Black out (Fusione Fredda, Andrea Rossi....)

 

  By: GZ on Sabato 10 Dicembre 2005 00:30

Qui nessuno fa niente (di rilevante e duraturo per le prossime generazioni) e tutti stanno in salotto a criticare e dimostrare che alla fine era sempre Meglio Non Farlo e Ha Troppi Rischi e i Costi e poi le Possibili Conseguenze.... --------------------------------- ROMA - Dentro il Palazzo Reale il ministro comunista e piemontese Nerio Nesi firma. Fuori dal palazzo i comunisti (piemontesi, ma non solo) protestano. Torino, 29 gennaio 2001, ultimi mesi del governo Amato. È nei saloni dorati dei Savoia che viene raggiunto l’accordo fra Italia e Francia per l’Alta velocità Torino-Lione. «Certo che anche allora c’erano contestazioni» dice Nesi, in quei giorni ministro dei Lavori pubblici per i Comunisti italiani, oggi tornato al socialismo («Ma la Tav non c’entra») con lo Sdi. Chi protestava allora? «Gli stessi di oggi: gli abitanti della valle, i Verdi, Rifondazione, i Comunisti italiani». I Comunisti italiani, il suo partito. «La mia era una posizione personale, da ministro si vedono le cose in altro modo: ero e resto convinto che l’Alta velocità va fatta». Quando incontrò gli abitanti della Valle di Susa disse: «Se fossi uno di voi, protesterei pure io». Anche lei ha paura dell’amianto? «L’amianto c’è, ma la tecnologia consente di eliminare i rischi. Certo, così i costi salgono parecchio». Allora perché non potenziare il vecchio tracciato? «Impossibile: pendenze eccessive, curve troppo strette, ponti con portata insufficiente. Ma questo va spiegato alla gente, come hanno fatto in Francia». Voi lo faceste? «Non avemmo il tempo, tre mesi dopo arrivarono le elezioni. Questo governo, invece, ha avuto tutto il tempo ma non ci ha pensato proprio: è stata questa mancanza a far precipitare la situazione e portare i 60 mila della Val di Susa alla protesta. Per questo la protesta va capita». La protesta va capita, dice lei. Ma resta convinto che l’opera va fatta. «Certo, perché è nell’interesse degli italiani che non sono 60 mila ma 58 milioni». Anche intervenendo con la forza, come lunedì? «La violazione della legge non può essere mai giustificata. Condanno quelli che danneggiano le auto, che vanno in corteo con il volto coperto, che urlano ai carabinieri "Nassiriya"...». E quelli che, pacificamente, occupano i terreni? «Anche questo è violare la legge. Ma bisogna fare una distinzione: lo Stato può usare la forza per ripristinare la legalità, ma la forza non è la violenza e in qualche caso agli agenti la situazione è sfuggita di mano. In parte li capisco, non è facile sentirsi odiati in Patria».

 

  By: carlog on Venerdì 09 Dicembre 2005 23:10

Norton la tua proposta e' ragionevole ... ma una linea TAV sulla riviera di ponente sarebbe ancor piu' impattante dal punto di vista del paesaggio e quindi dal punto di vista turistico in Liguria Marco Ponti (docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano) intervistato alcune volte in TV ha sollevato forti dubbi sulla economicita' dell'opera paragonandone i costi/ricavi a quelli del Chunnel si potrebbe continuare a vedere l'opera come politica Keynesiana a fondo perduto, ma in tempi magri di risanamento di bilancio pubblico bisognerebbe pensarci bene un bel convegno pubblico a Torino a breve termine sulle questioni in campo e con tutti gli attori sarebbe utile ma Lunardi (e Zibordi) hanno solo interesse al silenzio

 

  By: Moderator on Venerdì 09 Dicembre 2005 21:25

Anche se più lungo in chilometri (ma con l'alta velocità diventa un'ora in più al massimo)non potevano portare l'alta velocità da Milano-Torino,verso la Liguria , agganciando così anche il porto di Genova (che la Val di Susa ha già il turismo),dato che poi la linea prosegue per Barcellona-Lisbona ? I Lionesi portavano la linea a Nizza (se non c'è già) invece che spendere i soldi nel traforo

