Commenti ed Analisi Recenti su Mediobanca

Mediobanca - Moderatore  

  By: Moderatore on Mercoledì 19 Marzo 2003 17:59

--------da FINANZA E MERCATI 19/03----------- «Tra persone ragionevoli ci sono sempre colloqui». Vincent Bolloré, il finanziere bretone cui fa capo il 5% di Mediobanca, conferma l'apertura delle trattative con il fronte di Unicredito - «stiamo negoziando nella giusta direzione per riportare la calma in Mediobanca», ha precisato. Il gruppo di investitori francesi vicini al finanziere sono ormai prossimi al 25% del capitale di piazzetta Cuccia e chiedono una ridefinizione del patto di sindacato o, in alternativa, sono pronti a uscire con ricche plusvalenze, che oggi nessuno vuole o può pagare. Dopo gli assalti in Borsa alle Generali i negoziati sono entrati nel vivo, anche perché l'asse bancario, Unicredito, Capitalia e Mps, non vuole sostenere una battaglia in campo aperto sul Leone di Trieste. Scontro che, in assenza di un accordo su piazzetta Cuccia, il bretone ha già provato a smontare. Così, dopo i colloqui con Cesare Geronzi, presidente di Capitalia, e con Paolo Biasi, presidente della fondazione Cariverona (che non chiederebbe più la testa dell’ad di Mediobanca Vincenzo Maranghi), nell'agenda di Bolloré sembra entrato anche l'amministratore delegato di Unicredito, Alessandro Profumo. «No comment», si è limitato a dire Bolloré, dopo un pranzo a Milano con l’amico e presidente di Generali Antoine Bernheim, con il consigliere del Leone, Raymond Barre, e con Tarek Ben Ammar, braccio destro del principe saudita Al Waleed nonché consigliere di Mediaset. L'accordo per un rafforzamento dei francesi nel patto di sindacato di Mediobanca, e di un parallelo ridimensionamento dei soci bancari Capitalia e Unicredito, potrebbe essere vicino. «L'atmosfera sembra più distesa», ha fatto sapere Antonio Maccanico, senatore della Margherita ed ex presidente di Mediobanca, che ha lasciato intravedere una possibile soluzione prima dell'assemblea di Generali del 26 aprile. E sulle tensioni ha gettato acqua sul fuoco anche l'amministratore delegato della Ras, Mario Greco. «Nel cda di Mediobanca di venerdì scorso - ha spiegato il manager - abbiamo discusso di fare nelle prossime riunioni di consiglio un'analisi sulle varie partecipazioni di piazzetta Cuccia, per valutarne la redditività e le prospettive. Un confronto quasi di routine che è stato fatto anche in passato». La trattativa, comunque, al di là delle dichiarazioni di circostanza, sembra ormai centrata sulla ridefinizione di un patto di sindacato. L’assetto di vertice può aspettare e Vincenzo Maranghi può respirare, almeno fino alla scadenza naturale di ottobre. Anche perché, va ripetendo Bolloré nei suoi incontri, «Maranghi non si tocca e io sono al suo fianco». ---------------da WEBSIM 19/03--------------- Carlo Salvatori, presidente di Unicredit, conferma che è allo studio una revisione del patto di sindacato di Mediobanca. ''Si sta lavorando su tutti questi temi'', ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano, a margine di un convegno Abi, se si sta lavorando ad una revisione del patto di sindacato. -----------da MILANO E FINANZA 19/03--------- "So che altri hanno parlato di un coinvolgimento dellePopolari in Mediobanca. Riguardo a una nostra eventuale partecipazione e'importante sapere chi la chiede e se le azioni sono oggetto di vendita.Queste operazioni si fanno se hanno una valenza non solamente finanziaria.In Mediobanca c'e' una fase di ricomposizione degli assetti finanziari ein questa fase la B.P.L. fara' la sua parte". Lo ha affermato GiampieroFiorani, a.d. di B.P.Lodi aggiungendo che "in questo momento comunquesiamo solo intenzionati a portare a buon fine il nostro aumento dicapitale. E' un'operazione - ha proseguito - che rafforza la nostraposizione strategica e in questa visione il ruolo di realta' importanticome Mediobanca non puo' non essere preso in considerazione". Fiorani hapoi concluso dicendo che attualmente "Mediobanca ha un problema digestione interna che deve risolvere, poi si possono aprire altri frontiche pero' in questo momento noi non intravediamo". --------------------------------------------- MILAN (Dow Jones)--The chief executive of one of Italy's largest mutual banks said Wednesday that he would consider taking a stake in Mediobanca SpA (I.MDB) as part of a larger shareholder shake-up at the country's biggest investment bank. Banca Popolare di Lodi Scarl (I.PLO), which is aiming to raise EUR791 million in a share offer that started Monday, has been eyed as one of the most likely candidates to participate in a broadening of Mediobanca's shareholder pact. Mediobanca CEO Vincenzo Maranghi reportedly favors the idea of Italy's mutual banks taking stakes in the investment bank. Banca Popolari's chief executive, Gianpiero Fiorani, told journalists the capital increase would strengthen the bank's strategic position. But he added that he hasn't yet decided whether to take a stake or not. The shareholders' pact controls 47% of Mediobanca. It is working on a reconfiguration of its partners in order to mend differences between the bank's key shareholders. The main members of the shareholders pact are large Italian banks - which for years have been pressing for Maranghi to resign - and Mediobanca clients, who have traditionally been regarded as supporters of Maranghi. The two biggest shareholders Unicredito Italiano SpA (I.UCI), and Capitalia SpA (I.CIT) also want to lower their stakes to 6% from from 9% to avoid conflicts of interest as their own investment banking operations find themselves competing with Mediobanca's, Italian papers reported Wednesday. ---------------------------------------------

