di avere un prestito che mi costi il meno possibile, quindi se l'alternativa a pagare 6/7mila euro in piu' di interessi (nel caso accettassi di spostare la durata da 20 a 25anni) e' sottoscrivere qualche prodotto che mi fa rischiare di perdere di piu', tanto vale che accetti la prima condizione; se invece l'investimento gradito alla banca non e' cosi' svantaggioso per me allora ovviamente e' da prendere in considerazione. non fraintendetemi, non mi aspettavo che le banche fossero un istituto di pubblica utilita' che cerca di venire incontro alle mie esigenze, volevo solo sapere se mi era sfuggito qualcosa che potevo usare a mio favore... ciao e buon anno a tutti :)

 

  By: Giovanni-bg on Domenica 02 Gennaio 2011 12:48

Braclays... uhm... interssante anche la cassa si San Marino per avere un prestito si era dimostrata interssata a un "prodotto" cher barclays voleva vendere.. http://it.reuters.com/article/italianNews/idITLDE6BT0WF20101230 Perdomani la battuta. Più strutturati di così si muore... hanno strutturato sullo strutturato. Giustamente dirai che loro hanno sbagliato perchè sono andati oltre al dimostrasi interessati... li hanno pure comprati!

Provare per credere - alberta  

  By: alberta on Domenica 02 Gennaio 2011 03:38

Messaggio per Sentenza e per i tanti che si trovano in identi che condizioni---- ______________________________ Scrive Hobi, che è uno pulito e del mestiere: Prova anche Barclays . Da un amico ho sentito tassi molto bassi ( variabile sul 2% e fisso intorno al 4% ) ed abbastanza facili ad ottenerli( senza responsabilità in questa affermazione che non sono in grado di verificare ). Se sei nella zona di Milano /Pavia ti posso dare anche il nome dell'agente( scrivimi). Hobi ___________________________ Ti scrive un altro, che contratta di questa roba quasi tutti i giorni: Cosa ti ha chiesto la Banca in cambio del Mutuo e cosa hai offerto tu ? Niente ? Allora non hai potere contrattuale, credimi. Parti da un investimento, uno "gradito" alla Banca... poi le cose... fors'anche in poche settimane, diventeranno diverse.. Se parti da Mutui On Line, sei il peggior Cliente possibile; se ti presenti come un Cliente interessato ad un prodotto... allora diventi il miglior Cliente possibile... ..... e d in poco tempo, ti daranno di tutto e di più... provare per credere....