Gemellaggio con la Bolivia - gz  

  By: GZ on Venerdì 09 Dicembre 2005 20:47

Il mondo non funziona così. Se un governo di centro-sinistra impiega anni e anni ad approvare un progetto, se un governo di centro-destra lo manda avanti assieme alla regione, dopo anni di studi, progettazione e soldi spesi una minoranza non può mandare tutto in vacca usando la forza (i tecnici che lavorano nei cantieri ricevono minacce di morte, anche sui muri di casa). Questo è il modo in cui funzionano le cose in Bolivia o Guatemala dove gli agitatori scatenano ^rivolte locali#http://www.selvas.org/newsBO0505.html^ contro progetti di estrazione di gas naturale o petrolio e come noto sono praticamente gli unici paesi Emergenti che negli ultimi anni non hanno migliorato. Noi scivoliamo verso il basso piano piano per cui non ce ne accorgiamo, ma siamo il paese del mondo occidentale dove viaggiano meno merci su rotaia e che ha costi di logistica/trasporti maggiori in percentuale del PIL. Siamo quello che ha la maggiore dipendenza da petrolio e dove l'energia costa di più..... Bisogna porsi il problema e fare qualcosa, poi a criticare ci sarà sempre qualcuno

 

  By: Gano on Venerdì 09 Dicembre 2005 11:47

visto che il problema sono le merci perche non ampliare la tratta gia funzionante ? ---------------------------------------------------------------------- Ottima idea! La tratta esistente attraversa praticamente tutti i paesini delle valli. Voglio vederli contenti a farci passare ogni giorno qualche centinaio di treni a 250 Kmh.... PS. Il problema non e' solo il rumore aerodinamico, che aumenta di una proporzione pari a sette volte il quadrato della velocita', ma l' effetto dell' onda sismica propagata sui centri abitati attraversati. Per questo le alte velocita' si raggiungono in aperta campagna. Inoltre cosa significa ampliamento della linea esistente? Se significa fare correre la TAV sugli stessi binari dei treni merci convenzionali, alcuni dei quali marciano a non piu' di 80 Kmh, il problema logistico sarebbe enorme. Se significa invece fare una linea ex-novo parallela a quella esistente, tanto vale farla un po' piu' in la' lontano dai centri abitati. Fra l' altro se si amplia in questo modo la linea esistente le galleria andrebbero comunque allargate o rifatte.

 

  By: pana on Giovedì 08 Dicembre 2005 20:06

Ma in tv c'e stato qualcuno che ha detto la il tgv da Lione a Torino c'e gia da tempo e che e stato soppresso perche era sempre VUOTO ? visto che il problema sono le merci perche non ampliare la tratta gia funzionante ? bah, l 'altra megaopera l Eurotunnel , quanti miliardi di euro ha perso in questi anni? Torino e Lione, oggi, sono più distanti. Mentre continua la discussione su progetti, finanziamenti e impatto ambientale della nuova linea ad alta velocità che dovrebbe unire la Francia e l’Italia, è stato soppresso l’ultimo treno “diretto” tra le due città. Questo perché l’attuale linea – secondo Michel Boulesteix, direttore della Artesia, società mista italo-francese di gestione del traffico ferroviario tra i due Stati - viaggiava con un passivo annuo di 6 milioni di euro. Per Artesia, joint venture tra Trenitalia e SNCF, la linea non porta reddito e non è pensabile un’utile di esercizio senza sovvenzioni pubbliche. Per questo motivo la società ha deciso di puntare sull’altra direttrice di collegamento tra Italia e Francia, la Milano-Parigi. Dieci anni fa Torino era legata a Lione da tre convogli diretti al giorno, con fermate a Porta Nuova e Porta Susa e l’arrivo a Part Dieu, la stazione centrale del capoluogo della Rhone-Alpes. Oggi un solo TGV ferma a Porta Susa, ma arriva da Saint Exupèry, l’aeroporto di Lione, distante un’ora dal centro della città.

