La Moneta Elettronica di Stato (conti correnti presso il Tesoro che pagano interessi)

 

  By: pascucci on Lunedì 02 Dicembre 2013 14:54

>> (per evitare di infrangere le leggi Auriti lo aveva impostato in modo tale da rimetterci di tasca sua all'inizio, perchè per 100mila lire in pratica lui ti dava 200mila lire, ma dato che era lui l'emittente dei SIMEC poteva recuperare le perdite usandolo per comprare lui stesso e la sua famiglia una volta che fosse entrato in circolazione...Solo che non lo poteva dire apertamente, per cui la sua spiegazione sul punto cruciale qui sotto risulta poco chiara... cosa vuol dire questo? dovresti essere più chiaro..

 

  By: lmwillys on Lunedì 02 Dicembre 2013 09:13

GRANDE GRILLOO !!!! ------ vedo con piacere che riscuote consensi a destra e e a sinistra :-)

 

  By: pana on Lunedì 02 Dicembre 2013 07:52

ieri su LA7 ho visto un pezzo di Grillo e diceva le stesse cose che penso io "questa non e' l Europa della solidarieta perche la Grecia l hanno mollata per pochi miliardi di euro, l Europa della solidarieta' si fa con gli EUROBOND," GRANDE GRILLOO !!!! ma diavolo " lo dico da anni 1-Stati UNiti d Europa. 2.EUROBOND ( minimo 5000 mld di euro in EUROBOND tanto per iniziare e scaldare imuscoli poi si inizia ed emettere sul serio)

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il Simec di Auriti - GZ  

  By: GZ on Lunedì 02 Dicembre 2013 03:53

---- Dieci anni fa Grillo era amico e citava il professor Giacinto Auriti che appena prima dell'introduzione dell'Euro fece questo esperimento apparentemente folle nel suo paese in Abruzzo, in qualche modo simile a quello di Silvio Gesell in un paesino austriaco. ^Auriti aveva creato una moneta ("Simec") che valeva il doppio di quella corrente#http://www.disinformazione.it/giacinto_auriti.htm^, cioè 100mila Simec valevano 200 mila lire e il cambio dei 100mila Simec in 200mila lire li faceva personalmente Auriti. Poi contava sulla velocità di circolazione... (per evitare di infrangere le leggi Auriti lo aveva impostato in modo tale da rimetterci di tasca sua all'inizio, perchè per 100mila lire in pratica lui ti dava 200mila lire, ma dato che era lui l'emittente dei SIMEC poteva recuperare le perdite usandolo per comprare lui stesso e la sua famiglia una volta che fosse entrato in circolazione...Solo che non lo poteva dire apertamente, per cui la sua spiegazione sul punto cruciale qui sotto risulta poco chiara...). I magistrati gli sequestrarono tutto e poi Auriti vinse il ricorso, ma non riprovò più ed è morto nel 2006. ^Adesso che è morto Grillo sfotte Auriti#http://www.youtube.com/watch?v=Rb9qfndKL7s^ dipingendolo come un esaltato, ma se senti Grillo che parla qui per dieci minuti di Auriti, della moneta creata dal nulla, delle banche dell'oro ecc.. vedi che si era immerso in queste cose e poi ha deciso di lasciarle perdere ** ^INTERVISTA AD AURITI SULLA MONETA "SIMEC" EMESSA IN ABRUZZO#https://www.laleva.cc/economia/intervista_auriti.html^ ** [Scusi professore, non vorrei entrare nel merito della sua teoria ma può spiegarci come funziona?] Il cittadino viene e cambia il simec alla pari con la lira. Poniamolo cosi: uno deposita centomila lire e prende in cambio centomila simec. I centomila simec in mano alla persona che effettua il cambio diventano duecentomila cioè il doppio, perché il simec per convenzione vale il doppio della lira, e siccome lui l'accetta e accetta anche di partecipare alla convenzione nasce un valore convenzionale che non ha riserva. Il simec è senza riserva: come il francobollo d'antiquariato. [Si spieghi meglio]· Il cittadino va dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accetta i simec per il doppio perché vale il doppio. Quando vengono da me a fare il cambio, io li cambio per il doppio, perché tutti quanti lo accettano per il doppio. [E la differenza chi la paga?] Qualcuno afferma che non ho i soldi per fare fronte poi al pagamento della differenza. Ma il simec non è una cambiale con la quale si estingue un pagamento. La cambiale si paga e poi si strappa, il simec invece resta in circolazione perché ha già un valore. Se io non pago la cambiale sono inadempiente. Invece io le monete le cambio, ma non è l'obbligo di un debitore, è solo l'obbligo di chi cura una convertibilità punto e basta. La stessa cosa potrebbe essere con i dollari: supponiamo un cheque, se io non ho le lire sufficienti, effettuo il cambio per metà in lire e per metà in dollari e la stessa cosa vale per i simec, perché i simec sono già un valore indotto, cioè ho in mano il valore monetario, cambio la parte che gradualmente posso cambiare. E allora cosa avviene, che per effetto della velocità di circolazione, che potremmo definire come una dinamo, arrivo a cambiare rapidamente al doppio. Cioè quanta è la velocità tanta e l'energia (valore) prodotta. Le banche funzionano cosi, solo che lo fanno col 10 e anche col 15 per cento. Io lo faccio al 50%. [Che significa?] Significa che la banca con il 10% 15% tiene fronte ad un'esposizione debitoria del cento per cento. A me quello che interessa è la convertibilità, cioè quello che è avvenuto qui a Guardiagrele. Che differenza c'è tra valore indotto e valore creditizio? Il valore indotto è creato dalla convenzione, il valore creditizio è commisurato al valore del bene oggetto del credito. Avete stabilito dei giorni per la convertibilità? No, chi viene da noi lascia le lire e prende i simec, lascia i simec e ritira i soldi, e questo avviene continuamente, tutti i giorni. Come reagisce la gente? La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardigrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del simec è ritornato il sangue nell'economia. E i commercianti? I piccoli commercianti sono rinati. La gente invece di andare negli Ipermercati va dai piccoli negozianti a comprare. Tanto che la grande distribuzione se ne accorta subito, eccome, perchè hanno visto calare le vendite. Visto lo spirito con il quale nasce, l'iniziativa è rivolta solo ai piccoli commercianti, o all'intero organismo produttivo? Solo per piccola e media impresa, perché per la grande distribuzione e le multinazionali, noi non siamo disponibili, e l'ho detto subito. Io voglio salvare la piccola e media impresa che è strozzata da questo mondo di grande capitale che basa, come noi sappiamo, sulla moneta-debito emessa dalle banche centrali. Questo noi l'abbiamo dimostrato nelle Università. Che cosa farete adesso? Aspettiamo fiduciosi perché noi abbiamo dalla nostra la legge. Per adesso l'importante è stato rompere il ghiaccio, e abbiamo dimostrato che senza avere riserva possiamo creare convenzionalmente valore indotto. E come un francobollo d'antiquariato. Inoltre il simec può essere abbinato alla lira. Quindi non c'è incompatibilità tra la lira e il simec. Anzi aumenta il potere d'acquisto nostra moneta. E siccome e valore convenzionale, e prodotto interno lordo. A breve terrete qualche manifestazione? Si, ci sarà presto una riunione con tutti i sindaci d'Italia. Tema? Il reddito di cittadinanza. ^Leggi qui il resto#https://www.laleva.cc/economia/intervista_auriti.html^

 

  By: pana on Mercoledì 26 Giugno 2013 12:05

QUIZ : che grafico e ?

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  By: gianlini on Mercoledì 19 Giugno 2013 19:38

ma perchè? dei sindaci o autorità locali, che senza che nessuno glielo chieda, ti mettono le strisce blu anche in periferia o nei paesi più piccoli, che ti mettono ogni 100 m un dosso artificiale, che però vedi un'auto palesemente rubata (con portiera divelta e vetro infranto) parcheggiata davanti a casa per 4 mesi senza che nessuno faccia qualcosa, che hai il campo tende dei rom fianco tangenziale e nessuno fa niente, ecc.ecc. non si stufo?

 

  By: Aleff on Mercoledì 19 Giugno 2013 19:31

se c'e' un paese dove c'e' bisogno di una cura come la Grecia...quella è proprio la ns bella Italia. Sono stufo di vedere tutto il comparto pubblico sguazzare come maiali mentre dall'altra parte ai imprenditori che devono fare i conti OGNI GIORNO con norme assurde, funzionari che si sentono autorizzati a salire in cattedra dicendo quello che devi e non devi fare, sentenze della cassazione che (anche se hai pagato i migliori consulenti, adottato tutte le precauzioni, speso euro a go go per adempiere ad ogni norma) ti dice che sei sempre e cmq responsabile per qualsiasi stron-ata faccia chiunque a che fare con te..... hanno ragione i ragazzi del sud hanno ragione quelli che portano i libri in tribunale, quelli dei concordati preventivi, quelli dell'"estero" ....xchè quando hai una massa di castroni, ladri, corrotti e filibustieri ai posti di comando ...allora...è giusto che si paghi il prezzo ...sopratutto quando la gente se ne frega...davanti all'evidenza.

 

  By: lutrom on Mercoledì 19 Giugno 2013 17:27

Aleff, temo che, PURTROPPO, all'incirca, hai ragione... Ma credo che le cose cambieranno, ed allora avrai un po' meno ragione, ed in Italia sentiremo qualche asino ragliante in meno..

Non gliene ne fotte niente - Aleff  

  By: Aleff on Mercoledì 19 Giugno 2013 12:56

Ancora con queste cose della Moneta ? ma non vi rendete conto che state disturbando ! Ma vi chiedete a quanti cittadini interessino questi discorsi (piuttosto impegnativi ?) Ma non vi capita mai di uscire e parlare con la gente, amici, etc e non appena cercate di affrontare il discorso...dopo 2 minuti deviano su altro ! La gente ha ancora la panza piena, c'e' la cassa integrazione per tutti (anche per i cani randagi) ANZI, molti preferiscono essere posti in cig (visto che prendono l'80% dello stipendio) il 20% è risparmio di carburante. C'è la cig anche per i dipendenti delle aziende fallite, anche se un imprenditore ha 2 dipendenti, per qualsiasi settore....e questo non è forse reddito di cittadinanza ! Poi ieri leggo l'articolo, in un convegno, spiegano che in pochi mesi sono state chiuse oltre 4000 aziende...e fanno finta di essere preoccupati ! Ma come ?!...chiudono 4000 imprese (che per definizione l'imprenditore è un evasore, parassita, e ladro) e non fanno una festa !! dico, hanno chiuso 4000 evasori, solamente con il 20% di evasione (così almeno dicono) magari recuperiamo 1 punto di pil ! Il fib lo tengono a 16mila xchè altrimenti dovrebbero dichiarare il default ! Poi si continua a parlare di crisi, a polemizzare sui politici etc etc BASTA, il popolo è sovrano ed il popolo alle ultime elezioni ha dato + di 20milioni di voti ai partiti di destra e sinistra (Etc) quindi VA BENE COSI' !

 

  By: pana on Mercoledì 19 Giugno 2013 10:45

sul signoraggio un bel articolo di Takahashi Kosuke,autore del libro"Why didi capitalism self destruct" (perche il capitalismo si e autodistrutto) http://www.atimes.com/atimes/Japan/KB04Dh01.html The content is unexceptional - that the US has, for better than a half century now, enjoyed the benefits that come from issuing the world's primary settlements and reserve currency; that Washington has succumbed to the political temptation to abuse the privilege, interessante quando spiega come il possesso di asset in dollari sia molto piu alto delle stime ufficiali By contrast, if Japan's holdings of foreign exchange in private hands are added to its official reserves, the number reaches some $6 trillion, most of which are denominated in the American currency.

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Signoraggio, Banche e Sovranità - Moderatore  

