Per favore comprate obbligazioni o i nostri bambini moriranno di fame

Un buon fondo in cui investire - gz  

  By: GZ on Domenica 06 Giugno 2004 18:02

Un buon fondo in cui investire ? Vega, basato in Spagna, un mega hedge fund che appartiene al Banco di Santander, tratta quasi solo cambi e bonds, ha 10 miliardi ora in gestione e ha reso un +9.3% medio dal 1997. E' uno dei migliori nel mondo, non dipende dalle oscillazioni di borsa ed e' ancora aperto a nuovi investitori. Per chi pensi che un hedge fund che usa derivati e fa il 9.3% medio non sta facendo poi un granche' ^guardare i rendimenti medi dei maggiori hedge fund qui sul sito di IASG#http://www.iasg.com/mainframe.asp?^ From THE WALL STREET JOURNAL By David Reilly FOR THE PAST year, investors have flooded Vega Asset Management with money. Just since August, assets under management at the hedge-fund group, based in Madrid and New York, have more than doubled to about $11.5 billion from $5 billion. That has catapulted Vega into the ranks of the industry's heaviest hitters, alongside firms such as Caxton Associates of New York, San Francisco-based Farallon Capital Management and Citadel Investment Group in Chicago. Now Vega must face up to a challenge that many financial-services companies would like to have, which is becoming an issue for the hedge-fund industry as a whole: How big is too big? Typically, hedge funds are established by a few principals who can easily handle a few hundred million dollars and make handsome returns. Vega started that way in 1998, when star trader Ravi Mehra, along with about a dozen others, turned it from an in-house investment fund at Grupo Santander SA, the big Spanish bank where they worked, into a private hedge fund with $110 million under management. World-wide, hedge funds attracted about $38 billion in the first three months of this year alone, more than half the record $72 billion taken in during 2003.. Concerns about Vega's capacity to handle so much money prompted the firm to retort in a recent missive to investors that " `capacity issues' are becoming the Loch Ness Monster of the hedge-fund world . . . sadly, they don't exist." But Vega on Tuesday acknowledged the issue when it announced that it would for the first time ever close one of its four core funds to new investment. In an e-mail to investors, the group said it had decided to "apply the brakes" to this $2.5 billion fund managed by Mr. Mehra. Preliminary results for May released this week showed that three of its four main funds were down slightly in the month. But in April, Vega's funds were in the black while just about every other part of the markets suffered. Vega's Global fund was up 0.67% that month, while its Select Opportunities fund -- a compilation of Mr. Mehra's best ideas -- was up 5.06%. By comparison, the CSFB/Tremont Hedge Fund Index fell 0.58% in April, and its Global Macro sector index was up just 0.14%. Such returns have made Vega "the golden boys of the hedge-fund world," said John Godden, managing director in Europe of HFR, the Chicago hedge-fund research and fund-of-funds operator. Vega also is unusual because it trades almost exclusively in fixed income and currencies -- a strategy known in the industry as "global/macro." That used to be popular in the hedge-fund world, most notably with legendary manager George Soros. But stock investing became the favored strategy in the late 1990s boom, and Mr. Soros scaled back his operations. Today, only 12% of funds are dedicated to global/macro investing, according to HFR. Still, Vega has shown the old style wears well. Since 1997, when the group's Global fund was formally launched within Santander, that fund has posted an average annual 9.35% return; it is up 1.58% from January to May of this year, according to information the group sends investors. Vega's more aggressive, $3.87 billion Relative Value fund has posted an annual return of 19.43% since its start in January 2002 and is up 4.47% so far this year, the firm has said. Those kinds of returns have attracted more than 750 investors in Vega's funds, about 30% to 40% of which are fund-of-hedge-fund groups. Bob Slutz, who started Vega with Mr. Mehra and is now the group's chairman, said that Vega's style of investing means it will always have room to maneuver, no matter how much money it manages. Mr. Slutz believes that Vega's flagship Global fund could still double or triple in size without becoming unwieldly. Take what happened at the start of April. In March, Vega essentially bet that the price of longer-term U.S. Treasurys would fall, running counter to the market's consensus view. For most of March, Vega lost money and its funds ended the month in the red. But it stayed the course, and, on Friday, April 2, a surprisingly strong U.S. jobs figure caused big losses in Treasurys, vindicating Vega's stance. Then, after booking large profits, the firm quickly changed course, believing the selloff in bond markets was overdone, Mr. Slutz said. "The fact that we turned the whole portfolio around in less than a day indicates how liquid we are and how quickly we can move," he added. "If we were too big, we couldn't do that and people would have seen us coming." While the primary responsibility for strategic shifts like this rests with Mr. Mehra, Vega now has 115 employees, compared with about 25 two years ago, Mr. Slutz said. Mr. Slutz last year stepped back from trading to focus on management as chairman of the firm.