Hamas leader Khaled Meshaal exclusive interview - BBC News - YouTube

 

  By: Gano on Giovedì 08 Dicembre 2005 15:00

E' vero. Sono ben a conoscenza delle cose che Lei ha riportato. Ma proprio per questo se l' Italia (e quindi i suoi governi) non riesce ad avere questa mentalita' e non riesce cosi' a cogliere l' occasione, significa allora che per noi il problema e' strutturale; ma in questo caso anche senza Protocollo di Kyoto e con le emissioni a manetta non riusciremo ad andare molto piu' in la' dei sellini di bicicletta e dell' olio di oliva ricolato. Sinceramente pero' su questo punto sono (cerco di essere?) piu' ottimista di Lei, perche' altrimenti per noi l' alternativa sarebbe comunque il Terzo Mondo. Il Protocollo di Kyoto ci penalizza dal punto di vista energetico e di emissioni industriali? Bene, dobbiamo sfruttare l' occasione per fare di necessita' virtu': riconvertendo la nostra dipendenza energetica dal petrolio verso energie alternative / nucleare, riconvertendo i nostri sistemi industriali e sviluppando nuova tecnologia per la riduzione delle emissioni (*), trasformando infine anche il trasporto da gomma a rotaia; tutte cose che il Giappone ha fatto senza bisogno di firmare niente (**). Non siamo capaci per mentalita', struttura, governi, classe politica/imprenditoriale di fare una cosa del genere? E allora di che ci preoccupiamo del protocollo di Kyoto? ;-) (*) Tecnologia che dovremo essere poi noi i primi a vendere, quando i nodi verranno al pettine anche degli altri -voglio vedere quanto ci durano ancora a Los Angeles, Citta' del Messico o Bangkok-. (**) Sta qui infatti la vera differenza tra noi e i Giapponesi: loro si ingegnano e fanno le cose quando ritengono che queste siano utili, noi abbiamo quasi sempre bisogno di essere costretti a farle...

 

  By: GZ on Giovedì 08 Dicembre 2005 14:50

Il Giappone ha 52 centrali nucleari che producono il 35% circa dell'energia elettrica Nell'energia occorre avere dei governi che si impegnano a fare gli interessi del proprio paese con programmi a lungo termine o perlomeno consentendo alle proprie multinazionali dell'energia di espandersi ed operare a tutti i livelli. Il Giappone pur essendo un paese con una superficie abitabile inferiore all'Italia perchè pieno di montagne e con 120 milioni di abitanti ammassati uno sull'altro è coperto di treni ad alta velocità. E quindi ha meno traffico su strada e meno inquinamento Le centrali nucleari e l'alta velocità le hai dove il governo decide e e scavalca le obiezioni localistiche o verdi, come in Francia e Giappone Come mentalità è l'ultimo paese a cui l'Italia possa essere paragonata

 

  By: Gano on Giovedì 08 Dicembre 2005 14:27

Si', probabilmente l' Italia si e' posta un possibile rischio a breve di limitazione allo sviluppo industriale con il Protocollo di Kyoto. Pero' e' anche vero che la necessita' aguzza l' ingegno. Se saremo capaci, saremo probabilmente i primi a sviluppare industrie e sistemi industriali non inquinanti e/o disinquinanti, ad alta efficienza energetica e a basse emissioni (*). Ci penseremo poi noi a vendere a Cina, Messico, Tailandia e Stati Uniti questi sistemi, quando si accorgeranno di cominciare a morire nelle loro citta'. Il futuro va in questa direzione, tanto vale quindi incominciare subito senza perdere altro tempo. Se questo poi non saremo capaci di farlo, se non coglieremo cioe' l' occasione, allora il problema italiano e' strutturale, significa che anche senza protocollo di Kyoto e con tutte le emissioni a randa, saremmo andati poco lontani. (*) Il Giappone e' oggi uno dei paesi piu' avanzati nei sistemi di smaltimento dei rifiuti, sviluppo ed utilizzo delle energie alternative e di sistemi industriali non inquinanti. Perche'? Per due ragioni. Perche' per loro l' energia e' carissima, ma soprattutto perche' per primi nel mondo si ritrovarono un giorno a mangiare pesce al mercurio e con le citta' dove c' erano le mascherine ad ossigeno a pagamento per la strada per poter prendersi una boccata di aria fresca ogni tanto. Oggi l' aria di Tokyo, di Osaka o di Nagoya e' pulita, molto piu' pulita di quella di Milano, Torino, Los Angeles, Houston, Citta' del Messico o Bangkok, eppure il loro sviluppo industriale non si e' fermato. Anzi. E infatti il Giappone, con un certo acume, e' non solo uno dei paesi storici tra i firmatari dell' accordo di Kyoto, ma guarda caso e' stato anche il paese ospite del trattato.

