By: LaSignoraMaria on Lunedì 17 Marzo 2003 13:47
-----------da MILANO E FINANZA 15/03---------
Ora Maranghi nei patti conta meno
Mediobanca, Generali e i fedelissimi di Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di piazzetta Cuccia. Un tris che ha sempre garantito alla banca d’affari milanese, presente in diversi patti di sindacato, di avere voce in capitolo nella gestione ordinaria e straordinaria di alcune società. Ma ora quest’asse di ferro, alla luce della battaglia in atto sul Leone di Trieste, traballa.
La compagnia triestina è saldamente in mano alle banche, che si oppongono alla gestione Maranghi. Le stesse sono presenti anche nel patto di piazzetta Cuccia ma in questo caso devono fare i conti con i soci francesi guidati da Vincent Bolloré, forti di un 20% di Mediobanca in mano. Uno scontro inevitabile anche nel caso in cui il fronte capitanato da Unicredito riuscisse a costringere Maranghi a uscire di scena. Il risultato è che, almeno sulla carta, l’influenza storica che piazzetta Cuccia aveva sulle decisioni del gruppo assicurativo non c’è più.
E che dire del partito dei fedelissimi? La sensazione è che sia ormai destinato a sciogliersi. E questo, sia nel caso in cui Maranghi alzasse bandiera bianca o, ipotesi opposta, non abbandonasse la poltrona di a.d.
La fedeltà incondizionata degli imprenditori privati presenti nel patto di sindacato, l’unica arma a disposizione di Maranghi nel dopo Cuccia, è infatti ora tutta da verificare. Con alcuni, come Salvatore Ligresti, da 25 anni alleato fedele di Mediobanca e al tempo stesso grande beneficiato prima da Cuccia e poi dallo stesso Maranghi, i rapporti sono cambiati. Anche in campo finanziario l’ingegnere ha ormai sciolto i legami che lo tenevano stretto alla banca di via Filodrammatici. Altri, come Giampiero Pesenti, hanno assunto posizioni più distaccate. E altri ancora, come Roberto Bertazzoni, sono passati al fronte guidato da Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito.
Il doppio divorzio tra Mediobanca e Generali, Maranghi e fedelissimi, si ripercuote anche sugli equilibri dei patti di sindacato di Pirelli & C, Hdp, Gemina e Gim. Finora la coppia formata da piazzetta Cuccia e dalla compagnia triestina poteva contare su voti pari ad almeno il 10% del capitale di queste società. A cui si sommavano i pacchetti più piccoli in mano agli alleati storici di Maranghi. Tanto è che in alcuni casi questo fronte controllava fino al 30%, come per la holding di via Turati. Ma ora come si modificano gli equilibri di potere? E, soprattutto, di quanto si è ridotto il peso di Mediobanca?
Ecco una fotografia dei quattro patti di sindacato in cui è presente piazzetta Cuccia.
Pirelli & C. Ufficialmente, come ha ribadito più volte Marco Tronchetti Provera, il sindacato di controllo della Pirellina è a prova di qualsiasi ribaltone. In realtà il patto risulta essere eterogeneo.
Attualmente l’accordo parasociale, in scadenza nell’aprile 2004 salvo recesso da esercitare tra il 15 dicembre e il 15 gennaio precedenti, controlla il 56,48% del capitale sociale. E dopo la riorganizzazione della catena societaria del gruppo controllerà una quota compresa tra il 27 e il 36% della nuova Pirelli. Finora la compagine azionaria è stata sempre divisa in due gruppi: da una parte il fronte più autonomo e indipendente, dall’altra Mediobanca e i fedelissimi. Nel primo gruppo di azionisti, ci sono Marco Tronchetti Provera, che attraverso la Camfin ha sindacato il 20,3% del capitale (che pesa per il 36,10%), affiancata dalla famiglia Benetton (6%), dal Sanpaolo-Imi (2,2%) e da Massimo Moratti, il presidente dell’Inter, che conta per l’1,31%.
Il gruppo di piazzetta Cuccia (che controlla direttamente il 5%), veniva invece associato alla Premafin di Salvatore Ligresti (5,07%) e alle Generali (5,07%). Poi si aggiungeva Hdp con il 6% del capitale. In tutto fa circa il 21% del capitale. Una minoranza forte, pari al 40% circa sul totale del patto, capace di ostacolare le decisioni della direzione del sindacato che delibera con il voto favorevole di tanti membri che rappresentano almeno tre quinti dei titoli conferiti. Ora però la guerra in atto sulle Generali rimette tutto in discussione. Risulta difficile associare il voto di piazzetta Cuccia a quello della compagnia triestina. Come del resto viene a mancare l’appoggio di Ligresti, alleato storico e proprietario di un consistente pacchetto della accomandita.
