By: Moderatore on Domenica 15 Giugno 2003 01:10
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... Il piano industriale di Unicredit è una sfida a tutto campo sul fronte della redditività. Sfida complicata, perché la banca parte da una posizione di assoluto rispetto; quasi impossibile se si tiene conto dello scenario di crescita piatta in cui si inserisce. Ma Profumo va dritto per la sua strada. E nega, senza molta convinzione, i progetti di conquista della Bnl.
In questo torrido fine settimana di giugno, con ogni probabilità, si sono cominciate a prendere decisioni importanti per il futuro del sistema bancario italiano. E al centro c’è stata proprio la questione Bnl, la banca che, tra scambi vorticosi, ha realizzato in Borsa un rialzo del 50% dall’inizio dell’anno. A comprare, dopo Diego Della Valle, sono stati altri soci graditi al presidente Luigi Abete e al partner spagnolo, il Bbva. Primo fra tutti, nonostante le smentite (vizio antico), il gruppo che fa capo a Vittorio Merloni. La sensazione era che questa nuova maggioranza fosse ormai pronta a richiamare le deleghe di Davide Croff, il banchiere che ha pilotato l’istituto fuori dalle secche irakene e argentine. «Io sono sereno - diceva lo stesso Croff prima del comitato esecutivo di venerdì 13 - Non ho intenzione di abbandonare l’incarico che ho ricoperto in questi anni. Ma sia ben chiaro: non c’è ragione per litigare. Non sarò certo d’ostacolo alla scelta degli azionisti». E’ stato di parola.
Profumo osservava la scena da lontano, alternando smentite e battute ad effetto. Ma la staffetta in Bnl, dicono i bene informati, altro non sarebbe l’anticamera per un grande matrimonio destinato a garantire al colosso Unicredit-Bnl un azionariato più forte (Della Valle, Merloni, lo stesso Luca di Montezemolo così vicino a Profumo e al proprietario della Tod’s), meno dipendente dal fronte delle Fondazioni. Quasi un piccolo esercito motivato e ben deciso per giocare le partite più delicate. L’operazione, per giunta, sembra ben vista anche da via Nazionale. Fazio, quando vuole, sa essere generoso: l’amministratore delegato di Unicredito dev’essere pur premiato per aver levato dalla scena un osso duro come Vincenzo Maranghi.
La prospettiva di un asse Bnl-Unicredito ha già provocato i primi effetti. Corre il titolo Capitalia. E dietro s’intuisce la frenetica ricerca di una soluzione per un puzzle complicato, come si sta rivelando la formazione del nuovo patto di sindacato. Cesare Geronzi tratta con la regione Sicilia, ha contatti con quel Giuseppe Ricucci che avrebbe preferito tener lontano da corte, anche per non irritare i soci olandesi di Abn Amro che non fanno mistero di volere un patto di ben altro spessore. Francesco Spinelli per ora si consola nel Nord Est: il piano triennale di Antonveneta, che sembrava finito in panne, riprenderà presto la corsa. Spinelli, che del patto di sindacato di Antonveneta è il presidente, e l’amministratore delegato Piero Montani contano di presentarlo già a metà luglio. Il modo giusto per dimostrare che i problemi del rodaggio sono finiti. Fin qui le mosse più immediate di un quadro in evoluzione.
Ma sono settimane intense per quei banchieri che, come Corrado Passera, devono chiudere al più presto le dismissioni già in cantiere. Settimane intense per tutti, tra piccole intese e curiose chiusure, come il rifiuto del Sanpaolo Imi (con motivazioni identiche a quelle della Mediobanca di Gabriele Galateri di Genola) a partecipare, anzi, a prender visione del piano di risanamento del gruppo Lucchini. È con questo biglietto da visita che il sistema si avvicina alla prova più delicata: l’esame del piano che l’ad della Fiat Giuseppe Morchio presenterà a breve a creditori e azionisti. Anche i titoli del Lingotto volano in questo strano mercato finanziario d’inizio estate in cui, all’improvviso, tutti cercano di accrescere la propensione al rischio e in cui tutto sembra di nuovo possibile. È un bel segnale, purché l’ottimismo non finisca col cedere il passo all’euforia; guai a illudersi di poter evitare quei sacrifici che sono ancora necessari.
