Gianlini for Facebook
Perfino in questi giorni di lockdown totale da coronavirus, assistiamo, inermi, all'arrivo di migranti dall'Africa sui barconi. Cento oggi, quaranta ieri, centosettanta domani? Chi lo sa!
Nel frattempo è trascorso un anno e mezzo da quando è stata rapita la povera Silvia Romano, vittima delle sue giovanili quanto generose illusioni e di chi, probabilmente, non è capace di aprire gli occhi sulla realtà, senza che si sia riusciti a riportarla a casa. La famiglia di Silvia Romano abita proprio qui vicino a casa mia e il suo volto sorridente campeggia su qualche manifesto qua attorno. Il suo lockdown, è ben altro dal nostro.
Anni sono passati dalla morte, assolutamente impunita, di Giulio Regeni, nonostante i forti tentativi diplomatici fatti; mentre è storia recentissima l'ennesimo rinvio della udienza per Zaky, lo studente che per adozione potremmo ormai considerare a metà italiano. Temo che ormai si debba darlo per perso, gli egiziani, ormai verso quota 100 milioni di abitanti, non mollano.
Impotenti ed inermi di fronte ormai a realtà più forti e grandi di noi. Eppure sento ancora gente che blatera di "aiutiamoli a casa loro". Non riusciamo a riportare a casa una giovane ragazza rapita da una banda di delinquenti locali, e immaginiamo (non dico pretendiamo) di riuscire ad imporre ancora i nostri "aiuti"?
Abbiamo definitivamente perso il momento giusto, che forse era sessanta, settanta anni fa quando la popolazione in Africa era un quinto di quella attuale, i rapporti numerici erano a noi favorevoli, e con una poderosa campagna di contenimento delle nascite e di crescita in istruzione si sarebbe, forse, potuto mettervi mano. Ma ora, no! Ora è tardi. Mi domando quale scollegamento dalla realtà possa avere chi ancora pensa di poterli aiutare a casa loro. Cosa debba intervenire per far aprire loro gli occhi, per fargli capire che i rapporti ormai sono inesorabilmente mutati.
Abbiamo però una speranza. I social network. Imprimere una svolta all'Africa da lontano, grazie alla capillare capacità di raggiungere tutti coloro che hanno un cellulare. E in Africa sono, come da noi, ormai quasi tutti. I social network possono essere la prossima frontiera dell'aiuto, non più a casa loro, ma in casa loro.