Generali

 

  By: marco on Domenica 20 Novembre 2005 16:39

Zurich Financial è già partita al rialzo, Munich Re sembra sul punto di farlo. Che sia nel prossimo mese il turno delle Generali? Il settore Banks sembra già alla seconda fase di rialzo prima o dopo dovrebbe essere anche il turno degli assicurativi, o no?

 

  By: Moderatore on Domenica 05 Ottobre 2003 00:46

Generali torna a ruggire in Borsa A spingere il titolo hanno sicuramente contribuito le parole di Carlo Salvatori presidente di Unicredito, che giovedì sera, a Borsa chiusa, aveva assicurato: «Non è il momento di cedere Generali». Una dichiarazione che ha bloccato i rumor sull’arrivo entro la settimana della cessione, attraverso un private placement, della quota posseduta da Unicredito. Le azioni del Leone di Trieste ieri sono state anche favorite da uno studio di Ubs che ha alzato la raccomandazione sul titolo a buy da neutral, dopo la recente sottoperformance della quotazione. Il prezzo obiettivo viene mantenuto a 23 euro. Per Ubs le Generali restano il titolo assicurativo italiano preferito: gli analisti della banca elvetica collegano la recente discesa del gruppo (-8% rispetto al settore dal giugno 2003) ai timori per l’impatto sul mercato della potenziale vendita dei titoli della compagnia triestina detenuti da Unicredito (3,5%), Capitalia (3,5%) e Mps (1,5%). Tuttavia, pur concordando sul fatto che le tre banche cederanno o ridurranno le proprie partecipazioni, Ubs ritiene che gli istituti ricorreranno a strumenti quali un convertibile con scadenza a tre o cinque anni, soluzione anticipata da Finanza & Mercati. La direzione delle Generali ha indicato - rileva Ubs - che l'uscita delle banche è prevista entro la fine dell’anno. Sulla base della somma del valore delle attività vita e delle attività danni, il valore che emerge è di 24 euro, tuttavia Ubs applica uno sconto del 5% per tenere conto del potenziale «overhang» sul titolo. da Finanza&Mercati del 04-10-2003

 

  By: CORTO on Lunedì 16 Settembre 2002 23:58

D'accordo sig Zibordi, ma in questi casi ci si chiederebbe: chi è l'azionista di maggioranza? sono possibili mutamenti nella compagine azionaria? Il management è di qualità? Ha una strategia che può portare l'azienda al miglioramento della performance? Temo pensi anche lei quello che penso io... Corto ps invece sotto un profilo analogo credo valga la pena approfondire Enel.

 

  By: Sandro Cecconi on Lunedì 16 Settembre 2002 02:52

La ringrazio per aver inserito il report di Penati, equilibrato e veritiero come sempre. Magari tutti fossero come lui!!! Sandro P.S. Ad ogni modo il titolo è da tener sempre d'occhio, in special modo in frangenti come l'attuale. Modificato da - Sandro Cecconi on 9/16/2002 0:54:5

