By: defilstrok on Venerdì 28 Settembre 2007 12:42
Giusto per la cronaca (a propostio della visita di Amanhinejad alla Columbia):
NEW YORK - Il giorno dopo Ahmadinejad, in USA: titoli bassi sui giornali.
L'evento relegato alle pagine interne, o in coda ai TG.
I commenti della grandi firme, imbarazzati, in tono minore.
Io non c'ero; ma a giudicare dai commenti e dalla laconicità dei resoconti, i grandi media americani sono assaliti dal dubbio: aver fatto una figura del Katz.
Traditi dalla frenesia di superarsi in zelo per Sion, di mostrare che, per amore di Israele, sono pronti ad esagerare e a diventare infantili.
A cominciare dal povero rettore della Columbia University, Lee Bollinger.
Ha avuto lui l'incauta idea di invitare Ahmadinejad a risponder alle domande degli studenti; si trattava di dimostrare la superiore libertà di parola americana (free speech).
Una pioggia di furenti deplorazioni, telefonate e minacce esplicite deve avergli fatto passare le notti più insonni della sua placida vita di professore.
I titoli dei giornali («Il Male è atterrato», New York Post), ma soprattutto la folla rumoreggiante davanti all'università («Altro che farlo parlare, arrestatelo!», «L'Iran finanzia Hamas», «Terrorista» «Hitler»): e specialmente il fatto - che le TV non hanno potuto nascondere - che quegli «studenti e comuni cittadini» ostili portavano quasi tutti la kippà e sventolavano bandiere con la stella di David.
Per un rettore americano, questo significa una cosa chiara: puoi dare addio ai finanziamenti, alle donazioni, ai grants e borse di studio di cui vive l'ateneo.
I munifici donatori, i mecenati, i ricchi generosi con la cultura, nella città più giudaica del mondo, non ti daranno più un centesimo.
Hai chiuso.
Il povero Bollinger ha pensato di rimediare: sì, ho invitato il Mostro, ma solo per cantargli in faccia il fatto suo.
E così, Ahmadinejad non s'era ancora seduto sulla poltrona del dibattito, che il povero professore gli ha detto: «Signor presidente, lei esibisce tutti i segni di un crudele dittatorello (a petty and cruel dictator). Perché è così spaventato che cittadini iraniani esprimano le loro opinione per il cambiamento? Francamente, in tutta schiettezza, io dubito che abbia il coraggio intellettuale di rispondere a tali domande. Quando uno come lei viene in un posto come questo, si rende semplicemente ridicolo: è sfacciatamente provocatorio o sorprendentemente maleducato».
Così tutto d'un fiato, prima che l'altro avesse emesso una sola parola.
Applausi isterici dagli «studenti» in kippà: bene!
Così parla l'Occidente!...
Ahmadinejad ha risposto.
Calcando le parole: «In Iran, la tradizione esige che quando si invita una persona a tenere un discorso, rispettiamo i nostri studenti abbastanza da consentire loro di formarsi un proprio giudizio da sé, e non riteniamo necessario uscire con una serie di critiche ancor prima che il discorso venga pronunciato, per vaccinarli preventivamente. Tuttavia non voglio cominciare rispondendo a questo comportamento insultante».
Per soccorrere il povero rettore che s'era preso del grossolano maleducato dal Mostro, è intervenuto il vice-rettore John Coatsworth, che doveva fare il moderatore: con un occhio alla platea in kippà e alle donazioni in pericolo, ha posto al nuovo Hitler una domanda secca:
«E' vero che lei e il suo governo perseguono la distruzione dello Stato di Israele?» (Ah, stavolta l'ho messo in trappola: egli confesserà, come i colpevoli nei telefilm di Perry Mason, e i fondi sono salvi).
Ahmadinejad: «Noi amiamo ogni persona. Noi siamo amici degli ebrei. Ci sono molti ebrei che vivono tranquilli in Iran» (vero, hanno anche seggi al parlamento); per esempio, pensiamo che la nazione palestinese dovrebbe poter decidere il proprio futuro con referendum».
Coatsworth, proprio come Perry Mason davanti a un colpevole sfuggente: «Risponda con un semplice sì o no, prego».
Ahmadinejad: «Lei fa le domande ed esige la risposta che vuol sentire. Io le chiedo: la questione palestinese è di importanza internazionale? Mi risponda con un semplice sì o no».
E tutto è andato avanti così.
Il reporter della CBS, voglioso di mostrare il suo zelo per Katz: «Signore, il popolo americano sa che il suo Paese è uno Stato terrorista, che esporta il terrorismo nel mondo. Doveva capire che visitare il sito del World Trade Center avrebbe fatto infuriare gli americani».
Ahmadinejad: «Mi meraviglio. Come può parlare per l'intera nazione americana? Lei è un giornalista, rappresenta la stampa. Il popolo americano conta 300 milioni di persone. Ci sono punti di vista diversi là fuori».
Lei non vuole riconoscere Israele, insiste un altro
«Noi non riconosciamo un regime basato sulla discriminazione e l'espansionismo. Quel Paese ha aggredito la Siria la settimana scorsa e il Libano un anno fa».
Lei nega l'olocausto! (Sion, prendi nota, io lotto per te!), grida un altro.
Ahmadinejad risponde che la faccenda richiede «ulteriore ricerca», e che comunque, perché devono essere i palestinesi a pagare il prezzo di un fatto accaduto in Europa?
Vorrei, aggiunge, «una risposta chiara».
Silenzio.
26/9/2007 Maurizio Blondet