By: XTOL on Lunedì 11 Luglio 2005 11:01
Questo è il contrario esatto di quello che e' successo
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ahi, ahi, gz, un minimo di onestà intellettuale avrebbe dovuto farle ammettere prima di tutto che il suo leader maximo ha fatto un’inversione a U, scoprendo (naturalmente buon ultimo; o penultimo?!) che l’attività umana collabora attivamente al processo di riscaldamento.
Preso atto di questo (ma lei se ne è accorto?), si può discutere sulla efficacia di kyoto.
Se ho capito bene (ma spero di no) la sua soluzione sarebbe fermare lo sviluppo dei paesi poveri!?
Cioè lei ritiene giusto ^che # http://news.independent.co.uk/world/politics/article225610.ece^:
“The United States (4 per cent of the world population)
-It is responsible for a quarter of all carbon dioxide emissions - an average of 40,000 pounds of -carbon dioxide is released by each US citizen every year - the highest of any country in the world, and more than China, India and Japan combined
-Despite having just 2 per cent of known oil reserves, the US consumes 25 per cent of the world's oil production.
-16 per cent of world oil production goes into American cars alone.
-As much as 5.99 tonnes of carbon dioxide is emitted per American per year, compared with 0.31 tonnes per Indian or 0.05 tonnes per Bangladeshi.”
Non ho parole…
Volendo tentare un discorso serio, direi che siamo nella più classica (e globale) “tragedia dei commons”, di seguito descritta nel primo articolo che mi è capitato sottomano:
"The Tragedy of Commons" è il titolo di un famoso saggio pubblicato dallo studioso Garret Hardin nel lontano 1968 sulla rivista "Science". Stimolò molte ricerche e vasto interesse perché apparve per così dire geniale nel suo pessimismo: il comportamento "razionale" dei singoli (cerco di avere il massimo di benefici per me stesso) porta a un risultato complessivamente disastroso, una tragedia appunto. Apparentemente, spiegava Hardin, il vantaggio individuale nell'aggiungere un'altra pecora al proprio gregge che pascola su terreni comuni è alto, perché il danno eventuale, legato a un
deterioramento del terreno per eccesso di pascolo, viene ripartito tra tutti gli allevatori, mentre della singola pecora in più beneficia solo il singolo. E' lo stesso meccanismo della cena tra amici dove il conto viene suddiviso in parti uguali: ognuno è tentato di ordinare aragosta, anche se molto costosa, perché il prezzo elevato verrà distribuito tra molte teste.
Ma se tutti aggiungono pecore, o se tutti ordinano aragosta, il sistema salta: non c'è più erba per nessuno (o il conto del ristorante diventa stratosferico, al di là dei portafogli dei singoli). Da sinistra questo ragionamento è stato utilizzato come un buon supporto teorico per politiche di tipo statalista e interventista. A sua volta Hardin, che è professore di ecologia umana all'università di California a Santa Barbara, nel 1999 riprendeva il filo del ragionamento, affermando che non c'erano soluzioni intermedie: o il socialismo o il pieno dispiegarsi della libera impresa. In ogni caso la spontaneità da sola non era in grado di garantire una gestione sostenibile e prolungata nel tempo di beni via via più scarsi perché più richiesti…”
Di qui si può partire per discutere, non certo da castronerie tipo “devi bloccare lo sviluppo cinese”