La Cultura Finanziaria in Italia - Joseph

La Cultura Finanziaria in Italia - Joseph  

  By: Joseph on Mercoledì 10 Luglio 2002 13:12

Uno dei pochi competenti che ha denunciato inefficiene/commistioni/illegalità varie condite da macroscopici conflitti di interesse è il Prof.Beppe Scienza (Univ.Torino) Ovviamente la larga parte dei mass media italiani lo ha ignorato. Comunque: Gestori professionali? Alla larga! Alcune settimane fa (8-6-2002) Borsa & Finanza ha pubblicato l'intervento di un avvocato, stranamente firmato con un indirizzo di e-mail (leonexus@tin.it) anziché con nome e cognome. Ma non è questo il punto. La cosa grave è l'infondatezza della tesi sostenuta, correttamente riassunta nel titolo "Gestione amica? Grazie tante, no!". I lettori venivano infatti messi in guardia dal rivolgersi a parenti o amici, per le proprie scelte d'investimento. Ma perché non dovrebbero farlo? Per evitare di rimanere danneggiati seguendo i loro consigli? In effetti nulla fa supporre che ciò capiti di frequente e comunque non viene fornito nessun riscontro obiettivo a suffragio di ciò. Gravi e numerose sono invece le prove dei danni provocati dall'industria del risparmio gestito. Potremmo citare non decine, bensì centinaia di casi. Limitiamoci a qualcuno fra i più significativi. Cominciamo col fondo Imi Capital, che nel 1985 è riuscito a rendere il 48% in meno di Piazza Affari. Passiamo quindi a Interbancaria Rendita, fondo obbligazionario puro che nei dodici anni di vita ha sempre reso meno di Btp e Cct e nel 1986 addirittura il 5,4% in meno. Vediamo poi i fondi azionari specializzati sull'America, i cui minus di gestione da inizio 1995 a inizio 2000 vanno dal -171% di America 2000 al -68% di Imiwest. Né la situazione è migliorata col passare del tempo. Una ricerca su varie categorie di fondi (azionari, obbligazionari, sull'Europa, sull'America ecc.) conferma che i minus di gestione sono la regola generale anche per gli ultimi due anni. I fondi comuni azionari dell'area euro, per esempio, hanno perso nel 2000 il 22,5% rispetto al 16,3% dei mercati, mentre l'anno prima il minus era stato ancora peggiore (-7,4%). Per giunta tali deficit vengono spesso camuffati tramite confronti sbilenchi. Per chi è interessato alla questione i risultati dettagliati e la metodologia seguita sono liberamente consultabili all'indirizzo, dell'Università di Torino: http://alpha01.dm.unito.it/personalpages/scienza/index.htm Alla larga quindi dai cosiddetti professionisti del risparmio gestito, cui si addice piuttosto l'appellativo di distruttori dei risparmi familiari. Ma non è finita, perché l'avvocato Leonexus@tin.it sostiene anche un'altra tesi, ancora più sconcertante. Scrive infatti: "Quando la gestione provoca danni, ottenere un risarcimento da un soggetto abilitato (banche ecc.) è abbastanza agevole". Al che viene da chiedersi se viva su Marte, perché sul nostro pianeta notoriamente non è così. Prendiamo infatti il recente scandalo al San Paolo Imi, dove il gestore (Vittorio Grimaldi) dirottava le perdite dal fondo Azioni Italia ai fondi Soluzione 6 e Soluzione 7, come ha appurato l'indagine della Consob. Come potranno essere risarciti le centinaia di migliaia di partecipanti a questi fondi? Per giunta non ci sono solo i casi di malversazione venuti alla luce. Da quasi un ventennio milioni di italiani vengono comunque danneggiati dal risparmio gestito. E da un paio d'anni prendono botte da orbi perché dirottati dai titoli di Stato verso fondi e gestioni più o meno azionari al solo fine di fargli pagare più commissioni. Quindi, per salvare il salvabile, la soluzione migliore è fare da sé. Ma è sensatissimo anche affidare la gestione dei propri soldi a qualcuno fidato fra i propri amici o amiche che di lavoro faccia il pescivendolo o l'otorinolaringoiatra, l'infermiera o la violoncellista. Insomma, che svolga qualsiasi attività... purché non quella di gestore di patrimoni in una banca, assicurazione, sim o sgr. Beppe Scienza

