Ologrammi di vita reale

 

  By: gianlini on Giovedì 20 Novembre 2003 17:28

sì... tutta colpa di berlusconi, lei non fa che mettere il dito nella piaga....

 

  By: GZ on Giovedì 20 Novembre 2003 16:59

Un articolo magnifico che spiega quello che avviene veramente, al di là delle statistiche (e al di là della "costruzione dell'europa") in Italia. Non sembra ma per la maggioranza del ceto medio la scomparsa dei BOT come fonte di reddito non è stata rimpiazzata, se non dalle perdite dei prodotti finanziari complessi e dei fondi. (gli editorialisti in prima pagina del Corriere nonchè i politici e i giornalisti bravi invece che fanno vere inchieste sembra vengano da due pianeti diversi...) -------------------------------------------------------------- Stipendi e affitti Così i ceti medi vivono il declino di DARIO DI VICO - corriere della sera Enrico Maria Ferrari è un giornalista ex impiegato nell’ufficio stampa di Ipse 2000, una società italo-iberica nata per sfruttare la licenza Umts per la telefonia di terza generazione e purtroppo mai decollata. Come altri 600 colleghi, è stato incentivato ad andarsene e alla fine messo in mobilità. Ha vissuto quest’esperienza come «una sconfitta personale, un marchio d’infamia, una mazzata alla propria autostima». Nei giorni scorsi si è messo al computer e ha scritto «Lettera a un’azienda mai nata», tre cartelle-sfogo in cui si racconta la crisi dell’ex ceto medio che vede rompersi «il patto di rispetto tra me e il mondo del lavoro», che capirebbe se vedesse i suoi colleghi delusi rigare l’auto dei dirigenti o portarsi a casa la carta della fotocopiatrice. «Questa vicenda ha rotto la mia e la nostra sicurezza psicologica - scrive Ferrari -. Io, figlio di imprenditori e con feroce antipatia per tutto ciò che contiene la parola "sindacale", io che ero felice di avere doveri verso il mio datore di lavoro, mi ritrovo oggi iscritto a un sindacato, a discutere di diritti e di striscioni scritti in un terribile gergo sessantottino». La storia di Ipse 2000 è sicuramente un caso limite. Che si taglino posti di lavoro qualificati nella telefonia fortunatamente fa ancora eccezione. La stragrande maggioranza di quelli che eravamo abituati a chiamare colletti bianchi e oggi potremmo definire ex ceti medi sono usciti dai settori maturi - auto in testa - o dalle aziende delle vecchie Partecipazioni statali ormai privatizzate. Ma è tutta la condizione delle classi medie che sta cambiando. Nel primo semestre dell’anno in corso sono stati 30 mila i negozi al dettaglio che hanno definitivamente abbassato le saracinesche e di questi solo la metà lo ha fatto perché aveva superato i 60 anni, gli altri perché mercato e concorrenza li avevano messi in fuorigioco. Persino il bancario, il marito che ogni buon padre di famiglia italiano avrebbe voluto per la propria figlia, non è più quello di 10 anni fa. Sono circa 23 mila i cassieri, gli sportellisti e i contabili che hanno firmato il prepensionamento da concretizzarsi entro un paio d’anni. Solo Banca Intesa ne ha messi fuori 5.700 e il gruppo S.Paolo circa 3 mila. E all’Aler, l’ex istituto della case popolari di Milano, non credevano ai loro occhi. Spulciando tra le richieste di affitto hanno trovato moduli riempiti da bancari, impiegati e dipendenti dell’azienda tramviaria che solo fino a qualche anno fa non avrebbero mai pensato di dover ricorrere agli alloggi popolari. «Una volta era sufficiente stare in banca per godere di privilegi - spiega Marcello Tocco, segretario generale della Cgil di categoria -. Oggi con la nascita delle banche telefoniche e dei call center le mansioni tradizionali vengono ridisegnate. E per chi resta dentro, il lavoro è assimilabile a quello industriale». BIANCHI E VULNERABILI - Costanzo Ranci insegna al Politecnico di Milano ed è forse lo studioso che con maggior cura sta seguendo il fenomeno. Ha pubblicato qualche mese fa un voluminoso studio sulle «nuove disuguaglianze sociali in Italia». Il succo è che i vecchi ceti medi, asse portante del consenso politico nella Prima repubblica, si scoprono «vulnerabili». Assistono attoniti a una perdita progressiva di status, a un peggioramento della loro posizione sociale, a una diffusione dell’incertezza che alimenta l’ansia. I loro stipendi hanno camminato come una tartaruga mentre gli affitti hanno corso da lepre, non ci sono più i Bot d’una volta e basta un evento straordinario - il più frequente è la separazione coniugale, ma lo sono anche lo sfratto e la malattia grave di un congiunto - a far retrocedere ai limiti della povertà la condizione della famiglia-tipo dell’ex ceto medio. Ancora non siamo arrivati ai colletti bianchi che fanno la fila ai punti d’ascolto degli psicologi della Caritas, ma spesso non avviene solo per vecchi orgogli. Accade che le mogli separate di impiegati preferiscano rivolgersi alle parrocchie («stanno diventando le vere centraline del cambiamento» avverte Fiorenza De Riu, della Caritas) per chiedere alloggio & lavoro e nelle grandi