Ordini industriali a picco - Gzibordi  

  By: GZ on Lunedì 08 Luglio 2002 17:07

c'è un articolo molto ben fatto sul corriere economia di oggi (la pubblicazione finanziaria migliore in lingua italiana). Intervista i produttori di macchine utensili che oltre a essere un settore cruciale per l'italia sono il settore più sensibile al ciclo economico mondiale che esista. E in tutte le interviste si parla di caduta MINIMA degli ordini del 20% e di un peggioramento della congiuntura dopo Enron, Worldcom e compagnia. In borsa di quotate c'è Fidia e Prima Industrie del settore, ma è un discorso che ha implicazione per tutto il settore manifatturiero, l'euro e il resto. Se uno usa come indicatore economico il settore macchine utensili (e non le statistiche del PIL o peggio le proiezioni) dovrebbe dire che l'euro non sale e i tassi scendono ------------------------------------------------------- INCHIESTA Viaggio nel cuore dell’industria della Penisola: terzi al mondo dopo i giapponesi e i tedeschi, i produttori di macchine utensili sono in crisi «I nostri ingranaggi ora girano a vuoto» Ordini in caduta, capacità produttiva ai minimi. Causa: competitività in calo e export frenato da euro e recessione. Ecco le strade per resistere ---------------------------------------------------------- C' è qualcosa che stride fra la loro segreteria telefonica e ciò che producono. And I love her , canta il telefono padovano dei signori Parpajola e Pasquetto, ex operai, azienda Parpas: le loro fresatrici lavorano i pistoni della Ferrari. I just called to say I love you , cinguetta quello torinese dell'ingegner Giuseppe Morfino, azienda Fidia: il vostro cellulare forse viene dalle sue presse. C'è una contraddizione fra questi imprenditori nati nel Dopoguerra appassionandosi a un tornio e la società dei beni che hanno contribuito a costruire. Quella del gigante invisibile che lavora, s'entusiasma: ma nessuno lo sa. Sono 450 i produttori italiani di macchine utensili in Italia, le macchine per fare le macchine: i terzi al mondo (produzione per 4.632 milioni di euro nel 2001, »1,1%) dopo giapponesi e tedeschi. Sette su dieci (il 66,9% stima l'Ucimu, loro associazione confindustriale) contano meno di 50 dipendenti e (al 76%) hanno fatturato nel 2000 meno di 12,5 milioni di euro. Sono la spina dorsale dell'economia italiana. E' dalle mani dei loro operai (34.260 addetti, 70 in meno di due anni fa) che escono i nostri oggetti quotidiani. Le porte degli ascensori, i cestelli delle lavatrici, i binari di quell'aletta che si vede rientrare quando l'aereo atterra: tutto fabbricato con le loro macchine. Sono il termometro dell'economia nazionale. E che cosa segna questo termometro? Un calo di competitività. Pericoloso ma affrontabile. Nel 2001, rivela l'Ucimu, gli ordini interni sono precipitati del 22,6%, quelli esteri del 18,6%, l’utilizzo della capacità produttiva è sceso al 79%, minimo dal 1997. Colpa della ciclicità del settore ma anche dell'11 settembre, del flop dell'auto, della concorrenza di Germania e Olanda. E il 2002, benché valutato con ottimismo da Andrea Riello, presidente dell'Ucimu e di quella Riello Sistemi con giro d'affari in crescita (»37% nel 2001), è visto finora come «anno da cancellare» dai singoli industriali: anche per timore di un euro troppo forte, pericoloso in un settore che esporta il 49,4% di quel che produce. Lo ammette Riello: «Se supera la parità col dollaro, l'euro può diventare un problema». E però aggiunge: «Entro fine anno riprenderanno gli investimenti. Non c'è scelta». E' un tentativo di recupero fondato su tre C: Clienti (da accudire), Capitali (da investire), Conquista (di nuovi mercati). Le tre leve che il gigante sta muovendo per tenere a galla l'economia italiana. Lo dimostrano nove casi, raccolti nella classifica delle 200 maggiori aziende di settore italiane (vedi tabella) . Li abbiamo divisi in quattro categorie: donne, quotate, Nord, Sud. Le donne. Lucia Manzoni e Angela Picco sono due signore di ferro. Una ha 79 anni e col suo Manzoni Group (5o in classifica) fa presse a Lecco: prima in Italia, seconda in Europa, 70% di export. Ha per clienti finali Bmw ed Electrolux, la chiamano «la Thatcher delle macchine utensili», dice: «Mi piace venir giù in fabbrica alle 7 del mattino». L'altra ha 55 anni e con la Picco fondata da suo padre (non è in classifica) fa sbavatrici (quelle che consentono di non grattare col cambio) a Castano Primo, Milano, clienti Fiat e l'indiana Tata. «Da piccola sognavo di diventare ucimista», osa dire: è stata la prima donna consigliere