  By: Moderatore on Mercoledì 19 Giugno 2013 03:44

A fine maggio uno del M5S ha sollevato in parlamento il ^tema del signoraggio delle banche#http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=kxFbcopXNQU^ con aggiunta di invettiva su banche, Bce, Club di Bilderberg... Spiace vederne parlare in modo approssimativo perchè così si viene ridicolizzati su una cosa invece cruciale. Gli errori del deputato sono stati corretti in questo ottimo blog sul Fatto Quotidiano: ^"Signoraggio e banche, alcune precisazioni"#http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/24/alcune-precisazioni-su-signoraggio-e-banche/604886^ da Emanuele Campiglio. Ma la sostanza del problema rimane. Il professore Claudio Moffa ricorda che «dal 1995 ad oggi sono stati presentati molti progetti di legge di partiti di ogni tendenza – unico grande assente il PD – finalizzati a ^riprendere il maltolto dal governo Amato, quel Dl 333 del 1992 che trasformò l’industria di Stato in Spa, privatizzando indirettamente anche la Banca d’Italia#http://www.primadanoi.it/video/540442/Il-signoraggio-ritorna-in-Parlamento-.html^. AN e Rifondazione Comunista, la Destra di Storace e l’IdV di Lannutti, Buontempo e il Pdl di Berlusconi (una legge, la 262/05, peraltro approvata e mai applicata), tutti hanno proposto obbiettivi quali la ri-nazionalizzazione più o meno soft della Banca d’Italia, il reddito di cittadinanza, l’emissione diretta di moneta da parte dello Stato tramite la riesumabile Zecca». Tutti sanno, anche se molti fanno finta di non sapere, che nessuna, dicesi nessuna delle misure proposte dai due partiti di governo per superare la crisi, potrà essere realizzata veramente (non come provvedimento effimero ma come svolta definitiva) a meno che lo Stato italiano non ritorni padrone dell’emissione monetaria e del suo reddito, come lo fu, sia pure attraverso quel che sembra essere stato un doppio binario di emissione (la Bd’I ente di diritto pubblico, e i “Biglietti di Stato a corso legale”) dal 1936 al 1992». E che il signoraggio esista, lo diceva un uomo delle Banche, Beniamino Andreatta, ricorda Moffa. «Signoraggio? Reddito da signoraggio? Che sono queste fantasie, queste ‘farneticazioni’? Puntualmente questo è il ritornello che viene riproposto ogni volta che il tema sfora i confini ristretti di qualche piccolo gruppo di auritiani (il professore abruzzese Giacinto Auriti che è stato un precursore in materia). La minoranza è tollerata (si fa per dire)», spiega il professor Moffa, «ma se rischia di diventare maggioranza, allora partono i missili al contrattacco: come alcuni siti e ‘esperti’ di rete in queste ore, che assicurano che il signoraggio è una invenzione clerico-fascista, o comunque una bufala». «Ma negare il fatto del signoraggio con battute idiote e con ironica supponenza è un esercizio tanto assurdo quanto inutile», conclude Moffa, «esso si scontra del resto – come dicevo agli inizi - anche con il mero principio di logicità: un falsario, un banchiere privato e/o lo Stato, una volta che stampano banconote e le immettono sul mercato guadagnano, eccome, dalla differenza tra il costo tipografico e il valore stampato sulla banconota stessa. E’ ovvio che il falsario va impedito di compiere la sua truffa. Meno ovvio sembrerebbe che tale divieto venga applicato anche al Banchiere privato. Eppure è proprio così: solo lo Stato ha diritto di emissione monetaria e dunque di incassarne il reddito, perché esso rappresenta (quale che sia la sua natura e il suo governo) il Popolo, e perché la massa monetaria circolante è-deve essere la proiezione del Lavoro di tutti cittadini che ne fanno parte». Il Prof. Moffa, storico dell'università di Teramo, è coautore della proposta di legge d'iniziativa del deputato Scilipoti (ex-DiPietro e ora fondatore di un suo movimento) dal titolo: ^‘Ripristino della Sovranità Monetaria dello Stato italiano nel rispetto dei Trattati Internazionali"#http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=44543^. (Nota: Moffa è un storico "dissidente", perchè a differenza del 99% degli storici universitari cerca di ricostruire i complotti e le trame (vedi ^qui il suo sito#http://www.claudiomoffa.it/^ e vedi questo video in cui ^ricostruisce Tangentopoli#http://www.youtube.com/watch?v=GluTU5USQVc^). Il fatto che parli di trame e complotti gli procura ^vari guai#http://www.focusonisrael.org/2013/06/07/moffa-antisemitismo-negazionismo-sentenza-cdec/^. Qui un estratto di un suo articolo recente sulla moneta MOFFA -L'obbiettivo immediato del progetto di legge è la riacquisizione della rendita da sovranità monetaria, attraverso una zecca o una banca di stato al cui interno operi un organo consultivo dei Produttori, dalla Confapi alle Associazioni sindacali, e delle Associazioni dei consumatori. Il tutto nel rispetto degli attuali Trattati internazionali che ingabbiano il nostro paese e l'economia italiana. Ma siamo ben pronti a ad andare oltre, e a chiedere anche l'uscita dall'euro se, dopo il primo passo, e dopo aver verificato la disponibilità della BCE a non frapporre ostacoli al nostro legittimo obbiettivo, dovesse fallire un'azione concertata di tutti i paesi membri per cambiare la natura privatistica della Banca centrale dell'UE. CANZANO - Certa stampa ha come sport preferito attaccare l'onorevole Scilipoti, accusandolo peraltro di essere un 'traditore' di Di Pietro. Lei ha scelto da tempo di collaborarci, come mai? E non la imbarazza sommare la mala attenzione giornalistica che lei subisce da un paio d'anni, con quella subita dal leader del MRN? MOFFA No, anzi, per me è un onore: primo, il caso Scilipoti mi fa letteralmente simpatia, perché l'onorevole ha subito una campagna ignobile, anche a sfondo razzista antisicialiano, da parte dello stesso giro di infami che attacca in contiuazione anche me. La casta dei giornalisti è la più corrotta oggi in Italia, anche più dei politici. Secondo, Scilipoti si interessa con coraggio - unico dei parlamentari italiani - di banche. Terzo, perché Scilipoti non ha tradito un bel nulla, ne ho scritto in tempi non sospetti su un quotidiano teramano, in concomitanza con la sua scelta di salvare nel dicembre 2010 il governo Berlusconi. Non solo perché Scilipoti ha continuato a parlare delle stesse cose - le Banche - di cui parlava già, sei mesi prima la rot tura con Di Pietro, a un suo convegno sull'usura ospite di Palazzo Chigi (25 giugno 2010, se non sbaglio), ma per altri due motivi: perché l'IDV è stato sempre un treno per i candidati più diversi - vedi il comunista Vattimo - e perché i fatti recenti hanno dimostrato che Scilipoti aveva ragione. CANZANO - In che senso? MOFFA - Nel senso che Di Pietro sta rischiando di diventare un piccolo Berlusconi. Non si capisce bene come stanno le cose, ma una cosa a me pare certa: se oggi Berlusconi è inquisito è anche perché ha continuato a stare all'opposizione anche col governo Monti, non capendo che - nonostante il sostegno del Pdl a quel governo, espressione di uno sbandamento che è sotto gli occhi di tutti - Monti non è altro che il terminale, il punto di arrivo, della sua indefessa lotta, fin dai tempi di Tangentopoli e dei suoi viaggetti negli USA e della conseguente fondazione di Forza Italia, contro il pre e post berlusconismo e contro Berlusconi. Domenico Scilipoti - Giovanna Canzano - Disegno di Legge su signoraggio bancario https://www.youtube.com/watch?v=_bdrCaVPe0Q&list=UU9O-k-X9HCmrGzcXdUkL6UQ&index=1&feature=plcp Introduzione della proposta di legge: Onorevoli Colleghi! L’Italia ha conquistato la sovranità monetaria nel 1936. L’ha confermata e anzi rafforzata con l’avvento della Repubblica e la promulgazione della Costituzione del 1947 (1). L’ha cominciata a perdere nel 1981, con una lettera del ministro del Tesoro Andreatta al governatore della Banca d’Italia Carli. L’ha persa definitivamente con le privatizzazioni della notte del 31 luglio 1992 e con l’adesione all’eurosistema del 1998-2002. Il Trattato di Lisbona del 2007-2009 ha perfezionato il processo di espropriazione: oggi la sovranità monetaria appartiene all’Autorità europea competente - la BCE - e con essa la rendita da emissione monetaria derivante dalla differenza tra il costo tipografico della banconota e il va lore nominale (ma reale, all’atto dell’immissione sul mercato) ad essa attribuita. In tal modo il Popolo italiano e i Popoli europei, che stanno vivendo la più terribile crisi economica della loro storia, sono stati privati di una risorsa certo non determinante ed esaustiva, ma comunque utile per superare la crisi da debito che li attanaglia e ferisce quotidianamente. In prospettiva la sovranità monetaria, oggi la rendita monetaria devono essere restituite ai Popoli europei e per quel che è di competenza del nostro Parlamento, allo Stato italiano. Questa misura sempre più urgente non corrisponde automaticamente all’uscita dall’Euro, né ha colore e tonalità politici particolari: nella storia passata e presente, personalità moderate e liberali come il Presidente americano Jefferson e il primo ministro liberale canadese Mackenzie, paesi come il Canada e il Giappone, hanno convenuto o convengono sulla necessità che lo Stato detenga il controllo e la rendita da emissione monetaria. E’ una questione di banale e basilare democrazia, e di rispetto del principio c he la moneta non può che essere, e deve essere in premessa teorica, la proiezione convenzionale dell’Economia Reale costruita dal lavoro dei Cittadini. Occorre dunque semplicemente procedere all’affidamento allo Stato italiano della stampa e del conio della quota di banconote e monete attribuite dalla Banca Centrale Europea al nostro paese. In tal modo la rendita da emissione monetaria tornerà allo Stato italiano, come nel periodo 1936-1992. La sovranità statale sulla rendita monetaria non ha nulla di “statalista”: essa al contrario è la base fondante dello sviluppo della libera impresa, fino al 1992 meglio difesa e sostenuta dallo Stato, e oggi gravata dalle ristrettezze e dalla difficoltà dei rapporti con le Banche private. Il problema a tutti noto è invero quello di iniziare a porre un argine allo strapotere della speculazione finanziaria sulla produzione di ricchezza reale in un sistema di economia libera da esagerate intrusioni dello Stato. Tanto è vero quanto appena detto, che a partire dal 1999 molti partiti italiani di tutte le tendenze hanno presentato progetti di legge per il ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano (2). Un cammino da riprendere al più presto, coinvolgendo attivamente nel nuovo istituto di emissione monetaria la Confindustria, le Organizzazioni Sindacali, le Associazioni Professionali e dei Consumatori. Obiettivo è dare solide e imprescindibili basi, sotto il controllo delle categorie produttive, alla battaglia per il superamento della crisi da debito che sta strangolando le economie delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese italiane. Il progetto di legge qui presentato persegue questi obiettivi e si ispira a sopraddetti principi, nel rispetto e in applicazione degli artt. 1 e 4 (e 117) della Costituzione della Repubblica italiana. [1] "Fra il 1945 ed il 1948 il ruolo strategico della Banca d’Italia nel settore del controllo e della manovra valutari, già ad essa in larga misura riconosciuto nella legislazione intervenuta in materia fra la seconda metà degli anni ’20 e la seconda metà degli anni ’30, viene ulteriormente consolidato e potenziato" (…) “la disciplina dell’ organizzazione e delle funzioni della Banca d’Italia vigen-te al momento dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana è destinata a rimanere pressoché intatta per circa un quarantennio”(Giusto Puccini, “L’indipendenza della Banca d’Italia dalla legge istitutiva del 1893 alla riforma del 2005”, in Quaderni dell'Associazione per gli Studi e le Ricerche Parlamentari, n. 17, Torino, Giappichelli. Puccini è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Firenze).

Creiamo un nuovo sito ? - Moderatore  

  By: Moderatore on Sabato 01 Giugno 2013 04:12

Chi è interessato a gestire assieme ad altri questo Forum di "economia, politica, cultura varia" trasformandolo in un sito autonomo ? Come si è visto si sta separando il forum generale dove si parla di economia e un poco di tutto da quello che tratta specificamente di Mercati finanziari e trading. L'idea è di avere un gruppo di persone, che abbiano altri blog o siti oppure no, che assieme al sottoscritto gesticano paritariamente diciamo questo forum/sito (cambiandogli nome anche ovviamente) Ne ho già parlato con ^Marco Cattaneo vedi qui il suo sito#http://bastaconleurocrisi.blogspot.it^ del cui lavoro sui Certificati di Credito Fiscali si è parlato qui, Primo Gonzaga che conoscete come ^"Duca" qui vedi qui il suo sito#http://crearesviluppo.blogspot.it^), Giuseppe Trucco alias ^"Trucco" appunto, vedi qui#http://www.truccofinanza.it^) e altri ancora che non hanno mai scritto sul forum, come ^Marco Della Luna, vedi qui i suoi articoli#http://marcodellaluna.info/sito^ e i suoi ^libri qui#http://www.macrolibrarsi.it/autori/_marco_della_luna.php?pn=1734&adw_kyw=marco%20della%20luna&gclid=CNHIxJq0wbcCFQTA3god6AoAWw^. E poi ci si rivolge anche ad altri che scrivono ogni tanto sul questo forum o che conosco. Il tutto per creare un sito "aggregatore", come ce ne sono già altri. Si tratterebbe di qualcosa, tanto per fare esempi qui intorno in italiano, del tipo di ^Rischio Calcolato#http://www.rischiocalcolato.it^ o ^keynesblog#http://keynesblog.com^, o anche ^ComeDonChisciotte#http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php^ in cui appaiono i post su internet di economia e politica economica di diverse persone con un ispirazione in qualche modo comune. Questo può essere interessante per chi ha già una presenza internet e la voglia replicare e diciamo moltiplicare l'effetto sul web dei propri scritti quando fossero inseriti anche in un sito dove ci sia più traffico, altri contributori e un forum attivo. Per quanto mi riguarda innanzitutto non riesco a tenere il ritmo che occorrerebbe per tenere su un forum/sito di traffico perchè faccio anche altre cose (ogni tanto mi eclisso) e poi dopo diversi anni credo che ci sia un minimo di comunità nata dalla frequentazione che può essere una base per coinvolgere altri. Ne ho parlato (e sarebbero interessati) con "Duca" e Trucco che scrivono qui ogni tanto oltre che sul loro forum, con Marco Cattaneo, il consulente aziendale che ha inventato la soluzione dei Certificati di Credito fiscali di cui ho parlato spesso, con Marco Della Luna che ha scritto diversi libri su temi e con toni simili. Come candidati pensavo ad altri che scrivono relativamente di frequente di argomenti sociali ed economici e hanno una certa comunanza di idee (in ordine sparso come mi vengono in mente): ^"Gianlini"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=53^, ^"DefilStrok"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=981^ ^"GiorgioFra"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=3436^ ^"Lanci"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=356^ che ha anche ^un suo sito vedi qui#http://www.ruggerobau.com^ ^"Fr@ncesco"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=3625^ ^"MrFog"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=690^ ^"Polipolio"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=26^ ^"Giovanni-bg"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=1167^ ^"VincenzoS"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=3945^ ^"Gano"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=1138^ ^"Paolo_B"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=2999^ ^Sir Wildman#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=1298^ (che ha un altro sito suo) ^"Ferpa"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=1299^ ^"Hobi"#http://cobraf.com/forum/PostsByAuthor.php?authorid=1277^ (nel suo caso a prima vita potrebbe sembrare che non abbiamo visioni sempre coincidenti, ma più che altro perchè Hobi è ruvido di carattere...) Poi potrebbe interessare anche ad altri ancora come Alevion, Alberta, Muschio, Olocrami, Bearthadvance, Bullfin, Ciciola, Pablo e altri ancora che mi sono scordato in questo momento e con i quali mi scuso... Si tratterebbe di un sito in cui i contributori fossero tutti di un livello economico e professionale decente e con un ispirazione simile perlomeno sull'economia. Per "ispirazione simile" si intende qualcosa come un comune denominatore minimo sulla crisi economica, diciamo anti Euro, anti-austerità, anti-tasse.. non ottusamente neo-liberista alla Oscar Giannino, Zingales e simili e neanche neo-keynesiana di sinistra "doc", alla Krugman o Bagnai e gli altri economisti italiani anti-euro...) Quindi l'idea sarebbe che quello che uno scrive ad esemio sul suo blog o sito (se ce l'ha) viene replicato automaticamente in questo nuovo spazio "aggregatore" nello spazio "Blog" e quello che uno scrive già in questo forum (che abbia un minimo di spessore) viene automaticamente evidenziato nel "Blog". Come implementarlo è un fatto tecnico molto semplice, non richiederà quasi lavoro a chi scrive. Poi se si ha un poco di tempo si interviene e si modera, a turno, un poco il forum, segnalando ad esempio interventi di altri che siano meno costanti nello scrivere, ma vengono fuori con commenti interessanti. Lo scopo è di avere discussioni di buon livello sui temi di cui si parla qui specie di economia. In parole povere qui ora c'è un solo Moderatore (il sottoscritto) il quale legge quando va bene un 20% del forum e ogni tanto non segnala o scrive niente. Ma se ci fossero una decina di persone coinvolte (del tipo 2 giorni al mese a testa.. o un ora ogni tanto) il tutto funzionerebbe molto meglio. Non sembra, ma qui sono apparsi contenuti interessanti e valorizzandoli meglio e associandosi a qualcun altro che scrive altrove avresti un effetto moltiplicatore e poi creare il primo blog di economia italiano, spiegare la soluzione della crisi e risolvere la crisi economica dell'Italia (più o meno...) Tecnicamente è semplice: scindo un pezzo del mio forum come appunto si sta già facendo, ^questo qui dove siam ora#http://cobraf.com/forum/defaultEconomia.html^ e poi gli si cambia nome e URL, ci si inventa un nuovo nome registrato come dominio tipo www.PiùMonetaMenoDebito.com (....qualcosa di più accativamente magari...). Avrebbe un Forum moderato e un "Blog" a fianco e ci sarebbe una lista di altri contributori che semplicemente replicano quello che scrivono già li dentro (e se ne hanno voglia dialogano un poco nel forum). Dovresti definire di chi sia questo dominio, ma non si rischia di guadagnare soldi con questa iniziativa per cui non sarebbe un gran problema... Non costerebbe però neanche niente, perchè io ci metterei il costo del server, il programmatore e il software che funziona già per l'archivio del forum e alcune cose in più che non trovi in un blog standard gratuito tipo WordPress o Google blog (tanto per dare un idea sul milione di pagine viste al mese incassi 1.000 euro al mese circa con GoogleAds ...) Chi fosse interessato può venire che ci incontriamo a parlarne. Dove ? Ad esempio a metà strada tra Milano e Modena, forse Parma, ma poi va bene anche venire su Milano per me, indicativamente ad esempio domenica prossima, al pomeriggio verso le 18 rimanendo a mangiare assieme in modo da avere diciamo 4-5 ore di tempo. Chi è interessato scrive qui in questo post e chi abbia domande, obiezioni, osservazioni e suggerimenti può scrivere sempre qui di seguito

 

  By: Fr@ncesco on Giovedì 16 Maggio 2013 12:28

[Lexsil] ho capito la sterilizzazione dei deficit pubblici con la vendita dei titoli pubblici che sottraggono moneta all'economia reale ( come invece non avviene negli USA o in UK)ma chi si rifà alla MMT mi pare che sostiene proprio di non emettere per niente titoli di stato ma solo di emettere moneta. O sbaglio? -------- Allora, se prendi il ^PROGRAMMA MMT#http://memmt.info/site/wp-content/uploads/2013/01/Programma_memmt.pdf^ c'è scritto nero su bianco che i titoli di Stato sono uno strumento finanziario anacronistico che va eliminato (vedere sul PROGRAMMA MMT a pagina 20, come saranno gestiti i titoli di Stato nell'Interesse Publico: «...Il governo italiano delle nuove Lire, proprio in virtù del fatto che i titoli non gli servono per poter spendere e che sono strumenti farraginosi, deciderà quindi di abolire del tutto questa emissione. Il governo spenderà da ora in poi semplicemente accreditando conti correnti del settore nongovernativo, i quali si trovano sempre presso i conti delle banche presso la Banca d'Italia...»). Questa considerazione nasce dall'idea di Warren Mosler che lo Stato è fonte di moneta, e che quindi non ha senso che si faccia prestare qualcosa che esso stesso è capace di emettere a costo zero (e senza che per questa emissione debba pagarvi interessi sopra). Vedi ad esempio ^questo articolo qui apparso su keynesblog#http://keynesblog.com/2012/12/10/mmt-la-risposta-di-warren-mosler-ad-emiliano-brancaccio/^, dove Mosler racconta per l'appunto genesi e conseguenze di tale idea. Zibordi riconosce la fondatezza di questa idea ma aggiunge un altro motivo, parimenti importante, per cui le emissioni di titoli di Stato sono nocive: se lo Stato fa spesa in deficit coperta da emissioni di titoli di Stato allora questa spesa in deficit viene, in ultima analisi, sterilizzata dagli stessi titoli di Stato emessi a copertura di questa spesa. Insomma, l'emissione di titoli di Stato si configura come un elemento ostativo all'attuazione di una politica monetaria realmente espansiva. Quindi, nella pratica, sui titoli di Stato va bene sia ciò che è scritto nel PROGRAMMA MMT sia ciò che è affermato da Zibordi, visto che tutti e due affermano che non ha senso emettere titoli di Stato invece che direttamente moneta. Su questo tema, però, Zibordi fa un passo avanti poiché spiega che se si vuole fare una politica monetaria autenticamente espansiva allora si deve evitare di emettere titoli di Stato. Ossia se si fa politica monetaria espansiva emettendo titoli di Stato con la finalità di sostenere ed espandere il mercato interno allora tale politica è già fottuta sul nascere, insomma è proprio un controsenso in termini operativi.

