Shera, che vi siano intrighi, elite è altamente probabile, pero' ripeto non possiamo dire...."ah guarda Mps ... via dall'euro perchè la Merkel è cattiva..." il cattivo sta dentro di noi.
Per Willis e cretinetti che vogliono votare 5S...LEGGETE TUTTO POI potrete se avete ancora il coraggio e la faccia tosta di dirmi di votare i 5S.....per Willis ricordo che ancora al tempo de V day ti dicevo che 1 vale 1 è una cazzata cosmica da dementi...e infatti tutto è andato come dicevo io...un direttorio, etc....HO SEMPRE RAGIONE :).
Come anticipato dai giornali, l’ultima parola per la costituzione delle liste (e non solo) per le prossime politiche spetterà a Luigi Di Maio, ovvero il capo politico del Movimento 5 Stelle, e a me tutto sommato non dispiace. E’ tra l’altro inutile che la stampa lo racconti come fosse uno scandalo, come a volere suscitare reazioni indignate da parte dei sostenitori del M5S. Questo poteva accadere fino a due o tre anni fa, adesso invece no.
Anche io ho faticato a capirlo ma ora è tutto amaramente chiaro. La posta in gioco è alta e non si possono di certo fare gli errori del passato o di una forza politica di primo pelo. Il M5S poco tempo fa ha deciso di abbandonare il progetto originario, forse utopico o forse troppo lento, in nome di un ipotetico e indefinito bene superiore.
La gente ci chiede di andare al governo, ora e subito. “Non c’è più tempo, si sta troppo male, e del resto – continuano – anche se non siete pronti, peggio dei partiti non potrete fare”. Chiedete a chiunque, vi dirà questo. E come dargli torto?
Non so se è la strada giusta o no (istintivamente direi di no), ma una volta scelta bisogna adesso concretizzare, accelerare, andare avanti come un treno. L’orizzontalità, la costruzione delle idee dal basso, l’“uno vale uno”, la partecipazione, le infinite assemblee fiume, i processi decisionali lenti e complessi non si confanno al bene del Paese, o almeno a una forza politica che in pochi mesi lavora per andare al governo a fare il bene del Paese. C’è fretta, una fretta da apocalisse, si deve recidere tutto ciò che fa perdere tempo e distrae dall’obiettivo.
La struttura che deve reggere e guidare tutto questo deve essere snella e reattiva, non può che essere costituita da pochi soggetti, meglio se in sintonia fra loro, caratterizzati da unione di intenti e probabile stima reciproca, un vertice.
Per guidare questo nuovo cammino è stato quindi scelto Luigi Di Maio che ha così accettato un compito rischioso anche più del previsto. Fosse il naturale proseguimento del progetto iniziale del M5S (rivoluzione culturale, democrazia diretta, partecipazione dal basso, …) se una volta portato avanti poi fallisce, avrà fallito il progetto in sé; ma se invece, per svariati motivi, viene portata avanti una deviazione dal progetto, come sta facendo Luigi insieme alla sua squadra, se alla fine fallisce non avrà fallito il progetto, ma coloro che si sono intestati la deviazione.
Sfido chiunque a prendersi una tale responsabilità, al cospetto delle speranze di migliaia, milioni di persone, non più solo di poche decine come poteva essere un tempo. Per questo motivo soppesando la responsabilità di questa azzardatissima scelta da un lato, deve per forza esserci, dall’altro lato, massima seppur forzata libertà di azione e decisione. La costituzione delle liste elettorali è solo una delle tante materie su cui il vertice deve avere l’ultima parola e la possibilità di fare e disfare a suo piacimento.
So che tutto questo corrisponde alla struttura di un partito, non serve a niente negarlo. Del resto il partito è uno strumento, così come il parlamento, dipende da che uso ne fai e che tipo di finalità si propongono coloro che ne fanno parte, tutto sommato può essere un buon partito, sacrificando di conseguenza un gran bel pezzo di coerenza, ma questo è lo scotto da pagare.
Il M5S delle origini infatti non avrebbe mai sentito neanche la necessità di una struttura da partito, proprio perchè diverso nella natura e nell’organizzazione, a pensarci bene per questo si chiamava “Movimento”. Ma come detto è ormai storia passata.
Ricordo che tempo fa mi sforzavo, quasi sola nel deserto più assoluto, di proporre nella mia pagina Facebook, quindi assolutamente nel mio piccolo, contenuti un po’ più complessi del semplice slogan populistico con la faccia di qualche politico straodiato da mezza Italia, anche a costo di vedere pochi like e condivisioni. Un giorno uno dei nostri collaboratori che si occupano di comunicazione mi disse che era uno spreco per una pagina come la mia, che aveva inspiegabilmente (!) tanto seguito, promuovere questi post semi lunghi, con dei ragionamenti su cui riflettere per più di un paio di secondi, su argomenti non da “mainstream”, accompagnati alle volte addirittura da grafici da capire. Mi disse che stavo perdendo terreno e mi mostrò come avrei dovuto fare: prese uno di questi post, ne tagliò oltre tre quarti, mise una immagine molto basic ma che non c’entrava assolutamente nulla col tema che stavo trattando, scrisse un titolo breve con caratteri enormi e mi propose di ripubblicarlo così e vedere la montagna di like che ne sarebbe derivata. Iniziò così una interessante conversazione. Io mi rifiutai nella maniera più assoluta pur riconoscendo che sicuramente avrei avuto maggiore consenso, ma non era quello il mio obiettivo.
