By: banshee on Sabato 22 Marzo 2003 15:01
Per il momento, gli iraniani sembrano contenti.
I curdi un po' meno, dopo l'invasione umanitaria turca di stanotte.......
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Una notte di bombardamenti e la penisola di Al Faw cade
i soldati iracheni fuggono o si arrendono ai britannici
dai nostri inviati CARLO BONINI E GIUSEPPE D'AVANZO
AL FAW (sud Iraq)
I TRE commandos inglesi appaiono lungo il muro che chiude la città di Al Faw al confine iraniano. Sono in fondo a un corto viale con gli alberi nani di dattero, tra i canali Arjz ("Grande") e Azrak ("Blu") del delta dello Shatt el Arab. I pasdaran non sembrano sorpresi di vedere quei soldati. Dice l'ufficiale dei "guardiani della rivoluzione": "Per tutta la notte l'artiglieria ha colpito la città, mentre le forze speciali risalivano il fiume a bordo di barchini. Erano più o meno le 8.30 di giovedì sera". Ora sono le 18 di venerdì e i colpi degli "Howitzers" ancora rimbombano oltre il muro della città. Sono colpi sordi che lasciano una lunga eco cupa. Quattro salve, in una successione di otto secondi, si ripetono due volte nell'arco di un minuto, di tanto in tanto si odono raffiche di mitragliatrice e colpi singoli. Alte colonne di fumo si alzano a sud della moschea, a un centinaio di metri da un edificio più alto dove sventola la bandiera inglese. Alle 18 si combatte ancora intorno ad Al Faw. Non sono i combattimenti della notte. Furiosi.
Gli elicotteri da combattimento della XVI Brigata aviotrasportata inglese volano radenti sui canneti alle spalle della città lungo la riva del grande delta del Shatt el Arab, che in questo lembo della penisola meridionale dell'Iraq raccoglie le acque del Tigri e dell'Eufrate.
La gente di confine dice: "Li stanno cercando ovunque. Almeno quelli che hanno fatto in tempo a lasciare la città". "Quelli" sono i poveri cristi della IV armata irachena Al Faw. I fanti delle divisioni Hammurabi e Medina. Non è che ci siano molti punti di fuga protetti. Tra il fiume e la città ci sono i canneti e migilaia di palme da dattero. Alle spalle della città, c'è una striscia di deserto e ancora un altro canale del delta. E ora qui, mentre cala il sole, i Dragoni della Regina stanno completando il rastrellamento. Per la definitiva conquista della penisola che, dall'altra parte dell'isola di Bubiyan, ha visto i marines issare la bandiera americana sul porto commerciale di Umm Qasr.
Nel villaggio di Manuhi dicono che ci sono state "centinaia di prigionieri". Difficile dire quanti, si sa solo che "decine e decine" di soldati iracheni si sono arresi. Agitavano degli stracci da lontano verso i loro aggressori, gridavano, farfugliando, "help! help!", aiuto, aiuto.
Erano ragazzi pelle e ossa. Con la faccia di contadini denutriti. Morteza Asadi, 28 anni, che quando lo chiamano fa il raccoglitore di datteri a giornata, li ha visti andare incontro al nemico con le braccia alzate, masticando quella sola parola d'inglese che la paura in quel momento gli portava alle labbra. Ora Morteza ciondola lungo il fiume, sulla sua bici. Non fa più caso ai tonfi degli Howitzer inglesi. "Sono andati avanti per tutta la notte, e ormai sono più di 22 ore. E' stato peggio che con gli iracheni. Soltanto di tanto in tanto quelli dalla città tiravano un colpo. Ma hanno smesso di tirarli dopo che gli inglesi sono venuti su dal fiume con le loro piccole barche".
Da quel che si può ricostruire, nella notte tra giovedì e venerdì, le cose dovrebbero essere andate così. Intorno alle quattro del mattino, dall'isola di Bubiyan, una colonna di mezzi e uomini ha risalito il fiume verso al Faw. I pescatori di Manuhi a bordo delle loro lance impiegano non più di 15 minuti. Non di più avranno impiegato i paracadutisti della 16[ba] brigata d'assalto, la 40[ba] e 42[ba] unità dei Dragoni della Regina, i Topi del deserto e i Royal Marines. A quel punto, le centinaia di pezzi di artiglieria inglesi avevano già fatto il loro lavoro dentro e intorno alla città. I commando dovevano soltanto ripulirla dalle "sacche di resistenza", mentre le colonne corazzate cominciavano a proteggere gli impianti di pompaggio in riva al Golfo Persico. Impianti che con i 5 miliardi di barili di riserve fanno di al Faw la chiave strategica della guerra in questa parte di Iraq. Tocca agli inglesi, da quel che si capisce, chiudere a sud la partita con Saddam Hussein. Ci sono ragioni storiche che lo hanno consigliato: c'è un lungo filo che stringe in un nodo l'Inghilterra e quest'angolo di mondo. Nel 1914, gli inglesi strapparono ai turchi Bassora e la difesero nel 1941 dalla rivolta araba. Gli inglesi hanno imparato, in Irlanda, che cos'è una guerra civile e qui dovranno evitarla quando presto (come si teme) si fronteggeranno sciiti e sunniti iracheni.