città il fenomeno si ripete con una frequenza preoccupante. Ranci ha anche studiato la mappa geografica della vulnerabilità e ha scoperto come «l’area maggiormente toccata non è il Mezzogiorno ma il Nord Ovest». Se nel Sud il reddito è sicuramente più basso, nell’ex triangolo industriale una famiglia su cinque soffre di «disagio abitativo» e dell’impossibilità di risparmiare. Il ceto medio d’una volta, invece, aveva la casa di proprietà quasi per definizione, anche se acquistata a prezzo di sacrifici e della cessione del quinto dello stipendio. I Bot, poi, dai primissimi anni Ottanta fino alla metà dei Novanta hanno assicurato a impiegati, insegnanti e artigiani un secondo stipendio. Per cento milioni di vecchie lire investite nei suoi titoli lo Stato pagava ai sottoscrittori anche 10 milioni l’anno. Tutto questo non c’è più. CI PROVO CON IL NEGOZIO - Il sociologo Massimo Paci, ex presidente Inps, studia da anni i mutamenti della stratificazione sociale e osserva come i cambiamenti in corso spiazzino le previsioni fatte in un passato anche recente. Si pensava che passando dalla società industriale a quella dei servizi crescesse il ceto medio e invece si sta formando una sorta di «quarto stato» dei servizi. Un ceto medio declassato che continua a fare un lavoro non manuale ma guadagna poco, non ha posto fisso ed espleta mansioni a basso valore aggiunto. I professori a contratto e i ricercatori dell’università La Sapienza di Roma per definire la loro condizione hanno coniato il termine «cognitari», proletari del cervello. Raccontano come un corso universitario di un docente a contratto possa essere pagato anche solo 200 euro e un ricercatore universitario in attesa di conferma porti a casa 1.100 euro al mese. In questa condizione di incertezza in molti pensano di pescare il jolly aprendo un negozio. Il turnover commerciale è frenetico, serrande che chiudono e serrande che riaprono con una nuova gestione. Gli impiegati e i quadri espulsi dalle ristrutturazioni dell’industria, età media 55 anni, aprono un punto vendita investendo la liquidazione. Grazie alla liberalizzazione oggi aprire un negozio al di sotto dei 250 metri quadri richiede meno capitali di prima. Con 20 mila euro in contanti e tutto il resto a credito ci si improvvisa commercianti. Nel primo semestre del 2003 sono stati aperti in Italia oltre 27 mila punti vendita. In maggioranza bar. In viale Marconi, nel quartiere Eur di Roma, la licenza di un bar con enalotto e totocalcio nel breve arco di soli 12 mesi ha cambiato per ben tre volte proprietario. Il prezzo viene contrattato sul numero di caffè serviti ogni giorno, perché è la tazzina il prodotto che consente i maggiori margini di guadagno. Purtroppo però uno su cinque ce la fa, solo il 20% degli aspiranti commercianti regge all’urto della concorrenza, il resto fallisce o finisce vittima degli usurai che conservano larghi spazi di manovra. «Il tentativo di improvvisarsi gestori di un punto vendita dura in media quattro anni - dice Carlo Mochi, direttore dell’ufficio studi della Confcommercio -. Spesso iniziano con un forte indebitamento e senza conoscere il mestiere. I lunghi orari di apertura, la necessità di fare continui investimenti per sviluppare e rendere attraente il negozio fanno il resto». SEPARARSI COSTA - Accanto alle insidie del mercato c’è una nuova iattura che si sta abbattendo sui ceti medi: il boom delle separazioni. I vecchi equilibri familiari non tengono più e la società italiana si americanizza. Fino agli anni ’90 in Italia a rompere la convivenza uxoria erano i ricchi, ora invece lo fanno con maggior frequenza come negli States le classi medie, che così firmano la loro condanna, accelerano la loro mobilità sociale discendente. Nel 2001 su circa 76 mila separazioni ben 34 mila hanno riguardato impiegati e lavoratori autonomi. La separazione è una duplicazione dei costi, in primo luogo degli affitti. Le storie che racconta Elena Coccia, avvocato divorzista di Napoli - dove peraltro ci si separa di meno che in Liguria ed Emilia-Romagna - hanno una costante: l’impoverimento dei due litiganti. Enrico B., insegnante, sposato con un’impiegata statale, due figli, stipendio 1.400 euro, dopo la separazione ha continuato a pagare metà del mutuo acceso per l’ex casa familiare, gli alimenti per i figli e l’affitto per una casa da single per sé. Dopo un po’ non ce l’ha fatta e sta pensando di tornare a casa dei genitori. Anche per Claudio F., medico con 2.700 euro di stipendio, moglie casalinga e due figli, le cose non sono andate meglio. Ha dovuto rinunciare alla casa e al 40% della retribuzione. Paradossale, infine, la storia di Antonello M. e sua moglie Carla. Non si sono impoveriti causa separazione, si sono separati causa impoverimento. Lui laureato in Economia ha perso il lavoro in banca, lei non lavora. Occupazioni alternative, nemmeno saltuarie, non ne hanno trovate e pur non dicendosi «addio» hanno chiuso la casa comune e ciascuno è tornato alla propria famiglia d’origine.

