è giusto essere "razzisti" ?

 

  By: Bullfin on Giovedì 13 Agosto 2015 13:14

Terroni a noi?? ahahha e voi che siete dei bastardi....eh si siente una congerie di razze....roba che se ci fosse ancora Adolf vi spedirebbe tutti quanti nei cdc.

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

 

  By: pigreco-san on Giovedì 13 Agosto 2015 09:06

Friul libar. giustissimo , la prima cosa liberarsi dei terroni veneti.

 

  By: Bullfin on Giovedì 13 Agosto 2015 03:43

Adesso sarebbe peggio, arriverebbe direttamente l'isis.a Ah perchè oggi invece non arriva l'Isis...Se vi è un Nord l'esercito che tira su sarebbe il doppio di quello attuale (armi, carri, aerei inclusi). Ma non diciamo stronzate. Oggi lo yuan si è svalutato ancora e la borsa americana è andata su che è un piacere...e poi una svalutazione del 2-4% fa crollare le borse....ma non diciamo stronzate...dai. Toh guarda il Bullfin non sapendo na mazza di mercati dove ti ha piazzato lo short.....4583,50 mentre il top era a 4584,25. avro' fatto bene a lavorare e non dedicarmi 100% al trading....??? mah....... E NON SAPEVO NULLA DELLA CINA...che è avvenuto poi...dai tosat state zitti che di mercati non sapete un C A Z Z O....

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  By: antitrader on Giovedì 13 Agosto 2015 02:53

Raga', ma voi volete per davvero gli staterelli? Ma ve li ricordate gli staterelli? Quando giravan le palle a francesi, spagnoli e austriaci venivano qui e ci riempivano di mazzate. Adesso sarebbe peggio, arriverebbe direttamente l'isis. Voi la fate troppo facile, prendete una boiata e la propagandate dimenticando tutte le condizioni al contorno (io sono molto favorevole agli F35). Anche sull'euro fate i faciloni, mentre voi fate e disfate sistemi monetari e monete parallele e' bastato un starnuto dei cinesi per spargere sangue in due giorni di schianti molto truculenti. E voi avete in mente boiate del tipo: "possiamo tornare alla lira per favore?" E giacche' ci siamo facciamo pure il tallero per la Sicilia. Ci provo' il cav con l'affermazione fatale: "e allora io esco dall'euro". E fu cosi' che i mercati (i rettiliani c'entrano un cazzzz) fecero quello che avrebbe fatto anche la mia portinaia a chiunque possedesse BTP: ORDINE DI VENDITA AL MEGLIO. Poi i somari dicono che lo fecero apposta, ma quelli sono appunto somari che nulla sanno delle espressioni genuine dei mercati.

 

  By: Bullfin on Giovedì 13 Agosto 2015 02:32

EHHHH credo che Xtol abbia proprio ragione. Anti...pero' Salvini sui preti ha pienamente ragione....han rotto i cogli oni e sgancino un po' di soldini per mantenere i clandestini....

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  By: XTOL on Giovedì 13 Agosto 2015 02:20

Giorgio, bravo purtroppo resterai (resteremo) inascoltati. l'occidente è popolato di babbei e gli stati-nazione non hanno ancora mostrato il peggio (sembra impossibile, ma scaveranno ancora e ancora) #i#Chi sacrifica la libertà in nome della sicurezza, non otterrà né libertà né sicurezza#/i#. Benjamin Franklin

 

  By: antitrader on Giovedì 13 Agosto 2015 02:04

Bull, te c'hai la crapa 'mbriaca. Ma lo hai guardato in faccia? Quello puo' fare giusto il piazzista di pentole (e in effetti sta "piazzando" molto bene). P.S. Ai miei tempi non c'era la laurea in informatica (che e' una mezza boiata, roba da imbrattaprogrammi), ai miei tempi c'era elettronica/elettromeccanica.

 

  By: Bullfin on Giovedì 13 Agosto 2015 01:53

Infatti le Regioni sono da abolire...è da fare un organo unico per il NOrd, per il Centro e per il Sud....oppure Centro Nord e Centro Sud. Mettere una moneta per il Nord (Euro assolutamente perche se il NOrd esce dall'euro il cambio si rafforza) e una moneta per il Sud.....poi al governo del nord puo' andare anche un gruppo di Grillini. D'altronde il male massimo dell'Italia non sono i meridionali...vedi Giorgio Lutrom etc....ma quelli laureati in informatica che sono venuti qui nel Nord....da lì la corruzione è giunta anche a noi.... MENO MALE CHE SALVINI C'è!!! :)....

