UKRAINA e SANZIONI

 

  By: pablo on Mercoledì 20 Maggio 2015 18:47

Roberto, giusto il discorso che fai, ma devi focalizzare il periodo di inizio della crisi infinita non con il "divorzio", che pure ha fatto danni ingenti nel tempo, ma con l'entrata nello Sme. Una sorta di "pre Euro" che scardinò - in parte, l'Euro è stato il colpo da professionisti in questo senso - conti ed economia italiani.

 

  By: Roberto964 on Mercoledì 20 Maggio 2015 18:41

Questo grafichetto strafighetto me l'ha dato direttamente Paolo Cardenà come corredo a quello più in basso ......sento già i ragli...

 

  By: themaui on Mercoledì 20 Maggio 2015 18:36

#b#Banca Marche,anticamera del fallimento?#/b# http://www.wallstreetitalia.com/article/1814527/banca-marche-mancato-rimborso-prestito-crollano-i-bond.aspx

 

  By: gerry10 on Mercoledì 20 Maggio 2015 14:59

Perfetto, sono in linea di principio d'accordo. Cioè: non c'entra assolutamente nulla il criterio con cui viene erogata una pensione rispetto alla sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico, ma si fa tanto per dire qualcosa immagino. ____________________________ Certo. Il concetto di sostenibilità può applicarsi soltanto alla spesa complessiva dello Stato, e solo con riguardo alle problematiche legate al debito pubblico. Naturalmente si potrà affermare che una singola spesa è eccessiva o sproporzionata rispetto ad altre, ma non che sia tecnicamente “insostenibile”

 

  By: pigreco-san on Mercoledì 20 Maggio 2015 14:23

"fra un tot di anni, anche 500 euro saranno troppi" il pupillo varrà una fortuina anche pochi son boni.. li raddoppi in dollari eheheheh

 

  By: MR on Mercoledì 20 Maggio 2015 14:13

Perfetto, sono in linea di principio d'accordo. Cioè: non c'entra assolutamente nulla il criterio con cui viene erogata una pensione rispetto alla sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico, ma si fa tanto per dire qualcosa immagino.

 

  By: gianlini on Mercoledì 20 Maggio 2015 13:56

Splendido Gerry! ottimo intervento

 

  By: gerry10 on Mercoledì 20 Maggio 2015 13:39

Le dispute sul sistema previdenziale ricorrono sovente in Italia, ma non si elevano mai a toccare i temi cruciali delle due opposte visioni del problema: pubblico e privato. Se si assume a riferimento la logica privastistica non vi è dubbio alcuno sul fatto che all’entità dei contributi individuali versati in un dato periodo, debba poi corrispondere un “premio” la cui misura può ulteriormente variare in ragione dell’aspettativa di vita residua. Una stringente logica matematica che non ammette alterazioni in nome di supposte esigenze sociali o di discutibili priorità socioeconomiche. Derogare da quei numeri significherebbe esporre il sistema a gravi disfunzioni e nei casi più estremi causarne il collasso. Il nostro sistema previdenziale, sebbene sia insidiato da alcune anomalie di varia natura e nobiltà, risponde al modello privatistico per cui esiste una correlazione matematica fra i contributi versati e i premi erogati. Altrove non è così. Nei Paesi del Nord Europa ad esempio, prevale il modello pubblicistico dove la stringente logica matematica che lega i contributi alla pensione erogata, NON HA ALCUN MOTIVO DI ESISTERE. Nell’ottica “pubblica” non ha infatti senso contabilizzare separatamente un singolo servizio erogato ai cittadini I conti che devono “tornare” non sono quelli di una singola voce di spesa, ma quelli dell’intera spesa pubblica in rapporto all’intero gettito fiscale o contributivo (in chiave “pubblica” non ha quasi senso distinguere le due voci) Nel modello pubblicistico, lo Stato deciderà liberamente quanto destinare ai pensionati, a quale età e dopo quanti anni di lavoro e di tasse pagate. Il “quantum” dipenderà dagli altri “quantum”. Erogare le pensioni in proporzione a quanto da ognuno versato (in tasse o contributi), presupporrebbe che lo stesso principio venisse applicato anche per gli altri servizi erogati dallo Stato, sicchè avremmo che chi ha pagato di più avrebbe anche diritto ad un’assistenza sanitaria più estesa, ad una sicurezza maggiore e così via. Da noi in Italia il modello pubblicistico non piace molto. Non piace persino a coloro che in ragione delle idee politiche dovrebbero caldeggiare la visione pubblica del sistema previdenziale. Alludo ai Vendola e ai Di Battista, i primi ad omaggiare la sentenza della Corte Costituzionale.

 

  By: MR on Martedì 19 Maggio 2015 17:22

Capisco che il discorso sia un pochino difficile da capire per chi ragiona sempre in termini di risorse date (emblematica l'idea per cui l'unico modo per arricchirsi sia quello di "Fare spazio") ergo vedrò di essere più chiaro. Se non si esce dall'avvitamento recessione-disoccupazione-deflazione il livello sostenibile delle pensioni è facile da calcolare: zero. Non zerovirgolaqualcosa: zero, come in Somalia o Eritrea o Zimbawe. Ovviamente, Renzi o chi per lui lo sa benissimo, indi punta su questa ennesima guerra fra dominati per distrarre le masse. Ieri erano i perfidi evasori, poi i dipendenti pubblici ed infine i pensionati. Domani, chi lo sa. Anche perchè il discorso si può estendere a tutto lo Stato sociale: quale è il livello di sanità pubblica sostenibile? Zero. Quale è il livello di scuola pubblica sostenibile? Zero. Quale è il livello di trasporto pubbloco sosyenibile? Zero. Ecc...

