Addirittura il corso di Mediazione linguistica a cui è iscritta mia figlia l'anno prossimo congela per un anno le iscrizioni per il numero eccessivo di iscritti e la incapacità di far fronte con l'offerta didattica
Università, perché a Milano crescono le iscrizioni mentre crollano nel resto d’Italia. Tecnologia, l’avanzata delle donne
di Federica Cavadini
Matricole in aumento negli atenei cittadini: «I fuori sede attirati dal tasso di occupazione e servizi». Materie Stem, in crescita le studentesse. A Chimica sono il 43%
Nelle università italiane quest’anno mancano all’appello diecimila matricole, secondo l’ultima indagine del Miur il calo delle iscrizioni ai corsi di laurea triennali e a ciclo unico è fra il 2 e il 7 per cento, mentre a Milano le iscrizioni tengono o crescono. Visti i dati raccolti a gennaio dal ministero dell’Istruzione, gli atenei milanesi rifanno i conti a immatricolazioni chiuse ed ecco il loro bilancio. Attraversata anche la pandemia, con i campus svuotati e le lezioni spostate online per mesi, Milano non arretra e resta la destinazione scelta anche da migliaia di fuorisede, studenti che arrivano da altre regioni o Paesi.
Duecentomila studenti
Fra gli atenei che sulle immatricolazioni corrono anche quest’anno c’è Bicocca: qui la crescita sfiora il 7 per cento. «E tengono anche le iscrizioni dei fuorisede, per le lauree triennali sono il 35% — sottolinea il prorettore alla Didattica, Maurizio Casiraghi —. Contano le scelte sull’offerta dei corsi e anche la nomea che abbiamo, dal campus alle segreterie che funzionano. Per tutti poi c’è un “effetto Milano”: gli studenti, che in passato sceglievano l’università su base geografica, adesso guardano i dati sul tasso di occupazione e qui è più facile trovare lavoro. Non soltanto: la città dall’Expo in avanti è cambiata, è anche più bella da vivere. Prima si studiava qui perché era utile e comodo, adesso c’è di più. E anche questo spiega perché Milano è ormai una vera città universitaria, da duecentomila studenti. Nonostante il costo della vita, sempre alto, e i posti nelle residenze che sono pochi anche se tutte le università hanno progetti per ampliarli e i fondi del Pnrr saranno destinati a questo sviluppo. Siamo in ritardo ma entro cinque anni vedremo il cambiamento».