 

  By: DaniloFabbroni on Martedì 14 Maggio 2013 13:37

#156+DEMO Danilo Fabbroni SESSANTOTTO: MAGIE, VELENI & INCANTESIMI SPA Del Potere Oscuro e la Rivoluzione del Sessantotto Foto di Danilo Fabbroni Copyright 2012 © Danilo Fabbroni (legge N° 633 22 aprile 1944) Testo auto-depositato presso l’autore tramite RRR (Raccomandata con Ricevuta di Ritorno) nell’anno 2012 Ai miei genitori, Adriano e Liliana «Consilium mihi […] tradere, […] sine ira et studio, quorum causas procul habeo». Publio Cornelio Tacito, Annales, I, 1 Sommario: Pagina 4 e 5 Prefazione Pagina 7 Introduzione La Colonna Infame Pagina 9 Capitolo I La Nascita della Tragedia Allucinogena Pagina 26 Capitolo II L’Aurora Acida: L’Alba del “Nuovo Mondo” Pagina 45 Capitolo III Un Teatro di Ombre Cinesi Pagina 71 Capitolo IV La Filosofia del Sangue Pagina 103 Capitolo V L’Ecce homo Tecno-nichilista al lavoro Pagina 124 Capitolo VI Fantasmagoria ottica ed Ombre Portate Pagina 149 Capitolo VII Dall’Illuminismo all’Illusionismo Pagina 153 Capitolo VIII La Celebrazione della Mistificazione Pagina 165 Capitolo IX Tromp l’Oeil Pagina 184 Capitolo X Crepuscolo degli dei. Dove furono gli Dei, ci saranno i Demoni Pagina 205 Capitolo XI Apocalisse e Rivoluzione Pagina 228 Capitolo XII Il Politico-Erotico: “This is The End, my Only Friend” Pagina 247 Capitolo XIII I Lemmings della Rivolta Pagina 260 Capitolo XIV L’Avvento del Leviatano Pagina 288 Ringraziamenti Pagina 299 Bibliografia Pagina 300 «Ma Parvus sapeva benissimo, lo ricordava dal 1905, cone nascono le sommosse. Per avviare uno sciopero, per eccitare gli animi e far scendere la gente in piazza non solo non è necessario ottenere il consenso della maggioranza, e neppure di un quarto, ma è perfino superfluo brigare per guadagnarsi un decimo della massa. Un grido isolato e improvviso nella folla, un oratore al posto giusto, due o tre gagliardi, che levino il pugno o agitino un bastone, sono più che sufficienti per far rifluire in strada tutti gli operai di turno. E c’erano poi i discorsi contro le autorità, le voci allarmistiche (che si trasmettono da uno all’altro con la facilità di una scarica elettrica), nonché i volantini da disseminare nei gabinetti, negli angoli dove si riunivano crocchi di fumatori, sotto le macchine: per tutti questi colpetti d’avvio, in una fabbrica di cinquemila operai, bastano anche cinque uomini che, in mancanza di chi l ofaccia per convinzione, si possono sempre assoldare nell’osteria all’angolo: di postulanti disposti a tutto per quattro soldi facili se ne trovano sempre». Aleksander Solženicyn, Lenin a Zurigo, Leonardo, p. 153 Prefazione Lungi da noi ogni tentativo di discriminazione causato dall’appartenenza ad un’area etnica, religiosa, culturale, politica o sessuale. Sappiamo troppo bene che invero l’unica concreta discriminazione a questo mondo è quella del Potere Oscuro contro chi non ha alcun potere, sic et simpliciter. L’unico vero, autentico, razzismo è il disprezzo – lo ribadiamo - del Potere Oscuro di qualsivoglia area etnica, religiosa, culturale, politica o sessuale, contro chi è privo di Potere senza distinzione di area etnica, religiosa, culturale, politica o sessuale. Un sociologo di sinistra ha dichiarato: «Sotto i Poteri neri stanno gli antri alchemici neri. Le massime ricerche che possono determinare il destino degli uomini, vengono effettuate nei laboratori, finanziati da tutti gli uomini, ma da cui sono esclusi tutti gli uomini, tranne pochi e controllatissimi addetti ai lavori». Ebbene, sarebbe un gravissimo accecamento d’ottica se mai si scambiasse il dito etnico, religioso, culturale, politico o sessuale con la luna di questi Poteri Oscuri – Neri – iniziatici. Nessun popolo, nessuna etnia, nessuna congrega religiosa è mai colpevole della colpa che hanno le loro élites responsabili delle strategie del loro potere iniziatico. È contro questo accecamento che scriviamo le righe seguenti. Introduzione La Colonna Infame Diario della Colonna Infame Invero questo scartafaccio avrebbe potuto rispondere al nome di Due pesi, due misure. Così, tanto per naturale reazione chimica a quel doppiopesismo – primogenito figlio scemo del Conformismo più becero - che ammorba noi tutti, alla stessa stregua dell’inesorabile coltre di smog sulle grandi città, senza distinzione alcuna. O con distinzioni che non fanno (quasi) testo. «Se Benjamin ebbe a dire che la storia è stata scritta finora dal punto di vista del vincitore e deve essere scritta da quello dei vinti […]» sappiamo che la vittoria ha molti padri, e la sconfitta solo orfani. Già, il conformismo. Una parola – fateci caso – che è quasi scomparsa dal vocabolario del politicamente corretto. Epurata nei lager e nei gulag del politicamente scorretto. Gli eredi attuali dei Vopos (l’abbiamo forse cancellati dalla memoria politicamente corretta anche questi?) e quelli delle SS a guardia del mainstream progressista sorvegliano occhiuti ogni trasgressione. Quindi nessuno la pronuncia quasi più. Eppure essa ha goduto di una grande popolarità ai tempi della feroce rivolta contro la società borghese. Se si dovesse riassumere in uno slogan quanto mai apodittico cosa ha fondato e mosso le bordate della sovversione contro l’imperante quanto presuntamente falsa borghesia, si potrebbe dire: “A morte il conformismo”. O anche: “Facciamola finita con l’ipocrisia”. Quindi, se tanto mi dà tanto, oggi, a decenni di distanza da quegli accadimenti, visto l’imperante successo dei valori portanti di quella svolta, i quali permeano il sociale occupando tutta la rosa dei venti, “elementi” quali la menzogna, l’inganno, la mistificazione, i due pesi due misure, dovrebbero essere scomparsi. Perlomeno dovrebbero essere ridotti a mal partito. Invece è graniticamente vero il contrario. Il conformismo e di conseguenza il doppiopesismo dei due pesi e due misure impera sovrano, e fa sempre di più scuola. Ha legioni, stuoli di ammiratori e di aficionado. Per amore del paradosso, io sono grato – in qualche modo – a Ricucci. Sì, proprio Stefano Ricucci, meglio noto come il capoccia dei furbetti del quartierino. Ricucci, difatti, fu messo in croce – al di là dei suoi misfatti reali – con la gogna mediatica più intransigente. Gli fu addirittura dedicata una satira da un settimanale en vogue dileggiandolo in quanto si abbuffava di pasta al forno, e mangiava a bocca aperta, mentre parlava. Lo si è deriso perché originario di un paesino di provincia, Zagarolo. Lo si accomunava con l’ignominioso filmuccio L’ultimo tango a Zagarolo, con Ciccio e Franco, parodia della perla progressista Ultimo tango a Parigi, firmata dalla vedette del cinema Bertolucci. Eppure nessuno si è mai azzardato ad accennare alla benché minima derisione all’indirizzo di Alain Danielou, vate cerimoniale, acclamato all’unanimità ai quattro venti, del culto del fallo, dell’eros e della Natura. Eppure Danielou stette proprio a Zagarolo per lunghi anni. Quindi due pesi e due misure? Per il contadinesco Ricucci la foga e l’onta, il ludibrio urbe et orbi; per il raffinato (si fa per dire…) esteta francese, nulla. Non solo. Il mangiar villano di Ricucci è un obbrobrio, e qui concordiamo in pieno che l’eleganza interiore si manifesta anche attorno al desco. Ma… c’è sempre un ma! Si dice che la Storia non si fa con i “se” ed i “ma”. Ma a Lor Signori potenti, anche i “ma” possono contare assai. Infatti, se a tavola è assiso un personaggio “giusto”, un fratello – come dire? – di buona cerchia, allora tutto è, magicamente, permesso. Anzi. La cosa che era prima assai sconveniente, diventa alchemicamente un vezzo signorile di gran fascino. Ne volete la prova? Eccola qua, servita con fiori e cotillon di circostanza. «Parigi […] Pare si diverta a coltivare una certa volgarità, come se si divertisse a provocare l'ovattato mondo della finanza: a tavola si toglie le scarpe e spesso si annoda il tovagliolo attorno al collo. Ma bisogna fare attenzione alle apparenze, perché questo ricchissimo signore è anche un raffinato collezionista d'arte […] genio della finanza per alcuni, pescecane senza morale per altri, Antoine Bernheim non lascia nessuno indifferente. Numero due di Lazard Frères, ma in rapporti ben poco cordiali con il gran capo Michel David-Weill, instancabile ordinatore di trame e complotti finanziari, burbero ai limiti della maleducazione […] del resto, lui stesso sembra compiacersi in questo ruolo di uomo complesso, enigmatico, maniaco del segreto». Avete capito la musica? Qui siamo in presenza della volgarità tout court, ma il giornalista, nel descrivere Antoine Bernheim, potentissimo nume della finanza internazionale tende ad essere benevolo, anzi, in corner, finisce per esaltarne la raffinatezza come fosse, colmo dei colmi, un arbiter elegantiae. Due pesi, e due misure, appunto. Ancora un esempio. Saul Bellow, premio Nobel per la letteratura, nel suo roman à clef Ravelstein, ritratto à gouache di Allan Bloom, filosofo neocon americano, allievo di Leo Strauss, e propalatore della nobile menzogna, nonché – no need to say - omosessuale, lo descrive con la stessa propensione ad essere porco e volgare a tavola. Ma non è finita qua, essendo la tecnica adottata seriale va avanti ad libitum. Venne fuori a proposito di Ricucci la questione della sua laurea conseguita presso un’università di San Marino denominata Clayton. E giù sfottò a non finire. Peccato che nessuno ebbe da dire nulla o quasi su Gioacchino Ligresti, figlio di Salvatore, che era compagno di corso di Ricucci. La sperequazione morale era già entrata in ballo con Ligresti. Si ebbero grandi sollevazioni di scudi a proposito delle affiliazioni siciliane di Berlusconi, e degli ingenti patrimoni legati, pare, in qualche modo a quell’egida territoriale, ma nessuno scatenò neanche un’oncia di fuoco mediatico contro Ligresti, nativo di Paternò, very deep Sicilly, che ad un certo punto, quasi dal nulla, approdò nella città della bedda madonnina, borfo di pecunia, tanto da essere accolto a braccia aperte nel salotto buono della finanza meneghina. Questo però non sorprende più di tanto. Assistendo a questo bieco conformismo che si vuol adagiare – come l’acqua nei contenitori – nello stampo, nella matrice, del Potere Nero, del Potere Oscuro, per cui tutti gli altri poteri a lui avversi, sono e debbono essere uno zero fatto con un bicchiere, non si può non reagire. Da questa reazione è nato il presente zibaldone. È di nuovo tempo di samizdat. A mo’ di abecedario, a guisa di collage, qui si cercherà di affrontare il rapporto tra le responsabilità del singolo e le credenze, le convinzioni personali o collettive del tempo. Tramite un'analisi storica, psicologica, si cercherà di sottolineare l'abuso del paradigma messianico demonologico, che ha calpestato ogni forma di buonsenso e di pietà umana, spinto da una forza centrifuga del tutto nichilista. Fine ultimo di questa petite bande demonologica (che poi non è tanto petite…) è quello di instaurare una paura legata alla tremenda condizione del tempo provocata dall’epidemia di peste conformista. Da osservare che gli untori che hanno scatenato tale condizione, non sono stati una prerogativa di questi tempi: se ne ha notizia, à rebours, anche nelle precedenti epidemie socio-culturali. Ma non finisce qua. Non basta. Si potrebbe dire che l’acquiescenza verso il Gotha ci riservi questo e altro. Il figlio di Antoine Bernheim, Pierre-Antoine, ha pubblicato, nel 1992, presso il prestigiosissimo editore francese Plon, una specie di Einaudi d’oltralpe, un libro in cui si mette in campo uno spudorato omaggio al cannibalismo senza che nessuno si periti della benché minima reazione. Anzi. Si mettono le mani avanti, e si da voce al saracino di turno, Sergio Quinzio in questo caso, che cerca di menar a destra e manca, per intimidire ogni improbabile, quanto sacrosanta, levata di scudi, dinanzi a tali bestialità. Vale la pena di riportare per intero l’articolo apparso sul “Corriere della Sera” a firma Sergio Quinzio e Ulderico Munzi, il 26 maggio 1993, a pagina 29. «Riti Barbari. Un libro francese racconta la storia dell'antropofagia fino ai giorni nostri. E il suo autore dichiara: “Anche i cattolici si cibano del corpo di Cristo”. Cannibali fra noi. Parigi […] sul suo volto di uomo ben nutrito appare un sorriso ironico: “Siamo stati, siamo e saremo cannibali”. Il tono di Pierre Antoine Bernheim, studioso ed ebreo non praticante, ha un che di categorico. Perché ne è così convinto, signor Bernheim? “Forse non è scritto nel nostro codice genetico, ma di certo è permesso”. Lo guardiamo un po' increduli. Ma il nostro sguardo cade sulla copertina del libro che Pierre Antoine Bernheim ha scritto, a quattro mani, con Guy Stravides […]. Sotto il titolo Cannibales! c'è la scena di un banchetto di antropofagi in qualche sperduta isola del Pacifico. Fa rabbrividire. Stranamente, la loro precedente opera, sempre pubblicata da Plon, era dedicata all'immagine del Paradiso nella storia del costume. Cannibales! è costato due anni di lavoro solo per le ricerche in recenti e antichi archivi. Un panorama completo dell'antropofagia, dalla preistoria dell'Uomo di Pechino all'Egitto del 3126 avanti Cristo per arrivare al dottore in filologia di nome Andrei Chikatilo, processato nell'aprile del 1992 per aver ucciso qualche decina di persone, delle quali cucinava e mangiava le parti sessuali. E così signor Bernheim, i cannibali sono sempre fra noi? “Nei casi d'estrema urgenza e di estrema necessità l'uomo è ancora pronto a divorare il suo simile come i Maori scoperti dal capitano James Cook nel 1769. Si mangia della carne umana anche in qualche luogo disperato dell'ex Jugoslavia. Gli esseri normali possono trasformarsi in cannibali con estrema facilità com'è accaduto a quei giocatori latino americani che, dopo essere precipitati con il loro aereo, sopravvissero sulle Ande grazie alla carne dei compagni deceduti. Ne hanno fatto un film”. Il cannibalismo è anche un fatto religioso? “Pensi ai cattolici. All'Eucarestia non si trasformano in cannibali. Assorbono realmente il corpo e il sangue di Cristo. Si dirà: è un atto simbolico, il che, però, è negato dal Concilio Lateranense IV del 1215 e dal Concilio di Trento del 1545. Chi pensava che fosse un atto simbolico era considerato un eretico. I protestanti hanno accusato i cattolici d'essere degli antropofagi. Quando ingoiava l'ostia sacra, la mistica Colette Corbie aveva come una visione, quella di mangiare carne macinata. E non era la sola mistica a provare fenomeni del genere. In un catechismo del Seicento, redatto come botta e risposta, a un certo punto c'è questa domanda: perché Gesù si dà a noi sotto forma di “carne”? È usata proprio la parola “carne”, in francese “viande”. E la risposta è stupefacente: perché consente una migliore assimilazione. San Tommaso d'Aquino, parlando dell'Eucarestia, si domanda: “Non è che i credenti, non provando il gusto di sangue e carne, potrebbero essere ingannati dai loro sensi?”