 

  By: Aleff on Lunedì 17 Novembre 2003 18:09

Radiocor - Milano, 17 nov - Verizon ha annunciato che circa 21.600 dipendenti lasceranno l'azienda entro la fine della settimana, nel quadro del programma di interruzione volontaria del rapporto di lavoro della societa'. Si tratta di poco meno del 10% del personale. Il piano riguarda soprattutto i manager delle unita' telecom statunitensi, impiegati rappresentati sindacalmente nelle aree Est e Nord-Est del paese e il settore del servizio informazioni (ANSA) - NEW YORK, 17 NOV - Toys 'R' Us, la seconda catena di giocattoli americana dietro Wal Mart, ha annunciato l'intenzione di chiudere 146 dei suoi negozi di abbigliamento per bambini Kids 'R' Us, 36 della linea Imaginarium oltre a tre centri di distribuzione di supporto a questi punti vendita. La mossa della casa di giocattoli- che prevede di chiudere la maggior parte dei negozi entro il prossimo 31 gennaio - va addebitata ai risultati economici poco brillanti riportati ultimamente. Proprio oggi la società americana ha presentato una trimestrale all'insegna della debolezza con una perdita netta pari a 38 milioni di dollari (18 centesimi per azione) nel terzo scorcio del 2003 contro una perdita di 28 milioni di dollari (13 centesimi per azione) archiviati nel medesimo periodo dello scorso anno. Numeri che hanno costretto la casa di Wayne, nel New Jersey, a rivedere anche le previsioni per l'intero anno, prevedendo un utile compreso tra gli 1,05 dollari e gli 1,15 dollari per azione contro gli 1,15 dollari stimati nei mesi scorsi.

