Leggevo ieri un paio di articoli di uno psicologo indio-americano il quale analizzava il fenomeno dei matrimoni combinati indiani.
Dato che restano molto diffusi anche fra gli indiani che emigrano, a prescindere dalla classe sociale, lo psicologo si domandava del come mai avessero successo anche laddove il modello culturale è così differente, come ad esempio in America.
Innanzitutto studi seri hanno ormai appurato che il livello di riuscita e soddisfazione fra matrimoni "liberi" e matrimoni combinati è praticamente lo stesso. Quetso spiega il bassissimo tasso di divorzi nelle coppie indiane (solo 1 %).
Le ragioni che lo psicologo individuava in questo risultato così apparentemente sconcertante, erano fondamentalmente due.
La prima è che il processo di selezione così rapido (fra il momento in cui i due futuri sposi si vedono la prima volta e il momento in cui decidono di sposarsi intercorrono 2-3 incontri e 4-5 giorni) limita moltissimo il numero di variabili che vengono prese in considerazione nella scelta, ed è ormai appurato che nei processi decisionali minore il numero di variabili, più corretta diventa la scelta.
La seconda è che le aspettative prematrimoniali sono molto basse. Tutto quello che viene dopo diventa quindi un di più che gratifica li sposi al di là delle loro attese.
Da noi avviene esattamente il contrario. Abbiamo aspettative ormai elevatisisme, soprattutto le donne. Che sia relativamente ad un partner o ad un figlio, ci si attende miracoli. Nel processo decisionale sia che ci si riferisca ad un partner che ad un figlio, le variabili che vengono prese in considerazoine sono moltissime. Questo porta spesso ad un blocco. Piuttosto che doversi districare fra mille supposizioni e domande, meglio non far niente. E così le donne finiscono per non fare figli o per non sposarsi. Al limite si lascia aperta la porta all'istinto di maternità per un figlio, ma per un figlio solo.
Molto più della crisi economica, questo spiega secondo me il basso tasso di natalità nostrano.