Generali è 17esima - gz  

  By: GZ on Lunedì 16 Settembre 2002 01:06

Questo è il sunto della situazione di Generali che fa Penati sul Corriere. Ineccepibile come al solito, cita tutti i numeri importanti e deduce quello che c'è da dedurne. Il tono è quindi negativo, ma la domanda che mi farei è : Generali è 17esimo nel risparmio gestito, ha un ritorno sul capitale investito dell'11% contro una media del settore del 22% e ha una raccolta premi in calo contro altri come Ras in forte crescita. Bene, anzi male, evidentemente con tutte le lotte interne in cui sono impegnati per via di mediobanca non hanno tempo da dedicare alla gestione. Ma se fosse primo nel risparmio gestito, avesse il ritorno massimo del settore e una raccolta premi fortissima allora che potenziale di apprezzamento ci sarebbe ? La percezione del mercato è difficile da stabilire e si guarda per quella il grafico. Ma se parliamo dei fondamentali, a parte i casi di società sull'orlo del collasso o dove tutto il business è in crisi, è meglio una dove le cose possono migliorare di una dove sono sono già al massimo ---------IL MERCATO di ALESSANDRO PENATI Piazza Affari e i conti amari del Leone ferito ----------------- Una volta il titolo Generali si comprava e si dimenticava nel cassetto. Faceva sempre meglio dell'indice. Un euro investito a Piazza Affari agli inizi degli anni '70 si sarebbe decuplicato in 25 anni; ma, puntato sul Leone di Trieste, si sarebbe moltiplicato per 45. Non più: dal 1996 le Generali hanno perso cumulativamente il 43% rispetto all'indice di Borsa. L'ultimo poi, è stato un vero annus horribilis: oltre 50% del valore andato in fumo. Il problema è in parte comune al settore assicurativo; ma Generali ci ha aggiunto del suo. Da anni l'attività tradizionale delle assicurazioni non genera più profitti: per remunerare gli azionisti, le compagnie hanno dovuto ricorrere alla gestione finanziaria. Ma negli ultimi tempi i loro bilanci hanno subito tre colpi micidiali. Il crollo delle Borse ha falcidiato il rendimento degli investimenti che avevano rappresentato la principale fonte di reddito. E la contemporanea discesa dei tassi a lunga ha reso difficile raggiungere i rendimenti minimi che molte assicurazioni vita devono garantire. L'attentato alle Torri gemelle e le alluvioni in Europa, infine, graveranno per almeno 50 miliardi di euro, recuperabili con un aumento dei premi solo in futuro. In questo scenario già difficile le Generali sembrano un gigante addormentato. Nel ramo danni, sinistri e costi pagati rappresentano il 104% dei premi incassati: un rapporto in linea coi grandi gruppi europei, ma superiore di circa 7 punti a quello medio delle compagnie italiane, che da tre anni lo hanno costantemente migliorato. Anche nel ramo vita, la raccolta premi non è entusiasmante (»4% nel primo semestre 2002): al passo di quello dei colossi europei, ma che le fa perdere vistosamente quote in Italia, il suo mercato principale: nel primo semestre, il tasso di crescita medio di Ras, Fideuram e Mediolanum ha superato il 50%. Pur essendo il più grosso gruppo finanziario italiano, le Generali occupano a casa loro soltanto il 17° posto nella classifica dei fondi di investimento. Primegest, comperata dal Leone nel 1996, quando era l'ottava società di gestione con il 4,3% del mercato, si è ridotta allo 0,7%. E gli immobili assorbono ancora 12 miliardi di euro del patrimonio delle Generali. Il risultato è un rendimento del capitale (prima di tasse e poste straordinarie) che, anche escludendo le svalutazioni, non va oltre l'11%, contro una media europea di settore del 22%. Per svegliare il gigante addormentato non servono grandi strategie o il girotondo dei presidenti, ultimo episodio l’incredibile giubilazione di Gutty: ma un management che tagli i costi e rilanci la rete di vendita. Nell'attesa del risveglio, non si può neanche dire che Generali sia a buon mercato: a 18 volte gli utili attesi per il 2003 è valutata dalla Borsa in linea con la media del settore. Modificato da - gz on 9/15/2002 23:22:9

 

  By: gianlini on Giovedì 12 Settembre 2002 16:20

vede che Ligresti e Berlusconi sono già attivamente insieme da bravi amici degli amici!!!