 

  By: Gano on Giovedì 08 Dicembre 2005 14:25

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Buone notizie sul fronte globale - gz  

  By: GZ on Giovedì 08 Dicembre 2005 14:05

Mentre in Italia siamo bloccati un poco dappertutto a cominciare dalla Val di Susa (non solo niente alta velocità, ma anche autostrade bloccate mentre i verdi francesi di la dal confine dicono:" ...ma volete il traffico dei camion per sempre ? noi abbiamo qui l'alta velocità e siamo contenti..") per fortuna nel resto del mondo le cose non vanno così male. Ad esempio a Montreal alla mega conferenza sul riscaldamento globale ^si è di fatto abbandonato Kyoto#http://www.nytimes.com/2005/12/04/weekinreview/04revkin.html^ come spiega il NY Times perchè si è dovuto prendere atto che negli ultimi anni Sudamerica, Asia e dozzine di paesi emergenti consumano energia a più non posso Ad esempio in tutti i paesi del medio oriente in molti paesi asiatici la benzina è sovvenzionata dal governo (da noi c'è all'opposto un 75% di tasse) per cui costa solo qualche centesimo di euro al litro. C'era ieri la notizia che Teheran è chiusa per due giorni, nessuno va a lavorare, perchè con la benzina che non costa niente e nessuna misura sulle marmitte lo smog sta uccidendo la gente. E gli iraniani sono 60 milioni di persone con un reddito da petrolio crescente. In Indonesia il governo ha un deficit statale fuori controllo e sta per fare crac perchè sovvenziona il prezzo della benzina che in pratica è gratis. In Cina pure il governo paga lui in modo che tutti consumino di più... Figurarsi poi mettersi a mettere restrizioni, tutta l'Asia SOVVENZIONA IL CONSUMO DI ENERGIA del pubblico... L'Italia, paese masochista, nazione simpatica ma in declino economico, si è assunta l'impegno IN PROPORZIONE MAGGIORE DEL MONDO di taglio di emissioni (più di qualunque paese europeo e dato che sono solo gli europei ad applicare Kyoto di conseguenza siamo i primi nel mondo!). Ma mezza Thailandia o un paio di provincie cinesi bastano a compensare i sacrifici imposti alla nostra industria. Bene, la storia è che a Montreal si è preso atto di tutto questo, che Kyoto non ha senso, un mega accordo mondiale che danneggia gran parte dell'industria occidentale in declino che, anche quando venisse applicato da tutto l'OCSE, taglierebbe percentuali minime di emissioni mentre il resto del mondo fa esplodere il consumo (senza contare che negli ultimi 100 anni il clima si è riscaldato di uno 0.6 di grado, mezzo grado, ma lascio perdere su questo tasto...) Si è ripiegato su un approccio di accordi bilaterali o tra gruppi di paesi con legami e interessi comuni e sviluppo di nuove tecnologie che suona molto simile a quello ^proposto dagli Stati Uniti#http://en.wikipedia.org/wiki/Asia_Pacific_Partnership_on_Clean_Development_and_Climate^ ------------------------------------------ On Climate Change, a Change of Thinking By ANDREW C. REVKIN ............ Today, in the middle of new global warming talks in Montreal, there is a sense that the whole idea of global agreements to cut greenhouse gases won't work. A major reason the optimism over Kyoto has eroded so rapidly is that its major requirement - that 38 participating industrialized countries cut their greenhouse emissions below 1990 levels by the year 2012 - was seen as just a first step toward increasingly aggressive cuts. But in the years after the protocol was announced, developing countries, including the fast-growing giants China and India, have held firm on their insistence that they would accept no emissions cuts, even though they are likely to be the world's dominant source of greenhouse gases in coming years. Their refusal helped fuel strong opposition to the treaty in the United States Senate and its eventual rejection by President Bush. But the current stalemate is not just because of the inadequacies of the protocol. It is also a response to the world's ballooning energy appetite, which, largely because of economic growth in China, has exceeded almost everyone's expectations. And