Estratto dal Corriere [sezione risponde A.C.]
conosco bene un locale gestito da due anni da tre giovani, due originari della Romania e uno della Russia. Sono in regola e lavorano tanto. Chiacchierando, mi hanno detto che hanno rinunciato ad avere aiutanti di nazionalità ed etnia italiana. «I giovani italiani sono troppo viziati. Reclamano solo diritti e non hanno nessun senso del dovere». Ma, aggiungono, il problema si sta incancrenendo anche con i giovani non italiani, perché tendono ad acquisire le cattive abitudini dei giovani italiani, con l’aggiunta della sensazione che, in caso di irrigidimento dei titolari, possono alzare la voce ricorrendo ad accuse di razzismo e minacce di danno d’immagine per il locale. Risultato di questo meccanismo? I tre titolari stanno prendendo in considerazione l’ipotesi di cedere il locale e aprirne uno in Australia...
Caro Carlo,
Si coglie dalla sua lettera la ricerca dei termini giusti per non urtare la sensibilità di nessuno. Il concetto si potrebbe così sintetizzare: i giovani italiani non hanno più voglia di lavorare; o in ogni caso non vogliono lavorare come camerieri. Generalizzare è sempre pericoloso; è pieno ovviamente di giovani italiani volenterosi. Ma suvvia quante volte abbiamo notato un po’ tutti che anche in città dove la disoccupazione giovanile supera il 50%, più che nella Striscia di Gaza, in cucina le orecchiette le fa l’albanese, la pizza l’egiziano, gli spaghetti il maghrebino? Ricordo un pomeriggio passato all’opera, dove — le confesso gentile Carlo — dopo un po’ mi annoio. Davano Aida, che impiega almeno un’ora a morire. Avevo il cellulare scarico, dovevo rendermi reperibile per il giornale, e con questa scusa sono uscito a cercare un posto dove ricaricare il telefonino.
Il teatro dell’Opera di Roma è vicino alla stazione Termini, quindi in zona ci sono moltissimi hotel. Ne avrò girato dieci, lussuosi, normali, economici. Non ho trovato un portiere italiano. Solo stranieri, quasi sempre ragazze dell’Est. Ho chiesto spiegazioni. Mi hanno risposto che costano meno, lavorano di più, conoscono meglio le lingue. Ma il portiere d’albergo non è un brutto mestiere, anzi è un’arte: quello che ti trova la stanza, una soluzione ai problemi, e magari i biglietti dell’opera. In ogni caso, tutti i lavori sono dignitosi; lo è meno campare di assistenza. Qualcuno si arrabbierà con noi, caro signor Crovella.
Ma aggiungo un’ultima cosa. Questa pagina riserva uno spazio alla settimana per le offerte di lavoro, che arrivano abbastanza regolarmente; e un altro spazio per le richieste di lavoro, che non arrivano quasi mai.