Mi rendevo conto che stavamo allevando una massa di sostenitori di bassa qualità, non vedevo più le menti critiche e curiose a cui mi ero abituata dal primo V-Day e con cui discutevo appassionatamente sui meetup e ai banchetti. Questa cosa mi faceva abbastanza paura. Una quota di tifosi ci sta sempre quando diventi popolare, inevitabile. Ma noi eravamo diversi, noi non volevamo fan ma cittadini attivi, qualcuno che potesse prendere il nostro posto senza timori nelle istituzioni ma soprattutto nella propria città cambiando le cose attivamente senza più delegare, ma più il tempo passava e meno esempi di questo tipo riuscivo a scrutare qui e lì. Così iniziai la mia personalissima autocritica e cercai di cambiare tenore alla mia personalissima comunicazione. “Non funziona così, non è qualcosa che puoi cambiare. Le persone che perdi perchè non le catturi con i tuoi post le hai perse, vanno a leggere Salvini piuttosto. Quindi meglio che leggano te, anche se meno interessante di come vorresti essere e di come sei.” L’ineluttabilità della comunicazione social. Inutile dire che non accettai minimamente questa realtà (altrimenti non sarei un’attivista…), pensai che fosse semplicemente questione di competenza (insomma, la nostra comunicazione non ha mai “brillato” eh), ero certa che sicuramente un modo c’è (e lo credo ancora).
Ebbene, rileggendo questo aneddoto alla luce di ciò che il M5S è oggi mi rendo conto di essere stata anacronistica, forse vintage. Ho inconsapevolmente cercato di frenare l’odierna ascesa stellare che invece ha assoluto bisogno di questo tipo di consenso, perchè è proselitismo, è massa, e infine sono voti.
Non c’è tempo per costruire un consenso largo e al tempo stesso pienamente critico, fatto di persone che, non solo sposano le idee che promuovi, ma le fanno diventare proprie e cambiano addirittura le abitudini di tutti i giorni per cambiare la realtà, e tutto il resto che abbiamo più o meno blaterato per dieci anni…sarebbe un processo troppo lento, probabilmente ostico ai più, e chi lo dice che diventerebbe poi di massa? Magari non è trendy, magari è utopia. Magari cinque anni fa è stata solo la rabbia e la voglia di protesta che ci ha portato a ottenere il 25% di consenso elettorale in tutto il Paese, magari se al posto del M5S ci fosse stato il “Partito Incazzato Italiano” sarebbe stata la stessa cosa.
Oppure intanto vai al governo, in un altro modo, e poi una volta lì all’apice riprendi il cambiamento culturale da dove lo avevi lasciato. Un cammino un po’ tortuoso, di certo contraddittorio, a ben guardare ancora più utopico del progetto originario, che – tutto si può dire – ma se portato avanti veramente avrebbe cambiato per sempre e in meglio il nostro Paese così come ciascuno di noi.
Pertanto se questa è la linea tracciata per il M5S non poteva esserci scelta più adeguata di Luigi Di Maio e i colleghi e collaboratori che ha scelto perchè lavorino al suo fianco. Non Beppe Grillo che di pratico – purtroppo e per fortuna- sa fare poco, non Davide Casaleggio che probabilmente non è mai stato attivista in vita sua, ma uno come Luigi che attivista lo è stato, anche lui in tempi non sospetti, che ha ricoperto un ruolo istituzionale importante quindi è il più “portato”, ma che soprattutto conosce il Movimento com’era, com’è stato e com’è diventato, vivendolo dall’interno senza soluzione di continuità, essendone l’artefice in grossa parte ed essendo anche il confidente e il punto di riferimento per molti, da portavoce ad attivisti, che rivolgono a lui perplessità, suggerimenti, problemi, tragedie, idee geniali, e quant’altro. Pare essere il leader “naturale” di questo nuovo 5 stelle, del resto i tempi in cui non avevamo bisogno di leader sembrano ormai così lontani.
Ritengo quindi conclusa l’avventura del M5S per come l’avevo immaginata io. Spero con tutto il cuore che il M5S resti in qualche modo davvero l’ultima speranza contro i partiti, non mi resta che tifare per noi (mi adeguo, no?). E chissà, magari un giorno si ricomincerà da capo o da lì dove abbiamo lasciato, se sarà rimasto ancora qualcosa. Voglio pensare (e sperare) di sì.
A riveder le stelle
http://www.giuliadivita.it/2017/12/30/e-morto-il-re-viva-il-re/