Trappole Europee per Risparmiatori Italiani - Moderatore  

  By: Moderatore on Venerdì 07 Maggio 2004 17:30

TRAPPOLE EUROPEE PER RISPARMIATORI ITALIANI ----- dal sito del prof. Beppe Scienza ----- Per molti risparmiatori il nome della BEI (Banca Europea degli Investimenti) è sinonimo di sicurezza. In effetti il rischio di una sua insolvenza è nullo. Ciò non toglie che alcune sue obbligazioni siano piccole trappole, ottime per alleggerire i portafogli dei malcapitati che si lascano convincere - dalla propria banca - a sottoscriverle. A chi fosse interessato all'argomento segnalo, se non l'ha già visto, il mio articolo su la Repubblica (3-5-2004, Affari & Finanza p. 32) intitolato: "Bei, obbligazioni tutte da capire" riportato anche nella mia pagina web al Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino www.beppescienza.it Vi si parla anche delle obbligazioni Infrastrutture 31-7-2019 2,25%, forse il titolo più sicuro per un risparmiatore con un'ottica di lungo termine. Molti mi hanno infatti scritto che la loro banca si rifiuta pervicacemente di acquistargliele, cercando invece di rifilargli propri titoli di seconda e terza scelta. ------------------------------------------

La più sicura è ll’obbligazione Infrastrutture (ex Anas) 2019 2,25%, - gz  

  By: GZ on Mercoledì 28 Aprile 2004 02:22

Ogni tanto riceviamo e ripubblichiamo le fatiche di Beppe Scienza, il professore "dissidente" in lotta con il sistema sovietico del risparmio gestito e in generale i prodotti finanziari delle banche italiane. Da anni Scienza pubblica studi dettagliati ^che mostrano che il danno cumulato arrecato dal risparmio gestito agli italiani è stimabile in almeno 70 miliardi di euro#http://www.dm.unito.it/personalpages/scienza/Bra-oggi-2004-03-30.htm^ e nessuno mai contesta o critica queste conclusioni clamorose sui giornali o riviste di borsa e finanza che grondano ogni settimana articoli sui "migliori fondi" e le nuove polizze vita o "prodotti strutturati". La tattica usata contro Scienza è il silenzio per evitare che entrando in una discussione con lui si desti l'attenzione del pubblico. Comunque perlomeno le 5 o 6 mila persone che ogni giorno passano in media per il nostro sito sono avvisate e quindi mezze salvate (dai rischi del risparmio gestito bancario) --------------------------------------------------------- Beppe Scienza, docente al Dipartimento di Matematica dell'università di Torino, dal 1977 si occupa di finanza, è consulente di società finanziarie e assicurative, collaboratore di varie testate nazionali, nonché curatore di un sito internet (www.beppescienza.it) dove denuncia costantemente i tranelli in cui cadono ignari risparmiatori, Venerdì 19 ha parlato a lungo di questi argomenti, richiamandosi ai risultati delle analisi dell’autorevole Ufficio Studi di Mediobanca. Sulla base di questi dati ha stimato nell’ordine di almeno settanta, cento miliardi di euro il danno arrecato dal risparmio gestito agli italiani dal 1984 ad oggi e nell’ordine di almeno 10-15 miliardi euro l'anno nell’ultimo periodo; un danno che ha colpito circa otto milioni di persone. Numeri eclatanti se rapportati ai dodici miliardi di euro complessivi persi dai risparmiatori italiani per i casi Argentina, Cirio e Parmalat insieme. «I fondi comuni d’investimento», spiega Beppe Scienza, «partiti in Italia nel 1984, hanno progressivamente conquistato quote di mercato sempre maggiori, anche perché le banche si sono accorte che questo gioco per loro è decisamente conveniente. Attualmente si stima che gli italiani abbiano in gestione il 40% dei soldi che hanno da parte. Questo è un dato preoccupante, perché il risparmio gestito è un’enorme macchina mangiasoldi». E ci scherza anche amaramente su, l'autore di Il risparmio tradito : «Dico queste cose da anni e non mi hanno mai denunciato; questo mi spinge a credere di avere ragione. Sulla base di cosa faccio queste affermazioni? Partendo da dati numerici incontrovertibili, ma pochissimo pubblicizzati. I fondi hanno mediamente procurato perdite maggiori (o guadagni minori) rispetto a chi ha investito da solo i propri quattrini. Chi si è fidato della gestione professionale, ha perso mediamente il 5% ogni anno, anche in modo indolore, nel senso che c'è chi avrebbe potuto per esempio guadagnare il 10 %, ma ha ottenuto solo il cinque. Per questo dico che siamo di fronte a una specie di delitto perfetto, perché la vittima spesso non si è neppure accorta di avere subito un torto. Circa gli impiegati di banca, sono invogliati a consigliare investimenti e fondi comuni: hanno una provvigione, e in alcuni casi c'è anche una sorta di budget giornaliero da raggiungere». «Si tratta», prosegue l'impavido matematico, «di un danneggiamento voluto, in questo senso: il commerciante che aumenta i prezzi dei suoi prodotti, intende guadagnare di più, ma non lo fa per danneggiare il cliente, anche perché alla lunga non ne avrebbe un tornaconto. Diverso è il caso delle banche che volutamente danneggiano i fruitori dei loro servizi, perché il guadagno di gestori e intermediari è proprio il "maltolto" ai risparmiatori. È paradossale, ma