 

  By: gianlini on Lunedì 17 Novembre 2003 17:24

MAH Berlusconi non controlla giàa tutte le reti TV? cosa fa, si fa causa da solo??? --------------------------------------------- Guzzanti, Mediaset cita per diffamazione Rai e Raiot Mediaset ha dato mandato ai propri legali di avviare azioni giudiziarie nelle sedi competenti nei confronti della Rai e dei responsabili di Raiot', il programma di Sabina Guzzanti andato in onda ieri sera su Rai Tre. Lo ha reso noto l'azienda spiegando che "nel corso del programma sono state pronunciate menzogne e insinuazioni gravissime contro Mediaset contrarie alla verità dei fatti e di conseguenza lesive dell'onorabilità di una società quotata in borsa". "La lesione - ha proseguito l'azienda - è aggravata dal fatto che la diffamazione contro Mediaset provenga da un programma trasmesso da una sua diretta concorrenza

 

  By: gianlini on Martedì 11 Novembre 2003 16:54

fatto di cronaca: "Due cinesi di 25 e 22 anni sono state denunciate dalla polizia perché accusate di gestire una casa di appuntamenti in via delle Rose nel quartiere Centocelle. Gli agenti dopo una segnalazione si sono appostati fuori dall'appartamento e hanno così notato che in determinati giorni della settimana nello stabile c'era un via vai di uomini. Ieri i poliziotti sono entrati nell'appartamento e hanno trovato sei clienti e le due cinesi che oltre a gestire la casa si prostituivano.(red)" ----------------- ecco lo spirito, non solo gestiscono, ma come gli imprenditori veri, si rimboccano le mani (forse si tolgono direttamente la camicia, in questo caso) e si danno da fare anche loro ma come fai a batterli ormai?

 

  By: michelino di notredame on Giovedì 06 Novembre 2003 22:46

Gianlini ha ragione, ma il sistema finanziario mondiale ha la testa a NY, volenti o nolenti. Se la loro economia funziona hai qualche chance che funzioni anche il resto. Se non vanno loro non va niente. Ecco perche' non importa che la nostra borsa salga: non e' collegata ai consumi, se non in minima misura. La loro sì. Ed ecco perche' il dollaro deve rimanere debole, anche se riflette un'economia + vivace. Il debole deve aiutare il forte. E lo deve fare per il suo stesso bene. Quando un impero soffre, chiede tributi. Se li paghi, lo rafforzi. E puoi sperare che i tempi felici tornino anche per te.

il consumatore italiano è tutto sul discount - Aleff  

  By: Aleff on Giovedì 06 Novembre 2003 17:57

Forse, la % del Corriere può anche essere esagerata, ma lavorando all'interno della grande distribuzione posso con certezza affermare che negli ultimi 3-4 anni c'e' stato un cambiamento radicale nelle scelte dei consumatori. I fatturati dei discount e cmq dei prodotti chiamati "primo prezzo" sono saliti a livello esponenziale a danno di molti prodotti co-leader o cmq posizionati a 1/2 tra la marca leader e il primo prezzo (prodotti prevalentemente da aziende medio piccole italiane). Il problema è che l'80% di questi prodotti proviene dall'estero ed hanno un livello qualitativo decisamente inferiore, anche se il gusto può essere buono! (nn entro qui nei dettagli) Questo è un segnale tangibile di quanto e come sia calato il potere di acquisto Il ns. paese, a mio avviso, soffre e soffrirà in futuro di competitività non tanto nella produzione, quanto nell'innovazione.

 

  By: GZ on Giovedì 06 Novembre 2003 16:02

Questa % del -21 di potere d'acquisto in tre anni in Italia che ha riportato il Corriere è esagerata, se fosse vera per tutta la spesa degli italiani gli ipermercati sarebbero mezzi vuoti e migliaia di negozi sarebbero falliti. Resta il fatto che la SPESA PER CONSUMI dall'introduzione dell'euro in particolare è calata in Italia e negli anni precedenti era stagnante, insomma che il reddito reale della maggioranza degli italiani non cresce più da anni e per molti lavoratori dipendenti tra tasse locali in aumento esponenziale e inflazione strisciante dell'euro il tenore di vita è probabilmente calato un poco. Come diceva Gianlini qui di fianco sia sui giornali e i media in genere (e su questo forum che ) c'è un attenzione ossessiva a ogni sfumatura di quello che fanno 280 milioni di americani con 11 milioni di miliardi di reddito: ogni variazione dell'inflazione, tassi, reddito, spesa pubblica o tasse in USA viene vivisezionati con accanimento Quello invece che fanno 400 milioni di europei (400 se ci metti anche i russi) con 10.5 milioni di miliardi di reddito (per cui il peso economico è quasi uguale all'america in realtà) sembra irrilevante e sembra che in europanon succeda mai niente di nuovo, per cui si parla solo di qualche diatriba politica superficiale tra leader.