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  By: antitrader on Giovedì 13 Agosto 2015 01:45

La descrizione di Giorgio e' esatta, la soluzione proposta e' pessima. Quella boiata pazzesca del "federalismo" e' servita solo a regalarci il secondo ventennio e a mettere l'intera famiglia bossi a carico del contribuente. Per oltre 20 anni i padanari son stati dei berlusconiani a loro insaputa. Non contenti adesso i padanari cercano il bis con salvini (*) anche lui, seppur giovane, a carico del contribuente gia' da 20 anni. Avere i centri di spesa vicino al luogo dove si riscuotono le tasse e' un'altra boiata, basti considerare cosa son diventate le regioni, centri di sperperi e ruberie pazzesche. Pensate un po' che ladri, fan le regioni per gestire la sanita', non bastava una gestione centralizzata e dei tecnici locali? E pensa che per rimuovere le regioni non basterebbe manco la bomba atomica, gli "assessori" una volta installati non li togli piu' manco con le cannonate vedi le province e il CNEL. I poteri locali, in un paese campione del mondo della corruzione, genera cricche locali che son piu' nefaste (e numerose) di quelle centrali e torni davvero all'epoca dei signorotti. (*) consiglio a lorsignori che si son gia' fatti infinocchaire fino al modollo di tenere presente una cosa fondamentale. La credibilita' e l'efficacia di un programma politico dipende solo in minima parte dal programma stesso (dove puoi mettere tutte le strnzate che vuoi), ma sopratuttto da CHI LO PROPONE, e, dato il personaggio, come si puo' essere cosi' imbecilli da prenderlo sul serio? (dopo oltre 20 anni di esperienza finiti in scorregge).

 

  By: lutrom on Giovedì 13 Agosto 2015 01:22

Bull, io invece ho letto TUTTO l'intervento di Giorgio, intervento che è preferibile al 95% degli interventi e scritti di "insigni" (somari) meridionalisti...

 

  By: Bullfin on Giovedì 13 Agosto 2015 01:01

Giorgio se riesci ad essere piu' sintetico è meglio....(si lo so senti chi parla). Ho letto solo le ultime tre righe (non ce la fo per il resto massa longo) che ovviamente condivido assai. Condivido assai anche Gano.

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  By: Ganzo il Magnifico on Giovedì 13 Agosto 2015 00:10

#i#"A questo punto sarebbe auspicabile passare al potere ad una classe di dirigenti tedeschi con poteri illimitati, ad iniziare dall'utilizzo di squadre di bastonatori in camicia nero o bruna, è indifferente, pronti ad insegnare con le cattive ciò che con le buone il meridionale non capisce."#/i# Scusate, ma non si fa prima a dividersi? Il Nord, dall' Umbria in sù, da un parte, magari pure nell' euro. Il Sud da Terni in giù dall' altra. Col Ducato o lo Scudo. Io le squadre di bastonatori tedeschi in camicia nero o bruna non ce le voglio in giro. Se il Meridione le vuole faccia per sé. Anche perché i tedeschi hanno un modo di fare che mi fanno prudere le mani. L' altro giorno a Berlino manca poco uno lo scendo di bicicletta.

Slava Cocaïnii!

 

  By: lutrom on Mercoledì 12 Agosto 2015 19:17

Ottimo, Giorgio! L'unico problema è che qui analizziamo, analizziamo ma...facciamo la fine dell'albatro (e col rischio che pure i nostri figli la facciano)... ------------------------------------- L’ALBATRO di C. Baudelaire Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari, Che seguono, indolenti compagni di vïaggio, Il vascello che va sopra gli abissi amari. 5 E li hanno appena posti sul ponte della nave Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro Pietosamente calano le grandi ali bianche, Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi. Com'è goffo e maldestro, l'alato viaggiatore! 10 Lui, prima così bello, com'è comico e brutto! Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco, L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava! Il Poeta assomiglia al principe dei nembi Che abita la tempesta e ride dell'arciere; 15 Ma esule sulla terra, al centro degli scherni, Per le ali di gigante non riesce a camminare. COMMENTO Baudelaire vuole comunicare al lettore un messaggio: il poeta come l’uccello è capace di volare con la fantasia , ma è indifeso quando sta nel mondo comune. Nella società borghese, il poeta viene deriso per la sua grandezza. La società nei confronti del poeta si comporta come i marinai verso l’albatro: hanno catturato l’uccello marino per divertirsi a stuzzicarlo e prenderlo in giro. Il poeta, per cui è prigioniero della società dove lui si sente estraneo e esiliato, costretto a vivere male, visto che il volo con la fantasia gli viene impedito .