il risparmio gestito fa ottenere mediamente meno di quanto anche un incompetente (ripeto: un incompetente) otterrebbe, gestendo da sé il proprio denaro. Ormai è questo il vero business delle banche, che così guadagnano senza rischi, perché tanto le perdite sono a carico dei clienti. E la legge è dalla loro parte, perché i clienti dei fondi non hanno il diritto di conoscere le operazioni fatte coi loro soldi. Manca la necessaria trasparenza, e questo è uno scandalo; è dimostrato, per esempio, che certi fondi girano almeno cinque volte l'anno lo stesso portafoglio. Evidentemente c'è chi guadagna con la compravendita». Insomma, sentenzia Beppe Scienza, «quando una banca propone qualcosa di regola è per avvantaggiare se stessa a danno del clienti», e non teme, appunto, di fare nomi, a partire dal colosso della San Paolo Imi: «in un celebre spot pubblicitario si definisce leader in Italia nella gestione del risparmio, con 146 miliardi di euro investiti. Bella roba! Prendiamo per es. un’obbligazione di questa banca, pomposamente denominata "Cedola Reale Super". Rendeva lo 0,8% reale, cioè oltre l’inflazione, quando nello stesso momento titoli di stato con caratteristiche equivalenti, ma più liquidi e più sicuri (ovvero le "Oatei" francesi), rendevano il 2,10%, sempre reale. Rifilarla ai propri clienti significava rifilargli coscientemente merce di seconda o terza scelta. Potremmo anche ricordare che la Consob ha scoperto un direttore degli investimenti che, compiendo varie irregolarità, danneggiava due fondi comuni a vantaggio di un terzo fondo, dai cui risultati dipendeva la sua retribuzione». E a quanto pare non sono da meno neppure le altre banche; per esempio, navigando sul sito internet di Beppe Scienza, si possono scoprire prodotti con nomi allettanti, come My Way e For You del Monte dei Paschi di Siena, con i quali si può ottenere la ragguardevole perdita del 330% delle somme versate: un vero record. Tolti di mezzo i fondi comuni, Beppe Scienza non ha nulla da perdonare neppure alla previdenza integrativa: «non esiste un fondo di garanzia per le polizze vita, e quindi si corre il rischio di trovarsi con niente in mano tra venti o trent'anni, quando la compagnia assicuratrice dovrà pagare; per ora si limita a incassare, attività chiaramente facile da svolgere». Altro bersaglio del matematico torinese sono i giornali economici, che «per incompetenza, per pigrizia o per piaggeria, pubblicano articoli che sembrano testi pubblicitari». Proprio a questo proposito, il libro di Beppe Scienza contiene un’appendice intitolata "Stupidario del Sole 24 Ore" nella quale, ancora una volta con dati alla mano, dimostra le omissioni, le inesattezze, gli enormi errori di quanti dovrebbero informare su argomenti inerenti la finanza. Considerato questo quadro a tinte fosche, che fa tornare in mente la vecchia piastrella della nonna sotto cui nascondere quei pochi risparmi per mantenerli al sicuro da mani fameliche, sorge spontaneo un dubbio: ma ci saranno ancora possibilità di investimento redditizie? Ha la risposta pronta Beppe Scienza: «In primo luogo non bisogna illudersi di riuscire a ottenere di più di quello che è l’andamento medio del mercato. In secondo luogo, consiglierei soluzioni sicure come i Buoni postali fruttiferi non indicizzati o i titoli di stato, italiani o francesi, legati all'inflazione. Attenzione però, perché molte banche ostacolano in ogni modo il cliente che vuole tali titolo e anche gli stessi Buoni del tesoro poliennali (Btp) indicizzati all’inflazione. Cercano infatti di rifilargli prodotti della casa, sempre peggiori». Sono soluzioni decorosissime, per chi ha da parte 5.000 euro come per chi ne ha 50000. A detta del matematico qualcosa cambia per chi volesse investire cifre più rilevanti, nell'ordine dei 500.000 euro, ma questa ci pare essere una gioia o un dolore che non appartiene a molti, così abbiamo scelto di soprassedere. E a quanti ritengono che ormai risparmiare non abbia più molto senso, e optano invece per gli investimenti in cose concrete, a volte a suon di forti debiti, convinti che tra qualche anno, considerata l'inflazione, le rate del mutuo saranno una cifra irrisoria da pagare, Beppe Scienza risponde che «Non bisogna illudersi che con gli immobili si sia al riparo dalle perdite. Nel passato ci sono stati cali di valore, in Italia contenuti ma negli Stati Unito o in Germania anche molto forti: perdite del 50% per intenderci. Nulla esclude nel futuro, anche imminente, batoste simili anche in Italia. Lungi da me fare previsioni, ma come si possono escludere perdite quando si sente parlare di alloggi nel Cuneese venduti a oltre 10 milioni di lire al metro quadro? I soli investimenti che garantiscano il potere d’acquisto delle somme investite e anche un certo reddito, sono i titoli indicizzati appunto all’inflazione, tenuti fino alla scadenza. Fra questi il migliore è probabilmente l’obbligazione Infrastrutture (ex Anas) 2019 2,25%, garantita dallo stato italiano e indicizzata all’inflazione italiana. Non stupisce che le banche inventino ostacoli (inesistenti) per non comprarla a chi gliela chiede».

