La sintesi del risparmio gestito per BCG - gz
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By: GZ on Martedì 22 Luglio 2003 03:33
Tutto quello che volevate sapere sul risparmio gestito. Per chi ha lavorato in consulenza come me è sempre utile leggere la sintesi dello studio del Boston consulting group sul risparmio gestito.
i) Vuoi dei titoli su cui andare al ribasso per i prossimi anni ?
Mediolanum, Fideuram e simili:
("..Il valore mondiale dei patrimoni gestiti potrà tornare a crescere sino al 2006 a un tasso annuo composto compreso tra lo 0,7% e il 6% - dice Ignazio Rocco di Torre Padula , vice presidente italiano di Bcg -. un ritmo decisamente più lento rispetto a quel 14% rilevato tra il 1995 e il 2000». ...)
ii) Ci sarà più concorrenza ?
Piano piano, ma sicuramente sì perchè è un sistema come l'URSS prima della caduta del muro. Ovvero in Italia le banche occupano l'89% del mercato vendendo i propri fondi, sicav e gestioni alla propria clientela, un sistema del tutto chiuso
("...Secondo le stime di Bcg se in Italia nel 2000 la vendita dei prodotti attraverso canali indipendenti ammontava a non più dell'11% negli Stati Uniti è pari al 58%)..."
iii) come mai i fondi costano molto e rendono meno
dell'indice di borsa puro e semplice ?
Perchè paghi quasi solo per mantenere la loro struttura di vendita, per il 75% sono solo puri costi commerciali. Cioè tu paghi per aiutarli a assumere altri venditori che trovino altri clienti, il costo di chi gestisce effettivamente i soldi è minimo
("... costi: circa il 75% delle commissioni pagate dal fondista italiano (4 miliardi di euro all'anno, dice lo studio) va a remunerare la struttura di vendite e marketing. E per ora, notano gli analisti di Bcg, la voce «vendita» (cioè la remunerazione delle reti) è largamente prevalente rispetto alla voce «marketing», intesa come innovazione, valore aggiunto e consulenza per il cliente. ....")
iv) Ma anche tenendo conto dei costi,
come mai i fondi rendono quasi tutti meno
dell'indice di borsa puro e semplice ?
Perchè nessuno classifica quali gestori tra i tanti sparsi nei 1.300 fondi che esistono in Italia facciano bene e quali siano mediocri e incompetenti
("...sul mercato statunitense, il più avanzato in termini di maturità dell'utente finale, è dimostrato che più del 90% delle nuove sottoscrizioni di fondi (vedi grafico ) va a posizionarsi sui prodotti che svettano in cima alle classifiche di eccellenza delle varie categorie. Mentre in Francia e in Italia siamo sotto al 40%. ...")
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BILANCI Per Boston consulting group il settore, ^in crisi di redditività, deve migliorare servizi e offerta#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=GIUD12^
Risparmio gestito: la lotta si fa dura
Dovranno attrezzarsi per affrontare un mercato molto sofisticato. E risparmiatori sempre più maturi ed esigenti. La vita degli asset manager italiani (ma anche quella dei big internazionali) nei prossimi cinque anni non sarà una passeggiata. L'ultima analisi che fa i conti in tasca all'industria del risparmio gestito è firmata da Boston consulting group e ha coinvolto 40 tra i più grandi protagonisti mondiali del settore, con uno stock di gestione pari a 8 mila miliardi di dollari. Il ritratto (Navigating the Maze , Global asset management 2003) è quello di un’industria che sta - come dice la traduzione letterale del titolo - attraversando un labirinto. Le Borse degli ultimi tre anni, d'altra parte, non si possono descrivere in altro modo. I numeri? Eccoli: nel 2002 il patrimonio gestito mondiale è sceso dell'8%, a 31 mila miliardi di dollari.
Mentre la redditività del sistema è calata di circa 3 miliardi(7%). Secondo i calcoli degli analisti di Bcg, inoltre, il 40% dei gestori non è redditizio, mentre il 20% è in rosso. E solo il 10% ha ottenuto margini prima delle imposte superiori al 50%. Le previsioni per il futuro? Non sono catastrofiche, ma nemmeno rosee. «Il valore mondiale dei patrimoni gestiti potrà tornare a crescere sino al 2006 a un tasso annuo composto compreso tra lo 0,7% e il 6% - dice Ignazio Rocco di Torre Padula , vice presidente italiano di Bcg -. Ovvero a un ritmo decisamente più lento rispetto a quel 14% rilevato tra il 1995 e il 2000».
Per affrontare la concorrenza, dunque, sarà necessario evolversi. Soprattutto nell'Europa continentale. Dove vige il sistema di distribuzione dei prodotti più chiuso. Che cosa vuol dire? In Italia, Spagna, Francia e Germania il 70% dei prodotti viene distribuito alla clientela privata da reti possedute dagli stessi gruppi bancari e assicurativi che ne sono anche i produttori.
Nel mondo anglosassone, invece, il mercato è decisamente più aperto. Il modello dominante non è quello della banca tutto fare che produce e vende i fondi, ma quello della distribuzione indipendente, che tenta di offrire al pubblico il meglio del mercato. Ebbene, dicono gli analisti dei Bcg, nei prossimi anni «il cliente europeo diventerà progressivamente più sofisticato ed esigente, sia in termini di ampiezza che di qualità dell'offerta». E di conseguenza «i produttori indipendenti e i grandi gestori esteri aumenteranno ulteriormente la pressione sul mercato italiano, spinti a loro volta dalla ricerca di una maggior redditività».
Non a caso sul mercato statunitense, il più avanzato in termini di maturità dell'utente finale, è dimostrato che più del 90% delle nuove sottoscrizioni di fondi (vedi grafico ) va a posizionarsi sui prodotti che svettano in cima alle classifiche di eccellenza delle varie categorie. Mentre in Francia e in Italia siamo sotto al 40%.
Certo l'apertura della distribuzione ai fondi altrui, che dovrebbe migliorare la qualità generale dell'offerta, non sarà una rivoluzione copernicana.
Secondo le stime di Bcg se in Italia nel 2000 la vendita dei prodotti attraverso canali indipendenti ammontava a non più dell'11% (negli Stati Uniti è pari al 58%) da qui a cinque anni la quota di mercato dei consulenti non legati a banche e finanziarie potrà aumentare fino al 13%, mentre quella delle filiali bancarie potrebbe scendere dal 57% al 50%.
L'altra faccia del problema è quello dei costi: circa il 75% delle commissioni pagate dal fondista italiano (4 miliardi di euro all'anno, dice lo studio) va a remunerare la struttura di vendite e marketing. E per ora, notano gli analisti di Bcg, la voce «vendita» (cioè la remunerazione delle reti) è largamente prevalente rispetto alla voce «marketing», intesa come innovazione, valore aggiunto e consulenza per il cliente. Le sfide per l'immediato futuro dell'asset management, dunque, sono una maggior attenzione alla qualità e alle esigenze di chi compra. Anche se non tutti potranno continuare a fare tutto. L'analisi dimostra che le chance di sopravvivenza e di affermazione, soprattutto per i «piccoli», saranno legate anche alla capacità di specializzarsi su alcune aree. Delegando a terzi più qualificati altre competenze, sul fronte gestionale e amministrativo.