LETTERA AD UN AMICO DEL NORD - giorgiofra  

  By: giorgiofra on Mercoledì 12 Agosto 2015 14:52

LETTERA AD UN AMICO DEL NORD .. Voglio parlarti, caro amico, della mia terra, ovvero della mia gente. Voglio farlo con un linguaggio chiaro, semplice, conciso, lungi dall'enfasi e dalla retorica idiota di tante puttane della politica e del giornalismo, di coloro che non hanno nulla da dire e vogliono farlo camuffando la vacuità di fondo e vestendola di abiti intellettualoidi. Ognuno è artefice del proprio destino, come individuo e come popolo. Al di la dei rari eventi in cui la nostra volontà è impotente, sono le scelte che operiamo a tracciare il solco entro cui scorre la nostra esistenza. Questo, se è vero per i singoli, lo è ancor più per le nazioni. Scegliamo con la testa, in base alla nostra cultura, ai nostri valori, alla nostra educazione. Affermo, e ne sono fortemente convinto, che le condizioni economiche, sociali, politiche di un Paese dipendano dalla "cultura" di quel paese, e dalla cultura di ogni suo singolo componente. Quali che siano tali condizioni, benché non condivise, vanno comunque rispettate, giacché ogni popolo ha il diritto di autodeterminarsi. Fin qui tutto quadra. Il problema nasce quando un popolo, vigliaccamente, non si ritiene responsabile della propria condizione, ma tende a scaricarne la responsabilità verso capri espiatori, i più fantasiosi. A questo proposito ho sentito l'intero pacchetto delle assurde menzogne con le quali noi meridionali tendiamo a mondare le nostre coscienze. La cosa che più mi rammarica è che tali menzogne siano propinate non solo dal netturbino semianalfabeta ma anche, forse sopratutto, da persone istruite allo quali lo studio della storia, se mai l'avessero studiata, avrebbe dovuto conferire una maggiore capacità di analisi. Probabilmente cinquant'anni di propaganda demagogica da parte dei nostri politici è servita a rimbecillire la coscienza di gran parte del popolo meridionale. Sta di fatto che pochi, davvero pochi, comprendono appieno le cause del nostro disastro. Questo ci impedisce di praticare la cura giusta, la sola che potrebbe portare alla guarigione. Curiamo i sintomi, ma non la malattia. Assumiamo farmaci palliativi, trasferimenti, sussistenze, finanziamenti, investimenti fasulli, che consentono esclusivamente il prolungamento di una lenta agonia. Ti parlerò, caro amico del nord, della malattia che logora il nostro organismo, del perchè ne siamo colpiti, di quali ne siano i sintomi e, sopratutto, delle possibili cure. Il nostro male si chiama controriforma. Alcuni usano nomi diversi come "sudditanza", feudalesimo, spirito levantino. Nomi diversi per uno stesso male: la mancata trasformazione dei sudditi in cittadini. Non esiste democrazia compiuta senza cittadini. Laddove esistono cittadini la democrazia nasce e si sviluppa generando frutti sani e copiosi. Laddove il popolo è composto di sudditi la democrazia non può che essere imposta. Ma una democrazia imposta non attecchisce, anzi tende a degenerare in qualcosa che della democrazia ha solo il nome. Solo gli stolti possono negare che fino alla metà dell'ottocento la struttura sociale meridionale fosse sostanzialmente di tipo feudale. La storia del meridione d'Italia è un susseguirsi di dominazioni: Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Francesi, Spagnoli, Sabaudi. Nonostante questa varietà di case regnanti la condizione del popolo restava la stessa, quella dei sudditi sottomessi all'arbitrio del padrone di turno al quale pagare le tasse. Questa condizione, nel corso dei secoli, ha prodotto nella coscienza popolare la convinzione che, chiunque comandi, lo farà nel suo esclusivo interesse. In conseguenza di ciò il meridionale ha sviluppato alcune forme di autodifesa: lo scetticismo, il familismo, il fatalismo. Caro amico, ho fatto questa premessa perché tu possa capire perchè il meridionale sia rimasto, nel suo modo di pensare, un suddito. Ora voglio parlarti della sua natura, e di come differisca da quella del cittadino. Il suddito considera naturale il fatto che esista un padrone. Egli non dubita del fatto che colui che comanda