. E le altre religioni? “Il tabù sembra più forte tra i musulmani. Ciò non toglie che ci siano stati casi di cannibalismo anche nelle terre dell'Islam. L'Egitto del 1200 conobbe la carestia, l'esodo rurale e la peste. I fatti vennero descritti da uno scienziato del Cairo che si chiamava Abd al Latif. La gente arrostiva i bambini e se li mangiava. Poi, a mano a mano, anche se i cannibali erano condannati, gli egiziani ci presero gusto. La “moda” si estese in tutto l'Egitto. E le vittime, anche adulte, erano catturate con lacci quando passavano sotto le finestre. Del resto, per tornare ai cattolici, si discusse a lungo se si dovesse mangiare carne umana in casi estremi. La risposta fu positiva. Un crociato, fatto prigioniero dagli arabi, fu spinto dalla fame a mangiare la figlia e si preparava a far subire la stessa sorte alla moglie allorché venne liberato. La Chiesa lo condannò solo a far penitenza per alcuni anni. Avete cercato le origini del cannibalismo? “Non abbiamo cercato la cosiddetta causa unica nell'animo umano. Noi abbiamo solo creato un Quid e un Who's Who del fenomeno attraverso testimonianze, scritti e fonti di archivio. Non abbiamo mai incontrato un cannibale nei nostri lunghi viaggi. Insomma, il nostro è stato un viaggio teorico nelle società dette cannibali e in quelle potenzialmente cannibali in frangenti di carestia o in altri frangenti. C'è anche il cannibalismo di vendetta, come accadde durante la Rivoluzione Francese o durante la Rivoluzione di Napoli del 1799 dove erano i conservatori a mangiare i rivoluzionari. Penso che non sia possibile risalire alle origini del cannibalismo. Gli antropologi materialisti dicono che il cannibalismo sia dovuto a una mancanza di proteine animali. Citano il caso degli Aztechi che mangiavano i loro prigionieri. Secondo i materialisti, non si trattava di un fatto religioso per far piacere alle divinità. Quel popolo aveva bisogno di proteine, di calorie”. E al di là delle motivazioni religiose, delle carestie e dell'impulso della vendetta (il nemico degradato ad animale), ci sono altre ragioni che inducono l'uomo a trasformarsi in antropofago? “L'amore, per esempio. Ci sono popolazioni, in Brasile, che mangiavano o mangiano ancora i propri genitori defunti per amore filiale, cioè per custodirli in qualche modo nei loro corpi invece di farli divorare indegnamente dai vermi. E c'è poi quel giapponese, Sagawa, che ha sostenuto, nel 1981, d'aver divorato la sua olandesina perché ne era follemente innamorato. Forse, mentiva. Molti psicotici mangiano secondo lo schema: “Ti amo, quindi ti mastico e ti assimilo”. E quei morsi che si scambiano gli amanti, nell'amplesso, non sono atti di precannibalismo? Il serial killer americano Dahmer riduceva i suoi giovani amanti in zombie introducendo nei loro cervelli degli acidi, poi li possedeva e quando morivano, come prova del suo amore, ne conservava i resti e li sgranocchiava di tanto in tanto”. E poi c'è la golosità ... “Le dirò di più: la carne umana è squisita. Ci sono le testimonianze di tutti i popoli cannibali e di gente occasionalmente cannibale. Mi riferisco alle cronache dei missionari ai quali era consigliato: “Perché non l'assaggiate?”. I gusti sono diversi. C'è chi dice, come gli eschimesi, che è dolce come quella del cavallo e chi dice che ricorda il maiale. Così affermarono gli Aztechi quando gustarono la carne di porco. Per altri, in Occidente, assomiglia alla carne di bue. In Normandia si ricorda ancora il “saraceno arrosto”. Per alcuni, invece, ha il sapore della cacciagione. Il gusto cambia a seconda delle razze. In Oceania gli indigeni trovavano i “bianchi” immangiabili perché salati. Preferivano i cinesi che si nutrivano di riso”. Lei dice che si mangia ancora carne umana? “Direi dappertutto. Durante la rivoluzione culturale, in Cina, si cucinavano, per vendetta, gli oppositori. E poi pensi ai boat people e ai rifugiati curdi. Si mangia ancora carne umana in certe montagne della Nuova Guinea, in Amazzonia e in luoghi insospettabili. Ci sono, inoltre, i riti satanici in America o in Africa. Nelle sette, come quella di Waco, il passaggio al cannibalismo è facile. Il futuro ci annuncia, a causa dell'incremento demografico, dei grandi banchetti a base di carne umana. L'Ucraina della carestia degli anni 1932 e 1933, dove ci si divorava tra vicini di casa, sarà un ricordo trascurabile. L'Uomo di Pechino era cannibale. Dio, creandoci, non ci ha impedito di diventare cannibali”. Prosegue Quinzio: “Ma non dimentichiamo che quello cristiano è un Banchetto mistico. Antropofagia ha un senso molto preciso: “Mangiare carne umana”. Ma “Mangiare carne umana” ha invece una sterminata gamma di significati, nel senso che l'atto può avere motivazioni diversissime. Mettere sotto la stessa etichetta di Antropofagia il delitto del criminale che tortura fino alla morte le sue vittime e ne mangia i pezzi conservati in frigorifero e la liturgia cristiana dell'Eucarestia, probabilmente non aiuta molto a capire. Sarebbe un po’ come raccogliere sotto un unico titolo, “Tagli da lama”, le coltellate dell'assassino e il lavoro del chirurgo. Fatta questa precisazione preliminare, l'antropofagia resta un tema sconcertante, uno degli ultimi tabù, che sussiste accanto a qualche altro più debole ancora di lui, come l'incesto. Sulla necrofilia poi si potrebbe scrivere un libro provocatorio come quello di Bernheim e Stravides. Bernheim è un ebreo, e l'appartenenza a questa tradizione esaspera la sua sensibilità sul tema prescelto, perché l'ebraismo prova nei confronti del morto un orrore che altre culture non conoscono. Comunque sia, ci si può cibare di cadaveri umani per sottrarsi alla morte per fame (e qui lo “Stato di necessità” potrebbe giustificare l'antropofagia più o meno come l'omicidio, se non intervenisse un più forte tabù religioso). Ci si può cibare di carne umana credendo di impossessarsi delle virtù del morto; o per devozione filiale, come avveniva in Cina, in modo di non abbandonare alla putrefazione il corpo del padre. Ci si può cibare di carne umana per follia, disprezzo, odio. È un cibarsi di carne umana anche l'Eucarestia? I cattolici sono dunque cannibali? Si può forse dirlo, sempre che si tenga presente che non tutte le forme di antropofagia, come si è detto, si equivalgono, e che “cannibale” suona invece come un degradante insulto. Le specie eucaristiche non sono semplicemente un simbolo di Cristo, non sono tali né per i cattolici, né per gli ortodossi, né per i luterani, né per altre (certo non tutte) confessioni cristiane. Dunque, chi se ne ciba compie un atto di antropofagia. L'Eucarestia è però qualcosa di teologicamente arduo e complesso, e la sua riduzione a cannibalismo, nel migliore dei casi, semplifica un po’ troppo le cose, lasciando sospettare l'intenzione di épater le burgeois. Forse dovremmo parlare, piuttosto che di antropofagia, di “teofagia”, e sul tema del “Mangiare il Dio” si potrebbe scrivere un altro libro. In ogni caso, se volessimo includere senza le dovute precauzioni l'Eucarestia nell'antropofagia, troppe cose resterebbero fuori. Per esempio, il sacrificio eucaristico rinnova “realmente”, ma “misticamente”, la passione e morte di Gesù Cristo, secondo la dottrina tradizionale; la quale parla perciò di “Mistero eucaristico”. Dunque, anche la consumazione dell'Eucarestia è “reale”, ma “mistica”. Non è facile dire ciò che questo significa, ma indubbiamente stabilisce una non trascurabile differenza nei confronti dell'antropofagia “reale” e niente affatto “mistica”. Infine, andrebbe ricordato che il “Banchetto eucaristico” è una prefigurazione e anticipazione mistica, appunto del “Banchetto escatologico”, e che quindi comprende numerosi sensi simbolici. Comunque, è vero che l'Eucarestia stabilisce un contatto, una qualche continuità con i più remoti riti dell'umanità, e quindi anche con le più oscure profondità dell'animo umano, quelle che non possiamo presumere di cancellare con un tratto di penna». Pierre-Antoine non è solo uomo di lettere, ma anche banchiere alla banca Lazard, quindi un illustratore attendibile di cosa alberga nelle menti e nelle non tanto recondite voglie dei circoli dell’alta finanza iniziatica. Il tempo appare immobile per lunghe classi di età, poi, all’improvviso si mostra come una cometa inaspettata, e tutta la movimentazione delle cose, e degli animi subisce un’accelerazione vertiginosa. Il terre motus del ’68 e dintorni ha costituito questo fenomeno di artata disintegrazione di un certo esistente borghese, per poi raggrumarsi, decadi dopo decadi, in un post moderno sparso su una melassa avvelenante di cupo conformismo, di una morale pret-à-porter, pronta ad essere stirata, deformata, e malformata a seconda dei propri porci comodi. In parole povere: in una liturgia della mistificazione. Oh, che parole grosse, diranno alcuni. Forse. O forse no, visto che circola la voce piuttosto insistente che uno strabiliante, quanto veneratissimo, maestro della Cultura, ovviamente con la C maiuscola, ospite di certi club che trovano i loro naturali habitat à la page in siti quali Sankt Moritz, Crans, Georgetown, l’isola Grand Cayman (terrior “squisitamente” britannico, che consta di oltre seimila banche), o – in caudam velenum - Honk Kong, recitasse come un mantra il seguente motto, e che gli astanti, il parterre du roi, lo condividesse in pieno: Non c’è cosa più sopraffina che tradire il proprio miglior amico. O per dirla con il celebre motto di Adorno: «il tutto è falso». Spinosa questione invero, credere che simili ambienti così altolocati possano coltivare anche solo di rimando, anche solo per sbaglio, un credo di siffatta caratura disfattista. Per quello che vale, ad esempio, è notizia pubblica - e la stampa ne ha dato pieno risalto – che è esistita una densa zona oscura composta di reticenze, silenzi, ingiustificate ritrosie e massima indifferenza intessuti attorno la morte di Edoardo Agnelli. Fu un vero suicidio o cosa altro ai danni del futuro erede della famiglia più potente d’Italia? E questo ambiente ha da spartire qualcosa con gli iniqui misteri di calciopoli intessuti da Moggi e da Conte? Possibile che nessuno ai vertici potesse “non sapere”? In altre occasioni il “non poteva non sapere” era materia scontata ed ha equivalso in sede giudiziara ad una condiscendenza dello status quo, e quindi ha portato ad una condanna. Sappiamo che la “bellezza della stampa”, per dirla con Humphrey Bogart, lascia il tempo che trova, con tutto quello che guadagnano di immondo, rispetto alla loro veritieria capacità di inchiesta, i direttori delle testate più importanti volte a eterodirigere le opinioni della populace, ma rimane un vago sentore di vox populi vox dei. Gigi Moncalvo, una voce solitaria recitante nel deserto, coraggiosa quanto temeraria, ha provato nel suo I Lupi e gli agnelli, a descrivere tale impalcatura di matrioske. In pratica, la messa in atto di una tragica bellum omnium contra omnes di cui sono stati oggetto i figli contro la loro stessa madre. Se James Hillman aveva avuto l’ardire di rivitalizzare le antiche faide, allora ai giorni nostri tutto questo si è avverato di nuovo. *** Attenzione! Non siamo impressionati da un moralismo da operetta da tre soldi! Non stiamo girando qui attorno al concetto di bugia, né tantomeno ci stiamo facendo scandalizzare dalle capibili debolezze umane. Non si tratta della proverbiale quanto innocua “dissimulazione onesta” del sagace Torquato Accetto. No. Qui abbiamo a che fare con l’oltre inganno in carne ed ossa. Qui si tratta, si ha a che fare, con la deliberata gestione della menzogna ai fini della costruzione della mistificazione. Del principio del mysterium iniquitatis. Il mistero coltivato da principi della Mistificazione quali Talleyrand che soleva dire: «Parlo anche, come sempre, per ingannare». Tenteremo di tracciare qui – con tutti gli interrogativi del caso - un’ermeneutica di questa spaventosa quanto terribile “filosofia del tradimento”. Uno stesso velenoso banditore del ’68, Adorno, rilevava che «tra i motivi della critica della cultura ha sempre occupato un posto centrale il motivo della menzogna». Quindi “viaggiamo” sul “sicuro”. Jerry Rubin in persona, alfiere del ribellismo sessantottino, ebbe a dire: «Abbiamo combinato gioventù, musica, sesso, droga e ribellione, col tradimento: e questa è una combinazione difficile da battere». «Chi vuol apprendere la verità sulla vita immediata, deve scrutare la sua forma alienata, le potenze oggettive che determinano l’esistenza individuale fin negli anditi più riposti». Ebbene, quello che segue è un muoversi (da errabondo) scrutando queste “potenze oggettive”. Il tradimento messo in pratica da queste camarille vuol portare direttamente ad «un eccesso di degradazione [quale] maggior “santità”, e che quanto più velenosa era la perfidia, tanto più si avvicina […] il giorno della “redenzione”». Questo testo quindi può esser visto come un baedeker di un viaggio nei meandri del Potere Oscuro di cui – confessiamo – non possiamo pretendere di detenere le chiavi di volta, da quidam quale siamo, nel senso che questo è un itinere di un percorso da fare assieme al lettore che possa dare, ad entrambi, scorci significativi quanto poco noti, tanto scarsamente meditati. Spetterà al lettore trarre le sue conclusioni se questo zigzagare attraverso una moltitudine di fatti, avvenimenti, testimonianze, nessi apparentemente del tutto casuali, come nella giubba di Arlecchino, talvolta affastellati assieme come in un mucchio di bastoncini di shangai, dia o no un identikit plausibile del volto del Potere Oscuro. E delle incontrovertibili volontà di maleficio di quest’ultimo. Del resto ci rammentiamo tutti che lo stesso San Paolo ci ammoniva affermando che il mistero dell’iniquità è esplicabile solamente in termini spirituali. Ciò sta a significare che la persona razionale, normale, la quale vive in accordo con la civiltà e la moralità cristiane, è inabilitata a comprendere appieno cosa muove questa malvagità. È appunto un mistero. Il mistero dell’iniquità è la caverna abitata da chi è posseduto dalle forze energiche di Lucifero. La sinagoga di Satana, principe della menzogna. Come nei prismi, in cui il raggio di luce si infrange, dando adito a variegate correnti di luce, così in questo centone, il tentativo è quello dispiegare una serie di rifrazioni per poi ricomporre il disegno finale, con un’unità di intenti. Si sa che nel tratteggiare le costellazioni, per farle apparire visivamente, si debbono unire a mo’ di zigzag i vari punti con delle linee. Alla fine, se la via del tratteggio si sarà rivelata quella appropriata, allora apparirà in tutta la sua chiarezza la forma della figura astrale, vero oggetto di indagine. Quindi non le stelle su misura di cui andava parlando Adorno, ma bensì la misura delle stelle. Il lettore particolarmente benevolo spero ci perdonerà di averlo costretto a volteggiare, come nella giostra quando si era bambini, assieme a noi in questa chicane spericolata, in questa serpentina da alambicco letterario, di citazioni, voci, commenti provenienti da fonti così disparate quanto eterogenee. Per di più, diverse volte proclamate da partiti e fazioni in aperto contrasto tra di loro, e anche contro lo stesso approccio del presente testo. Riteniamo che averlo fatto abbia comportato una maggior completezza da un lato, ed una maggiore obiettività dall’altro. In ultimo chiediamo di farci il piacere di risparmiare la critica “automatica” imperniata sul