A PROPOSITO DI CONFLITTI DI INTERESSE...

 

  By: GZ on Martedì 16 Agosto 2005 22:39

Andrew Sentance, un giovane analista finanziario inglese della Gestnord (gruppo Banca Sella) cacciato dopo un'analisi nella quale sosteneva che la Banca Popolare di Lodi aveva bisogno 1,5 miliardi di euro per rafforzare il patrimonio.... -------------------------------------------------------------------------------- 16 Agosto 2005 9:51 MILANO Corriere della Sera – L’avere messo in dubbio alcune voci dei bilanci della Banca popolare di Lodi, proprio mentre l’istituto guidato da Gianpiero Fiorani era in piena corsa contro gli olandesi di Abn Ambro nella scalata di Antonveneta, sarebbe costato il posto di lavoro ad Andrew Sentance, un giovane analista finanziario inglese della Gestnord (gruppo Banca Sella) licenziato dopo che la sua analisi - nella quale sosteneva che la Bpl aveva bisogno 1,5 miliardi di euro per rafforzare il proprio patrimonio - era stata pubblicata sul sito della Borsa italiana e da alcuni organi di informazione. Ufficialmente il licenziamento è stato motivato con l’accusa di aver rivelato informazioni raccolte grazie al suo rapporto di lavoro, ma a metterlo in relazione con i dubbi espressi sulla Bpl è lo stesso esperto ai magistrati milanesi che indagano sulla vicenda Antonveneta. Sentance, uno dei tanti testimoni dell’indagine, dichiara a verbale che la questione legata alla sua analisi fu esaminata durante una riunione nella quale arrivò una telefonata di Maurizio Sella, numero uno del gruppo omonimo e presidente dell’Abi, l’associazione delle banche. LICENZIATO - È il 12 maggio quando Andrew Sentance, nato nell’isola di Man e laureatosi a Oxford, si presenta ai pm. Due mesi prima, il 14 marzo, il gruppo Sella aveva chiuso con lui un rapporto di collaborazione durato cinque anni. «Nel maggio 2004 - dichiara -, il dottor Frezza della Gestnord (ora Banca patrimoni e investimenti, ndr ) mi chiese di analizzare il bilancio di Bpl su richiesta di un cliente che ritengo fosse il fondo pensioni dei notai. Approntai pertanto una bozza dello studio». Il risultato non è favorevole alla Bpl. Le critiche prevalgono sugli aspetti positivi, Sentance ha dubbi sulla affidabilità delle poste: «Dissi chiaramente che le partecipazioni di Bpl riportate nel bilancio risultavano sopravvalutate» e che «era indispensabile fare chiarezza sulle basi attuali sulle quali lo sviluppo futuro avrebbe trovato fondamento». A colpire l’analista inglese sono «le valutazioni delle partecipazioni iscritte nel bilancio Bpl che poggiavano su delle perizie Lazard». «Tali valori erano stati stimati in considerazione dei dividendi attesi», ma «l’andamento delle partecipate nel 2003 evidenziava già che il livello dei dividenti attesi non sarebbe stato raggiunto». «Il giorno dopo - aggiunge - inviai i risultati della ricerca ai clienti della Gestnord». Lo scritto di cui parla Andrew Sentance si intitola «Popolare di Lodi - Ancora incertezze» ed è stato acquisito dalla Procura. LA TELEFONATA DI SELLA - Il giorno dopo Sentance viene chiamato a Torino dove si reca con alcuni colleghi. «Venni convocato d’urgenza dal direttore generale della Gestnord dottor Bruno Travostino» il quale nell’incontro «parlò al telefono con Maurizio Sella» e «mi disse che non dovevo parlare con la stampa, né con i promotori senza il permesso», anche se lo stesso «Travostino mi disse che la Popolare di Lodi, secondo il suo punto di vista, andava molto peggio di quanto era descritto nel documento». Ma la Bpl «era comunque un cliente molto importante - aggiunge riferendo le parole del direttore - e ci rese noto che la stessa si era lamentata del fatto che era stata divulgata una ricerca non favorevole». I BILANCI ESAMINATI - L’esperto inglese ha lavorato sui bilanci di Bpl e di società e fondazioni ad essa legate. «Nel bilancio Bpl 2004 - illustra ai pm - ho rilevato altre criticità: in particolare nel conto economico civilistico si parla di un aumento della fiscalità differita attiva per 23,4 milioni di euro. Tenendo conto che i dividendi ricevuti dalle imprese del gruppo sono stati di 245,5 milioni di euro e che l’utile prima delle imposte ammontava a 174 milioni di euro, ritengo che senza l’effetto dei dividendi e della loro indeducibilità fiscale, l’attività operativa sia addirittura in perdita. Inoltre le sofferenze sono in aumento e la copertura rimane sempre abbondantemente sotto la media. Devo inoltre rilevare che nel bilancio Bpl si legge che nel 2004 non si è fatto ricorso all’emissione di prestiti obbligazionari a causa degli spread penalizzanti ricorrendo perciò a fonti alternative di funding. Nella realtà il 2004 è stato uno degli anni migliori nella storia per emettere obbligazioni». SUL SITO DELLA BORSA - «Nessuno mi ha detto niente - conclude Sentance - sino a quando il 21 febbraio 2005 ho pubblicato lo studio sulla Bpl. A seguito della sua comparsa sul sito della Consob e della Borsa italiana, il 14 marzo 2005 ho ricevuto la lettera di licenziamento

