Cambia l’esecutivo, ma non la furia giustizialista. Con l’insediamento del nuovo Governo si ripropone il tema annoso della riforma della giustizia, cavallo di battaglia del ministro Bonafede, convinto, bontà sua, di aver messo mano a una “rivoluzione epocale”. Come sappiamo quello della giustizia è stata una delle tante contraddizioni dell’esecutivo giallo-verde, tanto che il suddetto disegno di legge fu licenziato con la ambigua formula “salvo intese”, prima che si aprisse lo scontro finale tra Lega e M5S.
Nella proposta del ministro Bonafede infatti mancava (e continua a mancare) tutto ciò che possa definirsi una svolta radicale nel sistema giudiziario italiano, punto di partenza cruciale per ogni riforma che miri allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. Del resto nessun provvedimento pentastellato è mai servito a incoraggiare gli investimenti, a tutelare il credito e la proprietà privata, ma solo a mettere dei freni alla nostra crescita. Il ministro Bonafede si limita a lanciare slogan, promettendo che con la nuova riforma i processi dureranno al più quattro anni, dimenticando però di dirci come, e giocando sulla pelle di famiglie ed imprese rovinate dalla mala giustizia. Grave, ma non è tutto.
Il vero sopruso sta nell’intenzione tutta grillina di voler abolire la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, annullando così ogni garanzia rimasta a chi subisce un processo o ne ha da 10 anni. Del resto non ci si poteva aspettare molto altro dal partito del ‘si è colpevoli fino a prova contraria’, ma stavolta non c’ è solo il rammarico per non aver affrontato i veri nodi della giustizia italiana, c’è anche lo sconforto per una misura che lede le garanzie personali e che va contro gli stessi problemi che si prefiggeva di risolvere.
La prescrizione infatti non è solo un istituto di garanzia per i cittadini, ma è anche un utile strumento per consentire ai giudici di concentrarsi sulle indagini che, per importanza o casistica, possono arrivare a sentenza dopo il primo grado, lasciando cadere in prescrizione quei processi che mai vedranno una fine. Insomma, una mano enorme per snellire le lungaggini giudiziarie. Bonafede invece a quanto pare vuole ingorgare ancora di più le corti di appello con fascicoli che si trascineranno per chissà quanti anni. Meno garanzie, più costi, tempi giudiziari allungati: un capolavoro.
Sulla Giustizia la Lega ha lasciato campo libero a M5S, ennesimo autogol di Salvini, come farà il Pd di Zingaretti che ha abbandonato a se stesso il ministero di Via Arenula dando la sensazione di aver appaltato la questione Giustizia ai 5 Stelle come prezzo da pagare per la formazione del nuovo esecutivo. Insomma, battaglie per il potere sì, battaglie di libertà e democrazia neanche a parlarne. La giustizia diventa il terreno di saldatura del peggior giustizialismo. Una deriva che va fermata! Se ne parlerà il 16 ottobre a “Fare Giustizia”, la conferenza del Centro studi Pop Up, nella cornice del Tempio di Adriano a Roma.
In conclusione? Dobbiamo arrenderci al paradosso per cui bisogna sperare che il Governo Pd-M5S blocchi tutto come il precedente? Che non si decida alcunché? Se l’alternativa all’immobilismo sono misure come l’abolizione della prescrizione, forse è meglio così, in attesa di tempi migliori. In Italia c’è bisogno di riformare la Giustizia, certo, ma va impedito a chi invoca la forca di annientare lo Stato di diritto.