 

  By: Moderatore on Martedì 13 Aprile 2004 18:33

LA BORSA VALORI, AMICA PREMUROSA DELLE BANCHE ITALIANE ----- dal sito del prof. Beppe Scienza ----- Anche la Borsa Italiana fa la sua parte... per aiutare le banche a scapito dei risparmiatori. Radia dal listino obbligazioni prima del loro rimborso, vi inserisce prestiti esteri non significativi e non quota invece i titoli legati all'inflazione più convenienti. Ovvero (guarda caso!) proprio quelli in grado di fare concorrenza alle emissioni - molto inferiori - delle banche italiane. Di questo e di altro parla il mio articolo "Se l'obbligazione rende, non si quota" a pag. 15 di Libero dell'11-4-2004. ^Articolo riportato anche nella mia pagina web all'Università di Torino#http://www.beppescienza.it^ Tutto ciò è corente col fatto che la Borsa Valori è una società privata (!) che ha come soci le principali banche italiane (San Paolo-Imi, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, BNL, Capitalia ecc.) e, come scrive per es. Mercati Finanziari (MF) del 9-4-2004, "fa ricchi i suoi azionisti; dalla privatizzazione soci remunerati al 55%". Insomma, la conclusione è sempre la stessa: poveri risparmiatori italiani! ------------------------------------------ Prendere a sberle i risparmiatori è uno sport divertente. Lo praticano da decenni, con profitto, le grandi banche. A volte lo fa pure quella strana società di cui esse sono le principali azioniste (leggi: la Banca d'Italia). En passant lo coltiva anche la Borsa Italiana con comportamenti che la stampa economica passa regolarmente sotto silenzio. Titoli spariti. Uno di questi è la radiazione di prestiti prima - anche molto prima - del loro rimborso. Già è uno scandalo che le banche italiane rimpinzino i loro clienti di obbligazioni non quotate, ovviamente scadenti. Tuttavia, per pudore, San Paolo, Comit, Banco di Roma, Unicredit ecc. un ristretto numero dei loro titolo li ha fatti approdare al listino. Cosa fa però la Borsa Italiana? Ogni tanto ne cancella qualcuno. Così ne vennero cassati alcuni dell’Istituto di Credito Fondiario delle Venezie e, analogamente, qualche settimana fa è sparita una mezza dozzina di emissioni della Cassa di Risparmio di Bologna. Ammettiamo pure che formalmente tutto sia a posto: per i titoli bolognesi l'avviso n. 11844 fa esplicito riferimento all'articolo 2.5.4 della Borsa Italiana. Di fatto però il risparmiatore che ne possedeva ha subito un danno perché s’è ritrovato contro la sua volontà con un investimento illiquido. Quotazioni inutili. Ma la Borsa Italiana ne ha combinate anche altre, come quando nel novembre scorso quotò 26 titoli di stato francesi, tedeschi o spagnoli. Questa fu una vera presa in giro. È entrata nel listino una manciata di titoli che non dicono nulla e sono rimasti fuori quei tre o quattro che di cui c’era effettivamente bisogno. Esistono (e già esistevano) titoli di stato francesi e greci legati all'inflazione europea più interessanti di quelli italiani, per es. le OATei 25-7-2032 3,15% o la Grecia 25-7-2025 2,9% nei cui confronti le banche praticano un metodico ostruzionismo. E cosa fa la Borsa Italiana? Li ignora e in compenso quota i Bonos spagnoli 2014 4,75% o le Bundesobligationen tedesche 2008 4,25%, che sostanzialmente sono dei doppioni rispetto a titoli del Tesoro di pari scadenza. Coerentemente non s’impegna per inserire ora nel listino il migliore fra titoli indicizzati all’inflazione italiana, ovvero le Infrastrutture 31-7-2019 2,25% che logicamente moltissime banche rifiutano con vari pretesti a chi glieli chiede. Per dettagli sui suddetti titoli si veda la mia pagina web all’Università di Torino: www.beppescienza.it. Patti Chiari. Ma allora è vero che la Borsa Italiana fa gl’interessi delle banche, sue azioniste, a danno dei risparmiatori italiani? Il dubbio era già venuto nel 2003 esaminando quello sgorbio che è progetto Patti Chiari, con cui il sistema bancario italiano ha tentato di recuperare un po' della credibilità che aveva giustamente perso. Sorprendentemente l'elenco degli oltre mille titoli consigliati comprendeva una sola obbligazione quotata in Italia. Al che uno si sarebbe aspettato vibrate proteste dalla Borsa Italiana. Invece niente. L'istituzione diretta da Massimo Capuano si è presa tranquillamente lo schiaffo in faccia, senza neanche fare vedere essersene accorta.