lo faccia in virtù di una ineludibile volontà divina, lontana, astratta. Un padrone può essere sostituito da un'altro padrone, perché ci sarà sempre e comunque qualcuno che comanda. Il suddito, che non ha diritti, vive beneficiando dei favori e delle concessioni che colui che comanda vorrà di volta in volta dispensargli, secondo il suo arbitrio. La vita stessa del suddito è nella piena disponibilità del padrone, che ne determina il destino. Non esistono, in questo contesto, i beni pubblici. Ciò che non appartiene al suddito appartiene al padrone che, da vero signore, aborrisce il lavoro. E' il lavoro che distingue il signore dal suddito. Il primo vive di privilegi, potere, rendite; il secondo deve guadagnarsi da vivere lavorando. Entrambi disprezzano coloro che lavorano, considerandoli mentecatti. La proprietà terriera, ed il latifondo in particolare, garantiscono al signore la rendita parassitaria necessaria ai suoi bisogni. Ogni altra iniziativa economica è considerata disdicevole, salvo quelle poche attività privilegiate, prive di concorrenza, avute in concessione dal Re, come la riscossione dei tributi, il monopolio del sale, l'attività notarile. Date queste premesse possiamo riassumere ciò che caratterizza il suddito, la sua natura profonda, il suo modo di pensare, la sua cultura. 1) egli disprezza il lavoro ed ammira coloro che vivono di rendita, privilegi, sussidi, concessioni, piccole truffe, intrallazzi. 2) egli non ha cura di ciò che non gli appartiene, e considera i beni pubblici qualcosa su cui non ha né diritti né doveri. Spesso partecipa al loro scempio con sottile compiacimento, quasi una rivalsa nei confronti del potere. 3) egli considera lo stato come un padrone al quale dare il meno possibile a dal quale prendere il più possibile. Il bilancio pubblico è una faccenda che non lo riguarda, ciò che conta è esclusivamente il proprio "particulare". 4) la sua massima ambizione è quella di divenire un signore. Ciò può avvenire esclusivamente avvicinandosi il più possibile al potere, godendo della sua miserabile fetta di privilegi. 5) non avendo alcuna fiducia nelle istituzioni egli confida esclusivamente sulla famiglia. 6) egli è eternamente in lotta con lo stato, dal quali si sente vessato, e si vendica cercando di eluderne le leggi. 7) ritenendo inutile il voto, "tanto comandano sempre gli stessi", venderà il suo suffragio a colui che gli garantirà protezione nei confronti della pubblica amministrazione. Tale aiuto consisterà nell'elusione delle regole e delle leggi. E' vero che non tutti i meridionali sono uguali, ed esiste una certa percentuale di miei conterranei che ha oramai acquisito appieno lo status di cittadino, ma la gran parte della popolazione è, in maggiore o minore misura, portatrice di queste convinzioni. Non ti fidare, caro amico del nord, delle chiacchiere. Troppi predicano bene e razzolano male. Bisogna giudicare da ciò che fanno, e non da ciò che dicono. A suffragio di quanto affermo ti rivelo i risultato di un sondaggio che ho effettuato tra una trentina di miei conoscenti. Un sondaggio che ha poco di scientifico ma i cui risultati sono realistici. La domanda era: siete disposti a rinunciare per sempre al diritto di voto in cambio di un impiego pubblico, una casa garantita e all'eliminazione della criminalità? Credimi, il 100% ha risposto si. Coloro che avevano già un impiego pubblico hanno richiesto un impiego pubblico per i figli. ( sic!) Sembrerebbe impossibile che si possa rinunciare così facilmente alla prerogativa fondamentale di ogni democrazia: la sovranità popolare. Il fatto è che il suddito ritiene che il voto sia solo una presa per i fondelli, inutile e dispendiosa. che in ogni caso non determina l'indirizzo politico di chi governerà. Egli ritiene che il diritto di voto sia una concessione che il potere, chissà perché, ha elargito al popolo. Bada bene: non un diritto, ma una concessione. Al di fuori di sparute minoranze il popolo meridionale, sempre passivamente servo di qualcuno, non ha mai lottato per la sua autonomia, per i suoi diritti, per la democrazia. Essa le è piovuta addosso, senza che ne comprendesse