UKRAINA e SANZIONI

 

  By: giorgiofra on Domenica 07 Aprile 2013 11:40

Ciciola, innanzi tutto ti ringrazio per la stima che sempre mi dichiari. A proposito del fatto di scrivere, ti assicuro che non lo faccio perchè ho tanto tempo libero, ma semplicemente perchè mi piace. Fortunatamente ho abbastanza lavoro per occupare tutto il mio tempo, ma ho saputo darmi dei limiti. Ho capito che la gran parte delle cose di cui ho bisogno, e che rendono la mia vita piacevole, non si possono comprare con il denaro. Spesso si cerca di guadagnare di più proprio per avere più tempo. Ma il tempo c'è, ed è gratuito. E così piuttosto che riempirmi di lavoro per guadagnare di più, ogni mese programmo giusto la quantità di lavoro sufficiente ad assicurarmi uno stipendio discreto. Questo mi consente di scegliere solo i lavori che io progetto e che mi diverte realizzare. Ma mi assicura anche di dedicare alla realizzazione degli arredi non più di 4 ore al giorno. E così ho molto tempo a disposizione per fare quello che più mi piace. Al kulo la produttività. Ho tanti interessi, ed amo occuparmi di molte cose. Insieme al mio amico di Pescara, Michele, che tu hai conosciuto, stiamo sperimentando nuove tecniche e mettendo a punto nuovi strepitosi prodotti. Si tratta di cose che nelle mani di veri imprenditori potrebbero far fatturare parecchi milioni di euro. Ma io non sono un imprenditore, non ne ho le qualità. Io sono un uomo rinascimentale, un po come Leonardo. Inizio tantissime cose, e non porto a termine mai nulla. Spesso ho delle idee davvero notevoli, allora inizio a lavorare per realizzare questi nuovi prodotti. Cerco i materiali, studio le tecniche, "ingegnerizzo" la produzione. E quando finalmente ho raggiunto il risultato sperato, piuttosto che metterlo a frutto, inizio una nuova avventura. Questo è il mio limite, che è un po quello di tutti i creativi. Sarebbe stato opportuno che fossi vissuto in una zona diversa, in cui ci fosse maggiore spirito imprenditoriale, e magari sarebbe stato semplice trovare imprenditori che avrebbero sfruttato il mio lavoro. Ma vivo, purtroppo, in una zona dove gli unici imprenditori validi si occupano di agroalimentare, con la conseguenza che il mio lavoro non serve a nessuno. La vita è andata come è andata. Per anni ho cercato di convincere mia moglie a trasferirci a Milano, città dove sono nato e che amo moltissimo, e che essendo la patria mondiale del design sarebbe stata l'habitat ideale per me. Non ci sono riuscito: pazienza. Cerco di consolarmi soltanto pensando che le cose sarebbero potute andare peggio. Magra consolazione, ma tanto basta.

 

  By: ciciola on Domenica 07 Aprile 2013 09:39

Caro Giorgio, mi sono spesso domandato: ma se tu fossi stato pieno di lavoro, se avessi dovuto fabbricare mobili dalla mattina alla sera, se magari li avessi pure dovuti consegnare personalmente, avresti trovato il tempo di scrivere quello che scrivi??? Ancora: ma come mai uno come te è capitato su un sito di finanza??? Non sapendomi dare una risposta, mi limito di tanto in tanto a ringraziare Zibo per avermi dato l'opportunità attraverso questo sito di conoscerti: persona eccezionale e piena di valori... Detto questo, ti confesso che anche a me questa società fa abbastanza "paura" e non prevedo nulla di buono per il prossimo futuro... Ad esempio, quando torno a casa ed incontro vecchi amici o compagni di scuola/università, mi capita sempre più spesso di non avere nulla da dire loro: mi rendo conto che viaggiamo su binari paralleli... Allo stesso tempo, però, temo che se avessi vissuto nel "pianeta" da te auspicato avrei dovuto forse rinunciare a tante cose che personalmente mi hanno fatto crescere molto... Una su tutte: avrei dovuto forse rinunciare alla mia fantastica vita da giramondo che mi ha consentito di vedere tante città e di vivere in molte di esse, di imparare tante cose, di fare tante esperienze importanti, di conoscere tanta gente interessante, etc. etc. etc.... Ex post, non so se avrei rinunciato di buon grado...

