alcuni interventi che avevo memorizzato
"Lo SFACELO italiano è cominciato con il divorzio, quando si andò a finanziare il deb pubblico sul mercato dei capitali, foraggiando i rentiers tramite BOT che non erano nemmanco tassati"
Bullfin,Zibordi,Roberto e company
.non si può imputare lo sfacelo italiano solo al divorzio,i motivi e
le cause sono molteplici e vengono da lontano.Il debito pubblico non è solo l’elemento chiave del delicato momento politico che viviamo in Italia oggi. È il prodotto delle politiche economiche degli ultimi decenni.Bisogna fare una analisi
completa del periodo e bisogna anche averlo vissuto quel periodo,non ci si può
basare solo su dati e grafici,ve ne sono tantissimi che dicono tutto e il
contrario di tutto a secondo di come vuoi fare pendere l'ago della bilancia.
Gli anni 50-60 furono caratterizzati da un boom economico incredibile e forse
irripetibile dovuto a diversi fattori e concomitanze che sintetizzo certo di
saltare qualche passaggio.
1)Dopo la seconda guerra mondiale l’economia globale aveva cominciato a crescere rapidamente, trainata dalla locomotiva americana.
2)Agli inizi degli anni 50 il nostro paese era molto più povero dei grandi paesi
occidentali,un operaio guadagnava un sesto rispetto all'operaio,tedesco,francese,ecc.
3)Il Walfere quasi inesistente:le pensioni erano poche e insufficienti,gli anziani
venivano accuditi dai parenti,non esistevano ricoveri per anziani,asili per bambini,
non esisteva cassaintegrazione i disoccupati facevano la fame,gli ospedali erano
da anteguerra ed i ricoveri solo in casi gravi,la scuola era per pochi,le
infrastrutture da anteguerra..................quindi uno stato con pochissimi
debiti,ma con leggi fiscali tipo IGE,Vanoni che colpivano con aliquote pesantissime
i redditi se fossero stati denunciati!!!ma pagare le tasse era un optional per molti,
l'evasione era quasi totale,anche i dipendenti venivano retribuiti parzialmente
"fuori busta" ............
Neppure la grande riforma fiscale (Irpef progressiva) introdotta negli anni 70 contribuì ad aumentare le entrate,perchè non furono introdotti
nuovi criteri di controllo sull'evasione,situazione voluta per ovvi motivi dai governi .La spesa dello stato italiano più o meno era all'ineata
con gli altri stati europei,sicuramente con minore efficienza,ma sono proprio le minore entrate ad alimentare i disavanzi di bilancio del nostro
paese,lo si può notare dalla tabella in allegato.
4)il basso costo del petrolio (tra i 2 e i 3 dollari al barile) permetteva un basso costo dell’energia. Il basso costo dell’energia, sommato alla particolarita’ italiana dei bassi salari e il basso welfare ci dava un vantaggio competitivo, eravamo i cinesi d’Europa. In questo modo il nostro Pil comincio’ a crescere piu’ velocemente degli altri, la crescita del Pil italiano supero’ quella del Pil della Francia e della Germania sei volte negli anni ’50 e cinque volte negli anni ’60. Una situazione favorevole che permise all’Italia tra il 1950 e il 1973 di triplicare i redditi degli italiani e di sviluppare il settore industriale e gli investimenti.
5)Il potere di acquisto aumentò sensibilmente,elettrodomestici,tv,auto,stavano
diventando un fenomeno di massa,ma i maggiori benefici li ottennero i lavoratori
autonomi,dal più piccolo commerciante,artigiano,industriale,l'incremento dei
ricavi e dei profitti erano notevoli e senza pagare tasse,in quel periodo si
crearono patrimoni ingenti che fu poi una delle cause principali del declino
degli anni successivi,sino ai nostri giorni.
6)i governi erano prevalentemente monocolore DC con una forte opposizione comunista
che avendo il controllo sui sindacati alimentavano la protesta con rivendicazioni
salariali ed un welfare sempre più pressante.