dato che lo Zeitgeist qua dipinto sia solo un mero fatto teoretico. Per restare soltanto all’orizzonte italiano (ma la cosa vale globalmente), una rapida lettura de Il caso Genchi a firma di Edoardo Montolli, spazzerà via ogni dubbio a riguardo della precipua “perfezione” a cui è giunto l’esercizio della mistificazione istituzionalizzata. Il tradimento assunto e sussunto come afflato (im)morale, vera e propria minima moralia per la società cosiddetta civile, è divenuto la norma nella gestione del potere quotidiano, micro o macrospico che sia. Questo testo è il diario di come tutto ciò possa essere avvenuto, dei suoi registi, dei suoi produttori, dei suoi art-directors, del suo a cui prodest. Sposiamo, in ultimo, in pieno le parole che ebbe Primo Levi «a proposito del genocidio cambogiano perpetrato dai khmer rossi del generale Pol Pot: “È colpa nostra se ne sappiamo così poco. È colpa nostra, perché avremmo potuto leggere meglio, saperne di più. Leggere i pochi libri usciti sull’argomento. E non lo abbiamo fatto per pigrizia mentale, per amore del quieto vivere”». Riteniamo che queste parole si cuciano alla perfezione a quell’arcano, a quell’incantesimo, come ebbe a dire Claude Lévi-Strauss a proposito di un celebre canto sciamanico, che risponde al nome del Sessantotto. «Eravamo una compagnia […] non siamo mai diventati una lobby, nessuno di noi ha mai indossato l’eskimo, nessuno di noi ha fatto carriera, mentre molti di quelli che indossavano l’eskimo sono diventati direttori, direttori editoriali, editorialisti, commentatori con fotina, savonarola televisivi, vignettisti buoni per tutti i giornali e per tutte le stagioni, da “Lotta Continua” al “Corriere della Sera”, da “Repubblica” a “Cuore”, moralisti osannati a destra, a sinistra e al centro, protagonisti dell’antidietrologia, in verità fustigatori di tutte le dietrologie degli altri ed esaltatori di una, la propria. […] Non fummo più noi i giornalisti democratici, “democratici” divennero gli altri, i “garantisti”, quelli che giuravano sulla trasparenza del professor Toni Negri, titolare della cattedra di Diritto dello Stato presso l’Università di Padova e folle predicatore della violenza da praticarsi con il passamontagna calato sul volto». Capitolo I La Nascita della Tragedia Allucinogena «Caro Direttore, vorrei segnalarLe un libro che – conclusioni a parte - è singolare e interessante: Piovra gialla. La mafia cinese alla conquista del mondo, di Francesco Scisci e Patrizia Dionisio […]. In questo libro si descrive e si documenta come le entità denominate Triadi abbiano raggiunto il quasi esclusivo controllo del mondo dell’eroina, e altre droghe, e dispongano di mezzi finanziari enormi; e mentre già controllano l’economia di alcuni Paesi orientali (Cina comunista e Sudest asiatico), si siano saldamente installate anche in Usa, Gran Bretagna e Olanda – in Italia, Francia e Spagna siamo agli inizi - e, in conclusione, procedano speditamente alla conquista di buona parte del mercato mondiale. Queste Triadi non sono enti che lavorano per il bene dell’umanità, ma gli autori del libro – uno di essi è il sinologo del “Manifesto” - non si allarmano molto, anzi sotto sotto sembrano quasi compiaciuti per quello che potrebbe essere una revanche del mitico Oriente sul marcio Occidente cristiano. Ho cercato di approfondire un tema così nuovo, ma sulla dottrina, prassi e sulla storia di queste entità ho trovato ben poco. Unica eccezione un vero e proprio testo sacro: La Grande Triade di Guénon, edito anni lontani dalla massonica Atanor, poi ripubblicato da Adelphi che lo ha presentato come una prodigiosa sintesi di tutta l’opera di questo autore. Il testo è di natura solennemente apologetica e afferma, in sostanza, che l’esoterismo della Triade è il più puro e principale che sussista al mondo e in particolare si sofferma con attenzione – rivelatrice - sui nessi tra questa spiritualità e i riti della massoneria regolare anglosassone che – secondo Guénon - è l’unica organizzazione iniziatica valida e attingibile per gli occidentali. Dopo questa lettura mi sono chiesto: se questa Triade è una realtà così rilevante sul piano economico, finanziario e spirituale coma mai i nostri mass media e gli improvvisati inquisitori della criminalità organizzata, non ne parlano proprio mai? Non è che forse qualcuno vuole – tolta di mezzo la classica Cosa Nostra ormai, grazie a Dio, in declino inarrestabile - aprire poi le porte a qualche cosa di molto più potente, efficiente e spietata? A questo riguardo vorrei aggiungere un altro singolare ricordo di lettura. Nelle sue Memorie, […] Altiero Spinelli ricordava un certo sconcerto come nel salotto dell’editore Adelphi, quello che ha pubblicato La Grande Triade, aggiungo io, il preclaro giornalista Giorgio Bocca, durante gli anni di piombo, illustrasse, tra il fervido consenso dell’ambiente, la necessità di un’intransigente difesa garantista dei soggetti coinvolti nel terrorismo. Lo stesso personaggio che, anni dopo, è diventato il più feroce sostenitore della necessità di incriminare, arrestare e condannare senza perdere tempo, sulla base di semplici calunnie e voci, quegli sventurati uomini politici cattolici che i media appartenenti alla famiglia buona avevano incluso nello scellerato teorema: narcotraffico = mafia = DC; teorema che più indiziario di così non potrebbe essere. Tirando le conclusioni, non è ovviamente l’ennesima trasformazione che è di qualche interesse riguardo a questo personaggio, ma una domanda che si può ben porre allo stesso e magari anche a certi ambienti: che cosa pensano del vero mercato della droga e di quelle entità che lo animano, lo incrementano e lo amministrano col fine dichiarato di annichilire il Cristianesimo e quella civiltà in cui esso è innestato da duemila anni? Credo proprio che non ci sarà una risposta. Angelo Burlando La ringrazio per non aver preteso una risposta da me. Il Direttore» «”Siamo spiati tutti, incombe su tutti un disastro. E perché? Perché alla radice di tutto c’è la troga”. Queste parole dice una vecchia signora al commissario di polizia Pantieri. Siamo […] in un’epoca imprecisata che assomiglia molto al nostro passato recente. Entro poche ore, lo stesso Pantieri sente persone assai diverse nello stesso apparente lapsus: dicono troga invece di droga. Ma, come ogni bravo investigatore, Pantieri pensa che il lapsus sia un passo verso la verità. Che cosa sarà, allora questa troga? Comincia qui a tessersi, fin dalle prime righe, una trama delle più stupefacenti, complesse e oltraggiose. Vi incontreremo sètte devote al Male, feroci delitti, banchieri, politici corrotti, terroristi, ragazze di vita […]. Ma questi sono i sintomi del male. Il vero male è più profondo; io temo che si voglia provocare una mutazione del genere umano. […] Avessimo avuto la preveggenza di sospingere gli ultimi ideologi nei consigli di amministrazione, come facemmo con i contestatori del Sessantotto […]». Giampaolo Rugarli, La troga, Adelphi, 2a di copertina, pp. 16, 118 «[…] qui torniamo alle considerazioni fatte sul “nucleo cesareo del potere” […]: l’uomo di intelligence ontologicamente non è democratico – anche al di là delle sue personali convinzioni politiche – perché la sua stessa funzione non lo è» Aldo Giannuli, Come funzionano i servizi segreti, Ponte alle Grazie, p. 326 «The power elite, especially the liberal elite, has always been willing to sacrifice integrity and truth for power, personal advancement, foundation grants, awards, tenured professor ships, columns, books contracts, television appearances, genreous lecture fees and social status. They know what they need to say. They know which ideology they have to serve. The know what lies must be told – the biggest being that they take moral stances on issues that aren not safe and anodyne». Thomas Stephens is a lawyer in Detroit, in Detroit’s New Bankster Plutocracy. “Plutocracy”: the rule of control of society by the wealthy, in www.counterpunch.com, 4 aprile 2013 Dell’inizio. «D’altro canto comincia a profilarsi un altro problema non di sistema ma di dominio. Il traffico di droga è il core element di questi traffici clandestini e questo traffico appare sempre più dominato dalla mafia cinese. Questi capitali, la straordinaria vitalità delle economie est-asiatiche e l’insistenza occidentale nel voler mantenere illegale il commercio di stupefacenti potrebbero combinarsi in una miscela mortale: l’Occidente potrebbe rimanerne sconfitto commercialmente, arretrato industrialmente e con le strade piene di drogati e malati di Aids. Per la Cina potrebbe essere la vendetta per la guerra dell’oppio: ancora una volta il papavero bianco avrebbe giocato un ruolo importante nel teatrino dei vincenti e dei perdenti nella storia». È come un *** tto al fegato: “l’insistenza occidentale nel voler mantenere illegale il commercio di stupefacenti”. Ecco centrato l’obiettivo! Si noti l’assonanza d’emblée - dei due autori liberal - con le tematiche da tempo tambureggiate da George Soros e compagnia sulla legalizzazione delle droghe. Segno che alta finanza e pensiero d’avant-garde vanno (strano a dirlo?) a braccetto? Non sarebbe però notitia criminis solo dei nostri giorni. La troviamo infatti presente ubiquamente, ad un facile scandaglio delle cronache passate. «Due storici inglesi dell’India, Edward Thompson e G.T. Garrett, hanno descritto i primi anni dell’India britannica come “forse il punto più alto mai raggiunto dal guadagno illecito”, “una brama d’oro, paragonabile solo a quella degli spagnoli dell’era di Cortés e di Pizaro, si impadronì degli inglesi. Il Bengala, in particolare, non avrebbe ritrovato la pace finché non fosse stato dissanguato”. Significativo il fatto, fanno notare, che una delle parole indù ad essere entrata nel vocabolario inglese sia stata proprio loot, saccheggio […]. Il Bengala allora era rinomato per il suo cotone pregiato, adesso scomparso, e per l’eccellenza dei suoi tessuti, ora importati. Dopo la conquista britannica, come scrisse il mercante inglese William Bolts nel 1772, i commercianti inglesi, usando “ogni possibile trucco”, “acquistavano le stoffe dei tessitori ad un prezzo molto inferiore al loro valore…”. “Vari ed innumerevoli erano i metodi usati per colpire i poveri tessitori…multe, arresti, fustigazioni, l’imposizione di dazi sulle merci, etc.”. “L’oppressione ed i monopoli” imposti dagli inglesi “sono stati la causa del declino dei commerci, della diminuzione delle entrate e dell’attuale rovinosa situazione del Bengala”. Adam Smith, forse basandosi su quanto sostenuto da Bolts… scrisse quattro anni dopo che nello scarsamente popolato e “fertile paese” del Bengala, “tre o quattrocentomila persone muoiono di fame ogni anno”. Questa situazione è il frutto delle “arbitrarie normative” e “sconsiderate limitazioni” imposte dalla potente Compagnia delle Indie sul commercio del riso, che trasformano la “scarsità in carestia”. “Non era insolito” che i funzionari della Compagnia, “quando il capo prevedeva che l’oppio avrebbe reso un maggior profitto”, facesse scassare “un fertile campo di riso o di grano…per sostituirlo con una piantagione di papaveri”». Forse di fronte ai peccati – quali essi siano - di Berlusconi tanto lapidati all’unanimità dalle congreghe anglosassoni, con il forte battage della stampa d’avanguardia nostrana, (composta da eredi - de facto e culturalmente parlando - di quella schiera di italiani che tradì la Patria servendo come vili maggiordomi i poteri forti anglosassoni, ai fini della nostra disfatta in guerra) sino alla vetta dell’iceberg della copertina dell’Economist (Berlusconi is unfit to lead Italy), viene da chiedersi dove sia andata a finire la memoria di questi signori che non porta traccia alcuna delle loro infinite nefandezze. Che abbiano anche loro una dirompente “passione per l’etica” degna dei Meridiani mondadoriani? Eppure questi “signori” non hanno nemmeno mai accennato, come invece fa l’inglese “The Guardian” a stigmatizzare ad esempio un primo ministro britannico quale fu John Major, che si macchiò di colpe ben più lorde di quelle del bunga-bunga. A questo proposito, in Italia, non si sciorina nessuna etica se non quella del più profondo silenzio, del più assordante conformismo allo status quo. Il “Guardian” invece riporta che «Major scrisse lunghe lettere piene di offuscante disonestà» ai parenti di otto Fucilieri inglesi che furono uccisi dal fuoco “amico” degli statunitensi nella prima guerra dell’Iraq. Stessa cosa reitera sempre il “Guardian” sul massacro di Srebenica, nel 1995, dove 8.000 uomini vennero letteralmente macellati a freddo dalle truppe di Milosevic e Major non fece niente per fermare queste ultime. Vogliamo continuare? Che dire di John Profumo, che nel 1963, in qualità di membro del governo inglese, tra le fila del partito Conservatore, si dovette dimettere a causa dello scandalo suscitato dalla sua relazione extraconiugale con Christine Keeler, una ragazza squillo che allo stesso tempo intratteneva una tresca con l’attaché navale russo, e spia, Yevgeny Ivanov? A quando una copertina dell’ “Economist”? Aspettiamo – trepidanti - che Bill Emmott, sempre pronto a fustigar i costumi di casa nostra, scriva presto un editoriale, ovviamente ospitato dai nostri quotidiani eccelsi, o giri un cortometraggio su Profumo o su Major. Chissà che la nostra attesa non venga delusa… Ma continuiamo a seguire i foresti mastri d’ascia di queste figure da pasionara dell’etica. «Nei primi anni dell’Ottocento, i redditi dell’East India Company derivanti dalla vendita dell’oppio alla Cina, scrive Keay, venivano subito dopo le rendite terriere, “con profitti tali da poter soffocare qualsiasi scrupolo morale degli inglesi e da opporsi con ogni mezzo alla richiesta cinese di bandire quel narcotraffico”». Stiamo iniziando ad inquadrare da quali oscuri loggioni si pretende di impartir lezioni di morale? Il termine “oscuro”, di matrice iniziatica non desti facile scalpore, né tantomeno faccia alzare il sopracciglio che si agita ad ogni sentor di complottismo. In un libro privo di ogni sospetto del genere, ed anzi, che è un manifesto neanche tanto celato di un’apologia di questi nuovi vandali della finanza (così nel testo), nucleo centrale appunto del Potere Iniziatico, a firma di Gregory J. Millman, Finanza barbara, si parla espressamente della nascita di un nuovo invisibile potere di pochi iniziati in grado di muovere le leve della nuova finanza e del famigerato libero mercato. Per questo il titolo del presente testo porta la “e” commerciale &. Vedremo nel prosieguo che la centrifuga del ’68 non fu nient’altro che un “prodotto culturale” generato e terminato dalle banche. Tutto nasce dalle banche e tutto muore nelle banche. *** Quasi per caso “inciampo” in una recensione del libro Ninna Nanna di Chuck Palahniuk che per le vicissitudini singolari della vita sembra illuminarci in questo viaggio nel cuore di tenebra del Potere Oscuro. Dice Palahniuk: «Ninna Nanna è la storia di un incantesimo che si propaga come un virus, e i richiami al Grande Fratello nel libro abbondano. Gli incantesimi e la magia hanno in comune il loro essere contorti. Più l’incantesimo è contorto, più il suo effetto sarà di