Generali - gz  

  By: GZ on Giovedì 12 Settembre 2002 16:01

Le vicende dei grandi gruppi italiani sono tremendamente complicate e questo da solo dovrebbe indurre a starne alla larga. Ma ragionando a spanne: a) il grafico di Generali è disastroso, ma si nota una "flag" squadrata di 8 barre b) ci sono dei rumor che vanno oltre quello che dicono i giornali (e qui ognuno di noi ne sente di diversi, diciamo che si misura la frequenza e intensità dei medesimi non importa il contenuto esatto (che non lo è mai troppo) c) c'è un evidente lotta e possibile trasferimento di potere in atto (vedi i commenti e notizie) Quindi ? Mah... senza avere approfondito i meandri della politica che ci sta dietro perlomeno sembra candidato all'acquisto di opzioni ---------------- breakingviews----------------------- Mediobanca has long been the puppet-master pulling Generali's strings. Over the past four years, the investment bank has changed the Italian insurance giant's management twice. It is now preparing to do so for a third time. Mediobanca achieves all this via a stake of only 14%. One can understand that playing corporate politics may be fun for Mediobanca, demonstrating to itself that it has clung on to some of its old power. But this constant shuffling of the pack is destabilising for Generali itself and damaging for its other shareholders. Mediobanca's meddling has led to a lack of talent at the top. Except for Antoine Bernheim, the ancient Lazard banker who is expected to return as Generali's chairman, the insurer has unsurprisingly been unable to attract any high-quality new blood. After all, why would someone of international calibre and experience want to submit to the whims of a parochial Italian power-broker like Mediobanca? But the damage goes further than this. Mediobanca has tried to use its power to force through deals that would have benefited it at the expense of other shareholders. Indeed, one of the reported reasons why Mediobanca has grown weary of Gianfranco Gutty, the current chairman, is his reluctance to acquiesce to a merger between Generali and Ennio Doris's Mediolanum. Mediobanca wanted this deal, which would have strengthened its grip over Generali by bringing allies Berlusconi and Doris into the shareholding. But other Generali shareholders were less enthused - not least because a deal would have involved buying Mediolanum at an eye-popping 70 times forecast earnings. Such shenanigans have gone on for too long. Encouragingly, there is some sign of opposition in the form of the Bank of Italy - which owns 5% of Generali and, for once, is promoting good corporate governance. The other shareholders - who collectively account for 81% of the stock - should fall behind its lead. ------------------- Turani ----------------------------------- Mediobanca e l'ombra di Berlusconi La presenza di Capitalia e Unicredito nell'azionariato di piazzetta Cuccia ha i giorni contati. Adesso, gli uomini forti vicini a Maranghi sono Salvatore Ligresti e Ennio Doris, entrambi dello schieramento del premier. DI G.T. Milano. E' cominciata una rivoluzione della finanza italiana destinata nel giro di pochi anni a renderla del tutto irriconoscibile. Il punto da cui bisogna partire è la decisione della IntesaBci di Corrado Passera di unire le proprie risorse con quelle della Banca Lazard in Italia (diretta da Gerardo Braggiotti) nel settore banca d'affari. Date le dimensioni dei soggetti in gioco, i loro quarti di nobiltà e la storia (Braggiotti è stato fino a qualche anno fa uno dei massimi dirigenti di Mediobanca) è del tutto evidente che il concorrente diretto è appunto l'istituto di piazzetta Cuccia. E questo proprio in un momento in cui Vincenzo Maranghi, successore di Cuccia alla testa di Mediobanca, sta riscuotendo non pochi successi. IntesaBci e Lazard non sono azioniste di Mediobanca né intendono esserlo. Hanno deciso, semplicemente, di unire le proprie risorse e di lanciarsi sul mercato. Decisione trasparente e netta: dirà il mercato chi è il migliore. E nei prossimi mesi ci saranno molte operazioni. Il fronte delle banche d'affari, cioè, diventerà molto caldo, per non dire rovente. Ma, a questo punto, si complica un po' la situazione di Capitalia (ex Banca Roma) e di Unicredit. Le due banche sono i maggiori azionisti di Mediobanca, con oltre il 9 per cento a testa, e hanno entrambe proprie strutture di banche d'affari, anche piuttosto attive. E' del tutto evidente che si va configurando una sorta di maxi conflitto di interesse. Capitalia e Unicredit sono nel consiglio di amministrazione di Mediobanca, ma al tempo stesso sono sue concorrenti molto determinati sul mercato. IntesaBci-Lazard è anch'essa un concorrente di Mediobanca, ma non fa parte del suo consiglio di amministrazione. Non ci vuole molto per capire che questa situazione può essere considerata solo come transitoria. In realtà le strade di Capitalia e di Unicredit devono separarsi da quella di Mediobanca. Anche perché Mediobanca (a differenza di quanto avveniva negli anni Cinquanta) non ha più bisogno di queste due banche come azionisti. Mediobanca oggi, fra l'altro, sembra aver trovato nuovi sponsor dietro i quali si intravede la figura di Silvio Berlusconi. Salvatore Ligresti, da sempre molto vicino al premier, può oggi essere considerato come il terzo azionista di Mediobanca: oltre al 2 per cento custodito dalla Sai (insieme altre importanti partecipazioni) può contare anche sul quasi 4 per cento trovato dentro la Fondiaria (compresa la quota in Suisse Life). E poi c'è Ennio Doris (addirittura socio esplicito di Berlusconi). Se quest'area ha un po' arrotondato i propri pacchetti azionari di Mediobanca, probabilmente conta già su una quota vicina al 10 per cento. Senza trascurare che poi molti dei "piccoli" (si fa per dire) azionisti di Mediobanca sono sicuramente dalla parte di Berlusconi. In queste condizioni sono chiare due cose. La prima è che Mediobanca comincia a pendere molto dalla parte di Berlusconi. La seconda è che nel giro di qualche tempo sia Capitalia che Unicredito dovranno porsi il problema di lasciare Mediobanca. Certo, c'è il problema di trovare chi rilevi le loro quote (che valgono intorno ai 5 mila miliardi di lire, insieme). Ma a questo, quasi certamente, ha già pensato Maranghi, che non dovrebbe trovare difficoltà a mettere insieme un gruppetto di amici. (10 settembre 2002)