By: GZ on Venerdì 19 Ottobre 2007 23:23
La globalizzazione dei mercati finanziari con tutta la tecnologia che l'accompagna ha reso molto più facile per le società e gli individui con attività estere ridursi da soli le tasse, basta vedere i bilanci degli ultimi anni, se leggi le trimestrali di borsa di quest'anno noti che spessissimo c'è la "sorpresa positiva" del "carico fiscale inferiore alle previsioni degli analisti" (vedi General Electric per dirne una e tante banche italiane). Questo è anzi uno dei segreti del mercato toro degli ultimi anni
gente come Montezemolo o Rossi fanno tutto con società estere e lo leggi pure sui giornali tanto è (quasi sempre) legale, è solo "elusione", ma alla fine le tasse effettive pagate da corporations e individui con asset e non redditi da lavoro non sono mai state così basse
d'altra parte con internet tutti possono crearsi un conto PayPal ^o con questo che è nuovo#https://www.revolutionmoneyexchange.com/^ creato da Steve Case di AOL e tutti possono in cinque minuti con 300 euro crearsi una società negli stati uniti riservata a stranieri e offshore ai fini americani.. poi ci metti la fiduciaria che costa 3.000 euro ora ... insomma una versione casareccia di quello che fa Montezemolo che ha tutto in lussemburgo...e i costi di tutte queste cose si sono abbattuti parecchio
se milioni di italiani cominciano a scambiarsi pagamenti direttamente tramite questi money exchange internet globali usando conti intestati a società offshore basate nei posti più strani puoi approssimare, per alcune attività, le soluzioni dei vari Montezemolo
....avresti una democratizzazione di quello che è riservato ora solo ai ricucci, montezemolo, rossi, pavarotti, della valle
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Montezemolo e Della Valle sono di casa in Lussemburgo. E anche in Olanda, altro paese abituato a generosi trattamenti fiscali, non scherzano. Il signor Tod’s presenta nel bilancio consolidato della accomandita di famiglia tre holding lussemburghesi, tre olandesi, un svizzera, una ungherese, una a Madeira, piccolo paradiso fiscale del Portogallo e una nella nostra Repubblica di San Marino. L’erede Fiat si accontenta di due finanziarie lussemburghesi e due olandesi. Insieme però sono soci anche nel cosiddetto fondo di private equity Charme, che in realtà si chiama Charme Investments sociéteé anonyme, che in Italia ha acquisito partecipazioni nella Poltrona Frau e in altri importanti società della moda e del lusso.
Non che sia una novità nel mondo imprenditoriale italiano. Prima di chiedere al governo di abbassare Irap e tasse ritenute ingiuste centinaia di imprenditori e finanzieri sono abituati ad eludere il fisco espatriando. Ministri come Vincenzo Visco e Giulio Tremonti si sono spremuti il cervello e dannati l’anima per cercare di fare rientrare quei capitali e impedire attraverso la moltiplicazione delle lussemburghesi e delle holding da paradisi fiscali la sottrazione di imponibile in gran parte dovuto alle casse italiane. Ma poco hanno potuto. Ogni volta che nuove norme stringevano le maglie dei controlli, qualche studio professionale aveva già in mano la ricetta giusta per aggirarle.
Elusione, appunto, e non evasione. Anche se il Secit e l’Agenzia delle entrate hanno cercato in ogni modo di combatterla o perlomeno di dissuadere alcuni grandi gruppi dal farne uso così ampio. Nella primavera del 2002 una indagine degli ispettori del Secit in collaborazione con la Consob avevano individuato ben 43 grandi elusori della normativa fiscale italiana fra le società che si erano quotate nel triennio d’oro della borsa italiana, quello 1999-2001. La maggiore parte aveva holding di controllo o subholding strategiche in Lussemburgo. Altre in Olanda, Madeira, in Svizzera, nelle Isole Vergini.
Secondo il fisco italiano questa scelta di residenza societaria nella maggiore parte dei casi serviva a «estero-vestire» le partecipazioni dei grandi gruppi al solo fine dell’elusione fiscale. Non una scelta illegale, ma certo nemmeno un esempio di trasparenza e di amore per il proprio Paese da seguire. Stupisce vederne così abbondante utilizzo da parte di due uomini simbolo del «made in Italy» come il presidente degli industriali italiani e l’imprenditore marchigiano che spesso si è distinto per ficcanti prediche sulla trasparenza e la moralità del sistema e delle sue istituzioni.