there are still no viable alternatives to fossil fuels, the main source of greenhouse gases. Then, too, there is a growing recognition of the economic costs incurred by signing on to the Kyoto Protocol. As Prime Minister Tony Blair of Britain, a proponent of emissions targets, said in a statement on Nov. 1: "The blunt truth about the politics of climate change is that no country will want to sacrifice its economy in order to meet this challenge." This is as true, in different ways, in developed nations with high unemployment, like Germany and France, as it is in Russia, which said last week that it may have spot energy shortages this winter. Some veterans of climate diplomacy and science now say that perhaps the entire architecture of the climate treaty process might be flawed. The basic template came out of the first international pact intended to protect the atmosphere, the 1987 Montreal Protocol for eliminating chemicals that harmed the ozone layer, said Richard A. Benedick, the Reagan administration's chief representative in the talks leading to that agreement. That agreement was a success, but a misleading one in the context of climate. It led, Mr. Benedick now says, to "years wasted in these annual shindigs designed to generate sound bites instead of sober contemplation of difficult issues." While it was relatively easy to phase out ozone-harming chemicals, called chlorofluorocarbons, which were made by a handful of companies in a few countries, taking on carbon dioxide, the main climate threat, was a completely different matter, he said. Carbon dioxide is generated by activities as varied as surfing the Web, driving a car, burning wood or flying to Montreal. Its production is woven into the fabric of an industrial society, and, for now, economic growth is inconceivable without it. Developing countries - China and India being only the most dramatic examples - want to burn whatever energy they need, in whatever form available, to grow their economies and raise the living standard of their people. And the United States - by far the world's largest producer of greenhouse gases - continues to say that emissions targets or requirements would stunt economic growth in both rich and poor nations. All this has turned the Montreal meeting, many participants have conceded, into, at best, a preliminary meeting on how to start over in addressing the threat of global warming. Indeed, from here on, progress on climate is less likely to come from megaconferences like the one in Montreal and more likely from focused initiatives by clusters of countries with common interests, said Mr. Benedick, who is now a consultant and president of the National Council on Science and the Environment, a private group promoting science-based environmental policies.

 

  By: Gilberto on Giovedì 17 Febbraio 2005 18:21

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  By: polipolio on Giovedì 17 Febbraio 2005 13:20

"l'uomo vive nell'ambiente e dell'ambiente: quando lo mette in crisi, mette in crisi se stesso." Asserzione magari anche vera, che però mi porta alla memoria la critica al sistema hegeliano: una notte in cui tutte le vacche sono nere.

 

  By: XTOL on Giovedì 17 Febbraio 2005 12:15

Cmq. decidi se vuoi sostenere che fa male all'homo come dici qui o se è l'homo che fa male all'ambiente come citi sotto ------------------------- ecco il tuo problema (che condividi con un mare di allegri inquinatori): non capisci (o più probabilmente lo capisci, ma fai finta di non capirlo per non pagarne le conseguenze) che l'uomo vive nell'ambiente e dell'ambiente: quando lo mette in crisi, mette in crisi se stesso. le mie due affermazioni sono correlate e non si escludono affatto. xtol

 

  By: Gilberto on Giovedì 17 Febbraio 2005 12:14

Detto che se fosse per me metterei altri 2€ di tasse al litro sulla benzina -------------------------------------------------------- ???????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????? Polipolio , ci hai proprio visto giusto !!!!!!!!!