 

  By: Bullfin on Domenica 07 Aprile 2013 04:11

Onestà vuole che avendo fatto osservazioni o critiche al Moderatore in altri post qui invece mi trovo pienamente d'accordo. E' lo stesso che si puo' dire in merito alla specializzazione degli individui. Piu' gli individui sono specializzati piu' sono ricattabili dalle elite globalisti. Solo il ritrovo delle relazioni sociali di vicinato e di condivisione (come gruppi di acquisto, il prestito sociale, etc) possono liberarci dal giogo delle neooligarchie moderne.

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: Moderatore on Domenica 07 Aprile 2013 04:05

"Il processo di atomizzazione sociale, di sradicamento, di separazione delle persone dalle loro radici e l'eliminazione dei legami alle loro comunità naturali, in modo che possano diventare unità intercambiabili, atomi umani - è necessario per la costruzione del Nuovo Ordine Mondiale ed è promossa spietatamente da...[qui si possono avanzare diverse ipotesi..] Questo processo è intrinsecamente genocida, perché finisce per distruggerci come popolo, come razza e come nazione...."

 

  By: GIP on Domenica 07 Aprile 2013 00:04

sig. Giorgio tutti i tuoi interventi lsciano sempre il segno !

 

  By: gianlini on Sabato 06 Aprile 2013 23:54

Giorgio si può non essere d'accordo con quanto tu scrivi? per lo meno noi 45enni che un po' nella società fatta di uomini analogici abbiamo vissuto, siamo sicuramente d'accordo che quanto scrivi sarebbe positivo ma quello che tu addebiti ad una volontà, non è altro che l'effetto del mutamento delle condizioni tecnologiche, economiche, lavorative, sanitarie, mediche ecc.ecc.