Rotazione frenetica dei fondi - gianlini  

  By: gianlini on Mercoledì 10 Luglio 2002 12:24

DI GIUSEPPE TURANI Da La Repubblica del 10 luglio Milano. In un certo senso non si capisce nemmeno più come facciano a stare ancora in piedi, i Fondi italiani. Le loro performance sono da brivido, più e meglio di un film dell'orrore. Basta sottoscriverne qualche quota e la paura vi accompagnerà durante tutti i giorni dell'anno. In pratica sembrano essere capaci solo di perdere soldi (dei loro clienti) invece di guadagnarne. Questo, almeno, è quanto si ricava dall'annuale analisi (da essi odiata) di Mediobanca. Ma i numeri sono numeri e da questi risulta che i Fondi italiani l'anno scorso (2001) hanno perso un patrimonio che da solo sarebbe bastato a ricapitalizzare quattro o cinque volte la Fiat, forse anche a rifarla tutta nuova: 23 miliardi di euro, 56 mila miliardi di vecchie lire. Una sorta di imposta occulta sulla buona borghesia risparmiatrice delle dimensioni delle Finanziarie che erano servite per entrare nell'euro. Se si tiene conto che nel 2000 i Fondi italiani avevano perso 13 miliardi di euro, si arriva alla conclusione che in appena due anni sono riusciti a bruciare 36 miliardi di euro che i risparmiatori avevano affidato loro: circa 72 mila miliardi delle vecchie lire. Uno sproposito. A questo punto è facile capire perché, sempre nel 2001, i Fondi italiani hanno dovuto registrare la più grande fuga di massa nella storia dei Fondi: i capitali in fuga (dai Fondi) hanno superato l'arrivo di nuove sottoscrizioni e il risultato è stato che la raccolta netta è diminuita di 17 miliardi di euro. E pensare che quella dei Fondi in Italia non è un affare di pochi euro: in tutto i nostri Fondi sono al quarto posto nel mondo per dimensioni dei denari amministrati. Ma con risultati disastrosi, come abbiamo appena visto. In realtà, poi, i gestori dei Fondi sono stati anche peggio di quanto le cifre appena indicate non lascino pensare. Sulle azioni, infatti, hanno perso un sproposito. 24,5 miliardi nel trading e altri 8,4 miliardi per via delle perdite sui titoli in carico. Insomma, comprando e vendendo (ovviamente male) titoli azionari hanno perso 24,5 miliardi di euro. Sui titoli che si sono tenuti in portafoglio hanno perso invece 8,4 miliardi (perché sono andati giù lo stesso). In totale, sulle azioni, fra quelle "in movimento" e quelle "ferme", hanno perso, in un solo anno, quasi 35 miliardi di euro. Insomma, 70 mila miliardi di vecchie lire. Poi i gestori sono riusciti a guadagnare qualche soldo sui titoli a reddito fisso (come le vecchiette del mio paese) e così la perdita finale si è ridotta a "appena" 23 miliardi di euro. Si tratta di cifre che escludono ogni attenuante. Probabilmente, qualunque ragazzo di età compresa fra i 12 e il 16 anni, che avesse mosso i soldi di papà a caso, avrebbe ottenuto risultati più entusiasmanti. Mediamente, infatti, i Fondi italiani sono riusciti a fare peggio dell'indice internazionale delle Borse MSCI che dell'indice Mediobanca generale. Insomma, se i gestori se ne fossero andati al cinema o fare shopping in centro e avessero dato ordine alle segretarie di seguire l'indice MSCI, avrebbero perso meno denari e, probabilmente, avrebbero speso anche meno soldi di telefono, fax e collegamenti vari. Invece, sono rimasti inchiodati dietro le loro scrivanie, non hanno smesso un solo minuto di lavorare. E questo lo si vede dai dati sulla rotazione del portafoglio, che sono altissimi. In pratica è come se ogni mesi si fossero liberati di tutti i titoli che avevano comprato in precedenza per sostituirli con altri titoli, nuovi di zecca. Nessuno, di fronte a questi comportamenti, potrà mai accusarli di pigrizia. Peccato che tutta questa agitazione, anzi frenesia, abbia prodotto i risultati appena visti: 35 miliardi di euro di perdita in un solo anno sui titoli azionari. Una botta mai vista per i risparmiatori italiani.