contorcere e deformare la mente della vittima. La confonderà. Si impossesserà della sua attenzione. La vittima inciamperà. Avrà i capogiri. Non riuscirà a concentrarsi. Proprio come il Grande Fratello coi suoi canti e i suoi balli. Non è che “l’immaginazione al potere”, il celebre slogan del ’68, si sia realizzato, sì, ma in un modo perverso?». La storia di questa perversione, di questa possessione degli individui operata dalla rivoluzione sessantottina, è uno dei temi portanti di questo libro. Per capire la portata di questo sconvolgimento si possono rammentare parecchi “quadretti” esplicativi del prima e del dopo ’68. Uno lo troviamo in Adulti con riserva. Come era allegra l’Italia prima del ‘68, di Edmondo Berselli. A pagina 9 leggiamo: «Una volta mio padre venne candidato alle comunali, un po’ controvoglia, e sul giornale locale pubblicarono addirittura la sua foto, con una biografia che lo dipingeva come una specie di eroe della resistenza al comunismo “nella difficile realtà emiliana” […]. Un secolo dopo, eravamo tutti di sinistra, alcuni molto franco-fortesi e adorniani, o marcusiani, hegeliani e freudiani, e si leggevano libri che volevano smantellare la famiglia o distruggere la scuola borghese […]». Più nello specifico, la biografia del leader del gruppo pop The Doors, Jim Morrison, è un suggello, non ultimo di una serie di segnali inequivocabili, dell’aura mortifera, che la dice lunga sul carattere profondamente nichilista del Movement che mentre esaltava la “vera vita” finiva per schiantarsi nella reale morte. Il titolo è mutuato infatti da un leit motiv dello stesso Morrison che recitava così: Nessuno uscirà vivo di qui. Non si creda che quella di Morrison sia stata una vicenda a se stante. Una vicenda posta qua solo per esaltare le tesi pro domus nostra. La lista di personaggi che sono finiti come larve umane, suicidati, auto-annichiliti o protagonisti di fatti cruenti quanto letali è lunghissima. Un’autentica porzione di cimitero. Singolare - quanto tremendo - il caso di William Burroughs, uno dei più accaniti mallevatori della Controcultura libertaria che, ricordo, fra i suoi fini centrali aveva quello del femminismo, e della liberazione della donna. Ebbene, egli sparò a sua moglie, uccidendola. Un eclatante quanto terrifico prodromo del “femminicidio” che vedremo in azione violentissima negli anni post Duemila. Parafrasando Agnelli (“La Sinistra farà quello che la destra non osa fare!”), si potrebbe dire che la Controcultura oserà mettere in pratica i più efferati crimini a stento immaginati dalla peggiore Borghesia. Ma tra la Beat Generation non son tutte rose e fiori come la vulgata vorrebbe spacciare, e così «affiorano tanti segreti e l’ultimo lo pubblica This is the beat generation a firma di James Campbell. La storia è quella di Lucien Carr, 19enne studente della Columbia University, un esteta stravagante. Fu proprio Carr ad attirare l’attenzione di tre giovani intellettuali che frequentavano il campus: Jack Kerouac, 21 anni, William Burroughs, 30, Allen Ginsberg, 17, che tramite lui s’incontrarono per la prima volta. Il legame con Carr durò poco: una notte il giovane accoltellò a morte un corteggiatore troppo pressante. Il giorno dopo andò al museo d’arte moderna con Kerouac e poi si costituì». Caleb Carr, scrittore, figlio di Lucien ebbe a dichiarare: «Sono stato allevato in una famiglia in cui la violenza era all’ordine del giorno: una madre e un padre alcolisti persi e due fratelli disperati». Una addenda. La fascinazione malefica e il connubio strettissimo tra eros e thanatos dentro l’ambiente omosessuale non è più un tabù da quando ha fatto scalpore il romanzo di Jonathan Littell, Le Benevole, in cui seppur sotto forma di prosa, la mitografia del gay tutto rose, fiori e gaiezza si disintegra in mille pezzi. Il protagonista è un omosessuale nazista e criminale incallito. D’altra parte, sul versante della saggistica rimane tutt’ora insuperato il testo di Scott Lively e Kevin Abrams, The Pink Svastika. Homosexuality in the Nazi party, in cui si mette in luce la profonda genealogia pederasta insita nel nazismo. Che ci sia stata qualche filiazione omosex nel nazismo, derivante - a sentir Stephen Spender - dalle deliziose «debosce berlinesi ai vecchi tempi, primo dell’arrivo di Hitler»? Autentiche dissonanze cacofoniche per il pensiero mainstream dei giorni nostri! Ora sappiamo chiedere venia alla canea arruolata quanto prezzolata dal politicamente corretto che si scatenerà, latrando, contro il nostro associare nelle “fenomenologie” che andremo descrivendo, categorie sociali culturalmente non solo protette ma incensate senza sosta dal pensiero corrente. A tale proposito ci si consenta di rispolverare Georg Simmel, per confutare che si tratti da parte nostra ogni erba come un fascio, il quale nel ricordare Bismarck citava le sue memorie riferendosi ad «un’associazione di omosessuali molto radicata a Berlino, che lui aveva conosciuto nelle vesti di giovane magistrato, e sottolinea l’effetto parificante, attraverso tutti i ceti, del comune esercizio del proibito». Niente di totalmente inedito comunque sia. «Nell’opera del “fratello Clevel” – che fu colpito dalla censura dal Grand Orient come reo di indiscrezione e di violazione al giuramento del segreto, ma non espulso dalla massoneria […] si trova un curioso passaggio relativo a un’associazione segreta di sodomiti dal quale risulta che anche Philippe d’Orléans […] era stato un gran maestro di una società segreta, società che può aver giocato un ruolo occulto nello stabilimento degli alti gradi al tempo della rivoluzione francese». Del resto questo fil rouge sarebbe stato attizzato – e coltivato meticolosamente - a lungo. In «The Paris Working (Opus Lutetianum) Crowley descrive una serie di operazioni magiche che intraprendeva con l’aiuto di Frater Tradam (il poeta Victor Neuburg). Si servivano di una formula omosessuale che Crowley in seguito incorporò nel Santuario Sovrano […]» a testimonianza che il cocktail finale che si para dinanzi ai nostri occhi ha elementi noti, uguali e costanti nel tempo. Tanto che Kenneth Grant, un esegeta dello stesso Crowley si premura di affermare, se mai ce ne fosse bisogno, che «[…] l’uso sodomitico del sesso a scopi magici […] è formula valida». Federico Mavì, o chi si cela dietro questo pseudonimo, racconta che «nel rapporto sodomitico […] esistono radici, non già nella perversione gratuita, ma nell’arte mistica alchemica». Lungi da noi ogni tentativo di discriminazione causato dall’appartenenza ad un’area etnica, religiosa, culturale, politica o sessuale. Sappiamo troppo bene che invero l’unica concreta discriminazione a questo mondo è quella del Potere Oscuro contro chi non ha alcun potere, sic et simpliciter. L’unico vero, autentico, razzismo è il disprezzo – lo ribadiamo - del Potere Oscuro ai danni di chi non ha potere. Se non fosse così non si spiegherebbe come mai tanti gay facoltosi siano ai vertici assoluti della moda, dell’industria culturale, della finanza, e au contraire una miriade di gay non abbienti siano discriminati tout court. Uno su tutti, Alain Danielou. «In Francia [un suo libro; N.d.A.] ebbe subito una grande risonanza mediatica grazie ad una puntata del programma televisivo Apostrophe […]. Il presentatore Bernard Pivot, cominciò il programma presentando Alain Danielou come “indianista e omosessuale […] facente parte dell’ establishment parigino. Suo fratello Jean, il cardinale, e suo cognato George Izard, l’avvocato, non avevano fatto parte entrambi dell’Academie Française? Pivot aggiunse infatti. “Voi siete un marginale che è riuscito a sfondare”». Come ebbe a dire Humphrey Bogart in Casablanca: “È la stampa… bellezza!”, e noi facendogli il verso: “È il borsellino… bellezza!”. A New York, al ristorante Le Cirque – uno dei templi della ristorazione di classe – non si nega un Sassicaia, o uno Chateau Lafite, a nessuno, a prescindere da qualsiasi etnia o gusto sessuale di sorta, purchè fornito di abbondante pecunia. Questa è la vera discriminazione. Cerchiamo di far tesoro di quanto scrive lo storico ebreo Cecil Roth: [egli] «afferma che gli ebrei possiedono requisiti eccellenti per far da agenti segreti», e così auspichiamo – confortati da tanta celebre fonte - animi più calmi, e volti più sereni. Vale la pena di ricordare che Freud, confezionò un discorso di empatia profondissima con la loggia in capo del B’nai B’rith, la massoneria ad uso degli ebrei. Non riuscì a leggerlo lui stesso ma lo fece fare a suo fratello Alexandre. «I grandi pensatori ebrei del XIX secolo avevano compreso che per vincere sul piano della storia universale dovevano eliminare l’antico ordinamento cristiano del mondo, dunque accelerare la secolarizzazione e la disgregazione di quell’ordine, diffondendo i concetti della dissoluzione». Freud – da uomo arguto - era consapevole di questi disegni? A sentire il Vannoni, mentre «Carl Gustav Jung apparteneva al Rito Scozzese Rettificato […] una frangia massonica […] Freud apparteneva […] assicura Pierre Mariel, che oltre ad essere un affermato studioso di esoterismo è anche membro di tale Rito, a una massoneria del tutto diversa […] quella dei B’nai B’rith […] riservata solo agli ebrei». «Jung dopo aver abbandonato, in giovanissima età, il calvinismo svizzero, la fede nella quale era stato cresciuto, era rimasto senza una propria chiesa; per lui l’ebraismo, come l’occultismo, era un’intrigante chiesa della porta accanto». «A spingere Jung verso gli gnostici fu il loro modo di pensare per paradossi. Perciò Jung si identificò qui con lo scrittore gnostico Basilide […] e assunse parte della sua terminologia: per esempio, Dio inteso come Abraxas. Fu un deliberato gioco mistificatorio». Vogliamo porre l’accento sul “gioco mistificatorio” per riallacciarci a quanto si è detto all’inizio? Insomma se l’abito è vero che non fa il monaco, un certo habitus umano invece, di quelli elencati sopra, permette di tessere reti di conoscenze, estese quanto compatte nei loro scopi, e quindi di essere un passepartout che apre moltissime porte nelle stanze del potere, altresì negate alle persone qualunque. *** Stessa negromanzia si replicò in Francia con il filosofo marxista Louis Althusser che il 16 novembre 1980 uccide, strangolandola, la moglie, Hélène Rytmann, tanto per essere un po’ “femminista” per davvero. Pensate che sia stato condannato? Che abbia scontato la pena? No, di certo. Un consesso di giudici lo dichiarò nel febbraio 1981 mentalmente incapace di intendere e di volere. Nel novero di questo carro funebre spicca la vicenda di Ed Sedgwick. Bella ereditiera di una facoltosa famiglia americana, la Sedgwick, giovane quanto promettente attrice della Factory di Andy Warhol, finì distrutta dalle droghe in men che non si dica. Ne L’amor mio non muore, un “sussidiario” per il perfetto rivoluzionario sessantottino troviamo uno squarcio significativo di come si immaginava allora la società perfetta del futuro e che impressiona per l’estremo realismo nel raffigurare il quadro contemporaneo popolato da “animali parlanti” stile Grande Fratello, l’Isola dei Famosi, e via di seguito, nella sequela di quella grande agenzia della diseducazione che risponde al nome di TV. Quello che allora appariva come miraggio di stampo nietzschiano dell’Uomo Nuovo (“Diventa ciò che sei”) è incredibilmente comparso, ritagliato come una figurina al millimetro, nel giro di pochi decenni, a mo’ di Golem, con tutte le sembianze e le movenze del caso, all’insegna del più grande conformismo edonista. Adorno stesso, esprimendosi nella sua peculiare ambiguità ove una mezza verità diventa mezza falsità, e viceversa, in un labirintico gioco degli specchi, scrisse a proposito che «l’oppressione del conformismo che grava su chiunque produca diminuisce ulteriormente le esigenze che questi rivolge a se stesso. Ciò che si sta disgregando è il centro dell’autodisciplina spirituale in quanto tale». In effetti, e lo vedremo a fondo più avanti, il focus nodale a cui si è teso in una maniera spasmodica in questa rivoluzione “colorata” che risponde al nome del Sessantotto è stato proprio quello di centripetare fino allo sbaraglio, sino allo scasso forzato, l’autodisciplina spirituale. Un tipo umano – figlio assolutamente legittimo del ’68 - che ha introiettato tutti i suggerimenti del marchese De Sade (“Godi sempre di te stesso e dei tuoi simili senza domandarti se è giusto e lecito”) senza avere neanche un briciolo del suo essere aristocratico, ma anzi, sprofondando nella più immensa cafoneria, mancanza di classe e contadineria immaginabile, a prescindere dai livelli di reddito e di censo. Fabrizio Corona era già all’orizzonte. «Il gioco più divertente di tutti è fare l’amore. Fin dall’antichità ha procurato le più grandi gioie che esistono. Per fare questo bisogna mettersi tutti nudi e accarezzare il corpo e le parti sconosciute dei vostri compagni e delle vostre compagne. È molto bello! Non date retta ai vostri genitori quando vi dicono che toccarsi è pericoloso. Non è vero! Non ha mai fatto male a nessuno! Guardatevi dai fumetti menzogneri quando il denaro è necessario per divertirsi. Quando non avete i soldi per comprarvi un dolce, un libro, un giocattolo o altre cose che vi piacciono rubatele, perché sono vostre! Tutto ciò che desiderate è vostro […]. Tutto quello che vi hanno detto sul dovere, la patria, la gerarchia, la disciplina, la cultura generale, la religione e la morale e le leggi è completamente falso. Sono tutte fesserie. Bisogna sbeffeggiare chi vi parla di queste cose: ridetegli in faccia! Quando i genitori vi dicono: “Dovete essere riconoscenti……”, voi dovete rispondere: “Genitori, su di noi non avete alcun diritto….non illudeteci di poterci comandare”. Riassumendo: solo gli imbecilli studiano, obbediscono, pagano e fanno non tutto quello che fa loro piacere. Intelligenti sono soltanto coloro che hanno il coraggio di avere un unico scopo nella vita: divertirsi!». La parte liberal del culturame rifiuta a parole questa pesante “eredità” sessantottina ma poi la sottoscrive con i fatti. È proprio di questi giorni, sul finire del 2012, sentire Franco Bolelli del giro di Repubblica, asserire in TV a Le invasioni barbariche (nomen omen!) che «sono le regole a doversi adattare al bambino, e non è il bambino che si deve adattare a loro»! Del resto, la funzione scardinante di quello che potremmo definire insurrezione erotica, una “possessione” assolutamente realistica, oltre e contro ogni ordine di qualsivoglia genere, non è nuova nella storia. Durante la rivoluzione francese, a partire da De Sade sino a Fourier, passando per Mirabeau, la produzione di letteratura pornografica fu veicolo di profondissima sovversione sociale. Ci avverte così il “fine” aedo della folie circulaire Zolla: facciamo bene attenzione a cosa dice in quanto il monocolo di cui ci dota è quello di chi sa. «Il gusto di parteggiare per il perdente porta ad avventure incredibili e alla fine ripugnanti. Non soltanto gli oppressi dalla tracotanza dell’industria o dalla ragion di Stato attraggono come calamite la sensibilità romantica, ma anche gli inetti, i viziosi e infine gli abietti. Il romanticismo estremo ribalta interamente il sistema