L'UOMO DIGITALE - giorgiofra  

  By: giorgiofra on Sabato 06 Aprile 2013 22:52

Stock: S.S. Lazio

Una delle cose che mi fa riflettere ogni qualvolta faccio visita ai miei parenti che vivono a Milano, è il fatto che tutte le persone che si incontrano in un quartiere, così come tutte le persone con le quali si è in rapporti continuativi, non hanno storia. Ovvero, ognuno di loro ha sicuramente una storia, ma noi non la conosciamo. Nei piccoli centri, quando incontriamo qualcuno, non solo sappiamo chi è, ma lo collochiamo mentalmente in una rete di relazioni parentali o patrimoniali che conosciamo abbastanza bene. In pratica una persona non è solo un individuo, ma parte di una rete sociale più o meno vasta. E la valutazione che ne facciamo non prescinde dalla rete di cui è parte. La comunità che vive nei quartieri delle grandi città, sopratutto in quelli nuovi dell'interland, è composta da persone che raramente sono nate e cresciute in quel quartiere, ma che più spesso provengono da altre zone, se non da altre città. Con la conseguenza che risulta difficile, se non impossibile, collocarle all'interno della rete alla quale appartengono. Non sappiamo chi erano i genitori e cosa facessero. Non sappiamo del loro passato e delle loro relazioni sociali. Non sappiamo della loro famiglia, dei loro interessi economici e della loro moralità. Ed anche quando dovessimo entrare in confidenza con queste persone, difficilmente saremmo edotti su questi elementi. Questo fenomeno non si verifica esclusivamente nelle grandi città, ma anche nei centri minori allorquando vi fosse stata una forte immigrazione. Tra immigrati che vi arrivano, e giovani che partono alla ricerca di migliori opportunità di lavoro, la natura stessa della comunità cambia radicalmente, con l'inevitabile indebolimento del senso di appartenenza. La conseguenza di questo fenomeno è la trasformazione degli individui da esseri analogici in esseri digitali. In pratica se prima una persona poteva essere identificata e valutata in ragione della rete sociale alla quale apparteneva, ora non possiamo più fare affidamento su questo elemento, per la semplice ragione che lo ignoriamo. Nasce, quindi, l'esigenza di accedere attraverso altri strumenti a quelle conoscenze che ci sono utili. Mi riferisco, in particolare, alle banche dati. Ricordo bene quando, anni fa, in banca si trovava lo stesso personale per decenni, e di quando il direttore, appartenente alla comunità nella quale operava, conosceva bene tutti i suoi clienti, effettivi o potenziali. E li conosceva sopratutto in quanto parte di una rete famigliare e sociale. Con la conseguenza che l'eventuale erogazione di un finanziamento avveniva in tempo quasi reale. Il direttore conosceva benissimo il "rating" di ognuno, senza bisogno di tante scartoffie e di tante indagini. Oggi un responsabile di filiale cambia ogni 6 mesi, e quasi sempre proviene da altre città. E questo è possibile per la semplice ragione che ogni persona è stata digitalizzata, direi quasi smaterializzata, divenendo semplicemente un codice fiscale collegato ad una serie di banche dati ubicate all'altro capo del mondo. Ma anche questo fenomeno è parte e conseguenza di un progetto sociale notevolmente diverso da quello che per millenni ha regolato la vita delle persone. E' un progetto in cui un valore, la stabilità, viene sostituito da un altro valore, la precarietà. Non voglio in questa sede essere partigiano di un insieme di valori rispetto ad un altro, ma semplicemente testimoniare il profondo cambiamento che la società sta subendo proprio in virtù del cambiamento dei valori di riferimento. Tanti, direi troppi, sono i sostenitori di un nuovo vocabolario in cui parole ripetute all'infinito entrano nella mente di ognuno quasi con prepotenza, tanto da assumere le sembianze di veri e propri dogmi. Mobilità, flessibilità, competitività, precarietà, globalizzazione. Si tratta di concetti che vengono utilizzati come grimaldelli per scardinare un ordine sociale e sostituirlo con uno nuovo, cercando di convincerci che questo cambiamento sia ineludibile, pena il regresso e la povertà. E così i cardini intorno ai quali muoveva la vita delle persone: la comunità, la stabilità del lavoro, la casa, la solidarietà e la sussidiarietà all'interno della famiglia, i figli, il risparmio, vengono distrutti. I nuovi cittadini, estratti ed isolati dalla rete alla quale appartenevano, divengono sempre più deboli e sempre più vulnerabili, soggetti alla mercé di una minoranza di furbacchioni che, probabilmente, trae enormi vantaggi da questo cambiamento. L'uomo analogico, parte di una rete di relazioni stabili, è trasformato in uomo digitale, solo ed in uno stato di perenne precarietà. Concorre a questo progetto la sempre maggiore distanza che intercorre tra gli individui ed i luoghi in cui vengono prese tutte quelle decisioni che riguardano la nostra vita. E tanto maggiore diviene questa distanza, tanto più sfumata diviene la nostra percezione delle cose, annullando sempre più la nostra possibilità di controllare ed influenzare il corso della storia. La decisione di una banca d'affari americana può determinare la consistenza della nostra pensione. Le decisioni di chi opera sui "future" può determinare il prezzo al quale riusciremo a vendere il nostro grano. E non sappiamo chi decide cosa, divenendo semplici spettatori di uno spettacolo nel quale gli attori si scrivono da soli il copione. Tutto questo, ci dicono, è inevitabile. Io non ci credo. Io sono fermamente convinto che il rispetto di certi valori non pregiudichi il progresso ed il benessere. Io sono fermamente convinto che la mobilità delle persone debba riguardare solo una minoranza di individui, come è sempre stato nella storia del mondo. Io sono fermamente convinto che la stabilità sia preferibile alla precarietà, e che non sia antitetica alla crescita economica. Io sono fermamente convinto che l'integrità delle comunità sia un fattore positivo. Io sono fermamente convinto che la famiglia tradizionale, con figli, sia un fattore fondamentale per la coesione sociale ed il benessere di ognuno. Io sono fermamente convinto che ogni famiglia debba essere proprietaria della casa che abita. Io sono fermamente convinto che piccolo è bello, e solo nel piccolo si può realizzare appieno la democrazia. Io sono fermamente convinto che la globalizzazione sia una sciagura. Io sono fermamente convinto che ogni popolo debba avere la sua moneta e la sua banca centrale, pubblica. Io sono fermamente convinto che il debito sia la rovina degli individui e delle nazioni. Io sono fermamente convinto che l'idea di controllare ogni aspetto della vita delle persone e delle aziende generi una cappa che opprimerà gli uni e le altre. Io sono fermamente convinto che il predominio dell'economia finanziaria rispetto all'economia reale sia lo strumento per schiavizzare la popolazione e depredarla. Io sono fermamente convinto che la pressione fiscale, oltre una certa soglia, sia immorale, oltre che distruttiva. Io sono fermamente convinto che la grandezza degli italiani sta proprio in quelli che vengono considerati difetti. Io sono fermamente convinto che allorquando ci libereremo della catena dell'euro, potremo finalmente rinascere. Viva l'uomo analogico.

