By: giorgiofra on Martedì 26 Febbraio 2013 09:12
Riporto un post di qualche tempo fa. Ho già messo in evidenza che gran parte del lavoro sparirà, e sarà un bene. Il fatto che siano le macchine a lavorare al nostro posto dovrebbe rallegrarci. Il problema è che se i mezzi di produzione apparterranno a pochi grandi industriali, gli stessi industriali non avrebbero mercato, esistendo una massa di inoccupati senza reddito. Con la conseguenza che il vantaggio tecnologico svanirebbe.
Sono fermamente convinto che l'apparato produttivo robotizzato non potrà che appartenere alla collettività, la stessa che godrebbe dei frutti della tecnologia.
Quando sostengo che Grillo la sa più lunga di quanto molti credono mi riferisco anche a questi fenomeni. Continuare a far finta di nulla, ed operare come se le cose non stessero cambiando in modo radicale, è ciò che ci ha immersi in questa crisi senza via d'uscita.
La finanza ha le sue colpe, ma non è "il problema". La finanza è parte del problema come conseguenza della concentrazione della ricchezza.
Tanto prima capiremo che il mondo è cambiato in modo irreversibile, ne prendiamo atto ed operiamo di conseguenza, tanto meglio sarà. L'ostacolo maggiore a questa consapevolezza viene dall'opera di disinformazione di coloro che hanno vissuto e prosperato nel vecchio sistema, e che sono coscienti che nel nuovo sistema il loro potere sfumerebbe. Mi riferisco alla grande finanza ed alle corporation.
Se in un mondo capace di produrre grande ricchezza reale esistono problemi di povertà, vuol dire che esiste qualcosa di profondamente sbagliato nell'organizzazione di questo mondo. Le case, il cibo, gli indumenti e tutti gli altri beni esistono o se ne possono produrre senza problemi. Eppure esistono in Italia milioni di disperati.
E' su questo che occorre riflettere con attenzione.
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LA SFIDA TECNOLOGICA
Esistono cose che vengono sottovalutate e di cui nessuno parla, sebbene siano di una importanza capitale per il destino dell'umanità.
Una di queste cose riguarda proprio lo sviluppo tecnologico, con le sue implicazione sulla vita di ognuno di noi. Chi, come me, ha superato i cinquanta, ha potuto assistere ad una trasformazione del mondo come mai era avvenuto nel corso della storia. Quando ero bambino il ghiaccio si comprava a peso, le auto erano rare, quasi tutti i lavori richiedevano una grande abilità manuale ed una grande fatica.
Difficilmente, allora, avremmo potuto immaginare il mondo nel quale viviamo. La scienza e la tecnologia sono delle cose bellissime; usate nel modo giusto, migliorano la nostra vita.
Ma lo sviluppo tecnologico implica il crollo di certi equilibri sociali e la necessità di trovarne di nuovi. Le macchine sono già in grado di sostituire l'uomo in una vastissima gamma di mansioni, ed è lecito ritenere che, nel prossimo futuro, tale gamma si espanderà. La conseguenza di tutto questo può essere meravigliosa o drammatica, in ragione della nostra capacità di adeguarci a questa evoluzione.
Immaginiamo un mondo nel quale le macchine producono il 90% dei beni e dei servizi. In un mondo del genere l'umanità sarà affrancata dalla fatica del lavoro, e potrà dedicarsi a quelle attività che maggiormente la gratificheranno. La cosa, in se, appare molto positiva.
Chiaramente la cosa funziona nel momento in cui la produzione ed il consumo coincidono. Ma se la capacità produttiva apparterrà a poche multinazionali, e la massa della popolazione sarà disoccupata, e quindi priva di reddito, il sistema collasserà.
E' ciò che in minima parte sta già accadendo. Molti di quelli espulsi dal mondo della produzione difficilmente vi rientreranno, e molti ancora ne verranno espulsi. Ecco perchè sostengo che sia necessario rivedere tutto il sistema economico, costruito su basi che si stanno sgretolando.
Il vero problema del prossimo futuro non sarà la crescita economica, o il debito, o la politica fiscale. Il vero problema sarà la distribuzione della ricchezza. Costruire una società in cui la capacità produttiva non sia appannaggio di una minoranza ma che appartenga all'intera comunità.
Una sfida enorme.