Hdp-Gemina. Anche l’accordo parasociale della holding di via Turati è sempre stato spaccato in due gruppi.
Da una parte i soci storici vicini all’asse Gemina-Mediobanca, cui faceva capo complessivamente oltre il 30% del capitale. Che comprendeva la stessa banca d’affari milanese (9,378%), la Gemina dei Romiti (9,206%), il gruppo Italmobiliare di Pesenti (4,8%), Generali (2,542%), la Sinpar di Luigi Lucchini (1,88%) e la Smeg di Bertazzoni (1,18%).
I cosiddetti soci dissidenti, ovvero coloro che in più occasioni si sono scontrati con le decisioni dell’asse di piazzetta Cuccia, sono Sicind-Fiat (10,21%), Pirelli & C. (1,903%), Intesa (1,9%) e Mittel (0,877%). In tutto, hanno in mano complessivamente il 14,88%. In pratica, la metà dei voti in mano allo schieramento di Mediobanca. La situazione, però, rischia ora di ribaltarsi. Primo perché il fronte di piazzetta Cuccia perde i voti delle Generali e il pacchetto in mano ai fedelissimi, da Pesenti a Bertazzoni. Ma è a rischio anche la quota più importante, e cioè quella in mano a Gemina, pari al 9,2% di Hdp.
La cassaforte della famiglia Romiti è infatti governata a sua volta da un accordo parasociale in cui proprio Mediobanca & c hanno in mano la metà delle azioni sindacate. Accanto a Miotir spa, azionista con il 14% del capitale, ci sono infatti piazzetta Cuccia con l’11,74%, Italmobiliare con il 4,37%, Fondiaria-Sai con il 3% (attraverso Premafin) e Assicurazioni Generali con il 2,3%. In tutto la banca d’affari milanese contava su voti pari al 21,5% su un patto che controlla il 43,42% del capitale. Ma il peso di piazzetta Cuccia è ora destinato a ridimensionarsi di circa il 9%. E questo perché i voti di Pesenti, Ligresti e della compagnia triestina non sono più sotto il diretto controllo della banca d’affari.
Gim. Il patto di sindacato della Gim raccoglie il 48,07% del capitale. A capeggiarlo è la famiglia che tramite Orlando & C. ha in mano un pacchetto del 16,5% del capitale ma che sulle azioni sindacate pesa per il 34,4%. Nel caso Gim, Mediobanca ha una partecipazione diretta limitata al 2,79%. Eppure, tramite la Sinpar holding di Luigi Lucchini, azionista con il 7,9%, e ancora con Italmobiliare (4,33%) e Alberto Pecci (0,65%) arrivava a controllare circa il 15,67%, solo un punto percentuale in meno della famiglia Orlando. Si tratta di una fetta del capitale importante che ora è destinata a ridursi sensibilmente.
Tra gli altri azionisti del patto figurano il gruppo Pirelli ( 9%), Ras (4,12%) e Fenera Holding (2,73%).