 

  By: Cisternino on Sabato 06 Aprile 2013 15:02

Gianlini....avevo precisato che sul discorso del fitto Burghy ha ragioni da vendere, ma in compenso il fisco ci dà agevolazioni che non sono noccioline.

 

  By: gianlini on Sabato 06 Aprile 2013 14:53

Cisternino, Burghy ha ragione se abiti in una casa di proprietà a Milano e la tua ditta magari decide di trasferirsi a Vicenza, o ha necessità che tu stia per 2 o 3 anni lì, dovrebbe essere possibile mettere in affitto la tua casa a 1000 euro al mese e prendere casa a Vicenza pagando 1000 euro e niente più...invece se affitti quella di Milano a 1000 devi pagarci 250-300 euro al mese (o anche più..) di tasse che non recuperi dall'altra parte.... a me sembra ad esempio che in questa crisi le periferie (intese come la piccola vecchia italia di provincia) soffra molto più del centro; sarebbe utilissimo che le persone potessero agevolmente spostarsi da Brescia o Rovigo o Vercelli o Pistoia verso centri rimasti più vitali come Milano, Bologna, Firenze.... invece questo ha spesso un costo proibitivo, visti i vincoli che gravano sull'immobiliare.....

 

  By: Cisternino on Sabato 06 Aprile 2013 14:32

Scusami Burghy, non condivido il Tuo pensiero e Ti dico perchè. Le Tue considerazioni sul fisco non fanno una piega, ma è anche vero che se vendi non paghi plusvalenze dopo 5 anni e in determinate condizioni anche prima. Ci puoi fare ristrutturazione usufruendo di un credito di imposta pari al 50%, che anche in caso di vendita dell'immobile rimane di Tua deducibilità. Non mi sembra che siano agevolazioni di poco conto.

 

  By: AB58 on Sabato 06 Aprile 2013 13:38

Per la prima volta da che leggo, con raro piacere, le considerazioni di Giorgio, non condivido. Avendo vissuto e lavorato in luoghi culturalmente assai diversi mi ritrovo nelle esperienze e nelle idee di Ciciola. Fermo restando il riferirsi ad una Casa nel senso più completo ed appagante.

 

  By: gianlini on Sabato 06 Aprile 2013 13:37

sottoscrivo totalmente quanto scritto da Burghy!!

 

  By: Burghy on Sabato 06 Aprile 2013 12:43

Io di immobili ci vivo (non in It) e vi posso assicurare che il problema non è il vivere in affitto o il comprare casa in Italia. Il problema come sempre è la fiscalità!! Prima di me è stato scritto che le esigenze di una persona nell arco della vita cambiano ed è proprio così!!! ci saranno momenti in cui uno avrà bisogno di una casa in centro e altri invece di una villetta in periferia.. momenti in cui si è soli e altri invece in cui si hanno mogli e figli (e magari pure i suoceri tra i maroni).. Per non parlare degli spostamenti che uno nell arco della vita dovrà fare per lavoro.. Bene in Italia uno ogni volta che compra o da in affitto la casa viene C A S T I G A T O dal nemico (lo stato). Di fatto impediscono gli spostamenti... immaginate uno da solo che viva in un app di 100 metri e oggi visto la crisi decidesse di darlo in affitto e affittarne per se uno piu piccolo... in modo da far venire fuori qualche centinaio di euro in piu al mese per le proprie spese... ECCO NON TI VIENE PERMESSO... devi pagare le tasse su quello che ricevi di affitto ma col casso che ti fanno scaricare quello che spendi tu!!! idem quando compri che per ripagare le tasse di registro ci metti degli anni di reddito da affitto per fare la patta.. L' immobiliare e non lo dico perchè sono di parte deve essere defiscalizzato ai massimi (parlo di affitti e compravendite non ici/imu e simili) quando in un paese l immobiliare tira va bene tutto... l indotto è mostruoso!!! ogni volta che cambi casa paghi qualche commissione, paghi il notaio, paghi per qualche ristrutturazione, mobili,materiali edili, operai, tecnici, desaigner, architetti.. Bisogna deregolare il più possibile con contratti liberi, poca burocrazia, poche tasse, possibilità di scalare in toto le spese, nessuna tutela per gli inquilini disonesti (idem per i proprietari disonesti) etc etc etc.. in un mercato del genere (come in altri paesi del resto) il discorso comprare o affittare diventerà secondario... i più benestanti o i più amanti della casa compreranno e gli altri affitteranno... l' importante è che ci sia del movimento.. Tutto ciò che deriva dal movimento nell Immobiliare è "PIL PESANTE REALE" In Italia invece hanno trasformato la casa in un IMMOBILE che proprio non si muove non si può usare..