i meccanismi e senza che ne sentisse il bisogno. E' in questo contesto, caro amico del Nord, che il meridionale esercita i suoi diritti politici. Il voto non viene utilizzato per dare un determinato indirizzo alla gestione della cosa pubblica, alla migliore tutela dell'interesse collettivo, all'affermazione di un certo ideale. Esso è considerato semplicemente merce di scambio. Il meridionale, in grandissima maggioranza, vende il proprio voto a colui che meglio potrà tutelare il suo "particulare". E tanto più il candidato è un mariuolo, un disonesto, un faccendiere voltagabbana, tanto più godrà del favore popolare in quanto maggiormente propenso all'intrigo, all'elusione delle leggi, alla corruttibilità. Che poi questo candidato, una volta eletto, concorra insieme agli altri al depauperamento della cosa pubblica, allo sfascio della pubblica amministrazione, alla sclerosi economica del paese, gli è del tutto indifferente. Sebbene cosciente di pagare in qualche modo le conseguenze di un siffatto sistema, egli lo accetta, nella convinzione che, chiunque governerà, agirà nello stesso identico modo. Caro amico del Nord, è questo fatalismo tipico dell'epoca pre moderna e del mondo rurale in generale uno degli aspetti del male che ci logora. Il meridionale è cosciente del fatto che questo meccanismo sia perverso e sia la causa primaria del degrado sociale, intellettuale ed economico del nostro paese. Ritiene, però, che non possa essere modificato, e che comunque il proprio voto non possa cambiare le cose. In virtù di tale convinzione tende a salvaguardare gli interessi propri e della propria famiglia. Lo fa cercando l'unica strada che possa garantirgli reddito, sicurezza, prestigio sociale: il pubblico impiego. La mancanza di lavoro al sud non è la causa della brama con la quale il meridionale cerca il "posto", ma ne è la conseguenza. Relativamente alla natura del reddito necessario alla sopravvivenza il suddito dicotomizza la società tra coloro che lavorano e coloro che hanno un impiego pubblico. Questi ultimi sono considerati, in varia misura, dei "signori". Tale considerazione deriva dal fatto che, pur godendo di un reddito garantito, non hanno l'obbligo di lavorare. Caro amico del Nord, traccerò ora il ritratto caratteriale del pubblico dipendente meridionale. Ti prego di considerare che tendo ad estremizzare certe caratteristiche che non appartengono a tutti ma ad una percentuale che, nel corso degli anni, tende fortunatamente a diminuire. In genere nella pubblica amministrazione si accede per concorso. Non posso affermare che in Italia i concorsi siano tutti fasulli. Ciò che posso dirti è che relativamente alla zona nella quale vivo conosco le graduatorie dei concorsi prima ancora che essi si svolgano; e non sono un chiaroveggente. Queste "stranezze" si verificano sia per l'assunzione di un autista che per quella di un primario. Non è difficile comprendere come i concorsi siano un grande bluff, inutili e costosi. Servono, al massimo, a salvare la forma, l'apparenza, cose che il meridionale, controriformista e quindi barocco, ama. Le assunzioni, in verità, si decidono nelle stanze del potere. Ogni politico eletto tende a riscuotere la propria "parcella elettorale" che girerà, poi, ai propri gregari. Questi, a loro volta, cercheranno di accontentare le famiglie che maggiormente avranno contribuito all'elezione del proprio padrino. Il numero dei "posti" disponibili è sempre inferiore a quello degli aspiranti fannulloni, per cui ad ogni concorso si cercherà di sistemare ora il membro di una famiglia, ora quello di un'altra famiglia. Avere un ministro delle poste o dei trasporti o delle foreste proveniente dalla propria circoscrizione diventa una vera manna. In questi casi si inventeranno i più assurdi pretesti pur di assumere senza concorso schiere di compaeani. Alla fine paga pantalone. Il meridionale che viene assunto sente, da quel momento, di appartenere ad una casta privilegiata. Attraversato il Rubicone che divide i sudditi dai signori egli acquisirà d'improvviso la spocchia, la presunzione, l'arroganza tipiche del signore feudale. Ed in realtà si sentirà