 

  By: michelino di notredame on Giovedì 06 Novembre 2003 02:56

l'indagine del corriere sembra un po' stupidotta. le classi meno abbienti comprano solo alimentari settore scuola eccetera, se lì c'e' inflazione saltano i conti, punto e basta. un 20% lì ti sega lo stipendio in 2, questo e' l'effetto che percepisci, il potere di acquisto che ti ritrovi. aumentano i fagiolini? ne soffri in proporzione alla percentuale di stipendio che dedicavi all'acquisto dei fagiolini. mi sembra ovvio.

 

  By: lutrom on Mercoledì 05 Novembre 2003 19:13

da www.tgfin.it 5-11-2003 Buste paga più leggere del 21% Potere d'acquisto sceso dal 2002 a oggi Dal 2000 a oggi, cioè nel triennio del passsaggio dalla lira all'euro, le retribuzioni reali degli italiani sono scese del 21%. A perdere potere d'acquisto sono state tutte le categorie. Dal dirigente (-7,3%) all'operaio (-9,3%), nessuno tra coloro che percepiscono un reddito fisso può dirsi soddisfatto. Nessun settore è stato risparmiato, da quello tradizionale del tessile alle aziende hi tech. L'indagine, condotta dal Corriere, tiene conto delle buste paga complessive che comprendono la retribuzione contrattuale (potenzialmente in linea con l'inflazione), più premi, superminimi e via dicendo, che se non adeguati, determinano appunto la sconfitta contro il carovita. Se si è fortunati, al limite, si può essere contenti di figurare tra coloro che, pur perdendo, si difendono meglio dall'inflazione. Un dato medio non c'è perche, sottolinea il Corriere, "non sarebbe corretto mettere nella stessa pentolam manager e operai: comunque per gli impiegati il calo è stato dell'11% (-5,1% i quadri, la categorai meno colpita secondo i dati generali. La chiave principale per comprendere la generale perdita del potere d'acquisto (e purtroppo anche di risparmiare) è da ricercare come sempre nell'inflazione, in tutte le sue forme: Dall'affitto che sale alla spesa quotidiana che subisce il caro euro. Non vengono risparmiati i beni di lusso o non necessari come andare fuori a cana. e il risultato è che nessuna "classe sociale" riesce a dribblare l'effetto depressione busta paga.

 

  By: michelino di notredame on Lunedì 27 Ottobre 2003 13:30

3) ...inizia il circolo vizioso del debito da riparare... --------------------------------------------------------- infatti. essendo debiti a lunga scadenza, comprimono i consumi presenti e quelli futuri. e' come mettere un tetto alla domanda. e dunque anche agli investimenti, che vengono sempre commisurati alle aspettative di crescita del mercato. hai messo catena e lucchetto sull'economia. anche perche' nessuno si sogna di investire se il debito federale e' così alto. sono i tassi a lunga che fanno il lavoro + importante, come dice Greenspan. conclusione: i governi hanno fatto quello che fanno certe famiglie in difficoltà. qualche trucchetto e qualche debito x continuare a vivere come prima. e a proposito di Greenspan. ieri ha detto che la guerra in Iraq ha determinato stagnazione. ora, a parte il merito...non e' un po' come dire "se ci fossi io, nella Casa Bianca, e non quel fessacchiotto..."? insomma si sente puzza di conflitto WH/FED, e anche forte. una patatona che scotta, e che alla fine qualcuno si troverà in mano, I guess.