 

  By: ciciola on Sabato 06 Aprile 2013 12:19

Questa volta, caro Giorgio, non sono d'accordo con te... Innanzitutto, perché credo che sia stato un bombardamento mediatico quello di spingere la gente ad acquistare case (plurale...): hanno acquistato anche persone che non potevano permetterselo... Poi, perché credo che l'affitto possa permettere di vivere in zone/quartieri mediamente inaccessibili all'acquisto: personalmente, è vero che ho speso/buttato tanti soldi nella mia vita in "affitti vari", ma è altrettanto vero che ho vissuto sempre in zone eccellenti... Infine, cosa forse ancora più importante, non mi sono mai indebitato di una lira/euro: non ho alcun mutuo da dover finire di pagare... In poche parole, non posseggo alcun appartamento ma, come hai detto spesso anche tu, mi sono goduto la vita...

 

  By: giorgiofra on Sabato 06 Aprile 2013 00:07

Ma cambia con il passare del tempo e delle esigenze; proprio per questo la casa in cui si abita non andrebbe acquistata ma presa in affitto. ------------------------------------------------------------------------------------------- Vincenzo, se ogni famiglia abbisogna di un'abitazione, e nessuno fosse disposto ad acquistarla, sarebbe necessario comunque che ci sia un numero di abitazioni sufficiente per tutte le famiglie. E queste abitazioni a chi apparterrebbero? Ci ritroveremmo con pochi grandi proprietari immobiliari, ed una massa enorme di locatari, soggetti, in qualche modo, ai capricci dei locatori. Ora voglio farti una domanda: io amo vivere in una bella casa, strutturata e rifinita in base ai miei gusti. E' legittimo questo desiderio? E se non fossi proprietario dei muri, sarei un malato mentale a spendere decine di migliaia di euro per mettervi il parquet, o realizzare una stanza da bagno di pregio, o costruirvi una boiserie o una libreria a muro. Con la conseguenza che la massa delle persone si dovrebbe accontentare di vivere in case mediocri, se non sciatte. Ora è pur vero che ognuno di noi ha priorità diverse, e quindi ci sono persone che arredano la casa all'IKEA, mentre magari hanno un SUV da 40 mila euro. E questo mi pare legittimo. Ma esistono persone che hanno una macchina di seconda mano ed hanno delle case bellissime. Ognuno, giustamente, spende il proprio denaro come meglio crede. Quando abitavo in affitto, in una casa che cadeva a pezzi, ed in cui non avevi alcuna voglia di intervenire in nessun modo, pagavo un canone di locazione che era leggermente inferiore alla rata del mutuo. Fermo restando che la rata del mutuo è rimasta costante, mentre con il tempo il canone di locazione è cresciuto costantemente. Se ci fossi stato per 30 anni, avrei tirato fuori una montagna di soldi, ed alla fine non sarei stato proprietario di nulla, oltre ad aver vissuto in una brutta casa. Nella mia vita ho sbagliato quasi tutto. Ma una delle poche cose che ho fatto bene è stata quella di acquistare casa. A livello finanziario è stato il miglior investimento possibile. Ma è stato in investimento di ancora maggior valore sotto il profilo morale e della qualità della vita. La casa in affitto è giustificata in una società perennemente precaria, mobile, senza punti fermi: e non è il tipo di società che preferisco.