Prossima mina il capitale garantito - gz  

  By: GZ on Martedì 03 Febbraio 2004 06:08

In confronto Parmalat che ha circa 1.5 miliardi di bonds in mano ai risparmiatori ha fatto poco danno. "...i prodotti a capitale garantito ... Nel 2002 la torta valeva 180 miliardi. Con quali guadagni per le banche? In media tra il 2 e il 4%, ovvero tra i 3,5 e i 7 miliardi di euro, se si fanno i conti sull’ultimo dato disponibile. Mica male. E l’incasso è immediato. L’acquirente di bond, infatti, compra a 100 (valore nominale) un bond che vale 95 o 97. ...." ---- Prossima mina il capitale garantito ^Bond strutturati, la resa sarà minima#www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=NOTA3^ -------------- La prossima delusione? Per molti si chiamerà bond strutturato. Chi ha investito nelle emissioni bancarie che promettono, oltre alla restituzione del capitale un «quid» legato alla rivalutazione di indici o panieri azionari, vedrà assai pochi effetti speciali quando i bond arriveranno al capolinea. Dopo aver pagato, però, molti, troppi costi. Questi prodotti - nati per per soddisfare gli investitori istituzionali con tecniche che mettono insieme la sicurezza degli zero coupon e le opzioni - negli ultimi tre anni sono diventati di smercio popolare agli sportelli delle banche. E delle Poste. Perché rendono molto (a chi vende) e, con la garanzia del capitale, mettono una bella polizza di assicurazione su eventuali lamentele di clienti scontenti. Nel 1996 il mercato era pari a circa 30 miliardi di euro, secondo i dati di Luxor-Fi rielaborati da Consob. Nel 2002 la torta valeva 180 miliardi. Con quali guadagni per le banche? In media tra il 2 e il 4%, ovvero tra i 3,5 e i 7 miliardi di euro, se si fanno i conti sull’ultimo dato disponibile. Mica male. E l’incasso è immediato. L’acquirente di bond, infatti, compra a 100 (valore nominale) un bond che vale 95 o 97. Quel che avanza remunera banca e «strutturatore». Se il titolo non viene quotato in Borsa (come accade nell’80% dei casi) non si avrà mai un’idea precisa del suo vero valore iniziale. Il cliente penserà di aver investito 100 e di riavere (nel peggiore dei casi) sempre quel 100. Ha lasciato sul piatto una commissione, ma non l’ha vista. «Solo ora la dichiarazione del valore reale diventa un obbligo», spiega Carlo Mazzola, professore dell’Università Cattolica e presidente di Norisk, società di analisi votata alla valutazione degli strutturati. Ma i nuovi prospetti, anche se più chiari, non sono poi così precisi. L’altra grande incognita è il famoso «quid». Oggi le banche cominciano a fornire un confronto con il Btp di pari scadenza. Che, in genere, prevede uno scenario negativo (dove vince il Btp) e uno scenario positivo, dove invece il Btp viene battuto dal bond. «Il punto è che nessuno mi dice quante sono le mie probabilità di vincere», spiega Mazzola. Ebbene, quante sono? Molto poche. Prendiamo, per esempio, i prodotti che scadono tra cinque anni e che garantiscono nei primi due cedole superiori ai tassi di mercato: la probabilità di arrivare a fine corsa battendo il Btp è pari al 5-10%. Nei casi in cui invece si promette solo un premio finale, la probabilità di surclassare il Btp può arrivare al 30%. Ne vale la pena? Rispondere di sì sembra piuttosto difficile.

 

  By: Moderatore on Mercoledì 07 Gennaio 2004 18:12

LA BORSA ITALIANA SI E' DIMENTICATA DELLE PARMALAT ----- dal sito del prof. Beppe Scienza ----- Angelo Tantazzi e Massimo Capuano, presidente e amministratore delegato della Borsa Italiana, vivono sulla luna? Sembra di sì, visto che nel loro bilancio sull'andamento del 2003 la Parmalat è totalmente ignorata. Coerentemente è assente anche nella statistica del Mib30 nel 2003, per cui l'azione peggiore sembra la Fiat con -14,4% e brilla l'Autogrill (+52%) che nel Mib30 c'è stata solo per tre giorni. Eppure il -95% in un anno della Parmalat è probabilmente un primato mondiale per un indice di blue chip (Mib30, Dax, Cac40, Euro Stoxx 50 ecc.), un record di cui il Sistema Italia può andare fiero. Sull'argomento si veda il mio articolo su Libero di oggi (7-1-2004 p. 4) intitolato "Listini Fantasma. E nel suo bilancio 2003 la Borsa Italiana ha già cancellato il gruppo di Collecchio". Per una maggiore documentazione al riguardo ^rinvio alla mia pagina Internet all'Università di Torino: www.beppescienza.it#www.beppescienza.it^