-----------da MILANO E FINANZA 15/03---------
Mediobanca, Generali e i fedelissimi di Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di piazzetta Cuccia. Un tris che ha sempre garantito alla banca d’affari milanese, presente in diversi patti di sindacato, di avere voce in capitolo nella gestione ordinaria e straordinaria di alcune società. Ma ora quest’asse di ferro, alla luce della battaglia in atto sul Leone di Trieste, traballa. La compagnia triestina è saldamente in mano alle banche, che si oppongono alla gestione Maranghi. Le stesse sono presenti anche nel patto di piazzetta Cuccia ma in questo caso devono fare i conti con i soci francesi guidati da Vincent Bolloré, forti di un 20% di Mediobanca in mano. Uno scontro inevitabile anche nel caso in cui il fronte capitanato da Unicredito riuscisse a costringere Maranghi a uscire di scena. Il risultato è che, almeno sulla carta, l’influenza storica che piazzetta Cuccia aveva sulle decisioni del gruppo assicurativo non c’è più. E che dire del partito dei fedelissimi? La sensazione è che sia ormai destinato a sciogliersi. E questo, sia nel caso in cui Maranghi alzasse bandiera bianca o, ipotesi opposta, non abbandonasse la poltrona di a.d.. La fedeltà incondizionata degli imprenditori privati presenti nel patto di sindacato, l’unica arma a disposizione di Maranghi nel dopo Cuccia, è infatti ora tutta da verificare. Con alcuni, come Salvatore Ligresti, da 25 anni alleato fedele di Mediobanca e al tempo stesso grande beneficiato prima da Cuccia e poi dallo stesso Maranghi, i rapporti sono cambiati. Anche in campo finanziario l’ingegnere ha ormai sciolto i legami che lo tenevano stretto alla banca di via Filodrammatici. Altri, come Giampiero Pesenti, hanno assunto posizioni più distaccate. E altri ancora, come Roberto Bertazzoni, sono passati al fronte guidato da Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito. Il doppio divorzio tra Mediobanca e Generali, Maranghi e fedelissimi, si ripercuote anche sugli equilibri dei patti di sindacato di Pirelli & C, Hdp, Gemina e Gim. Finora la coppia formata da piazzetta Cuccia e dalla compagnia triestina poteva contare su voti pari ad almeno il 10% del capitale di queste società. A cui si sommavano i pacchetti più piccoli in mano agli alleati storici di Maranghi. Tanto è che in alcuni casi questo fronte controllava fino al 30%, come per la holding di via Turati. Ma ora come si modificano gli equilibri di potere? E, soprattutto, di quanto si è ridotto il peso di Mediobanca?
-------------da WEBSIM 14/03-----------------
E' cominciato da pochi minuti il consiglio di amministrazione di Mediobanca sui conti del primo semestre dell'esercizio 2003-2003. Non è presente il presidente Francesco Cingano, secondo quanto riferito da fonti vicine a Piazzetta Cuccia. L'assenza sarebbe dovuta a questioni personali. Assenti anche i consiglieri Ennio Doris, ad di Mediolanum, e Axel Von Ruedorffer, rappresentante di Commerzbank. La riunione rappresenta il primo confronto diretto tra l'ad Vincenzo Maranghi e i suoi oppositori, Unicredit e Capitalia, dopo il raid dei due istituti nel capitale di Generali.
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(ASCA) - Milano, 13 mar - In attesa del consiglio di amministrazione di Mediobanca, che si terra' domani a Milano, si preparano le grandi manovre di azionisti e manager per un appuntamento dove si giochera' la partita per il controllo dell'istituto di Piazzetta Cuccia e dunque delle assicurazioni Generali. Mentre Vincent Bollore', il
finanziere vicino a Vincenzo Maranghi, dichiara di voler salire in Mediobanca fino al 10%, chiedendo per questo il consenso della Banca d'Italia, la Fondazione Monte dei
Paschi fa sapere di esser salita nelle Generali al 3,1%. Dunque il sistema bancario, guidato da Unicredito, si
prepara a quello che qualche quotidiano ha definito il grande assedio di Mediobanca. Secondo alcune indiscrezioni le banche sono intenzionate a chiedere a Vincenzo Maranghi,
amministratore delegato di Mediobanca di farsi da parte. Una richiesta che puo' essere accettata solo se l'attuale
management avra' in cambio qualcosa; a regola di statuto infatti il patto di sindacato di Mediobanca prevede una
maggioranza del 75% ed e' per questo che fino ad ora malgrado le pressioni l'amministratore delegato e' rimasto al suo posto. E' difficile prevedere come andara' lo scontro e c'e' chi gia' pensa a una possibile mediazione tenuta in caldo dal presidente del patto di sindacato di Mediobanca Piergaetano Marchetti. Fino a qualche giorno fa il presidente del patto di sindacato aveva proposto come uomo di garanzia il consulente Roberto Poli ma sembra che questo nome sia stato bruciato dopo che qualche quotidiano aveva rivelato che Poli, e' tra le altre cose, consultente di Fininvest. Il gruppo di banche che vuole cambiare gli assetti di Mediobanca e gli equilibri azionari delle Generali dovra' ovviamente fare i conti con la cordata di
investitori francesi che assieme a Vincent Bollore' controllano ormai il 15-20% dell'istuituto di Piazzetta Cuccia. La partita dunque e' tutta da giocare e un primo
appuntamento sara' proprio domani quando i banchieri che fanno pressione sigli attuali assetti di Mediobanca e delle Generali si troveranno faccia a faccia con Vincenzo
Maranghi.
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Modificato da - giorgia on 3/17/2003 13:8:27