tale in virtù del fatto che non sarà più obbligato a lavorare per vivere. Egli godrà di ampi diritti, dei quali tenderà naturalmente ad abusare, e di pochi doveri. Cosciente che la sua nuova condizione sia irreversibile, imperitura, garantita al di la della qualità delle sue prestazioni, userà la propria intelligenza al solo scopo di lavorare il meno possibile e rendersi edotto di tutti i meccanismi utili per partecipare con efficienza ed entusiasmo al saccheggio delle casse pubbliche. Nei rapporti con il pubblico, in modo più o meno evidente, tenderà a sottolineare il fatto che sostanzialmente siete alla sua mercé, e se proprio soddisferà le vostre istanza lo farà a mero titolo di favore personale. Totalmente incurante delle vostre esigenze e privo di rispetto per il vostro tempo e la vostra dignità, cercherà di farvi sentire in debito nei suoi confronti, avendo egli interrotto il suo ozio, cosa quanto mai disdicevole, essendo quello dell'ozio uno dei diritti fondamentali dei veri signori. Il più delle volte il suddito meridionale tende ad evitare i rapporti diretti con la pubblica amministrazione, salvo il caso in cui ha delle conoscenze all'interno dell'ente o dell'ufficio al quale deve rivolgersi. Più spesso egli si rivolgerà al proprio referente politico, il quale, avendo ricevuto il suo voto, si sentirà obbligato al disbrigo delle incombenze dei propri clienti. Può apparire strano, ad un non meridionale, che la gente chieda queste intercessioni anche per quelle prestazioni che sarebbero comunque fornite gratuitamente e velocemente semplicemente rivolgendosi al relativo ufficio. Tutto questo è invece normale se si conosce la mentalità che sottintende a questa prassi. Per il meridionale lo stato non rappresenta il popolo, ma un potere estraneo, lontano, astratto. Lo stato è composto da una minoranza di privilegiati che ha il diritto di vivere a spese di chi produce ricchezza e che di queste spese non deve mettere conto a nessuno. Nel momento in cui un suddito riesce ad entrare nell'olimpo della pubblica amministrazione viene considerato, dai più, un privilegiato, uno che ha pochi doveri e molti diritti, uno che ha facoltà di dispensare favori, uno che, addentro alle cose pubbliche, avrà maggiori possibilità di mungere la vacca della spesa pubblica. La grandissima parte dei dirigenti della pubblica amministrazione dispone di patrimoni e redditi non giustificabili dell'entità degli stipendi percepiti, i quali, comunque, sono molto sovradimensionati rispetto alla qualità del lavoro svolto. E non credere caro amico del Nord che la gente consideri questi signori dei ladri. Il popolo meridionale ossequia, ammira, riverisce questi parassiti, considerandoli dei furbacchioni che ci hanno saputo fare. Dei veri e propri modelli da imitare. Lo dimostra il fatto che la quasi totalità degli eletti alle varie votazioni, è composta da dirigenti pubblici. Tutta gente palesemente ladra ed inetta, ma che in virtù dei ruoli occupati sarà in grado di dispensare favori in gran quantità. Nessuno voterebbe una persona capace, onesta, corretta, per il semplice fatto che quasi certamente non dispenserà favori, agirà nel rispetto della legalità, e, sopratutto, farebbe vacillare quel consolidato sistema di relazioni tra sudditi e potere sul quale si basa la società meridionale.Che tale sistema sia marcio ne sono tutti consapevoli, ed in cuor proprio ognuno vorrebbe che avesse fine. Ma ognuno è anche cosciente che da solo non potrà cambiare le cose, e mentre cercherà di lottare per abbattere questo sistema marcio, resterebbe fuori dal gioco, provocando gravi danni ai propri familiari, di cui si sente responsabile. Laddove un bidello o un postino godono di un riconoscimento sociale superiore a quello di un piccolo imprenditore è evidente che lo sviluppo di una sana imprenditoria sia soffocato. E' il contesto sociale, e non la mancanza di capacità individuali, che inibisce la creazione di un tessuto industriale diffuso. E per quanti finanziamenti possono essere erogati, nulla cambierà se non cambierà la cultura alla base di questo sfacelo. Nel dopoguerra, e fino agli anni