dell'Ucimu. Rivela Manzoni: «Abbiamo fatturato 118 milioni di euro nel 2001, ne prevediamo solo 100 sia nel 2002 sia nel 2003. Gli ordini sono calati del 20%, abbiamo chiuso uno stabilimento a Torino e stiamo decidendo che fare di un'altro a Milano». Controlla l'azienda al 100% col figlio Alessandro, l'ha fondata col marito nel '54 «senza una lira» e reagisce alla crisi così «facendo economia». Picco conferma: «Nel 2000 abbiamo fatturato un milione e mezzo di euro, lo stesso nel 2001, lo stesso sarebbe quest'anno se non avessimo un ordine nei rulli ceramici, settore diverso che per fortuna abbiamo sviluppato». E ancora: «Da dicembre ho eliminato gli straordinari, gli ordini sono calati del 25%, esporterò il 50% contro il consueto 70%: il rafforzamento dell'euro mi preoccupa». Tattica? «Visitare più spesso i clienti. E investire». Le quotate. «'A 'dda passà 'a nuttata», dice da Collegno, Torino, Gianfranco Carbonato, fondatore e azionista al 5% di Prima Industrie (6a in classifica). E si capisce. La sua è l'unica azienda del settore che, con la conterranea Fidia (21a), controllata al 60% dal citato Morfino e guidata dall'amministratore delegato Luigi Visconti, ha osato affrontare la Borsa. Fa macchine laser per lamiera e dal collocamento, nel 1999, ha guadagnato il 4%. Tempismo. Fidia infatti, che fa macchine per stampi (esempio: per le suole delle Nike) e si è quotata a fine 2000, ha perso: il 40%. E' il danno della doppia esposizione: alla congiuntura e ai mercati. Sommato alla forte dipendenza dall'estero (che incide sul fatturato dell'una all'80%, dell'altra al 65%), dà peso all'allarme delle due società. Visconti: «Il 2002 sarà un anno da dimenticare. Nel settore sento parlare di riduzione dei volumi del 25%, di cassa integrazione... Il nostro budget era di crescita, saremo in flessione». Carbonato: «Non mi aspettavo un secondo trimestre così. Abbiamo dovuto licenziare un terzo dei nostri 180 lavoratori americani. L'anno scorso abbiamo acquisito un'azienda a Minneapolis, oggi non lo farei più». Le contromisure? Ristrutturazione e nuovi mercati. Non di Borsa, però, veri: come la Cina, dove Fidia vuole triplicare in due anni. Il Nord. «Ah, l'espòrt! -, si duole il già citato Parpajola -. Oggi copre il 35% del giro d'affari, era al 50% un anno fa». La sua Parpas, 12a in classifica, 30% di calo degli ordini quest'anno, è uno dei quattro casi del Nord. Due nel Veneto: con Parpas, la Salvagnini di Francesco Scarpari a Vicenza (2a in classifica). Uno in Lombardia: la Ficep di Ezio Colombo a Varese (19«). E uno in Emilia Romagna: la bolognese Marpos di Stefano Possati (7«). Quattro aziende, un lamento. «La voce più frequente che sento è il pianto», dice Scarpari, erede Zambon. Che da socio di maggioranza produce macchine programmabili per la lavorazione plastica delle lamiere (come quelle degli ascensori) e commenta: «Il danno di Enron e Worldcom ha fatto peggio delle Due Torri. Ha tolto fiducia e bloccato la ripresa». Gli altri concordano. La Salvagnini, due centri ricerca con 170 persone e un crollo dal 25% all'11% del fatturato Usa, per quest'anno prevede una flessione del 40% degli utili: «Non facciamo più straordinari da nove mesi». La cura: quattrini. «40 milioni di investimenti fra 2001 e 2002 - annuncia Scarpari -. E allargamento all'Est». Stessa strategia per Parpos: «Contiamo di cominciare un nuovo stabilimento da 5 milioni di euro in febbraio». E allarga, ma alla Cina, anche la Marpos, clienti Toyota e Gm, che fa misuratori elettronici. Ha fabbriche in Giappone e in Usa, dov'è stata costretta a tagliare. La Ficep invece ringrazia le agitazioni sindacali dell'anno scorso: «Ci hanno fatto dilatare le date di consegna fino a quest'anno», dice Colombo. Che ha raddoppiato gli investimenti (6 milioni di euro nel 2002») e, siccome produce gli impianti per costruire ponti e strade, invita il Governo ad accelerare sulle Grandi Opere. Il Sud. E veniamo al Meridione con l'esempio di Michele Vinci, 61 anni, e della sua Masmec, piccolo fiore tecnologico barese (124a in classifica). A Modugno, fa macchine per collaudi e robot, lavora per Bosch ed Electrolux, si è lanciato in uno spin-off negli strumenti elettronici. Collabora con il Cnr e sta costruendo un ambizioso «polo di ricerca strumentale» a Bari. Anche Vinci parla di ordini in calo (del 30% nella prima metà dell'anno) e fatturati giù (da 7 a 6,5 milioni di euro). Quale la sua strategia? «Standardizzare. Non faremo più tante modifiche sui prodotti». E attendere: «Perché prima o poi la vita riprende». 'A nuttata passerà.