La borsa va, il paese un po' di meno - gz
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By: GZ on Domenica 27 Febbraio 2005 13:45
Gli italiani pagano l'energia il ^47% in più della media europea#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=MUC5^ per cui enel, snam, aem, acsm, hera... hanno i margini di profitto più alti del mondo, i conti e servizi bancari sono anche 3 volte più cari di un conto in olanda e inghilterra, il risparmio gestito costa ai risparmiatori sui 15-20 miliardi l'anno e rende meno dell'acquisto a casaccio di un paniere di titoli, il ^telefono costa sempre cifre ridicole #www.cobraf.com/forumf/topic.asp?topic_id=5373&forum_id=1&Topic_Title=Telecom+Italia^...da e per cellulare
In generale quando sommi queste situazoni di monopolio mascherato con la burocrazia, iper-regolamentazioni asfissianti, autostrade e treni scadenti (e bloccati da proteste sudamericane)...hai secondo Micossi che:"....L'Italia...ha contribuito, negli ultimi anni..al 40% della perdita di produttività da parte di Eurolandia. «Nel settore dei servizi, tra il 1995 e il 2001 la produttività americana è cresciuta dall’1,6% al 5,5%, quella europea è calata dall’1,7% all’1,4% - ..."
Ma alla fine tutto converge sul fatto demografico: se sei il paese più vecchio del mondo come età media e con la minore natalità di ogni altra nazione sulla terra sei per definizione un paese in declino. E l'opinione pubblica media italiana riflette sempre quindi di più quella del pensionato medio, ^sia per gli investimenti finanziari#www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=TITECI43^ che su tutto il resto
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Sacrificarsi oggi per vivere meglio domani. L’esortazione è di Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, che parla senza peli sulla lingua di pensioni, lavoro e sprechi statali.
«I Paesi del Nord, negli anni scorsi, hanno introdotto importanti riforme nel mercato occupazionale e previdenziale - esordisce Micossi - Ora cominciano a goderne i primi benefici. Bisogna avere il coraggio di prendere decisioni impopolari».
Ovvero? «Liberalizzare l’ingresso nell’universo del lavoro, soprattutto per gli impieghi meno qualificati - continua - Almeno in Francia c’è un forte dibattito su questi temi, in Italia, dove si lavora poco, vige invece il silenzio più assoluto, è sconfortante». Non a caso, il nostro Paese - stando ai dati in possesso del direttore generale di Assonime - ha contribuito, negli ultimi anni, al 40% della perdita di produttività da parte di Eurolandia. «Nel settore dei servizi, tra il 1995 e il 2001 la produttività americana è cresciuta dall’1,6% al 5,5%, quella europea è calata dall’1,7% all’1,4% - spiega Micossi - Preso atto dello squilibrio bisogna agire in fretta per eliminarlo».
Il punto è che non è l’unico. Torniamo all’Italia, che conta una percentuale di laureati preoccupante rispetto agli altri Paesi occidentali: il 10 per cento. Contro il 23% della Francia, il 23,2% della Germania, il 35,6% dell’Irlanda e il 37,3% degli Stati Uniti. Poca istruzione equivale a scarse risorse umane che contribuiscono all’innovazione. Guarda caso il tallone d’Achille della nostra industria, che nell’ultimo trimestre 2004 ha trascinato l’Italia in recessione (il pil è diminuito dello 0,3 per cento). «Di fronte a una situazione simile - attacca Micossi - la riforma Moratti appare acqua fresca. Siamo alle prese con un problema strutturale, che necessita di soluzioni radicali».
E le pensioni? Micossi cita statistiche molto eloquenti: in Italia la spesa pubblica previdenziale, nel 2010, arriverà al 13,8% e nel 2050 al 14,1 per cento. Un incremento difficilmente sostenibile per un Paese che ha un debito superiore al pil (il 106%) e un servizio del debito pari al 5% dello stesso pil. Ancora: il tasso d’occupazione totale, nel nostro Paese, è del 56,1% contro il 65% della Germania, il 64,4% di Eurolandia e il 71,2% degli Stati Uniti. Sebbene il dato americano sia costruito attraverso una contabilizzazione differente degli impieghi precari e a termine, si tratta dell’ennesimo confronto imbarazzante, che evidenzia l’arretratezza italiana.
Un altro tema particolarmente a cuore del direttore generale di Assonime è quello della spesa pubblica. «Può raggiungere al massimo il 30% delle risorse di un Paese. Il resto è sprecato - avverte Micopssi - Bisogna lasciare sfogare l’economia ed eliminare la burocrazia che frena l’espansione dei servizi e delle attività autonome». Qual è la soluzione, dunque? Una politica anticiclica che rilanci l’occupazione? «Assolutamente no, questa è la soluzione suggerita da coloro che non vogliono rimuovere i veri ostacoli della crescita».
Ed eccolo il suggerimento di Micossi: vanno ridefinite le priorià della politica economica, concentrandosi sul miglioramento dell’occupazione, della ricerca e sviluppo e del sistema previdenziale. «Basta confrontare gli indici di riforma strutturale dei mercati europei con quelli degli altri Paesi industrializzati per capire quanto siamo indietro», osserva. A livello europeo, però, il Patto di stabilità impone regole ben precise. E spesso ha frenato piani di sviluppo o riforme ambiziose introdotte da alcuni Paesi. «La disciplina di bilancio non deve essere allentata - risponde Micossi - Ma applicata in maniera più flessibile. Il vincolo del 3% del deficit/pil va reso meno rigido».