 

  By: Moderatore on Venerdì 02 Gennaio 2004 19:59

TRIBUNALE BRINDISI SEQUESTRA PRODOTTO LEGATO A BTP ACCOLTO RICORSO RISPARMIATORE ADERENTE A FEDERCONSUMATORI (ANSA) - FASANO (BRINDISI), 2 GEN - Il tribunale di Brindisi ha disposto oggi il sequestro del prodotto finanziario collegato al titolo Btp emesso dall' ex Banca 121 (poi assorbita dal Monte dei Paschi di Siena), acquistato da un risparmiatore del brindisino. Si tratta dello stesso prodotto finaziario che, insieme ad altri due, e' stato sequestrato una decina di giorni fa dalla Procura di Trani (Bari) nell' ambito di una inchiesta che coinvolge i vertici dell' ex istituto di credito leccese, nella quale si ipotizza il reato di truffa aggravata ai danni di migliaia di consumatori. Il provvedimento e' stato emesso dalla sezione di Fasano del tribunale di Brindisi, che ha accolto una istanza presentata da un risparmiatore aderente alla Federconsumatori. Secondo l' avv.Domenico Romito, responabile dell' ufficio legale nazionale dell' associazione dei consumatori, che ha gia' ottenuto le due precedenti decisioni di ingannevolezza della promozione My Way e For You da parte dell' Autorita', ''il provvedimento cautelare, che era stato richiesto ancor prima del provvedimento del tribunale di Trani, e' il primo provvedimento di sequestro dei titoli in sede civile in grado di affermare pienamente anche nel merito i diritti dei consumatori coinvolti nell' affare Btp non consapevoli della natura altamente speculativa del contratto derivato collegato a tali Btp venduti grazie all' ambiguo titolo e all' alto tasso di interesse''. Secondo il presidente dell' associazione, Rosario Trefiletti, che interviene anche per conto delle altre associazioni dell'Intesa, la decisione del tribunale di Brindisi ''rafforza notevolmente i diritti degli utenti ex 121 anche in sede conciliativa, la cui piena soddisfazione appare sempre piu' vicina''. Federconsumatori che, insieme alle altre associazioni dell' Intesa, il 12 gennaio prossimo incontrera' sulla vicenda i vertici di Mps, invita la banca ''in attesa delle definizioni che potranno essere raggiunte anche in via conciliativa, a congelare gli effetti negativi decorrenti dal 1 gennaio degli sconosciuti e illegittimi contratti Put'

ma lei tiene i suoi soldi nel fondo che gestisce ? - gz  

  By: GZ on Mercoledì 24 Dicembre 2003 17:12

Beh... se non altro questo gestore e' uno che fa meglio dell'indice di borsa (a meno che si riferisse come benchmark al Mibtel e non all'indice internazionale, il MSCI World che e' quello piu' corretto per misurare la performance e che e' salito quest'anno del 27% circa) Quello che andrebbe chiesto e': "... ma lei tiene i suoi soldi nel fondo comune che gestisce ?.." E lo stesso al promotore che ti vende un fondo, occorrebbe chiedere se anche lui ha messo i suoi risparmi nel fondo che vende perche' gli investitori abili tipo Soros, Buffett e altre dozzine di altri meno noti tenevano sempre i propri soldi nel proprio fondo. Altrimenti e' come mangiare in un ristorante in cui gestore non tocca mai il cibo e va sempre altrove per nutrirsi.

 

  By: panarea on Mercoledì 24 Dicembre 2003 13:23

ieri cena natalizia. Per caso c'era gestore azionario di non mi ricordo cosa. Orgoglioso di aver battuto il benchmark per anni, era orgoglioso (giustamente) del suo lavoro. Non era neanche troppo pomposo. Raccontava che la gran parte del suo guadagno veniva da commissioni di perfomance. Giusto. Senza essere polemico ho chiesto come il suo fondo andasse, IN ASSOLUTO, a prescindere dal benchmark. Lui ha detto che aveva battuto il benchmark sempre di 5 10 punti. Quindi nel 2002 invece di perdere il 30 come il benchmark ha perso il 25. E lui era contento. ed era stato pagato con i soldi dei gonzi. Secondo me siamo tutti pazzi: performance x me significa UNA ROBA POSITIVA, NON PERDERE MENO DI UN ALTRO. Da piccolo la mamma se quasi tutti prendevano 4, alcuni 6 e 7 e te avevi preso 5 mica era contenta, mica ti dava il regalino, o sbaglio? Alla domanda poi se il caso parmalat non fosse pericoloso per la fiducia dei singoli nell'intero sistema banca/finanza, lui, nonostante la mia totale sorpresa, sosteneva che la colpa era solo dei revisori, che avevano certificato il falso. Ragazzi avete perso la bussola, siete impazzati, non capite che lavorate in un settore non concorrenziale che vi permette di mungere i gonzi senza reali contropartite in cambio, completamente colluso e opaco, le banche sono una specie di kasba araba dove palazzinari e industriali si fanno prestare i soldi dei gonzi correntisti senza alcun controllo (tanzi era nel CDA di Capitalia ca**o!!!) o fanno favori a politici locali. Nessun va dentro Tanzi, TOnna Cragnotti sono a piede libero (non mi ricordo bene ma non c'è l'arresto cautelare per pericolo fuga e/o inquinamento prove?). Non sono convinto troppo che la moneta cartacia elettronica sarà presto affondata x l'oro, ma E' MIA FERMA INTENZIONE NON COMPRARE PIù UN PRODOTTO FINANZIARIO QUALSIASI EMESSO DA UN'ENTITà ITALIANA. Non ci credo più, divorzio, da ora in avanti solo roba + seria. buon natale

