By: XTOL on Sabato 28 Marzo 2015 13:02
Oggi ci passo vicino, mi toglierò il cappello.
La repubblica di Cospaia, esempio storico di comunità anarco-capitalista.
#ALLEGATO_1#
^The Anarchist Republic of Cospaia#http://dailyanarchist.com/2015/03/11/the-anarchist-republic-of-cospaia/^
The next time one of your friends says “name one place where Anarcho-Capitalism has been tried,” you can proudly respond “The Republic of Cospaia.” For nearly four hundred years, this tiny republic thrived in central Italy with no government, no rulers, no military, no bureaucracy, and no taxes!
#ALLEGATO_2#
#ALLEGATO_3#
Una località vicino a San Giustino che, per 400 anni, è stato territorio franco Tutto è iniziato a causa di un errore nel tracciare i confini del territorio della Chiesa e di quello della signoria fiorentina: Cospaia si è ritrovata così terra di nessuno. Privi di leggi da rispettare, di governanti cui ubbidire e di tasse da pagare, i cospaiesi approfittarono abilmente della situazione…
Non c’è traccia nei libri di storia di una piccolissima località chiamata Cospaia.
Eppure, questo lembo di terra stretto tra San Giustino e Sansepolcro, proprio sul confine tra Umbria e Toscana, è stato per quattrocento anni una vera e propria repubblica: la repubblica di Cospaia, appunto, senza dubbio la più piccola che sia mai esistita al mondo. Era il1441 quando il pontefice veneziano Eugenio IV diede in consegna a Firenze il territorio di Borgo Sansepolcro come pegno in attesa che il papato restituisse ai toscani i 25000 fiorini d’oro che gli erano stati prestati da Cosimo dei Medici. Accadde dunque che entrambe le parti costituirono una propria commissione per tracciare i nuovi confini, ma lo fecero senza accordarsi, ognuna per conto proprio. E lo fecero prendendo come linea di divisione il torrente Rio. Ciò che non tennero in considerazione, fu che dal Monte Gurzole nascono due torrentelli chiamati entrambi Rio, i quali, scendendo verso il Tevere, avvolgono la collinetta di Cospaia. I tecnici Medicei presero come punto di riferimento il Rio che scorre nei pressi di Sansepolcro, quelli papalini invece si riferirono al torrente Rio che passa fra Sangiustino e Cospaia. Fu così che Cospaia, stretto tra i due territori, si ritrovò libero sia dal governo di Firenze che da quello pontificio. I due stati, resisi conto dell’errore, non modificarono la situazione: alla fine dei conti, uno stato cuscinetto, anche se di appena 330 ettari, faceva comodo a entrambe le parti, specialmente in quel tempo di continue guerre, per lo scambio di mercanzie senza pagare dogana e pedaggio. E Cospaia e i suoi abitanti, da quel momento seppero sfruttare abilmente a loro vantaggio la situazione: essi erano veramente liberi, non dovevano sottostare ad alcuno, non pagavano tasse né dazi di alcun tipo. Il benessere econonomico di quella gente era senza dubbio maggiore di quella delle popolazioni vicine: i terreni dei cospaiesi erano immuni da balzelli e la rendita poteva considerarsi netta da spese. L’unica legge scritta, con forte valore simbolico, era l’iscrizione che si trovava, e tuttora si trova, sull’architrave della Chiesa della Confraternita: «PERPETUA ET FIRMA LIBERTAS».Proprio questa libertas consentì a Cospaia di intraprendere quella che sarebbe diventata la principale attività dello staterello e sarebbe poi stata tramandata fino a diventare una vera e propria tradizione agricola plurisecolare che a tutt’oggi resiste forte in Alto Tevere: stiamo parlando della coltivazione del tabacco. La pianta arrivò da quelle parti grazie al cardinale Niccolò Tornabuoni che da Parigi, intorno al 1574, ne inviò alcuni semi al nipote Alfonso, vescovo di Sansepolcro. Così ebbe inizio la produzione del tabacco nella terra di Cospaia. E tanto si diffuse il nuovo vizio del fumo e del fiutare il tabacco che, inizialmente, molti governi ne proibirono la coltivazione e alcuni papi arrivarono a scomunicare chi ne faceva uso. Ma gli ostacoli alla coltivazione della pianta furono posti solo fino a quando ci si accorse che fumare significava alimentare le entrate attraverso i dazi. Allora si iniziò a chiudere un occhio, o meglio tutti e due, tanto che nel 1724 papa Benedetto XIII revocò la scomunica contro i fumatori. Ma a Cospaia le proibizioni di questa coltura non erano mai entrate in vigore, per cui la coltivazione e la vendita del tabacco erano stati sempre fiorenti. Ovviamente, le vendite avvenivano per la maggior parte in regime di contrabbando e la coltura del tabacco, redditizia più che mai, divenne quella predominante a Cospaia, che in quel periodo poteva essere considerata a pieno titolo la «capitale del tabacco italiano».Ma la libera repubblica di Cospaia non era destinata a rimanere per sempre tale, contesa com’era tra i governi di Roma e Firenze. Ad aggiudicarsi il territorio fu, nel 1826, lo Stato della Chiesa, dopo che fu firmato un atto di sottomissione da parte di quattordici rappresentanti di Cospaia. Da quel momento in poi tutto (o quasi) tornò come prima. A resistere fu la coltivazione del tabacco che, sebbene ora sottoposta a forti tassazioni, rimase una delle principali attività di Cospaia e , nel 1860, questa coltivazione venne estesa anche ai comuni di San Giustino, Sansepolcro e Citerna.. Oggi Cospaia è una frazione di San Giustino; poche case, una chiesetta: a vederla sembrerebbe una delle tante contrade del centro Italia, ma chi fin qui ha seguito questa curiosa vicenda, passando da quelle parti non potrà non rivolere uno sguardo a quella che, per 400 anni, fu la più piccola repubblica del mondo.