7)gli anni 70 segnarono il declino inesorabile e la fine della competitività
Cominciarono alla fine degli anni ’60 e agli inizi degli anni ’70 le rivendicazioni salariali e gli scioperi. In questo modo tra il 1968 e il 1973 il livello dei salari degli operai raddoppio’ e triplicò quello dei lavoratori statali,bancari,ecc.Il secondo fattore produttivo che incremento’ il suo costo fu l’energia. Il prezzo del petrolio al barile passa in breve tempo da 3 dollari a 12 dollari.
Svaniscono cosi’ i vantaggi dell’Italia, raddoppiando i salari e quadruplicando il prezzo del petrolio. L’Italia a questo punto ha due strade da percorrere, operare una pesante riforma strutturale, cercando una nuova strada per la crescita, cercando di trovare la sua competitivita’ in altri fattori ad esempio, puntando alla soluzione dei suoi problemi. Oppure non affrontare il problema. Ovviamente sceglie la seconda strada, piu’ facile nel breve periodo, ma che si dimostrera’ disastrosa nel medio-lungo periodo.
L’inizio della fine
Se le imprese non possono piu’ affrontare costi di energia e lavoro cosi’ alti, arriva l’intervento pubblico a salvare chi strilla di piu’, o chi porta piu’ voti. Che siano essi pensionati, operai, piccole imprese,abitanti del Sud o evasori. Interventi che finiscono per pesare sul bilancio dello Stato. Ad aggravare il tutto vi era una classe dirigente formata da un partito di maggioranza relativa (Dc) che di volta in volta non potendo governare da sola si alleava con socialisti e socialdemocratici. In piu’ Dc e Psi erano grossi partiti formati da fazioni interne e correnti piu’ o meno forti, che pero’ minavano la stabilita’ delle maggioranze, riducendo di molto la vita media dei governi. Quindi una politica debole, che per reggersi doveva accontentare tutti e non scontentare nessuno. Rimandando all’infinito quelle riforme necessarie ma impopolari.
Nella politica dell’aiuto statale, della spesa alta, nacque nel 1970 lo Statuto dei lavoratori e nel 1975 la scala mobile venne estesa a tutti i lavoratori. In questo modo i lavoratori vedevano i loro salari crescere in base all’inflazione dell’anno precedente, facendo pero’ cosi’ aumentare l’inflazione di quell’anno e cosi’ via in una spirale prezzi salari che fece crescere l’inflazione in Italia a due cifre.
La competitivita’ ritrovata
Ecco dunque la grandiosa idea, usare la svalutazione della lira come vantaggio competitivo. Svalutando la lira si poteva riconquistare competitivita’ sui costi confronto ai Paesi in cui esportavamo i nostri prodotti. Recuperammo in questo modo competitivita’ e margini di profitto. Ma si tratta di un trucco che dura poco, basta infatti che lo utilizzino anche altri Paesi nostri concorrenti ed ecco svanire il vantaggio. Cosi’ con l’inflazione da una parte e la svalutazione dall’altra l’Italia riusci per qualche anno a continuare la sua crescita truccata accontentando tutti, imprese e lavoratori. Ma c’erano comunque imprese che non ce la facevano, dunque per loro aumentarono gli aiuti statali, con la cassa integrazione guadagni e i prepensionamenti. Anche le piccole imprese (che costituivano il 97 per cento del totale) ricevettero forti aiuti, sotto forma di incentivi. Imprese che avevano vantaggi a restare piccole. In questo periodo, tra la meta’ degli anni ’70 e la prima meta’ degli anni ’90 nacquero e si diffusero anche le pensioni non coperte dai contributi. Che aggravarono ulteriormente la gia’ drammatica situazione del bilancio pubblico
Troppa inflazione
Questo sistema permise di conservare la crescita (anche se in misura molto ridotta rispetto a prima) fino agli inizi degli anni ’80. In questo periodo il petrolio subi’ una nuova impennata e il tasso di inflazione sfioro’ il 20 per cento. Cosi’ prendendo finalmente atto della pericolosita’ dell’inflazione il 14 Febbraio 1984 il Governo Craxi taglio’ la scala mobile di 4 punti percentuali. Inoltre, nel 1981 ci fu anche il divorzio tra la Banca d’Italia e il Tesoro, la politica monetaria e il controllo dell’inflazione non erano piu’ facili armi politiche, e la Banca d’Italia non era piu’ costretta a sottoscrivere i titoli del debito pubblico. Da questo momento se il Tesoro voleva finanziarsi tramite l’emissione di titoli pubblici, l’avrebbe dovuto fare a prezzi di mercato.