oltre al bilancio devi sapere chi è il proprietario - Alex63  

  By: Alex63 on Venerdì 10 Dicembre 2004 21:47

alla base c'è sempre la non agressività degli istituzionali, che ci voleva a comprare un po' di acqua marcia e tenersele in pancia e pretendere di +? forse era poco liquida? l'hanno fatto solo x autostrade.... --------------------------- penso che dipenda dal fatto che un personaggio come Caltagirone è meglio averlo come amico che nemico; se guardi nel verbale d'assemblea, reperibile nel sito di borsaitalia, scoprirai che Angelo Abbondio figurava tra i soci nell'ultima assemblea eppure non ha rastrellato azioni APM come aveva fatto in passato con Rotondi Evolution (1°OPA a 2.4, residuale a 3.5 dopo che Abbondio aveva rastrellato un 2% di azioni). Il problema è che quando una famiglia in Italia è potente economicamente e in più ha agganci in Vaticano e a livello politico è meglio averla dalla tua parte che contro; penso pertanto che molti fondi non abbiano volutamente acquistato questi titoli, vuoi perchè troppo sottile, vuoi perchè il gioco non valeva la candela. E come al solito alla fine ci rimette (nel senso che viene praticamente derubato anche se alla fine ci guadagnerà poco) il piccolo risparmiatore che ha perso tempo a leggere bilanci, studiarsi la società etc.... Saluti

 

  By: panarea on Venerdì 10 Dicembre 2004 21:13

alla base c'è sempre la non agressività degli istituzionali, che ci voleva a comprare un po' di acqua marcia e tenersele in pancia e pretendere di +? forse era poco liquida? l'hanno fatto solo x autostrade....

OPA e Fusioni sono il vero show della borsa italiana: spesso con risvolti tragici - gz  

