Banche a caccia di soldi - Moderatore
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By: Moderatore on Sabato 19 Novembre 2011 14:16
Draghi ieri, 18 novembre a Francoforte (traduzione...le banche fanno fatica a trovare soldi, liquidità...")
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...we are aware of the current difficulties for banks due to the stress on sovereign bonds, the tightness of funding markets and the scarcity of eligible collateral. We are also aware of the problems of maturity mismatches on balance sheets, the challenges to raise levels of capital and the cyclical risks related to the downturn. In the money market, we see ^rising spreads between secured and unsecured segments, and a widening of repo prices between different types of collateral. Interbank activity remains subdued and concentrated in the very short-term maturities. This limited activity is reflected in increased recourse to our liquidity-providing operations#http://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2011/html/sp111118.en.html^, as well as to our deposit facility. So far, the ECB has taken several non-standard measures to ensure that short-term funding does not represent a problem for euro area banks. ...
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^Bankitalia: sofferenze cresciute del 40%. In un anno passate da 73 a 103 miliardi#http://www.repubblica.it/economia/2011/11/19/news/bankitalia_crescono_sofferenze-25260433/?rss^
MILANO - Quasi 30 miliardi di euro in più in un anno: a tanto ammontano le sofferenze per le banche italiane, passate dai 72,9 miliardi di fine settembre 2010 ai 102 miliardi di fine settembre 2011. Con un incremento in termini percentuali del 39,9%. E' la fotografia scattata dalla Banca d'Italia nel supplemento "Moneta e banche".
Le sofferenze sono, di fatto, prestiti la cui riscossione non è certa da parte della banca erogatrice. Il peso più consistente (oltre la metà del totale) risulta a carico delle società non finanziarie, ossia le imprese, a cui risultano iscritti 66,6 miliardi a fine settembre 2011. Erano 47,6 miliardi a settembre dello scorso anno, con un incremento del 39,9%.
In chiara difficoltà anche le famiglie consumatrici con 24 miliardi (contro i 16,4 miliardi del 2010, +46,3%) e infine le famiglie produttrici con 9,9 miliardi (7,8 miliardi un anno fa, +16,2%). Complessivamente, nello stesso periodo i prestiti risultano in leggero aumento (+3,6%), passando da 1.914 miliardi di fine settembre 2010 a 1.984 miliardi di fine settembre 2011, evidenziando così un netto scarto fra il boom registrato dalle sofferenze e la timida crescita del credito erogato
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Se la Borsa di Londra finanzia le banche italiane
Il London Stock Exchange ha scoperto un nuovo filone di business per cavalcare la crisi: prestare soldi alle banche italiane. Lo ha rivelato il «Wall Street Journal», raccontando che la Cassa di Compensazione e Garanzia, controllata dal Lse, sta macinando ricavi a ritmo serrato grazie a questa nuova attività. La Cc&G ha il compito di eliminare il rischio di controparte nelle negoziazioni dei titoli garantendo il buon esito dei contratti. E per farlo può utilizzare i circa 8,7 miliardi di sterline di garanzie che gli operatori sono obbligati a versare per consentire di liquidare le controparti in caso di fallimento. Capitali che Londra non tiene fermi. La Cassa li presta. E la fuga delle banche straniere dal «rischio Italia» si sta rivelando un' ottima opportunità per arricchire i suoi bilanci grazie ai tassi praticati agli istituti del nostro Paese a corto di liquidità («disperati» scrive il «Wall Street Journal»). Per contenere i rischi i ^prestiti hanno durata breve: massimo 48 ore e poi le banche devono rientrare...#http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/18/Borsa_Londra_finanzia_banche_italiane_co_9_111118063.shtml^
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^Banche a caccia di liquidità, interbancario «congelato»#http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-11-19/banche-caccia-liquidita-interbancario-104452.shtml?uuid=AaB6lqME^
uelle che lo fanno con operazioni di routine, cioè partecipando alle aste con cui Francoforte concede denaro in quantità illimitata e a tasso prestabilito (1,25%) per periodi che possono andare da una settimana fino a un anno. E ci sono quelle che, prese probabilmente con l'acqua alla gola, sono costrette a chiedere prestiti per una notte (overnight) bussando alla marginal lending facility, il «bancomat» a caro prezzo dell'Eurotower che chiede il 2% ogni volta che una banca inserisce il Pin.
E c'è pure qualche altro segnale che Draghi non ignora, paradossale per certi versi ma pur sempre figlio delle tensioni degli ultimi mesi: le banche che hanno denaro preferiscono spesso impiegarlo a tassi minimi pur di non cederlo a prestito. Così si spiegano per esempio i livelli record registrati dai fondi parcheggiati (231 miliardi ieri) presso la Bce a un tasso ben poco attraente (0,5%). Ma anche la corsa che le banche stesse fanno a quelle operazioni di sterilizzazione con cui Francoforte ritira il denaro utilizzato per acquistare i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà offrendo in cambio depositi a una settimana: all'ultima di queste, nonostante il tasso di remunerazione fosse un magro 0,61%, si sono presentate in 100 mettendo sul piatto 260 miliardi, ben oltre i 187 che la Bce doveva ritirare.
Il problema è che di questo passo il mercato interbancario rischia di congelarsi del tutto come avvenne nelle settimane successive al crack-Lehman. Gli analisti utilizzano un indicatore particolare per misurare questo genere sudori freddi, un termometro che rileva la differenza fra il tasso Euribor a una data scadenza (in genere 3 mesi) e l'overnight indexed swap (Ois). Il primo calcola (o almeno dovrebbe farlo) il costo a cui avvengono gli scambi di denaro a termine fra banche senza la copertura di garanzie: se la controparte a cui ho prestato fondi nel frattempo fallisce perdo tutto. L'altro si basa semplicemente su uno scambio di flussi in base ai tassi attesi: non c'è sottostante (cioè prestito di denaro) e i pericoli sono quindi di gran lunga inferiori. Questo scarto misura dunque il rischio di credito (o, se si vuole, il premio che le banche vogliono vedersi riconosciuto per prestare denaro) e in questi momenti viaggia a 90 punti base, ai massimi del dopo-Lehman (quando era addirittura balzato a quota 180).
Ma i problemi non sono soltanto confinati alla raccolta di euro, perché anche quando vanno a chiedere dollari che servono per le loro attività quotidiane le banche del Vecchio Continente deve pagare salato. Per la verità a New York sono ormai sempre più rari quelli che concedono prestiti oltre l'Atlantico e allora ci si deve affidare a uno stratagemma, cioè trasformare gli euro in dollari attraverso un contratto di «currency swap».
Il giochino però è molto costoso, perché chi presta valuta Usa chiede in cambio un «premio» sostanzioso per il disturbo: di solito il prezzo dell'operazione equivale alla differenza fra i tassi Libor in vigore nei due Paesi, che oggi sarebbe a favore di chi cede euro (1,41% contro 0,49%). Ma a questo valore oggi la banca che cerca dollari deve applicare uno sconto di quasi l'1,3% (130 punti base, anche questo ai massimi del dopo-Lehman) che dipende proprio dalla crisi finanziaria e che pesa come un macigno sugli istituti europei....