settanta, vi è stato un grande fermento economico nella zona in cui vivo. Cavalcando l'onda del boom economico molti artigiani si sono trasformati in imprenditori, ottenendo sorprendenti risultati. Molte micro aziende si sono trasformate in piccole e medie industrie, producendo utili e creando occupazione. Di tutte queste aziende oggi non rimane nulla. Come mai? In verità tutti questi imprenditori, sebbene ottenessero buoni risultati economici, continuavano a convivere con un profondo complesso di inferiorità nei confronti dei "signori". Si premurarono, quindi, di preparare i figli a quel salto di classe al quale ambivano. Li fecero laureare ed usarono la loro forza economica per inserirli nella pubblica amministrazione e nelle libere professioni. Sistemati i figli, complice un mercato sempre più difficile, cessarono le attività ed affittarono i capannoni. A quel punto la famiglia si poteva finalmente considerare appartenente al mondo dei signori, disponendo della cosa indispensabile alla bisogna: la rendita. Una doppia rendita derivante dai canoni di locazione degli immobili e dal sicuro ed intoccabile stipendio pubblico. L'attaccamento alla sicurezza ed al privilegio è così forte che una grandissima quantità di avvocati, ingegneri, biologi, nutre la folta schiera degli insegnanti. Può sembrare strano che un ingegnere trascuri la libera professione per dedicarsi all'insegnamento dal quale trarrà un reddito tutto sommato miserabile. Devi capire, caro amico del Nord, che la parola "pubblico impiego" genera nei meridionali un vero e proprio stato di estasi. L'appartenenza ad una certa casta ha un valore sociale che supera il puro aspetto economico. Il meridionale, figlio della controriforma, vede nel rango sociale il metro di ogni valore. La capacità, l'impegno ed il talento valgono nulla rispetto ad un titolo, anche se il più delle volte dietro quel titolo vi è il nulla. Anche questo è uno dei motivi per il quale tantissimi meridionali impiegati nella pubblica amministrazione che risiedono al nord fanno carte false pur di essere trasferiti nel loro paese d'origine. Oltre l'attaccamento alla loro terra, legittimo, essi desiderano tornare laddove godrebbero di quel prestigio sociale che in una cultura europea non è loro riconosciuto. Voglio nuovamente precisare che le cose, fortunatamente, stanno cambiando. Una percentuale sempre più grande di meridionali ha oramai perso del tutto le caratteristiche del suddito. Così come è vero che che in molte zone del Nord il quadro sociale non è molto dissimile da quello del Sud. Rimane comunque il fatto che nessuna delle aziende delle quali ti ho appena parlato ha compiuto il salto di qualità che le avrebbe consentito di crescere e consolidarsi. Non è rimasto che il vuoto totale. Ed è difficile che oggi possano nascere aziende competitive dall'iniziativa di un piccolo artigiano privo di capitali. Coloro che dispongono di cospicui capitali, e ve ne sono tanti, si astengono da qualsiasi iniziativa imprenditoriale, e questo per i motivi di cui ti ho parlato. Poichè il nulla genera il nulla, è facile prevedere il futuro industriale del meridione. Ma il dramma più grande, e forse il più sottovalutato, consiste nella fuga delle intelligenze. I meridionali più intelligenti, più aperti, più qualificati, soffrono più di altri questo clima di sfascio generale, di immobilismo funereo, di rassegnazione. Queste persone hanno capito che nulla cambierà se non cambierà il modo di pensare, e quindi di agire, degli individui. Queste persone sono coscienti del fatto che gli aiuti indiscriminati, le sussistenze, i finanziamenti, le leggi speciali, hanno concorso a drogare l'economia meridionale,ed a consolidare una cultura anacronistica. Sentendosi impotenti e soli fuggono laddove trovano le condizioni economiche e sociali tali da consentirgli una vita più consona alle proprie aspettative. Amano, dei luoghi in cui vanno a vivere, quel senso generale di ordine e di rispetto delle regole, il buon funzionamento della pubblica amministrazione, il riconoscimento sociale dell'impegno, della capacità e del talento, la cura del bene pubblico