 

  By: gianlini on Domenica 26 Ottobre 2003 23:43

ecco spiegato il mistero di tutte quelle macchine che vedo in giro molto più costose della mia !! Io facevo fra me e me sempre due conti e mi dicevo: ma se tu guadagni x (non poco) e puoi permetterti una macchina y, quanto guadagnano tutti questi qui che si permettono una macchina pari a 4x?! e come mai questi non compaiono mai negli elenchi dei redditi? come mai al mio paese bastano 200 milioni l'anno per essere nei primi tre dichiaranti e poi ci sono più di 15-20 macchine da 200 milioni e passa (un calcolo banale mi dice che per permettermi una macchina da 200 milioni devo guadagnarne almeno 400 lordi )? semplice: se la sono presi tutti a rate.... e infatti la pubblicità dice: "....salvo approvazione Volkswagen Bank"...

Come andrà l'economia in Italia ? - gz  

  By: GZ on Domenica 26 Ottobre 2003 15:45

Ho imparato questa settimana che presso i concessionari di auto in Italia il mutuo all'acquisto che va di più è quello in cui paghi un 15-20% subito e poi per tre anni pochissimo (150-200 euro al mese su un auto da 20mila euro ad es). Alla fine dei tre anni puoi "rinegoziare" il totale rimasto che, sempre per un acquisto da 20mila euro ad es, è ancora sui 12-14mila euro e che puoi tornare a spalmare sugli anni successivi In pratica, mi spiegava un concessionario bmw, specialmente tra i giovani l'uso ora è comprare mettendo con meno di 4mila euro un auto da 20mila e poi per tre anni rimandare il problema di come pagare il resto. Il tasso di interesse che il cliente paga è però sull'8% e dato che le aziende ottengono il denaro al 4% sui mercati penserei che in pratica le finanziarie delle case automobilistiche siano quelle che alla fine le fanno ancora guadagnare. Probabilmente non Mercedes e BMW che hanno margini più alti, ma molti produttori di auto ora guadagnano funzionando come se fossero una BANCA, grazie al 4-5% di margine di interesse sul finanziamento. In america al momento il 40% circa degli utili dell'S&P 500 sono di società finanziarie, bancarie e assicurative, ma in realtà poi hai anche tanti altre società che tirano avanti con il credito al consumatore sui propri prodotti, prestano al 8.4% al cliente e prendendo a prestito al 4%. Quindi alla fine forse il 50% degli utili effettivi sono fatti con qualche forma di attività finanziaria. Non ho dati per l'europa e l'italia, ma la sensazione è che sempre di più conti il credito e la forbice dei tassi. Quindi da un parte hai, come ripeteva ieri Ciocca di Bankitalia, ^l'economia italiana ed europea che da inizio 2001 è stagnante, crescita zero# www.cobraf.com/abbonati/trading/trading.asp?type=ncn&id=16208#16208^ dall'altra hai che si ricorre sempre di più alla finanza e al credito a tutti i livelli grazie ai tassi di interesse più bassi degli ultimi 40 anni. Cosa succederà ? I manuali direbbero che : 1) fino a un certo punto LA RICCHEZZA cioè il valore degli immobili in primo luogo, delle obbligazioni e anche delle azioni sale, fa sentire la gente più ricca e sostiene la spesa dei segmenti più ricchi della popolazione quelli che disponongo di investimenti in immobili e di portafoglio, un circolo "virtuoso" in un certo senso. 2) Poi però le case cominciano a costare troppo rispetto ai redditi reali che invece sono fermi da anni e il flusso di indebitamento per i mutui immobiliari comincia a calare. 3) A quel punto anche i valori degli immobili smettono di salire e cominciano a scendere, inizia il circuito vizioso del debito da ripagare (l'auto di cui hai pagato solo il 30%...), del calo della spesa privata ecc... e hai una vera recessione e non solo la stagnazione come negli ultimi due anni. A che punto siamo del ciclo ? Siamo ancora nella fase "virtuosa" in cui l'effetto ricchezza sostiene i consumi, ma ecco qui di seguito alcuni sintomi da cui si vede che per gli immobili il rialzo sta finendo ---------------- www.corriere.it/edicola/economia-------------------- ^Nel secondo trimestre sono cresciuti ancora i finanziamenti alle famiglie, nonostante un calo del 30,6% a Milano e dintorni#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=OITUM^ La corsa al mutuo continua, ma la crescita dei prezzi del mattone sta cominciando a rallentare gli acquisti delle famiglie e, di conseguenza, il ricorso all’indebitamento. Uno stop registrato soprattutto in Lombardia dove tra aprile e giugno è stato registrato un calo del 30,6% sullo stesso periodo del 2002. In Italia nel secondo trimestre dell’anno le banche hanno erogato alle famiglie mutui per 10.275 milioni di euro, il 18% in più rispetto al trimestre precedente. Ma segna un risicato 1,9% in più sull’analogo periodo del 2002. La causa di questa sostanziale stabilità a distanza di un anno, secondo i dati della Banca d’Italia, è dovuta, come si diceva, al crollo dei finanziamenti in Lombardia: 2.561 milioni di euro contro 3.691 del secondo trimestre 2002. Lieve calo, il 5,1%, anche nel Lazio, mentre tutte le altre regioni mostrano un incremento. Evidentemente l’aumento dei prezzi del mattone comincia a farsi sentire. E considerando i mutui erogati nei primi sei mesi dell’anno compare un meno 2% nei confronti del periodo luglio-dicembre 2002. Mentre il raffronto con il primo semestre dell’anno scorso, rimane positivo: l’8,3% in più. Quanto alla consistenza del debito delle famiglie, cioè il totale dei mutui in essere, alla fine dello scorso giugno è salita a 109.673 milioni di euro, con un incremento del 5,1% rispetto allo scorso marzo e del 15,9% sul giugno 2002.