Debito pubblico
Il fatto che il debito pubblico fosse diventato piu’ costoso non fermo’ pero’ la politica dell’indebitamento e della spesa pubblica. Cosi’ dopo il decennio dell’inflazione (anni ’70) arrivo’ il tempo del debito pubblico (anni ’80), proseguendo anche con le svalutazioni della lira, per non perdere troppa competitivita’.
GLI ANNI '70 – Gli anni della prima grande impennata del debito pubblico. Il paese era attraversato dalle rivendicazioni sociali, la protesta studentesca si andava saldando alle rivendicazioni operaie creando un’atmosfera molto tesa. Erano gli “anni di piombo”, e per superarli i politici italiani fecero una cosa semplice: cominciarono a distribuire soldi. Chiunque avesse delle rivendicazioni otteneva qualcosa: è in questo decennio che inizia il vero dissesto dei conti pubblici italiani, perché la spesa pubblica comincia ad aumentare in maniera vigorosa per assicurare la pace sociale ma, dall’altro lato, la crescita economica del paese subisce un grosso stop. Gli anni ’70 sono infatti gli anni delle crisi petrolifere, un brusco risveglio per tutto l’Occidente dopo trent’anni di crescita ininterrotta e vorticosa. Per i paesi che adottavano una politica di Spesa come quella italiana fu un colpo duro: la minore crescita economica significa meno entrate per lo Stato il che, combinato con un grosso incremento della Spesa pubblica, significa esplosione del debito: lo Stato emette bot (e altri certificati del tesoro) e raccoglie la liquidità di cui ha bisogno per finanziare strumenti perversi come la “scala mobile”. Si fanno i debiti, ma si trasferisce nel futuro la responsabilità di pagarli.
FAVOLOSI ANNI ’80 – Passati gli anni turbolenti della contestazione sociale si è inaugurato il periodo più edonista della storia recente. Gli anni ’80, un periodo di eccessi ricordati ancora oggi con rimpianto e riproposti in varie forme dalla televisione. I tempi non erano più quelli del trentennio d’oro ma non era importante: c’era una nuova generazione di manager d’assalto che volevano tutto, il cui contraltare era una nuova generazione di politici, ansiosi di poter godere dei benefici del potere. Gli anni ’80, che vedono il tramonto dell’esclusività democristiana, sono gli anni della seconda grande impennata del debito pubblico italiano. La più insensata, la più dannosa. L’Italia negli anni ’80 ha conosciuto una grande stagione economica, fondata però in gran parte sui debiti. Non sono mancate le grandi avventure imprenditoriali in questo clima di fermento, ma il risultato finale si riassume nella risposta ad una semplice domanda: cosa è rimasto degli anni ’80? Niente. Lo Stato si è indebitato in una maniera tale da avergli chiuso ogni ulteriore spazio di manovra, ma non lo ha fatto realizzando grandi opere pubbliche, infrastrutture che avrebbero rappresentato in ogni caso un investimento per il futuro. Questo è il dato più incredibile: negli anni ’70 la spesa pubblica era stata un mezzo per mantenere la pace sociale. La scelta del debito, condivisibile o meno, aveva insomma una finalità ben precisa. Negli anni ’80, invece, una montagna di denaro è sparita, un carico insostenibile di debiti sono stati scaricati sulle nuove generazioni e non si trova niente che possa giustificarli.
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