By: lutrom on Martedì 21 Aprile 2015 00:14
Al solito chi dice una cosa (come ad esempio Veronesi: mangiate verdure, no alla carne! Anzi, oggi sta quasi diventando una moda essere vegetariani...) e chi dice l'ESATTO contrario...
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Carboidrati: sì o no?
di Elisabetta Ambrosi su www.repubblica.it
Secondo lo studioso statunitense David Perlmutter l'assunzione dei carboidrati provocherebbe un grave declino cognitivo e gravi patologie cerebrali, come la sindrome di Alzheimer. Colpa della capacità di questi alimenti di far aumentare la glicemia (colpevole a sua volta di livelli elevati di insulina). Il consiglio è dunque di adottare una dieta priva di carboidrati. Anche se le critiche non mancano: le diete iperproteiche, infatti, sarebbero foriere di diversi problemi di salute: dai calcoli renali all'osteoporosi.
Le disfunzioni del nostro cervello? Nascono dal pane quotidiano: in altre parole, da tutti i cereali moderni, persino quelli integrali, che ingeriamo ogni giorno. Lo sostiene, in un poderoso studio scientifico appena tradotto in italiano, La dieta intelligente. Perché grano, carboidrati e zuccheri stanno minacciando il nostro cervello, (Mondadori), il neurologo David Perlmutter. Secondo lo studioso statunitense, l’assunzione, anche controllata, di questi ingredienti provocherebbe “un grave declino cognitivo e patologie cerebrali conclamate, irreversibili, non trattate e incurabili”, come la sindrome di Alzheimer, oltre a disturbi dell’attenzione e iperattività, ansia e stress cronico, mal di testa ed emicrania, depressione, diabete, epilessia, patologie infiammatorie come l’artrite, insonnia, problemi intestinali, tra cui celiachia e sensibilità al glutine. E il problema nasce proprio da quest'ultimo, una sostanza che nella quasi totalità degli individui scatenerebbe una risposta infiammatoria dannosa per l’organismo.
Ma cosa succede esattamente al nostro organismo quando introduciamo carboidrati? Secondo Perlmutter, il problema di questi alimenti è la capacità di far aumentare la glicemia. Dando luogo a livelli elevati di insulina. Più quest'ultima aumenta, più le cellule diventano meno reattive al suo segnale, costringendo il pancreas a uno sforzo ulteriore per abbassare la glicemia: sforzo che produce un ulteriore incremento dell’insulina. Questo aumento, spiega il neurologo, resta comunque insufficiente. A causa dell’assunzione massiccia di carboidrati, infatti, le cellule saranno ormai divenute incapaci di rispondere al segnale dell’insulina (si tratta del fenomeno della insulinoresistenza), con conseguente aumento della glicemia, che a sua volta favorisce lo sviluppo del diabete di tipo 2 (anche se, secondo l’autore, non è necessario avere il diabete per soffrire di iperglicemia cronica, una patologia comunque da curare con la dieta). Pur non essendo ancora stato dimostrato un legame diretto tra diabete e morbo di Alzheimer, secondo lo studioso le due malattie hanno la stessa origine, derivano cioè “da un’alimentazione che costringe il corpo a sviluppare vie biologiche che portano a un malfunzionamento e, in un secondo momento, a patologie”. L’altra tesi che lo scienziato critica con forza nel libro è quella secondo cui il colesterolo sarebbe dannoso. I grassi saturi, quelli che compongono il latte materno, dovrebbero al contrario far parte della dieta, perché riducono la minaccia di patologie cerebrali e aumentano la longevità, come dimostrato da numerosi studi citati nel testo.
