Generali - gz
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By: GZ on Giovedì 12 Settembre 2002 16:01
Le vicende dei grandi gruppi italiani sono tremendamente complicate e questo da solo dovrebbe indurre a starne alla larga.
Ma ragionando a spanne:
a) il grafico di Generali è disastroso, ma si nota una "flag" squadrata di 8 barre
b) ci sono dei rumor che vanno oltre quello che dicono i giornali (e qui ognuno di noi ne sente di diversi, diciamo che si misura la frequenza e intensità dei medesimi non importa il contenuto esatto (che non lo è mai troppo)
c) c'è un evidente lotta e possibile trasferimento di potere in atto (vedi i commenti e notizie)
Quindi ? Mah... senza avere approfondito i meandri della politica che ci sta dietro perlomeno sembra candidato all'acquisto di opzioni
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Mediobanca has long been the puppet-master pulling Generali's strings. Over the past four years, the investment bank has changed the Italian insurance giant's management twice. It is now preparing to do so for a third time. Mediobanca achieves all this via a stake of only 14%.
One can understand that playing corporate politics may be fun for Mediobanca, demonstrating to itself that it has clung on to some of its old power. But this constant shuffling of the pack is destabilising for Generali itself and damaging for its other shareholders.
Mediobanca's meddling has led to a lack of talent at the top. Except for Antoine Bernheim, the ancient Lazard banker who is expected to return as Generali's chairman, the insurer has unsurprisingly been unable to attract any high-quality new blood. After all, why would someone of international calibre and experience want to submit to the whims of a parochial Italian power-broker like Mediobanca?
But the damage goes further than this. Mediobanca has tried to use its power to force through deals that would have benefited it at the expense of other shareholders. Indeed, one of the reported reasons why Mediobanca has grown weary of Gianfranco Gutty, the current chairman, is his reluctance to acquiesce to a merger between Generali and Ennio Doris's Mediolanum. Mediobanca wanted this deal, which would have strengthened its grip over Generali by bringing allies Berlusconi and Doris into the shareholding. But other Generali shareholders were less enthused - not least because a deal would have involved buying Mediolanum at an eye-popping 70 times forecast earnings.
Such shenanigans have gone on for too long. Encouragingly, there is some sign of opposition in the form of the Bank of Italy - which owns 5% of Generali and, for once, is promoting good corporate governance. The other shareholders - who collectively account for 81% of the stock - should fall behind its lead.
------------------- Turani -----------------------------------
Mediobanca e l'ombra di Berlusconi
La presenza di Capitalia e Unicredito nell'azionariato di piazzetta Cuccia ha i giorni contati. Adesso, gli uomini forti vicini a Maranghi sono Salvatore Ligresti e Ennio Doris, entrambi dello schieramento del premier.
DI G.T.
Milano. E' cominciata una rivoluzione della finanza italiana destinata nel giro di pochi anni a renderla del tutto irriconoscibile. Il punto da cui bisogna partire è la decisione della IntesaBci di Corrado Passera di unire le proprie risorse con quelle della Banca Lazard in Italia (diretta da Gerardo Braggiotti) nel settore banca d'affari. Date le dimensioni dei soggetti in gioco, i loro quarti di nobiltà e la storia (Braggiotti è stato fino a qualche anno fa uno dei massimi dirigenti di Mediobanca) è del tutto evidente che il concorrente diretto è appunto l'istituto di piazzetta Cuccia. E questo proprio in un momento in cui Vincenzo Maranghi, successore di Cuccia alla testa di Mediobanca, sta riscuotendo non pochi successi. IntesaBci e Lazard non sono azioniste di Mediobanca né intendono esserlo.
Hanno deciso, semplicemente, di unire le proprie risorse e di lanciarsi sul mercato. Decisione trasparente e netta: dirà il mercato chi è il migliore. E nei prossimi mesi ci saranno molte operazioni. Il fronte delle banche d'affari, cioè, diventerà molto caldo, per non dire rovente.
Ma, a questo punto, si complica un po' la situazione di Capitalia (ex Banca Roma) e di Unicredit. Le due banche sono i maggiori azionisti di Mediobanca, con oltre il 9 per cento a testa, e hanno entrambe proprie strutture di banche d'affari, anche piuttosto attive. E' del tutto evidente che si va configurando una sorta di maxi conflitto di interesse. Capitalia e Unicredit sono nel consiglio di amministrazione di Mediobanca, ma al tempo stesso sono sue concorrenti molto determinati sul mercato. IntesaBci-Lazard è anch'essa un concorrente di Mediobanca, ma non fa parte del suo consiglio di amministrazione.
Non ci vuole molto per capire che questa situazione può essere considerata solo come transitoria. In realtà le strade di Capitalia e di Unicredit devono separarsi da quella di Mediobanca.
Anche perché Mediobanca (a differenza di quanto avveniva negli anni Cinquanta) non ha più bisogno di queste due banche come azionisti.
Mediobanca oggi, fra l'altro, sembra aver trovato nuovi sponsor dietro i quali si intravede la figura di Silvio Berlusconi. Salvatore Ligresti, da sempre molto vicino al premier, può oggi essere considerato come il terzo azionista di Mediobanca: oltre al 2 per cento custodito dalla Sai (insieme altre importanti partecipazioni) può contare anche sul quasi 4 per cento trovato dentro la Fondiaria (compresa la quota in Suisse Life). E poi c'è Ennio Doris (addirittura socio esplicito di Berlusconi).
Se quest'area ha un po' arrotondato i propri pacchetti azionari di Mediobanca, probabilmente conta già su una quota vicina al 10 per cento. Senza trascurare che poi molti dei "piccoli" (si fa per dire) azionisti di Mediobanca sono sicuramente dalla parte di Berlusconi.
In queste condizioni sono chiare due cose. La prima è che Mediobanca comincia a pendere molto dalla parte di Berlusconi. La seconda è che nel giro di qualche tempo sia Capitalia che Unicredito dovranno porsi il problema di lasciare Mediobanca.
Certo, c'è il problema di trovare chi rilevi le loro quote (che valgono intorno ai 5 mila miliardi di lire, insieme). Ma a questo, quasi certamente, ha già pensato Maranghi, che non dovrebbe trovare difficoltà a mettere insieme un gruppetto di amici.
(10 settembre 2002)