By: angelo on Venerdì 29 Agosto 2003 13:51
Beh, chiamato in causa (anche se dopo moltissimo tempo, certi argomenti sembrano gli amori di Venditti che "fanno dei giri immensi e poi ritornano"), non posso che rispondere.
Il punto centrale del mio ultimo post voleva essere questo: se a qualcuno può interessare (sennò amici come prima, non ho tempo per farmi trascinare in inutili polemiche), la mia esperienza mi consiglia una estrema diffidenza verso gli studi accademico -universitari sul mercato azionario.
In particolare lo spunto era una recente ricerca americana secondo la quale il miglior rapporto per identificare i titoli da acquistare è il P/SALES, una stupidaggine concettuale per la quale si sarebbe dovuto obbligare gli estensori a comprare titoli Fiat fin dal momento in cui questo ratio era inferiore alla media di mercato (avrebbero probabilmente iniziato vicino ai 25 Euro).
Ma, più in generale, attraverso tali studi ho visto sostenere e confutare pressoché qualunque concetto utilizzato in pratica, dall’inutilità/utilità dell’analisi tecnica e fondamentale, all’importanza dei Beta storici per stimare i Beta futuri, sulla attendibilità delle stime di utili aziendali degli analisti, alla ricerca del multiplo infallibile per fare stock picking (prima del P/SALES c’è stato il tempo del PEG, del P/E relativo, del P/BV, dell'EVA, dell'EV/EBITDA, dell’indice q di Tobin, ogni epoca ha i suoi guru), ecc…
Risultato pratico di questa montagna di carta e dello spreco di tempo e denaro da parte di intelligenze brillanti? Zero. Tutto e il contrario di tutto. Niente di realmente utilizzabile/utilizzato.
I professori continuano a fare i professori lontano dai mercati (a parte qualche intrusione in stile LCTM, di cui avremmo tutti fatto volentieri a meno), e noi continuiamo ad operare con l’utilizzo di metodi empirici: chi sopravvive ai cicli di ribasso ha l’opportunità di testare sul campo e non attraverso un computer cosa funziona un po’ meglio della media.
Prendiamo come esempio, proprio la questione dei P/E (si, so che dipendono dai tassi e – peraltro – anche da due o tre altre cose, comunque grazie per il ripasso).
Ci viene detto che tutta una massa di studi dimostra che i portafogli con P/E basso sovraperformano perché sono più rischiosi. Il sottoscritto, senza cercare molto perché – ripeto – sono questioni a cui mettere uno stop loss in termini di tempo dedicato, può citare tutta un’altra serie di studiosi che la pensano esattamente al contrario:
- Franco Caparrelli (la maggiore autorità accademica italiana sull’argomento), Il mercato azionario, Mc Graw Hill (da leggere per intero solo se si ha una laurea in matematica o qualcosa da espiare) a pag 382 cita proprio uno studio di S. BASU sui titoli del Nyse: “ I risultati indicano che il rendimento medio annuo declina se si passa dai portafogli con basso P/E verso quelli a più alto P/E. In contrasto con quanto sostento dalla teoria, il maggior rendimento dei campioni con basso P/E non è associato ad un più alto valore di rischio sistematico. D’altro canto, il valore dell’alfa di Jensen è positivo per i portafogli con asso P/E mentre è negativo per gli altri; ciò significa che i primi hanno un rendimento superiore ed i secondi inferiore a quello di equilibrio dato dalla SML (Security Market Line). A pag 386 espone una tabella, in cui tale ipotesi è riferita al mercato italiano su un campione di 42 titoli per il periodo 1979-1992:
Campioni 1 2 3
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P/E medio 8,27 17,18 57,71
Rendimento medio annuo 48,22 40,12 32,86
Rischio sistematico (Beta) 1,03 0,99 0,92
Rendimento/Beta 46,77 40,42 35,75
- Damodaran, Manuale di valutazione finanziaria, Mc Graw Hill a p.245: “Una delle irregolarità che si sono sempre manifestate nei test sul Capital Asset Pricing Model è la tendenza, a valori aggiustati per il rischio, dei titoli a basso P/E ad avere prestazioni migliori del mercato e viceversa per i titoli ad elevato P/E. Oltre agli studi di BASU, cita quelli di GOODMAN/PEAVY (1983) e LEVY/LERMAN (1985).
- Persino un miscredente come Burton Malkiel nel suo bellissimo “A random walk down Wall Street” non può evitare di scrivere a 195 (5° edizione, non la più recente): “ There is some evidence that a portfolio of stocks with relatively low earnings multiples has often produced above averages rate of returns even after adjusting for risk” (affermazione che gli deve essere costato scrivere, visto che l’autore è strenuamente convinto della teoria del mercato efficiente, tanto da consigliare di comprare i fondi indice, per non pagare commissioni di gestione a scimmie intelligenti , ma che tirano a caso freccette sul listino).
Bene, e adesso che abbiamo fatto sfoggio di cultura?
Niente, siamo nudi come il re della famosa favola.
Se vogliamo selezionare dei buoni titoli azionari per investimenti di portafoglio non abbiamo scorciatoie: per SINGOLA AZIENDA studiamo i bilancio consuntivi, le caratteristiche del settore di appartenenza, se il management è capace di affrontare le sfide del futuro; in una frase, cerchiamo di capire la capacità prospettica di generare cassa
Poi vediamo quanto valuta la Borsa questa "capacità di generare cassa". In genere, se l'azienda va bene ed è interessante investire, è segnalato anche dal P/E "basso" (ci sarebbe da scrivere molto su quando un P/E è basso, ma andrei fuori tema).
Certo non vale il contrario, il P/E può anche essere basso per tanti altri motivi (per esempio perchè l'azienda sta fallendo), ed è per questa ragione che gli studi che selezionano "titoli col P/E basso" facendo solo screening da Bloomberg, per me non hanno alcun valore.
Quindi salutiamo i professori che ancora si azzuffano se sia più opportuno – nel valutare un’azienda – scontare il flusso futuro degli utili o dei dividendi.
E ricordiamo un’altra frasetta di saggezza popolare “Chi sa fa, e chi non sa insegna”.
PS La differenza di rischio tra Buzzi e Italcementi è sempre stata minima; inoltre so per conoscenza diretta del management che a Buzzi sono i migliori che abbiamo in Italia a gestire cementifici.
Quindi – non mi importa niente di cosa dice il Beta, neanche i professori son d'accordo su cosa segnala il Beta - la differenza tra i due P/E era assurda e anche oggi, dopo il rialzo di Buzzi, non è giustificata.
Ma sono molto contento che ci sia qualcuno a pensarla diversamente. Altrimenti, se tutti avessero capito in tempo che quotare 6 volte gli utili per un cementiero in salute è assurdo, come avrei potuto ottenere un capital gain dalla faccenda?