By: GZ on Mercoledì 01 Ottobre 2003 16:25
catastrofisti creduloni e la «beffa di Zonher»
http://www.corriere.it/solferino/main_mieli.shtml
Stupisce, caro Mieli, come il presidente di Legambiente Ermete Realacci prima suggerisca di non trarre conclusioni affrettate e poi sentenzi che il buco dell’ozono non abbia nulla a che vedere con i mutamenti climatici. È ormai noto alla maggior parte degli scienziati che l’estensione del buco dell’ozono dipende in buona parte anche dall’intensità del vortice polare antartico e dall’andamento climatico di quell’area. Quest’anno l’inverno nell’Antartide è stato più freddo del solito, il vortice più intenso... con la conseguente estensione del buco dell’ozono che è stata più grande del solito. Perché gli ambientalisti sentenziano sempre con sicumera e non si preoccupano di aggiornare le loro conoscenze?
Mario Tomasino, Venezia , dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari
--------------------------------------------------------------------------------
Caro Tomasino, lascio a lei che è docente al dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari la responsabilità della polemica con Ermete Realacci dal momento che non ho le competenze per dire la mia nel merito della questione. A me preme stabilire, d’accordo con lei, che nel vastissimo campo dell’ecologia c’è una discussione aperta ma non disponiamo di certezze tali da consentire quell’ostentazione di sicurezza che va sotto il nome di sicumera. A nessuno: né agli ottimisti né ai catastrofisti. Tanto più che tale sicumera fa leva su una diffusa predisposizione al peggio e la miscela tra, eccesso di sicurezza e atteggiamento credulone, produce un combustibile mentale assai pericoloso.
La predisposizione al peggio di cui ho appena detto è quella per cui nelle società occidentali ci si è ormai abituati (io stesso, lo ammetto, sono vittima di questa nevrosi) a considerare il pianeta sull’orlo di una qualche tragedia, il che ci induce a prestare identica, indiscriminata attenzione sia agli allarmi seri che alle fanfaluche. C’è un episodio del 1997 - finì in prima pagina sul Wall Street Journal - che ci offre una spia della nostra inclinazione ad abboccare a qualsiasi amo allarmista.
Nathan Zonher, studente di scuola media a Idaho Falls (Usa), promosse quell’anno una raccolta di firme per la messa al bando del biossido di idrogeno. Ai tavoli veniva consegnato un volantino in cui si spiegava la pericolosità del composto chimico: «Nella forma gassosa il biossido di idrogeno può provocare ustioni; è il componente principale delle piogge acide; è la causa dell’erosione dei terreni; riduce l’efficacia dei freni delle auto; se inalato accidentalmente può uccidere; inoltre è dimostrata la sua presenza nei tessuti dei pazienti terminali ammalati di cancro».
Zonher e i suoi amici calcolarono - alla presenza di un notaio - che il 76 per cento dei cittadini che si fermarono ai tavoli firmarono la petizione. Senza indugiare neanche un po’. E tra quelli che non firmarono, solo il 15 per cento si accorse dalla formula di quel biossido, H2O, che si trattava dell’acqua. Sì, l’acqua: che in forma di vapore «può ustionare», è «presente nelle piogge acide» (come in ogni altro tipo di pioggia), sotto forma di fiume o mareggiata «erode i terreni», «riduce l’efficienza dei freni di un’automobile sul bagnato», se inalata in grande quantità «può provocare annegamento» ed è «presente nei tessuti cancerosi» (come, d’altra parte, in quelli sani).
La «beffa di Zonher» provocò sei anni fa una vivace discussione negli Stati Uniti e da allora la predisposizione al peggio di cui ho detto all’inizio si sposò con atteggiamenti più vigili e critici. Ma qui da noi non si è ancora presa l’abitudine di discutere di questioni ambientali esclusivamente in punta di fatto, con persone come lei, professor Tomasino, capaci di guardare alle sfumature e alle contraddizioni di ogni tema che è oggetto delle nostre attenzioni. Ne è riprova l’odierno sconfortante dibattito sul blackout di domenica scorsa. Solo un Nathan Zonher italiano potrebbe riportarci con i piedi per terra. Se c’è, batta un colpo.