 

  By: Moderatore on Venerdì 19 Dicembre 2003 15:57

ERRORI A IOSA A VANTAGGIO DEL RISPARMIO GESTITO (del Prof. Beppe Scienza: da ^www.beppescienza.it#www.beppescienza.it^) Da anni nel giornalismo economico italiano è in corso una gara (si suppone involontaria) a chi pubblica più confronti mutili o sbilenchi che hanno però una caratteristica comune: sono errori od omissioni per cui il risparmio gestito appare migliore e mai peggiore di come è. Fra le centinaia di esempi archiviati, ne segnalo qualcuno relativamente recente. Per cominciare sul Sole 24 Ore del 19-10-2003 abbiamo un articolo di Gianluigi De Marchi sul trattamento fiscale del risparmio, che neppure prende in considerazione la classica fattispecie delle gestioni di patrimoni in titoli e così non dedica neanche una riga agli svantaggi di tale soluzione rispetto al fare da sé (si veda scheda dettagliata al riguardo). Pressoché onnipresente sulla stampa economica italiana è poi il duplice errore che consiste nel non tener correttamente conto né dei dividendi né del credito d'imposta per cui fondi dai risultati fallimentari appaiono invece ben gestiti. Tale madornale errore metodologico è alla base anche dei ripetuti infondati apprezzamenti per il risparmio gestito di Andrea Beltratti dell'Università Bocconi su Plus del 10-5-2003 (si veda il mio intervento su la Repubblica del 19-6-2003). Così il Mondo del 26-9-2003 pubblica un ampio servizio dove, come per miracolo, "sparisce" il regolare minus di gestione dei fondi che investono in azioni italiane, europee o americane. A parte riporto qualche esempio dei tanti confronti non omogenei contenuti nell'articolo di Leo Campagna e Stefano Elli. Analogamente il Corriere della Sera del 5-11-2003 annuncia "una decisa promozione per i gestori italiani" quando un confronto corretto conduce a una clamorosa bocciatura. Un'apposita scheda riporta un assaggio della seguela di errori contenuti nella cosiddetta "analisi" commissionata a una certa CFS Rating, ditta a me del tutto sconosciuta, e pubblicata sul supplemento CorrierEconomia. Fuori gara - perché non riguarda il risparmio gestito - e quasi divertente è invece il caso di Milano Finanza, il cui indicatore di rischio MF Risk valutava (un mese prima del crollo!) le Parmalat 2007 rischiose circa come un tranquilla obbligazione a tasso variabile del Monte dei Paschi di Siena. Per maggiori dettagli sui singoli punti si veda la mia pagina web presso l'Università di Torino (^www.beppescienza.it#www.beppescienza.it^) e in particolare: Per il 24 Ore: Sole24Ore-2003-10-19 Per il Mondo: Il-Mondo-2003-09-26 Per il Corriere: Corsera-2003-08-13 Per MF Risk: Milano-Finanza-2003-10-18

 

  By: panarea on Martedì 09 Dicembre 2003 10:52

ma che senso ha comprare dei fondi in italia? comprate un bel ETF subito a Milano e mandate a quel paese Doris e compagnia!!!I fondi attivi e la loro assurda (almeno in italia) pretesa di battere il mercato è uno delle palle + belle degli ultimi 20 anni. X me sono morti. Certo so che il piccolo artigiano che ha un mutuo con la filiale quando viene richiesto di sottoscrivere con i soldi propri un fondo non può dire no al direttore che ha in mano il mutuo, ma chi non è così obbligato è meglio ETF. Leggevo settimane fa che il 65% dei Nobel in Economia x sè dice di investire in ETF, diversificati, passivi e trasparenti.

 

  By: rael on Domenica 07 Dicembre 2003 21:11

Abbi pazienza Leofab... non c'ho capito niente. Quando puoi mi rispieghi meglio, che mi interessa?