e, sopratutto, l'apprezzamento per il lavoro. Esiste una via d'uscita da questa situazione? Certamente si. Abbiamo visto come il problema meridionale sia essenzialmente un fatto culturale. E fin quando non si cambierà il modo di pensare, ovvero non si trasformeranno i sudditi in cittadini, le cose non cambieranno, per quanti soldi possano essere spesi. Quando sentite dire che occorre investire al sud, che bisogna realizzare infrastrutture, che occorre creare lavoro pubblico, sappiate che ci stanno prendendo per il *** . Anzi, queste cose procurano danni al meridione, a fronte dei grandi vantaggi riservati ai soliti parassiti. Non di denaro ha bisogno il sud, ma di nuove regole. Innanzi tutto occorre accorciare la distanza tra il flusso fiscale ed i centri di spesa, affinché ogni persona abbia in qualche modo il controllo sul denaro delle tasse. Lo stato centralizzato è un gran calderone dove transita denaro di cui non si percepiscono l'origine e la destinazione. Immaginiamo che le tasse debbano essere pagate al comune di residenza, e che successivamente lo stesso comune ne trasferisce una certa percentuale allo stato. Il denaro che resta nelle casse comunali è quello a disposizione per sostenere una serie di servizi. Se le entrate fiscali sono alte il comune può offrire molto, se sono basse sarà costretto a tagliare molti servizi ed a rendere più efficiente la spesa. In tal modo si crea una relazione diretta e percepibile tra quanto si paga e quanto si riceve. Il contribuente pretenderà giustamente di conoscere le voci di spesa, e sarà costretto, che lo voglia o meno, a scegliere degli amministratori capaci. E' un po ciò che avviene nei condomini. Innanzitutto ognuno deve pagare le sue quote, e se qualcuno non paga si protesta. Inoltre se l'amministratore gestisce male le risorse viene mandato via, perchè il condomino si sente colpito nelle proprie tasche. L'amministratore, nel caso volesse deliberare spese straordinarie, ad esempio costruire una piscina, sarà costretto a chiedere il parere dei condomini, i quali potranno decidere se sostenere o meno quella spesa per avere quel servizio. In un condominio ognuno si sente padrone dei beni comuni, e pretende di controllarne la gestione. Se vogliamo che il meridionale diventi un cittadino occorre che si senta responsabile dell'amministrazione della cosa e dei servizi pubblici. E lo può fare nel momento in cui ha la percezione che ciò che sarà amministrato sarà il suo denaro, e non quello proveniente da un lontano e astratto stato. Si renderà anche conto che non esistono pasti gratis, e che tutto ha un coste che egli stesso dovrà sostenere. Sarà quindi obbligato a scegliere gli amministratori più capaci che, tra le altre cose, si adopereranno per stimolare la libera iniziativa, unica fonte di vera ricchezza e quindi di maggiori risorse da destinare ai servizi pubblici. Il comune renderà pubblica la lista di chi e quanto paga, e di chi e quanto percepisce. Diventerà difficile per un finto invalido percepire una pensione, perchè state pur certi che i concittadini non resterebbero indifferenti, come ora succede, ma protesterebbero fermamente, trattandosi dei loro soldi. Occorre, in parole povere, un vero e stretto federalismo. Tutte le altre chiacchiere vanno lasciate alla demagogia dei politici. Ogni comunità deve essere l'artefice del proprio destino, averne in mano le redini e la possibilità di adeguare una certa quantità di regole al proprio progetto sociale.

 

  By: antitrader on Mercoledì 12 Agosto 2015 14:30

E questi mo' vogliono "i loro affetti". ^“Da una parte il posto fisso chi sa dove, dall’altra i miei affetti”#http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/12/riforma-il-piano-assunzioni-rischia-di-causare-un-grande-esodo-ansia-dei-prof-dobbiamo-scegliere-lavoro-o-famiglia/1952450/^ Non che uno debba essere costretto a rinunciare ai sui affetti, ma se dopo 20 anni di precariato ti vogliono stabilizzare non e' che puoi fare tanto lo choosy. Se e' troppo lontano nessuno ti impedisce di cambiare mestiere. E' il capitalismo bellezza! (anche se stan diventando tutti Comunisti seppure a loro insaputa).