Meglio burro e uova del pane
Il piano di azione suggerito da Perlmutter è duplice. Il primo passo, anzitutto, è sottoporsi al controllo del livello di insulina a digiuno, un esame che il neurologo suggerisce a tutti i pazienti arrivati nel suo studio che lamentano sintomi di problemi neurologici e cerebrali. Il secondo è una modifica radicale della nostra alimentazione che ci faccia tornare alla dieta dei nostri antenati, ricca di cacciagione, grassi, poca frutta e senza carboidrati. Molto meglio dunque, per quanto possa suonare paradossale, sostituire il pane con burro, carne, formaggio e uova, oltre che con verdure in grande quantità. Assumendo inoltre al tempo stesso alcuni integratori specifici per la salute del cervello, insieme a probiotici e a spezie specifiche come la curcuma. Oltre a numerose ricette, nel libro c’è anche un esempio di menù settimanale che dà l’idea del cambio suggerito dall’autore: uova e verdure, oppure salmone e formaggio per colazione; pollo, salmone o tonno e verdure per pranzo; bistecca, agnello, filetto, pesce al forno con verdure e dessert per la cena. Quella consigliata dal neurologo rientra nell’ambito delle cosiddette diete iperproteiche. Sulle quali, però, gli esperti si dividono, con tanto di studi che dimostrano le conseguenze nefaste di un’eccessiva assunzione di proteine animali per il nostro organismo. È il caso, ad esempio, delle nutrizioniste spagnole Terica Uriol e Ana Marìa Pascual, di cui proprio in questi giorni esce in Italia, per Corbaccio, il libro W i carboidrati. Nato come un saggio rivolto soprattutto contro la moda, e i danni della Dieta Dukan, il libro è in generale un atto di accusa alle diete troppo ricche di proteine animali a favore di un’alimentazione che contenga anche i carboidrati e, in particolare il pane. Secondo le due studiose, non si contano ormai gli studi che dimostrano gli effetti nocivi di tali regimi alimentari, tra cui seria costipazione, aumento delle malattie cardiovascolari, tumori, problemi renali, osteoporosi, problemi gastrici. Queste diete, e in particolare quella Dukan, fanno parte infatti della categoria delle cosiddette diete chetogeniche, basate cioè sul meccanismo della chetosi, “una condizione di eccezionalità e sofferenza del corpo”, dovuta alla riduzione dei carboidrati (o idrati di carbonio). Riducendo i carboidrati sotto gli ottanta grammi al giorno, si arriva infatti a una condizione di ipoglicemia, che costringe l’organismo a utilizzare le riserve di grasso per trasformarle in glucosio (il che spiega la rapidissima perdita di peso che rende queste diete così appetibili), con affaticamento del fegato e conseguente produzione di corpi chetonici. I quali, quando si accumulano, possono provocare l’acidosi, una reazione gravissima che richiede un urgente intervento in ospedale. Oltre ad affaticare il fegato, inoltre, questi regimi sottopongono a uno stress notevole anche i reni, con il rischio reale di insorgenza di calcoli renali. Le diete iperproteiche, infatti, creano un accumulo di acido urico, responsabile di malattie come la gotta, calcoli renali, artrite e sofferenze cardiache. Ma sono responsabili, secondo le due nutrizioniste, anche dell’osteoporosi, a causa della perdita di calcio dalle vie urinarie provocata appunto da un grande consumo di proteine.
La dieta del “panino”
In breve, scrivono Terica Uriol e Ana Marìa Pascual, il glucosio, lungi dall’essere dannoso, è indispensabile per il nostro cervello e il nostro organismo. E non è un caso che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) consigli una percentuale quotidiana di carboidrati oscillante tra il 45 e il 60% mentre l’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) indica una cifra ancora superiore, tra il 55 e il 75%. La dieta più equilibrata sarebbe dunque quella basata sulla classica piramide alimentare mediterranea, che suggerisce il consumo di una o due porzioni di frutta e verdura e una o due porzioni di prodotti a base di cereali a pasto, più due porzioni di carne e due di pesce a settimana e fino a quattro uova settimanali. Ecco dunque il piano tipo proposto dalle due nutrizioniste. Per colazione, latte scremato, caffè e pane, poi spuntino di frutta o yogurt. Per pranzo, invece, un’alternanza di riso con pesce e verdure, zuppe di verdure con carne, insalate con pesce alla piastra o al forno. Per cena, sono consentite invece fino a quattro fette di pane in cassetta per le donne e sette per gli uomini (o 15-20 centimetri di baguette per le donne e 25-40 per gli uomini), accompagnate da pesce bianco, pollo o tacchino, salmone, frittata o prosciutto. Due diete opposte, due punti di vista diversi che portano a sostegno delle proprie tesi poderosi studi scientifici. Orientarsi in una tale divergenza di pareri non è affatto facile. Leggere e informarsi per farsi un’idea della serietà delle argomentazioni è fondamentale, ma la valutazione finale, in base alle nostre inclinazioni e ai nostri valori, resta sempre personale. E forse è un bene che sia così, specie se si opta per evitare fondamentalismi e ossessioni che sempre di più, purtroppo, riguardano ciò che mangiamo, con conseguenti rischi di comportamenti sbagliati e sofferenze psicologiche. Evitabili con un po’ di riflessione e un pizzico di relativismo: in fondo, poter scegliere cosa mangiare resta sempre un lusso, come la storia, e la geografia, ci ricordano costantemente.