Degli inglesi la gente del villaggio Arvandkenar non ricorda nulla. E' quasi tutta araba e nonostante ciò ha un pessimo ricordo di Saddam Hussein. Nel 1988 per riprendere questi canneti e, ovviamente, i pozzi di al Faw lanciò contro gli iraniani un'offensiva che "costò un numero di vite umane che non si riesce ad immaginare". Come nelle paludi di Khorramshahr, le carcasse dei tank di Saddam fanno parte ormai del paesaggio. Oggi, ad Arvandkenar, si va a "vedere la guerra" nel giorno di festa. E' il primo dell'anno. Tutti sono in ghingheri. Si compra il gelato alla frutta nei piccoli chioschi lungo strada. Ci si pigia nella macchina e si va ad al Faw. A salutare gli inglesi. Che, come dice un omone dalla guance ben rasate, "ci stanno liberando di quel fastidio che è Saddam". Lungo il breve viale che porta alla città irachena, i guardiani della rivoluzione sembrano, all'inizio, divertiti dalla curiosità dei pescatori e dei contadini. C'è chi si è portato un binocolo per vedere meglio. C'è chi invece sfoggia la videocamera. L'atmosfera è allegra, leggera. Da giorno di festa, appunto. Un avvenimento di cui si parlerà a lungo. Per anni. Un avvenimento di quelli che non ti può sorprendere distratto o disinteressato. Ci devi essere anche tu. Anche tu devi essere testimone.
L'ufficiale dei Pasdaran comincia a infastidirsi per quell'assembramento. Tutti vorrebbero salutare i commando inglesi e l'ufficiale in divisa verde-nero, quasi colto da un moto di gelosia o di decenza patriottica, agita il suo mitragliatore e caccia via tutti. Nega ai suoi uomini di darsi da fare "Via! Via di qui! Questa è una guerra, non una festa". E bercia ancora mentre i suoi uomini mangiano mandarini e stendono un cavo per le comunicazioni: "Che state a fare? Cacciate questa gente!".
La gente oggi è disposta a ridere anche degli ordini dei Pasdaran. L'omone dalla faccia rasata sa come aggirare l'ostacolo. Invita gli altri a seguirlo. C'è un sentiero sterrato che, costeggiando le acque dell'Ariz, arriva a guardare da un poggio al Faw. Ci si arriva tutti insieme come per una festosa processione. "Andiamo in Iraq, andiamo in Iraq", dice l'omone ai bambini e alla moglie che trascina un thermos di tè. Le trincee iraniane sono ora alle spalle. E, a dire il vero, i soldati che le presidiano sembrano nervosi per i colpi di artiglieria e per tutta quella gente che comincia a sistemarsi lungo il sentiero come fosse un pic-nic. Tocca alle donne versare il té, distribuire mandarini, banane, datteri succosi e biscottini dolci al pistacchio. Masoud Mobaraksan, 24 anni, bidello nella scuola del villaggio di Manuhi, è il solo che non sembra essere contento. Gli chiediamo il perché. Non ha voglia di dare molte spiegazioni. Prima si allontana, poi con circospezione ce lo ritroviamo di nuovo accanto. Sembra aver pensato alle cose da dire. E le dice in fretta. "Siete pazzi a e festeggiare. E se dopo l'Iraq toccasse a noi, in Iran? Come ci si può dimenticare che ci sarà stanotte, domani, presto, un nuovo bombardamento? Questa volta Bassora. E quanti moriranno? E saranno tutti soldati?".
Il fatto è che sono proprio i soldati iraniani i più allegri. Due di loro inforcano una Honda 125 e se ne vanno verso i commando inglesi. Li si vede agitare le braccia, fumare una sigaretta, portarsi più volte la mano destra sul cuore (è un gesto di ringraziamento). Poi, se ne tornano indietro. Uno di loro grida: "Notizie nuove! Gli iracheni hanno accerchiato gli inglesi in città. Scommettete che questa sarà la notizia di Saddam?" Tutti ridono. Nessuno fa caso all'ennesimo "bum" del cannone. Nessuno sembra preoccupato dell'esplosione che ad Abadan (la raffineria iraniana, tra le più grandi al mondo): ha devastato la stazione di pompaggio numero 11. Chi l'ha colpita?