dei compensi e delle pene, cambia sistematicamente di segno tutte le valutazioni non solo della morale ma del gusto. La libertà e la superiorità al costume diventano spesso pretesti di una rivolta sadica, cioè di un estremo illuminismo, ammantanto di bei romantici pretesti. Questa continuità fra il sadismo settecentesco e certi sospetti sdilinquimenti romantici si può seguire nella sua sotterranea continuità se si fa la storia minuziosa della fortuna di Sade. Sempre due atteggiamenti diametralmente opposti hanno un punto di contatto. Sempre due avversari inflessibili nascondono un tratto di comunanza. Fra l’estremo illuminismo e l’estremo romanticismo c’è un luogo segreto di incontri. La continuità del romanzo gotico o dell’orrore dal ‘700 all’800, attraverso lo spartiacque fra l’illuminismo e il romanticismo ne fa fede. Uno dei frammenti di Federico Schlegel sull’Atheneum dice tutto: “Se si scrivono o leggono romanzi basati sulla psicologia, è illogico voler evitare la più noiosa e interminabile analisi delle voluttà innaturali, delle pene atroci, delle infamie più raccapriccianti, dell’impotenza più laida ai sensi e dello spirito”. […] Gli autori del romanzo inglese settecentesco escono a volte da quelle confraternite sataniche e sadiche note come Hellfire Club. I club del fuoco infernale. Vi si praticavano gli orrori sognati dal marchese di Sade e si ordivano le file dei complotti politici». Ci sarebbe da chiedersi se a De Sade fu fatto scontare in segregazione carceraria uno scorcio significativo della sua vita per avere divulgato i segreti inconfessabili di certa aristocrazia malata, piuttosto che per la blasfemia e la pornografia inserite nei suoi testi. Probabile che il Marchese De Sade fosse consapevole di ghenghe simili a quelle presenti in Inghilterra che ruotavano attorno alla figura di Jack Lo Squartatore. «L’amico più intimo di Clarence, già suo amante, James Kenneth Stephen, era figlio del giudice Sir James Fitzjames Stephen. C’erano state malattie di mente a iosa nella famiglia Stephen […] tra le quali quella conclusasi col suicidio della cugina di Stephen, Virginia Woolf […]. Fino a diciannove anni, il duca di Clarence era stato pressoché inseparabile dal fratello minore Giorgio. Poi era stata presa la decisione di nominare Giorgio sottotenente della Marina e di spedire Eddie al Trinity College di Cambridge. Si sentiva la necessità che Eddie avesse a fianco qualcuno che sostituisse Giorgio, qualcuno che gli potesse essere amico, consigliere e maestro. La scelta cadde su J.K. Stephen, di poco maggiore d’età di Eddie. Egli provvide a un’intensa preparazione di Eddie, durata tre mesi, prima di entrare al Trinity College di Cambridge, nell’autunno del 1883. Qui, dice Harrison, Eddie entrò a far parte di una cripto confraternita di invertiti, della quale faceva parte Stephen, oltre che un poco raccomandabile soggetto, Oscar Browning, ex direttore del convitto a Eton, espulso per indebita familiarità con uno degli allievi, ma ciò nonostante ammesso a far parte del consiglio accademico al Trinity. Pur non essendo possibile averne le prove, Harrison sostiene che Stephen diventò l’amante di Eddie. Eddie era bisessuale: Harrison definisce panerotico il suo vivo interessamento alla sessualità. Altrettanto sarebbe stato, in misura inferiore, anche Stephen». *** Capitolo II L’Aurora Acida: L’Alba del “Nuovo Mondo” «Penetrare la nebbia dei nomi e delle parole con le quali lavora la macchina psicotecnica della suggestione di massa, additando la legge segreta di questo vocabolario, in base al quale la guerra più terribile può essere condotta solo in nome della pace, l’oppressione più terrificante solo in nome della libertà e la disumanità più abbietta solo in nome dell’umanità». Carl Schmitt in Le società segrete, Gianni Vannoni, Sansoni, p. 111 «Voi siete stati privati dei vostri diritti e non avete saputo indignarvi. Tremo al solo immaginare che tipo di mondo sarà quello costituito da individui come voi». Yi Munyol, scrittore coreano, da un discorso rivolto ai suoi connazionali in Cinquant’anni sotto il tallone del Grande Leader, Renata Pisu, “Repubblica”, 10 luglio 1994, p.13 Qui ci piacerebbe che si gettasse maggior luce, pur se non fosse quella definitiva - il finale “velo alzato per i curiosi” - sul tourbillon sessantottino, ben oltre non solo alle decine di testi commemorativi quanto “incensanti”, o di converso, screditanti, ma pur sempre in nome di un’ideologia, e quindi, a loro modo, “coprenti” la sostanza delle cose. E ci piacerebbe che questa maggior luce fosse in qualche modo proiettata oltre i pochi testi che già si sono incamminati in questa direzione. Il primo di tutti, Acid Dreams, di Martin Lee e Bruce Shlain, che se da un verso è un lavoro magistrale avendo per primo aperto le danze sul tema, dall’altro, si esime dal trarre alcuna conclusione su cosa va dicendo. E oltre Rivoluzione psichedelica, lavoro ben argomentato di Mario Arturo Iannaccone, pur col limite di ispirare la tesi per cui la Controcultura fosse stata il portato di una CIA, per così dire liberal, progressista, di sinistra insomma. Oltre anche ad Acid, di David Black, una sorta di continuazione in profundis di Acid Dreams, con ampi scorci sulla situazione della Controcultura in Europa. Acid Dreams stesso, peraltro, porta in sé la confutazione più cristallina della tesi di Iannaccone: «Qualcuno nell’ambito della comunità dell’intelligence evidenziò i potenziali benefici sociali di droghe come l’LSD […] e una delle prime voci a levarsi in pubblico per parlare in favore di questa visione fu quella del magnate dell’editoria Henry Luce, che considerò il suo impero “Time-Life” come la voce semiufficiale del Dipartimento di Stato americano. Luce, dietro le quinte, era un accanito sostenitore del valore dell’LSD e mescalina come mezzi per allargare la mente dell’élite politica americana e incoraggiava i suoi compagni di trip a collaborare con la CIA». Quindi, all’evidenza, nessun complotto di sinistra tout court, visto che Henry Luce rappresentava la parte più “reazionaria” presente negli Stati Uniti, in quanto nelle alte sfere del Potere Oscuro, le categorie “sinistra” e “destra” sono solo, appunto, mere categorie e nulla più, degne maschere d’essere indossate ora su questo volto, ora su di un altro, ai fini ultimi del Grande Gioco dell’Inganno. Potere Oscuro, Potere Opaco : ne spiega la ragione e il funzionamento un’efficace metafora che il “New York Times” usò anni fa per descrivere la potenza devastante della finanza derivata. Essa racconta che tale force de frappe finanziaria gravitava sulla terra come un asteroide, seppur invisibile dal nostro pianeta, sebbene esercitasse un potere, una leva di attrazione irresistibile, magnetica, su tutti noi. Il Potere Oscuro è tutto questo, e non è certo un caso che la finanza derivata sia una sua mostruosa creatura. Bisogno di maggior luce, si diceva, in modo da scorgere non solo gli attori, i gregari, i caratteristi, l’eventuale cammeo, le comparse, il plot, come ci hanno sapientemente mostrato questi lavori, ma anche e soprattutto per iniziare ad evidenziare chi sono stati, nel buio oltre la siepe, i registi e i produttori di questa rappresentazione dello spettacolo della rivolta degli anni Sessanta. In linguaggio contabile attuale verrebbe voglia di dire che ci piacerebbe computare il Roe, il ritorno sull’investimento fatto. Non tanto e non solo, per quanto attiene al conto della serva su chi ha guadagnato autentiche fortune economiche con questa autentica necrofilia esperita sulla pelle di migliaia di morti di droga, e chi continua a farlo oggidì. Quanto per capire, o almeno per occhieggiare, quale era, e qual è il ritorno che Lor Signori contavano ci fosse sull’investimento. Ritorno, premio, di natura impalpabile (che sospettiamo sia stato il vero movente di tutta l’operazione). Il ritorno “incassato” è stato ancora una volta il salto di paradigma comportamentale il cui risultato odierno è l’Uomo Dissolutorio che vediamo agire (in realtà agito) ai giorni nostri. D’altronde la cosa non è del tutto nuova. Nella rivoluzione culturale dell’Illuminismo s’erano già ampiamente sperimentati meccanismi del genere. «Benché Barruel sia stato tra i primi ad insinuare che le Logge fossero la “santa barbara” del processo rivoluzionario (come enunziò in Le patriot véridique ou discours sur le vrais causes de la Révolution actuelle), indubbiamente Lefranc ebbe il discutibile merito di sviluppare per primo un ragionamento organico e articolato, nutrito da riferimenti storici, per addebitare gli eventi a un “complotto” di cui la Massoneria era a un sol tempo responsabile e tramite». Non lo scriviamo noi, ma bensì Aldo Mola, noto fan della Massoneria stessa. E anche da noi, lo stesso procedimento ebbe luogo quando «proprio da Copenaghen, un religioso e archeologo danese aveva intrapreso un viaggio, alquanto misterioso, verso Napoli, le Calabrie e la Sicilia […]. Quel personaggio era venuto insomma – questo non era noto - a collocarsi, con un ruolo di stimolo e di aggregazione, all’inizio di una fase di elaborazione teorica e di azione politica che condurrà fino al risorgimento italiano […]. Il Demetrio per il suo potere massonico, e Gaetano Filangieri per la sua autorità morale che lo metteva al di sopra di tutti, sono le persone cui fare riferimento. Il disegno, si capisce, è quello di ristabilire l’autorità della massoneria inglese. Era stata una delle finalità del Munter a Napoli e in Sicilia…». Scenari simili a quanto accadeva a Firenze nei primi del Settecento dove «una loggia […] composta originariamente da inglesi, cui si era unito un gruppo di fiorentini, tra cui Paolino Dolci, notorio amante del granduca Gian Gastone […]». Dobbiamo prendere atto che, per un oscuro destino della sorte, sodomia, influenze straniere arbitrarie e realtà eterodirette vanno naturaliter a braccetto assieme, a dispetto di ogni periodo storico. Quindi nihil sub sole novi, ma è l’ora di comprendere, o perlomeno, di tentar di farlo, le cose come sono e non come appaiono, con una tecnica mista, composita, di flashback e patchwork, scandagliando l’orizzonte come si fa con un periscopio. *** La porta della camera della figlia era socchiusa; dalla sala si sentiva un registratore che sciorinava l’ultima lezione di musica. Marta era andata da una famiglia nella quale la competenza per quest’arte era notevole, quanto era notevole la loro “magia” radical-chic. Sì, proprio “magia” l’aveva definita un nostro conoscente comune. A chi non capiva il perché di questa definizione rispondeva che loro erano presi entro una magia di cui loro stessi non ne conoscevano le leve né le motivazioni ultime. Francamente ai più questa sua spiegazione risultava un po’ fumosa. È vero che loro avevano – tra le altre amenità - un Canaletto autentico in salotto, e una teca piena di uova di Fabergé (solo con uno di essi si poteva comperare un bell’appartamento in centro…) ma tutto questo faceva di loro dei tipici gauche-caviar come tanti alla fine dei giochi. «In quegli anni era di moda per gli “aristocratici” alto borghesi flirtare con la “strada”. All’epoca […] ricordo due sorelle ricchissime che raccoglievano soldi per i “compagni detenuti”. La sera si andava spesso a mangiare da loro, in una casa lussuosissima, bivaccando. Ero circondato da gente che disprezzava la ricchezza, ma la sfruttava fino in fondo». Non si capiva cosa c’entrasse la magia in quel contesto, per giunta così razionalistico e tardo-illuminista. Forse rammentandomi di questi discorsi, forse no, è allora che captai un loro accenno tra un tentativo di far suonare a modo una scala musicale, senza eccessive stonature. Il loro discorso riecheggiava la condanna, il disprezzo astioso, uscito dalle labbra di Anna Wintour – la nota direttrice di “Vogue America” - in occasione della settimana della moda milanese, contro le tarantelle del satrapo italiano che aveva intessuto un novello Satyricon dei nostri tempi. Pochi giorni dopo le aveva dato man forte Karl Lagerfeld, sempre tono su tono, per così dire. Ora seppur facilmente disgustati da quei vituperati scenari, il disgusto più grande lo si prova dinanzi a cotanta ipocrisia che lascia mettere in cattedra morale figuri come quelli che patrocinano milieu ove la moralità non sa essere di casa nemmeno un giorno, un’ora all’anno. Il mondo della moda è l’espressione più sopraffina di una delle massime agenzie della diseducazione e della mala moralità imperante. Come giustamente faceva notare Roberto Saviano in Gomorra nella stragrande maggioranza dei casi accanto agli headquarters delle Grandi Firme non esiste lo stabilimento produttivo. Questo perché semplicemente «la schiavitù esiste ancora, nelle fabbriche cinesi ma anche nel cuore della vecchia Europa. Gli schiavi del terzo millennio non sono servi della gleba […] sono lavoratori della moda, di un’industria che confeziona lussuosi capi di abbigliamento per le vetrine delle nostre eleganti boutique. Ma la responsabilità […] non è solo dei loro compatrioti aguzzini, bensì di molti stilisti e manager della moda […]». Il patronage immondo che larghi settori della Moda esercitano sulla promozione della più bieca corruzione della moralità è acclarato. Già nel lontano 1989, apparve un libro – di cui i Grandi Difensori Nazionali della Libertà di Stampa, i nostri Venerabili Maestri, si guardarono bene dal tradurre, e su cui ovviamente scese la più ferrea cortina di silenzio - a firma di Yann Moncomble, La politique, le sexe e la finance. Il testo getta luce sugli intrecci tra i legami serratissimi, ancorché insospettabili, tra alta finanza e promozione della débauche sessuale e politica. I legami sono i gangli vitali del Potere Oscuro. «C’è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d’incatenare l’uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l’epilogo […]. L’artefice lega con l’arte: poiché l’arte è la bellezza dell’artefice […]. Il senso è mezzano per il vincolante. Libidine rada e stimolata dal solo impulso naturale lega l’uomo ottuso […]. Il destinatario del vincolo, per essere vincolato, non richiede tanto vincoli reali, cioè quelli che sono così sostanzialmente, quanto apparenti, cioè vincoli d’opinione: infatti, l’immaginazione senza verità può vincolare veramente, imbrigliare davvero il destinatario del vincolo per via immaginaria. Posto anche non esista l’inferno, la credenza immaginaria nell’inferno senza fondamento di verità produce veramente un vero inferno. L’immagine fantastica ha la sua verità, con la conseguenza che essa reagisce realmente e realmente e potentemente resta imbrigliato chi si lascia vincolare e il tormento infernale si fa eterno con l’eternità della convinzione di fede; e l’animo, pur spoglio del corpo, conserva tuttavia il medesimo aspetto e nonostante tutto persevera con esso infelice nei secoli, anzi ancor più potentemente talvolta per indisciplina o diletto o acquisite parvenze». L’effetto dei media spiegato secoli prima che li inventassero. Questa patente ipocrisia ha un nome soltanto: conformismo. A questa parola ormai desueta per tutti si associa con un certo automatismo il pensiero del ’68. Esso aveva tra i suoi scopi principali