 

  By: gianlini on Giovedì 18 Settembre 2003 13:08

il meccanismo dovrebbe essere semplice le spinte inflattive partono da quei soggetti che sono costretti o riescono ad imporre prezzi più alti (industriali e commercianti, alle prese con un fisco più pesante e con un margine di "monopolio") le spinte inflattive normalmente vengono compensate con aumenti dei salari, che partono dagli aumenti di salario dei dipendenti pubblici (il cui datore di lavoro è meno agguerrito nel non concederglieli) per poi estendersi agli aumenti dei salari dei privati ma nel nostro caso, purtroppo, abbiamo i SACROSANTI ed INELUTTABILI parametri di Maastricht da rispettare per cui aumenti di salario ai dipendenti pubblici manco a parlarne (bisogna contenere il famoso deficit). Ecco che quindi abbiamo salari fermi e prezzi alla produzione in crescita.....il risultato è davanti agli occhi di tutti

 

  By: GZ on Mercoledì 17 Settembre 2003 16:41

un dato economico italiano che non passa per l'Ansa o Reuters e che indica inflazione (vedi anche il Corriere cronaca di milano di oggi) per la prima volta da una decina d'anni a questa vendemmia invece di dover andare a cercare la gente e riconcorrere dei bulgari o degli albanesi hai diversi pensionati italiani che si presentano spontaneamente al cancello a chiedere se c'è lavoro spiegando che a casa si stanno annoiando (traduzione: con l'euro non arrivano alla fine del mese) E ora se vogliono tenersi il cane che gli fa compagnia dovranno sborsare i loro bravi 200 euro che il ministro della Sanità Sirchia ha inventato per proteggere quelli che vengono sbranati dai pit-bull E' il sistema medievale: ogni volta che c'era un abuso o un problema specifico invece di punirlo o di risolverlo si faceva una legge che aggravava tutta la popolazione e soprattutto che aumentava il fardello di costi, tasse, regolamentazioni e burocrazia in questo modo il prossimo disgraziato che viene sbranato da un pit-bull non vedrà il cretino che lo ha lasciato libero andare in galera, ma in compenso se tiene un cagnolino pagherà per l'assicurazione, assieme al corso di scuola di guida per recuperare i punti che gli hanno tolto quando ha dimenticato di allacciare la cintura a un semaforo l'anno prossimo ci sarà gente che si offre di tenere anche l'orto