 

  By: gianlini on Martedì 19 Maggio 2015 16:28

MR, forse non hai capito che "ad un certo livello" si riferiva al prelievo del potere di acquisto da chi lo genera a chi ne gode se io lavoro per 100 e mi rimane 70 continuo a lavorare se lavoro per 100 e mi viene sottratto, ad esempio 50, smetto di lavorare quindi sono le pensioni a doversi adeguare a chi lavora e non viceversa; e "fra un tot di anni, anche 500 euro saranno troppi" se i pensionati sono tanti, può anche essere che il livello corretto sia 300 euro al mese! ma se qualche malattia ora sconosciuta facesse strage di settantenni, potrebbe anche essere che i sopravviventi possano godere di pensioni di 1000 euro al mese! è tutta una questione di numeri Anti diceva un'altra cosa, mi sembra; e cioè che i pensionati sono da trattare tutti allo stesso modo, senza relazione alla vita professionale (e contributiva) precedente; il che non è del tutto errato, uno che non fa niente è uguale ad un altro che non fa niente! ma si presta a facili distorsioni (ad esempio se uno sta lavorando con maggiore impegno per assicurarsi una pensione migliore, sarà disincentivato a farlo)

 

  By: MR on Martedì 19 Maggio 2015 15:51

"Sopra un certo livello" è la frase magica. Entro una cornice deflazionista del vincolo esterno, qualunque livello è, nel lungo periodo, eccessivo. In questo senso Anti l'aveva capito (anche se non se ne rendeva conto) quando invocava le pensioni a 500 euro per tutti. Ovviamente però non è la soluzione: fra un tot di anni, anche 500 euro saranno troppi.

 

  By: gianlini on Martedì 19 Maggio 2015 13:57

MR, chi non lavora ed è pensionato ha potere di acquisto? o piuttosto il potere di acquisto ce l'ha chi lavora, che ne cede una parte al pensionato? il problema sorge quando la porzione che chi lavora deve cedere a chi non lavora supera un certo livello; a quel punto la convenienza a lavorare viene meno oppure il costo finale del prodotto non regge la concorrenza Per questo si invoca la riduzione delle pensioni sopra una certa cifra. Per non gravare troppo su chi crea il potere di acquisto.

 

  By: Roberto964 on Martedì 19 Maggio 2015 13:43

Il declino italiano: l'inizio Questo grafico esplica in modo magistrale il concetto dei concetti: Il divorzio ministero del tesoro- Banca d'Italia celebrato nel marzo del 1980 tramite semplicissimo scambio epistolare tra andreatta (ministro del tesoro) e c.a. ciampi (governatore BdI) portò le banche ad alzare ad una media del 5,5% annua gli interessi reali al di sopra dell'inflazione reale nel periodo 1981-1997: 1) per pagare i maggiori oneri finanziari (INTERESSI PASSIVI) sui titoli di Stato furono sottratte INGENTI risorse statali per lo sviluppo e l'ammodernamento del Paese; 2) gli investimenti privati cominciarono a calare asimmetricamente agli interessi crescenti che garantivano i titoli di Stato: senza rischiare nulla si ottenevano lauti guadagni da rendita di capitale; 3) il debito pubblico esplose; 4) il rapporto debito/PIL passò dal 58% del 1980 al 120% in pochi anni. Quello per l'Italia fu l'inizio della fine: sfido chiunque a dimostrare il contrario. Roberto Nardella

 

  By: MR on Martedì 19 Maggio 2015 13:13

Benissimo: io mi aspetto ancora (devo averlo chiesto 20 volte) che beneficio mi devo aspettare dal crollo del potere d'acquisto di milioni di persone. Questa volta qualcuno di quelli per cui i pensionati vanno uccisi mi può rispondere, anche alla luce del fatto che gli eventuali risparmi per l'erario saranno ingoiati dal buco nero del debito pubblico e della necessità di "stare nei parametri"?

 

  By: gianlini on Martedì 19 Maggio 2015 10:19

Pablo, ma scherzi? fatto 100 il tuo reddito, e 40 anni gli anni di contributi, passare da 12 a 16 anni di pensione, comporta ad esempio che per avere una pensione uguale al reddito le ritenute previdenziali debbano passare dal 33 % al 40 % se ci sommi un IRPEF minimo, diciamo del 25 % vuol dire che la tassazione deve arrivare quasi al 70 %! e poi non si può scrivere che "mediamente vai in pensione fra i 65 e i 70 anni" perché nel 2015 se non ci arrivi come contributi, al massimo vai in pensione a 66 anni e 3 mesi, ma con 42 anni di contributi vai prima, e dato che la stragrande maggioranza delle persone che ha oggi 65 anni ha iniziato a lavorare prima dei 25 anni, la maggioranza delle persone va in pensione prima dei 65 anni, e ha un'aspettativa media di vita di 18,3 anni va bene calcare un po' i toni per far passare il messaggio, ma stravolgere completamente la realtà a che serve??