L'UOMO DIGITALE - giorgiofra
¶
By: giorgiofra on Sabato 06 Aprile 2013 22:52
Stock:
S.S. Lazio
Una delle cose che mi fa riflettere ogni qualvolta faccio visita ai miei parenti che vivono a Milano, è il fatto che tutte le persone che si incontrano in un quartiere, così come tutte le persone con le quali si è in rapporti continuativi, non hanno storia.
Ovvero, ognuno di loro ha sicuramente una storia, ma noi non la conosciamo.
Nei piccoli centri, quando incontriamo qualcuno, non solo sappiamo chi è, ma lo collochiamo mentalmente in una rete di relazioni parentali o patrimoniali che conosciamo abbastanza bene. In pratica una persona non è solo un individuo, ma parte di una rete sociale più o meno vasta. E la valutazione che ne facciamo non prescinde dalla rete di cui è parte.
La comunità che vive nei quartieri delle grandi città, sopratutto in quelli nuovi dell'interland, è composta da persone che raramente sono nate e cresciute in quel quartiere, ma che più spesso provengono da altre zone, se non da altre città. Con la conseguenza che risulta difficile, se non impossibile, collocarle all'interno della rete alla quale appartengono. Non sappiamo chi erano i genitori e cosa facessero. Non sappiamo del loro passato e delle loro relazioni sociali. Non sappiamo della loro famiglia, dei loro interessi economici e della loro moralità. Ed anche quando dovessimo entrare in confidenza con queste persone, difficilmente saremmo edotti su questi elementi.
Questo fenomeno non si verifica esclusivamente nelle grandi città, ma anche nei centri minori allorquando vi fosse stata una forte immigrazione. Tra immigrati che vi arrivano, e giovani che partono alla ricerca di migliori opportunità di lavoro, la natura stessa della comunità cambia radicalmente, con l'inevitabile indebolimento del senso di appartenenza.
La conseguenza di questo fenomeno è la trasformazione degli individui da esseri analogici in esseri digitali. In pratica se prima una persona poteva essere identificata e valutata in ragione della rete sociale alla quale apparteneva, ora non possiamo più fare affidamento su questo elemento, per la semplice ragione che lo ignoriamo. Nasce, quindi, l'esigenza di accedere attraverso altri strumenti a quelle conoscenze che ci sono utili. Mi riferisco, in particolare, alle banche dati.
Ricordo bene quando, anni fa, in banca si trovava lo stesso personale per decenni, e di quando il direttore, appartenente alla comunità nella quale operava, conosceva bene tutti i suoi clienti, effettivi o potenziali. E li conosceva sopratutto in quanto parte di una rete famigliare e sociale. Con la conseguenza che l'eventuale erogazione di un finanziamento avveniva in tempo quasi reale. Il direttore conosceva benissimo il "rating" di ognuno, senza bisogno di tante scartoffie e di tante indagini. Oggi un responsabile di filiale cambia ogni 6 mesi, e quasi sempre proviene da altre città. E questo è possibile per la semplice ragione che ogni persona è stata digitalizzata, direi quasi smaterializzata, divenendo semplicemente un codice fiscale collegato ad una serie di banche dati ubicate all'altro capo del mondo.
Ma anche questo fenomeno è parte e conseguenza di un progetto sociale notevolmente diverso da quello che per millenni ha regolato la vita delle persone. E' un progetto in cui un valore, la stabilità, viene sostituito da un altro valore, la precarietà.
Non voglio in questa sede essere partigiano di un insieme di valori rispetto ad un altro, ma semplicemente testimoniare il profondo cambiamento che la società sta subendo proprio in virtù del cambiamento dei valori di riferimento. Tanti, direi troppi, sono i sostenitori di un nuovo vocabolario in cui parole ripetute all'infinito entrano nella mente di ognuno quasi con prepotenza, tanto da assumere le sembianze di veri e propri dogmi.
Mobilità, flessibilità, competitività, precarietà, globalizzazione.
Si tratta di concetti che vengono utilizzati come grimaldelli per scardinare un ordine sociale e sostituirlo con uno nuovo, cercando di convincerci che questo cambiamento sia ineludibile, pena il regresso e la povertà. E così i cardini intorno ai quali muoveva la vita delle persone: la comunità, la stabilità del lavoro, la casa, la solidarietà e la sussidiarietà all'interno della famiglia, i figli, il risparmio, vengono distrutti. I nuovi cittadini, estratti ed isolati dalla rete alla quale appartenevano, divengono sempre più deboli e sempre più vulnerabili, soggetti alla mercé di una minoranza di furbacchioni che, probabilmente, trae enormi vantaggi da questo cambiamento. L'uomo analogico, parte di una rete di relazioni stabili, è trasformato in uomo digitale, solo ed in uno stato di perenne precarietà.
Concorre a questo progetto la sempre maggiore distanza che intercorre tra gli individui ed i luoghi in cui vengono prese tutte quelle decisioni che riguardano la nostra vita. E tanto maggiore diviene questa distanza, tanto più sfumata diviene la nostra percezione delle cose, annullando sempre più la nostra possibilità di controllare ed influenzare il corso della storia. La decisione di una banca d'affari americana può determinare la consistenza della nostra pensione. Le decisioni di chi opera sui "future" può determinare il prezzo al quale riusciremo a vendere il nostro grano. E non sappiamo chi decide cosa, divenendo semplici spettatori di uno spettacolo nel quale gli attori si scrivono da soli il copione.
Tutto questo, ci dicono, è inevitabile. Io non ci credo.
Io sono fermamente convinto che il rispetto di certi valori non pregiudichi il progresso ed il benessere.
Io sono fermamente convinto che la mobilità delle persone debba riguardare solo una minoranza di individui, come è sempre stato nella storia del mondo.
Io sono fermamente convinto che la stabilità sia preferibile alla precarietà, e che non sia antitetica alla crescita economica.
Io sono fermamente convinto che l'integrità delle comunità sia un fattore positivo.
Io sono fermamente convinto che la famiglia tradizionale, con figli, sia un fattore fondamentale per la coesione sociale ed il benessere di ognuno.
Io sono fermamente convinto che ogni famiglia debba essere proprietaria della casa che abita.
Io sono fermamente convinto che piccolo è bello, e solo nel piccolo si può realizzare appieno la democrazia.
Io sono fermamente convinto che la globalizzazione sia una sciagura.
Io sono fermamente convinto che ogni popolo debba avere la sua moneta e la sua banca centrale, pubblica.
Io sono fermamente convinto che il debito sia la rovina degli individui e delle nazioni.
Io sono fermamente convinto che l'idea di controllare ogni aspetto della vita delle persone e delle aziende generi una cappa che opprimerà gli uni e le altre.
Io sono fermamente convinto che il predominio dell'economia finanziaria rispetto all'economia reale sia lo strumento per schiavizzare la popolazione e depredarla.
Io sono fermamente convinto che la pressione fiscale, oltre una certa soglia, sia immorale, oltre che distruttiva.
Io sono fermamente convinto che la grandezza degli italiani sta proprio in quelli che vengono considerati difetti.
Io sono fermamente convinto che allorquando ci libereremo della catena dell'euro, potremo finalmente rinascere.
Viva l'uomo analogico.