Perchè gli acquisti dei Fondi sono regolati dopo due giorni ? - Leofab  

  By: Leofab on Domenica 07 Dicembre 2003 19:32

Glielo spiego io. I fondi italiani sono regolati il giorno dopo, o dopo due giorni, semplicemente perchè le società di gestione sono la principale macchina che frega il largo pubblico a vantaggio di pochi, curati clienti. Mi spiego meglio. Le registrazioni dell' acquisto di quote e di vendita, pertanto anche degli switch, sono fatte su ordini del passato, del giorno prima o due, per la precisione. Quindi, cosa c'è di meglio che lasciar andare avanti gli ordini esatti, che azzeccano la tendenza di mercato (dato che si registrano il giorno dopo si vede cos'è successo) e far finta di non aver mai ricevuto quelli sbagliati? Ovviamente per i clientoni. Scoprire questo andazzo? Quasi impossibile. Una volta apparse sul Sole, anche se mal dettagliata (il giornalista non sapeva bene cosa succede). Capì e chiamò però in causa la banca d' Italia, che non fece assolutamente nulla. Il giornalista dalla prima, è finito in penultima pagina. Peccato.

è importante che il sottoscrittore non conosca il valore della quota... - gz  

  By: GZ on Domenica 07 Dicembre 2003 17:05

Ecco spiegato perchè in Italia non è possibile lo "scandalo" dei fondi comuni americani di cui si parla da un mese e per il quale ci sono state incriminazoni e dimissioni nei fondi americani. Come spiega Ennio Doris, patron di Mediolanum da noi non si pone nemmeno il problema : "...pratiche come il late trading nascono dal fatto che negli Stati Uniti il sottoscrittore entra o esce in modo istantaneo, non c’è il delay di uno o due giorni che esiste invece in Italia: invece è importante che il sottoscrittore non conosca il valore esatto della quota... fare le condizioni migliori ai clienti non sempre è vantaggioso...." Complimenti a Ennio Doris per la franchezza. E' stato alla fine l'unico a spiegare questo presunto scandalo che in realtà dipende dal fatto che i fondi americani essendo ora trasparenti, consentendo ad esempio di essere venduti e comprati in tempo reale come un azione normale, si espongono poi a essere incriminati per cose che nel resto del mondo si fanno prima e dopo i pasti perchè non sono visibili. Peccato che dovrebbe essere la stampa finanziaria a spiegare queste cose e a chiedere perchè il risparmio gestito italiano non dia i valori delle quote dei fondi al momento in cui le vendi o compri --------------------------------------------------------------------------- Il numero uno di Mediolanum spiega la sua strategia di crescita: «Abbiamo il know how per fare da soli..... ...... ....Non crede che gli scandali recenti che hanno coinvolto i fondi d’investimento americani, siano la spia che un certo modello di risparmio gestito mostra ormai la corda? Ennio Doris: No, credo a una cosa che può apparire un po’ paradossale: fare le condizioni migliori ai clienti non sempre è vantaggioso. Intendo dire che pratiche come il late trading nascono dal fatto che negli Stati Uniti il sottoscrittore entra o esce in modo istantaneo, non c’è il delay di uno o due giorni che esiste invece in Italia: invece è importante che il sottoscrittore non conosca il valore esatto della quota al momento di entrare o di uscire. E credo anche un’altra cosa: che in finanza la regola migliore è quella che non induce in tentazione..... ( da Guido Rivolta - 06-12-2003 www.borsaefinanza.it)

il problema non sono i prodotti per i ricchi - gz  

  By: GZ on Lunedì 24 Novembre 2003 14:22

In media nel mondo la fascia della popolazione a alto reddito (chi ha da 1-2 milioni di euro o dollari in su da investire) non ha sofferto anzi si sente più ricca ora che 3 o 4 anni fa, quindi quando si dice che "tutti sono rimasti scottati in borsa...il calo dei consumi...il senso di impoverimento..." non si coglie questo aspetto. Dato che in genere il 75% delle azioni sono in mano al 10% più ricco della popolazione questo tra l'altro ha implicazioni anche per l'andamento delle borse . L'industria del risparmio gestito si adatta ora a questa situazione e punta in particolare ora sulla fascia alta offrendo servizi e prodotti ad hoc e più costosi Ma non è che i servizi di private siano di per sè migliori, mio padre si ricorda ancora quando si distraeva un attimo e in svizzera nel conto della gestione "personalizzata" con il salotto e le segretarie si ritrovava i titoli di zurigo che perdevano Nei paesi anglosassoni e in svizzera ci sono gestioni di hedge funds competitive i cui gestori sono in competizione costante (perdono il posto se il fondo perde) e ce sono di validi, ma bisogna scegliere in mezzo a 4 o 5 mila. I fondi comuni invece, specie italiani, il private banking e le gestioni patrimoniali delle banche rispondono a una logica diversa (puramente commerciale) e sono solo una tassa come l'IVA o l'ICI. Leggere l'articolo agghiacciante del corriere economia di ieri che ha il solito titolo: "... alcuni fondi rendono il 30%..." (necessario perchè le banche sono inserzioniste), ma se poi lo leggi tra le righe ammette che le gestioni azionarie hanno fatto il +8% nel 2003, un anno in cui nel mondo comprando DA SOLO E A CASO bendato dei titoli in ordine alfabetico facevi il +20% minimo .