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di Sibilla Di Renzo del 14-06-2003
da Finanza&Mercati del 14-06-2003
L’amministratore delegato costretto a uscire dai soci vicini al presidente che chiedono una nuova strategia per Bnl. Lunedì il cda per le nuove regole di governance. E il titolo perde il 2,6% in Borsa
Davide Croff si è dimesso dalla carica di amministratore delegato di Bnl. Lo ha fatto a distanza, in conference call, evitando così di partecipare alla riunione che lo avrebbe messo alla porta dopo 14 anni ai vertici di via Veneto. Lui, Croff, ha preferito comunicare le sue decisioni dalla splendida cornice di Villa D’Este a Cernobbio dove è in corso il consiglio per le relazioni Italia-Usa. Si è concluso così il braccio di ferro a distanza con il presidente Luigi Abete: alla fine ha perso lui, perchè gli è venuto a mancare l’appoggio degli spagnoli del Bbva e dei nuovi soci entrati in Bnl a rafforzare la posizione di Abete, il vincitore.
Ora, proprio il presidente Abete si accinge a celebrare il trionfo nel cda di lunedì prossimo, convocato per discutere le nuove regole di governance: al presidente saranno affidate le deleghe operative mentre il posto di amministratore delegato resterà vacante. Almeno per il momento, mentre l’attuale direttore commerciale, Mario Girotti, dovrebbe essere promosso a direttore generale. Saranno loro, assieme al comitato esecutivo di Bnl (composto dal presidente Abete, dal vicepresidente Bnl, da Pier Luigi Fabrizi, presidente di Banca Mps dal consigliere in quota Bbva, Juan Enrique Perez Calot e da Giovanni Perissinotto, per la quota Generali), a promuovere un futuro diverso da quello che era nelle intenzioni di Croff. Il conflitto, del resto, si è rivelato insanabile. Già più di un mese fa ci sarebbe stato un confronto serrato tra consiglieri e azionisti di Bnl, chiuso con la decisione di rimandare di qualche settimana qualsiasi manovra sugli equilibri interni e sulla nuova gestione.
A favore della soluzione di continuità si era espresso il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, che aveva rinnovato in tempi recenti la sua «fiducia» al manager riconoscendo la validità del piano industriale elaborato dallo stesso Croff. Ma Fazio non è evidentemente riuscito a frenare gli spagnoli del Bbva che da mesi scalpitano per andare oltre il 14,7% di Bnl in loro possesso. Non potendo però crescere direttamente (via Nazionale non vede di buon occhio la supremazia degli stranieri nella banche italiane), il Bbva si è alleato con Abete e insieme hanno favorito l’ingresso di soci vicini allo stesso presidente di Bnl. Da qui l’arrivo dell’imprenditore Diego Della Valle (che oggi controlla il 4,6% di Bnl) e di Vittorio Merloni e di Francesco Gaetano Caltagirone (anche se entrambi hanno finora smentito).
Sui nuovi assetti sembra esserci anche il nulla osta delle Generali che hanno il 7,33% di Bnl. E adesso? Il futuro di Bnl è a questo punto un libro tutto da scrivere. Il progetto di aggregazione con Mps sembra essere un capitolo chiuso. I due istituti sono stati in trattativa per molti mesi ma alla fine l’affare si è arenato proprio sul prezzo chiesto da Croff per rilevare Bnl. Il Monte Paschi di Siena ha il 4,52% della banca romana, con l’opzione per rilevare il rimanente 3,45% in mano alla Banca Popolare di Vicenza. Tutt’altro copione per l’Unicredit di Alessandro Profumo. Il banchiere di piazza Cordusio nega qualsiasi velleità ma non è un mistero che la «preda» Bnl sia già stata esaminata con attenzione. E Fazio ora vede di buon occhio l’uomo che ha espugnato Mediobanca.
Ma, per il momento, bisognava chiudere la pratica Croff. Al termine del comitato esecutivo è stato emesso un comunicato dai toni distensivi: l’ad Davide Croff «ritenuto completato il proprio contributo professionale alla realizzazione del progetto industriale del gruppo, il 14 giugno 2003, dopo 14 anni di servizio, rimette il proprio mandato per andare a intraprendere nuove iniziative professionali».