quello del combattere il cosiddetto conformismo. È una eterogenesi dei fini allora? Oppure l’Armageddon sessantottino prevedeva proprio la sostituzione del mediocre, in senso lato, conformismo borghese con uno più scaltro, per così dire, che si ammantasse di uno spolvero di spontaneità e di improvvisazione, per quanto invece ferreo e totalizzante fosse la sua vera sostanza? *** Siamo finiti a decenni di distanza per essere immersi in una bolla magica di massimo conformismo ove i più turpi all’avant-garde osano dar lezioni ai poco meno turpi non perché peccano in moralità ma bensì perché proprio son ancor troppo poco amorali? Non che il ’68 sia stato - marxianamente parlando - la forma fenomenica del suo contrario? Nello stabile di rango, di questa famiglia, mentre attendevo Marta, poco distante dal video citofono, notai una macchia in terra, di notevoli dimensioni, ai piedi di un angolo del palazzo. Era vomito. Vomito, e quindi gesto assolutamente insospettabile in un palazzo estremamente signorile come quello. Inspiegabile anche agli occhi di un cittadino dei primi anni del Duemila. Qualcuno aveva evidentemente vomitato lì, durante la notte precedente, e non s’era dato pena di ripulire. Mi sovvenne in quell’istante un recente viaggio in treno, in cui salendo su una vettura, fummo tutti accolti da un puzzo insopportabile, di marcio, di sudicio, così stantio quasi che fosse apparentato a un odor di morte, di disfacimento. Le due fiumane di passeggeri (io tra di loro) mentre si andavano incontro, chi da un versante della carrozza ferroviaria, chi dall’altro, si tappavano il naso e si guardavano smarriti. C’era qualcosa di trasfigurante in quel sordido lezzo, che ti faceva perdere la bussola, in un treno di lusso come quello. Mi colpì per di più sentire una signora chiedere a quella improvvisata platea di viaggiatori, come se ponesse quella domanda a tutti ed al contempo a nessuno, cosa fosse quella puzza, da cosa venisse quell’odore nauseabondo. Una voce, senza neanche con l’intenzione di risponderle direttamente, disse: Nulla, Cara Signora! Sembra essere tornati al Sessantotto. Nel ’68 io avevo vent’anni e di quell’immensa, infinita, ineludibile procellaria mi ricordo ancora il tanfo che sgorgava dal ventre delle assemblee “continue”, dalle occupazioni forzate, da aule ridotte a lerci letamai. Un mondo di porci con le ali. E già. Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti è un libro che spopolò a metà degli anni Settanta, scritto dal duo Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, con gli pseudonimi Rocco e Antonia. Una sorta di pamphlet che mischiava la cronaca studentesca, sesso e politica, invitando alla “liberazione totale” dagli stereotipi borghesi. Un fortissimo basso continuo del ’68 che ritroveremo ad ogni piè sospinto nell’osservare questo Movimento “sinteticamente” tele-guidato. A quaranta anni di distanza, caduta la foglia di fico ideologica che serviva da paravento, di quel medium è rimasto il messaggio tout court: il sesso per il sesso. Sotto il vestito niente, men che meno dentro la testa. Non si cada nella trappola di sottovalutare il fattore erotico giacché si commetterebbe un terribile errore prospettico. «La magia erotica presenta altri aspetti di sconcertante modernità […]. Bruno […] in tale “scienza” vede un infallibile strumento psicologico per manipolare sia le masse che il singolo». Se si traguarda Porci con le ali con la macchina del tempo, si arriva nell’oggi ove un libro come Tribù di notte. Viaggio nelle ultime perversioni di tendenza, di Edoardo Montolli, testimonia che la pornocrazia si è democratizzata appieno ed ha invaso ogni alveo del sociale, sino ad un parossismo che ha dell’inverosimile. Circoli di cornuti che portano la moglie alla monta mentre guardano la cosa voyeuristicamente; scambisti; aficionado dei privé; esibizionisti e nuove tendenze del battuage; S&M; grotesque, e via di seguito squadernando per intero il catalogo delle proprie malattie sessuo-psichiche celebrando con fasti il funerale del pudore. Un altro missed-in-action del Sessantotto è il pudore difatti. Nessuno ha sentore di vergogna alcuna nel caleidoscopio della Persona Prodotta Professionalmente. Il ’68 volle abbattere, in maniera artata, il conformismo, cacciandolo del tutto apparentemente dalla porta, ma alla fine esso è rientrato a tutta forza dalla finestra, più forte che mai, mentre il pudore, una delle poche vestigia borghesi che valesse la pena non solo di salvare, ma di enfatizzare, grazie alla sua opera di schermo salvifico per la persona, è stato, in puro stile stalinista, mandato alle purghe letali. Racconta Concetto Vecchio, valente giornalista di “Espresso” e “Repubblica”, nel suo ritratto dell’epifania del ’68, Ali di piombo, che Raffaele Fiore, un capo colonna delle Brigate Rosse mentre «agguanta il coltello per il pane, comincia far saltare tutto lo sporco che ha tra le dita dei piedi, mentre Peci, intento a finire la bistecca, lo segue inorridito….». E più in là, al Macondo, un ristorante milanese fondato da Mauro Rostagno, descrive «David Cooper, giunto completamente ubriaco per una conferenza, vomiterà per tutto il pomeriggio perdendosi nel cesso, da dove sarà estratto con una certa fatica solo a tarda sera». David Cooper fu uno dei padri della cosiddetta anti-psichiatria. Quest’ultima fu un’autentica malattia sociale che con la scusa, per altro degna di un certo fondamento, di abolire le strutture dei manicomi carcerari, ove una schiera di dirigenti degli stessi avevano provocato regimi para-nazisti dei degenti, nei quali si rivelava il loro seguito della Via della Mano Destra, instaurò lo sbocco venefico della tracimazione di questi poveri esseri fuori da ogni alveo e contenimento. Essa riversò i malati entro la società civile, senza alcun supporto, per minare la medesima, infettandola con il diktat che ella è la causa della malattia psichica e quindi va curata “omeopaticamente” col suo stesso prodotto. Ciò ha dato il via alla “normalizzazione” della malattia psichica come “antidoto” venefico al Cristianesimo, in un mantra che rende onore al ritorno del Paganesimo, ed alla forzata instaurazione della Via della Mano Sinistra. Molti furono i fautori di questa praxis. Ad iniziare da Ronald Laing, un degno compare-di-merende di Cooper, non a caso entrambi gravitanti nell’orbita di quel covo che risponde al nome del Tavistock Institute of London; Gregory Bateson, Margaret Mead, fin su su ai giorni nostri con James Hillman, non dimenticando in terra nostrana, Gianfranco Basaglia, testa-di-ponte di questo diluvio. Laing incappò in gravi guai con la stessa associazione degli psicologi britannici tanto che questa lo interdì professionalmente e gli vietò la pratica medica a causa della sua dipendenza grave dall’alcol. Ebbe anche seri travagli personali, e pluridivorziato con un consistente numero di figli si ritrovò a mal partito. Da notare la schizofrenia particolare di chi, come psichiatra, sarebbe destinato a curare l’individuo, e la famiglia, e invece diventa il primo esempio vivente della propria dissoluzione causa alcolismo e il suo naufragio esistenziale. Si dice che la mela non cada mai lontano dall’albero. Parrebbe vero. I padri fondatori della psicologia, in effetti, furono gli archetipi del naufragio familiare. «Nel 1907 Minna Bernays avrebbe riferito a Carl Gustav Jung di aver avuto una relazione sentimentale con il cognato Sigmund Freud. Notizia che Jung non avrebbe mancato di divulgare […] se lui si era impelagato in una complicata storia d’amore con una sua paziente russa, Sabina Nikolaevena Spielrein, non era da meno il fondatore della psicoanalisi, che aveva trescato con la cognata». Non è singolare questo giocare a rimpiattino con la storia che stiamo raccontando da parte della figura professionale dello psichiatra, la quale sembra comparire con sempiterna puntualità ogni qualvolta si tratta di giocare alla mistificazione? Il tema su accennato è molto impegnativo e dobbiamo necessariamente premettere che esso è quello che di gran lunga, ci porta in limine alle sabbie mobili, tanto è vasta la sua incertezza. Tentando di avanzare con le dovute cautele, con lo scafandro, e i piedi di piombo, potremmo notare che gli obbrobri concretamente all’opera oggi, nella vita quotidiana, corrispondono alla perfezione con gli intenti voluti da certa psicologia per bocca di uno dei suoi massimi esponenti: James Hillman, l’erede di Jung. Sentiamo le sue parole. «Ma una cura, un risveglio ebbero nondimeno luogo sotto forma di ricostruzione della coscienza occidentale, che con la riscoperta della funzione immaginale dell’anima, poté cessare di identificarsi con la sua precedente unilaterale struttura psichica. La mente con un io al suo centro aveva perduto i suoi ormeggi; le cose si stavano scomponendo e, mentre il secolo si approssimava alla sua fine, la psichiatria scoprì la schizofrenia. Un nuovo relativismo era disponibile: esistevano altri miti oltre la Bibbia, altri Dei oltre Cristo, altri popoli oltre quelli bianchi e, dentro ciascun individuo, c’erano altri tipi di coscienza con diverse intenzioni e valori». “La mente con un io al suo centro aveva perduto i suoi ormeggi”: il pensiero debole era varato con tutta la sua mortifera deriva esistenziale. Prendiamo – ad esempio - tutto un altro scenario come quello costituito dalla guerra in Bosnia, primi anni Novanta. «Lo psichiatra e il generale, il poeta e l’uomo senza scrupoli: in mesi e mesi di guerra in Bosnia, Radovan Karadzic e Ratko Mladic si sono spartiti i ruoli con evidente efficacia. Ancora ieri, mentre il presidente dei serbo-bosniaci Karadzic discuteva con l’inviato dell’Onu di tregue e di cessate il fuoco, il generale Mladic spingeva i suoi tank fino al centro di Gorazde […]. Karadzic studiò medicina e si specializzò in Psichiatria». Singolare quanto inquietante vedere come major player in questa situazione uno psichiatra. Ma Karadzic non era certo il solo psichiatra coinvolto nell’orrendo girone infernale bosniaco. C’era dentro sino al collo anche David Owen, che – coϊncidence trop extraordinarie pour être fortuite – Stephen Spender definiva come «una faccia familiare […]. Abbiamo parlato del partito laburista». Lord Owen, osiamo dire per puro caso, è uno psichiatra formatosi nell’ambiente del Tavistock, prestato alla politica fra le fila del partito conservatore britannico. Ardente nazionalista (ma si sa che si può essere nazionalisti estremi se si alberga tra le fila di quelli che contano nel mondo senza che nessuna sedicente stampa liberal abbia a dire qualcosa sul tuo conto…) che ad una riunione del Bilderberg, un clan di potentati che si riunisce in maniera semi segreta in diverse parti del mondo, si prodigò tanto in un discorso pro sanzioni contro l’Argentina, ai tempi della guerra delle Falkland, ed alla fine….le sanzioni avvennero. Potenza forse di appartenere alla Fabian Society, a cui Owen aderisce da tempo? O mera casualità? *** Ma gli episodi del ristorante Macondo o del treno ci debbono forse far intuire che c’è un filo rosso che lega la sozzura, la nefandezza, a livello teoretico e a livello di prassi - anche e soprattutto a partire dalla sua manifestazione più ctonia, che è quella della sporcizia tout court - allo spirito di sovversione di tutti i valori, allo stato delle cose débauchée? Ecco una polaroid degli anni Sessanta scattata da Gary Herman che testimonia de facto il legame tra devastazione mentale, fango e autodafè esistenziale. «Le vene sono state inondate di eroina, cocaina, metedrina, quaalude (mandrax); di Jack Daniels, Remy Martin, vodka liscia; pillole per tirarsi su, per sentirsi giù e per stare così così; qualsiasi cosa, si sarebbe detto, capaca di spalancare ancora di più le porte della prigione. Avevano creduto che la terra promessa si estendesse al di là delle mura, ma erano ancora, e sono tuttora, prigionieri della Babilonia. Per molti di loro, l’unico gesto di ribellione ancora possibile, dopo che tutte le ragazze se n’erano andate a casa; dopo aver provato tutte le posizioni erotiche almeno due volte; dopo tutti i danni arrecati negli alberghi in tutte le baldorie scatenate erano stati pagati; dopo aver tracannato tanto alcol da non poterne buttar giù una goccia di più; dopo che le droghe più potenti avevano terminato il loro effetto; dopo che le più strane visioni erano svanite…non restava che l’autoannientamento, completo e finale». Pare proprio di sì. Pare proprio che questo filo ci sia. E non siamo noi ad accertarlo, ma bensì Zolla a cui tutto si può addebitare ma non certo d’essere privo di fascinazione nei rispetti della “cultura”, chiamiamola così, “alternativa”. Sentiamo cosa ci dice l’erudito Zolla: «[…] debbo invitarvi a seguirmi per un momento in un luogo non molto frequentato dalle persone dabbene dell’Occidente. A una seduta di voodoo a Haiti o di macumba in qualche parte del Brasile o, se vogliamo cercare il prodotto autentico, in Africa in qualche tribù yoruba. Queste sono, a voler la definizione, sessioni di possessione psichica, nelle quali ci si raduna per uscire dal proprio io ed essere inabitati da un altro ente. […] Gli uomini e le donne […] a un cenno del sacerdote, cominciano a mescolarsi ballando freneticamente […]: lo spasimo si fraziona in scatti marionettistici, tale il principio di queste danze, che devono continuare fino all’esaurimento. Alla fine della cerimonia, si può forse ottenere l’accesso alla caverna che è il luogo più segreto del culto […]. E che cosa si vedrà sull’altare? Bombolette sporche, bottiglie di coca cola, rifiuti, lattine vuote, qualche fantoccio». Ebbene, chiunque abbia presente le foto di fine festival di Woodstock non stenterà a riconoscervi le stesse identiche coordinate descritte da Zolla. L’epifania dei festival pop equivaleva in tutto e per tutto alla seduta voodoo o yoruba. Stesse modalità di trance, stesse finalità di possessione, stessi risultati di vomitevole spazzatura e lordura. Un altro numinoso esempio di aderenza alla sozzura viene da Mary Bateson la quale rammentava: «Mio padre mi sorprese per il disordine in cui viveva: pacchi di posta mai evasa e una sola padella dove veniva cucinato tutto, nella quale si erano accumulati strati di sapore residui». Non per niente uno dei capostipiti di questa nouvelle vague fu quel Nietzsche che nella feccia si vantava di crogiolarsi ben bene. Nietzsche stesso del resto lo aveva preannunciato, quasi come una conseguenza diretta della sua filosofia: «La dissoluzione della morale porta, nelle sue conseguenze pratiche, all’individuo atomistico e poi ancora alla scissione dell’individuo in pluralità-flusso assolute».

 

  By: Esteban. on Sabato 04 Maggio 2013 15:21

Questa è per HOBI, Ci si ricorda di quando discutavamo sulla stupidità delle banche..di come prestassero e creassero moneta dal nulla in modo totalmente sconsiderato .... beh ...questo tizio ...ben conosciuto ai più anziani , li paragona a degli crack-eroinomani ... dice chiaramente che non puoi fare affidamento nè sui politici nè sui banchieri . un video così Vi conviene salvarlo perchè è una chicca ... ^Berkshire's Munger: High-Frequency Trading 'Basically Evil'#http://www.cnbc.com/id/100705820^