  By: GZ on Venerdì 10 Dicembre 2004 20:45

Una rassegna dei comportamenti tipici nella borsa italiana nei casi di fusioni e OPA e delle conseguenze per gli azionisti: i casi di Agnelli, Del Vecchio, Micheli, Scaglia, Merloni... E' utile leggerlo e confrontarlo con quanto spiegato da Alessandro qui di fianco riguardo ad Acqua Pia Marcia e anche con quanto discusso sulla fusione Tim-Telecom. Per le altre storie (più che altro dell'orrore) ^leggere ancora Penati#http://www.marketview.it/marketview3/?a=cat&id=7&pg=1^. Conoscere il passato serve per ricordarsi in futuro di stare attenti a questi personaggi quando c'è di mezzo un OPA e o una fusione. ----------------------------------------------------- Tutta la Borsa minuto per minuto Alessandro Penati 10 dicembre 2004 Repubblica In Italia, anche la Borsa è spettacolo. Uno show interpretato da personaggi famosi e celebrati quanto i calciatori. La cronaca economica diventa un’affascinante lettura: pagine di creatività finanziaria, scontri di personalità, e civetterie. La posta in gioco sono i soldi dell’azionista di minoranza: vince il campionato chi riesce a sottrargliene di più, con il plauso dei media a esaltarne figura e gesta. 10 e lode a chi lo fa con fantasia e delicatezza. Recentemente, parecchie sufficienze, ma nessun acuto. Scaglia (^Ebiscom#^). Il 30 novembre Consob comunica che il presidente e maggiore azionista di e.Biscom (ora Fastweb) ha venduto il 3,9% della società, incassando un centinaio di milioni. Tempismo perfetto: il giorno dopo, Aem scarica sul mercato il suo 11,9% in un unico blocco. Il titolo cade: da allora perde oltre l’8%. Così Scaglia risparmia 8 milioni. Solo spiccioli. Ne ha di strada da fare per emulare il suo socio fondatore Francesco Micheli: lui ha portato a casa centinaia di milioni da una società che in Borsa ha perso l’81%. Voto 6,5. Famiglia Agnelli-^Fiat#^ (Rinascente). Lentamente, con metodo, senza clamori: così va trattato l’azionista di minoranza. Preoccupata per l’auto, la Famiglia vuole fare cassa e investire in attività redditizie. Due anni fa, vede che Rinascente, controllata attraverso Ifil, è depressa sul mercato: si trascina intorno ai 3,3 euro, quando quattro anni prima toccava i 10,8 euro. Solo gli immobili dei grandi magazzini rischiano di valere quanto l’intera società. Che si fa? Ai risparmiatori demoralizzati, (con il 41% del capitale) si mostra la carotina dell’Opa, con un premio del 33%: a quel prezzo, tutte le attività di Rinascente valgono 2,2 miliardi (inclusi 400 milioni di debiti). La società viene ritirata dal mercato, e (quasi) tutti gli azionisti di minoranza tolti di mezzo. Si sospetta che Rinascente venga venduta a pezzi perché vale molto di più: la società dichiara alla Consob che non sarà così. Puntualmente, l’anno dopo il 49% degli immobili viene ceduto (debiti inclusi) per 860 milioni. A novembre il settore alimentare, valutato complessivamente 2,2 miliardi, è venduto a Auchan. Tra dieci giorni si apre la fase finale della gara per la cessione dei grandi magazzini (con il resto degli immobili): offerta media, 900 milioni. Rinascente viene fatta a pezzi e le attività cedute a una valutazione complessiva di circa 4 miliardi. Con un po’ di pazienza, ciò che per i risparmiatori valeva 2,2 miliardi, per la Famiglia vale il doppio. Questa è classe. Voto 8. Del Vecchio (^Beni Stabili#^). Ha costruito dal nulla una multinazionale, leader nel mondo, ma a casa sua Del Vecchio si fa prendere dalla febbre del mattone. Con Cfi, di cui detiene il 17% insieme a un gruppo di azionisti veneti, nel 2001 compra il solito 29 virgola poco per cento (per non fra scattare l’Opa) di Beni Stabili. Il prezzo degli immobili comincia a salire. Da gennaio 2003 a febbraio 2004, Leonardo Del Vecchio, con la sua Leopar (un nome da 10 e lode) acquista il 100% di Cfi. Da quel momento Beni Stabili comincia a volare in Borsa: +70%. In ottobre, Del Vecchio compra un 3,5% di Beni Stabili sul mercato. Ed è “costretto” all’Opa totalitaria, sulla base del prezzo medio dei 12 mesi precedenti (art. 106, comma 2 del TUF): 0,634 euro, ovvero l’11% meno dei prezzi di Borsa. Agli azionisti di Cfi, però, Leopar aveva pagato un premio medio del 22%. Al prezzo dell’Opa, gli immobili sono valutati 1.100 euro al metro quadro. Capannoni di periferia? No, uffici di Telecom e Banca Intesa nelle città del nord, negozi di Prada nel mondo. Il consiglio di Beni Stabili, imbarazzato, dichiara che il titolo dovrebbe valere almeno 0,88 euro. Ma non può fare a meno di inserire nel prospetto una perizia che stima in 3,5 miliardi gli immobili: farebbero 1,16 euro per azione, il doppio dell’Opa. Ma Del Vecchio rilancia a 0,691 euro (sic!). E il 18 novembre l’offerta fallisce. Con Luxottica ha lanciato Opa vincenti nei cinque continenti; ma in Italia crede che i risparmiatori abbiano ancora l’anello al naso. Grossolano. Voto 5. Merloni (^Merloni#^ Elettrodomestici, ME). La cattiva comunicazione uccide. Da maggio la società va ripetendo che gli obiettivi di crescita saranno mantenuti. Anche a settembre, quando chiude un collocamento da 300 milioni negli Usa. E il titolo va. A fine settembre, ME perde il 7% in tre gironi: brutto segno, in Italia. Passano 48 ore e la società, a un mese dalla trimestrale, lancia un profit warning: ancora giù del 12%. Il solito tempismo: durante l’estate, e fino al giorno prima del warning, ben 12 dirigenti del gruppo incassano le proprie stock option. Ad aprire la danza delle opzioni, in giugno, l’amministratore indipendente Roberto Ruozi, presidente dell’Audit Committee, che incassa un milione di euro. A fine novembre ME vende il 40% di Faber (una finanziaria) a Fineldo, la holding con cui Merloni controlla ME: la mano destra vende alla sinistra. Non solo, ME fa finanziare i crediti dei propri fornitori a Faber, nei cui confronti aveva 212 milioni di debiti, a fine 2003. Il bilancio di Faber? La posizione finanziaria tra le due società? Nessuna informazione disponibile. Sono parti correlate, ma ME decide che in questo caso il regolamento Consob non si applica. Per Merloni (presidente anche di Assonime, promotrice della corporate governance italiana nel mondo) qualche veronica di troppo. Voto 6,5.

 

  By: PIROPIRO on Giovedì 17 Luglio 2003 12:08

Tutti parlano dell'annoso conflitto di interesse di un Presidente del Consiglio che possiede aziende e che è uno dei primi imprenditori del Paese, cosa senza dubbio censurabile, ma pochi, soprattutto i quotidiani, sottolineano alcune 'anomalie' che si stanno verificando nei mercati finanziari. 1) AUMENTO DI CAPITALE FIAT. Sembra che le Banche che garantiscono l'aumento di capitale abbiano venduto allo scoperto Fiat, a prezzi abbondantemente superiori a quelli attuali, andandosi poi a ricoprire automaticamente con le quota di inoptato a 5 euro; 2) OPA TELECOM ITALIA. Alcuni fondi stanno decidendo di aderire in toto o in parte alla arcinota offerta pubblica di acquisto su Telecom e Olivetti. Sarà impossibile fare un elenco, ma non credo di sbagliare se gran parte di questi fondi fossero controllati dalle banche finanziatrici dell'operazione...... Avranno fatto veramente l'interesse dei propri sottoscrittori? Ai prossimi 3-6 mesi di mercato la sentenza.