 

  By: LaSignoraMaria on Martedì 18 Marzo 2003 18:01

-------------da WEBSIM 18/03----------------- I prossimi cda di Mediobanca affronteranno l'analisi di tutte le partecipazioni di Piazzetta Cuccia per valutarne il rendimento. Lo ha detto l'ad di Ras Mario Greco, consigliere di Mediobanca a margine di una conferenza stampa sul bilancio 2002 della compagnia assicurativa. ''Abbiamo discusso di fare nei prossimi cda ordinari di Mediobanca l'analisi delle varie partecipazioni e di valutare la redditività degli investimenti e le possibili prospettive'', ha detto Greco. ''Si tratta di una normale routine di verifica da parte dei consiglieri di amministrazione che riguarda tutte le partecipazioni, e che è già stata fatta nel passato''.Riguardo alla partnership di bancassicurazione con Unicredit, Greco ha detto che ''in Unicredit c'è stata creazione di valore e ne siamo soddisfatti, siamo molto contenti della nostra alleanza nella bancassicurazione''. Ras è socia di Mediobanca con una quota leggermente inferiore al 2%. ''Non intendiamo aumentare la nostra quota, nè potremmo farlo'', ha risposto Greco a un giornalista, aggiungendo che non sono neanche interessati al capitale di Generali. -------------da FINANZA E MERCATI 18/03------ La battaglia su Generali e Mediobanca si arena sul campo delle trattative e il gioco passa nelle mani dei consulenti d’affari e legali. L’assalto dell’Unicredito di Alessandro Profumo, almeno per il momento, si è bloccato. E lo stesso Profumo ha fatto dichiarazioni distensive. Un segnale che a dominare la scena sono ormai i giuristi si è avuto venerdì 14 marzo, quando nel cda di piazzetta Cuccia Berardino Libonati ha proposto un vertice per discutere della vicenda Generali. La mossa non ha avuto effetti pratici (perché Carlo Buora ha proposto di allargare la discussione a tutte le principali partecipazioni di piazzetta Cuccia) ma ha confermato i rapporti di forza e i ribaltoni di storiche alleanze. E fra le mani alzate alla proposta Libonati, l’ad di Mediobanca Vincenzo Maranghi ha riconosciuto anche quella del presidente di Fondiaria-Sai, Jonella Ligresti. La partita ad alcuni è sembrata chiusa con un Maranghi sempre più solo, dopo il corteggiamento di Cesare Geronzi sulla famiglia Ligresti e in particolare sulla figlia maggiore dell'ingegnere. Le bocce invece sono ferme e le carte sempre più ingarbugliate. Il fortino Mediobanca è difeso dagli alleati francesi capitanati da Vincent Bolloré che, benché sia pronto a uscire se ben pagato, non sarebbe lontano dal 25% del capitale della merchant bank. Una presenza definita «non proprio amichevole» da Profumo che ieri ha difeso l'istituto di Piazza Cordusio dalle accuse di conflitto di interesse in Mediobanca. Accuse che il banchiere ha rigirato sugli alleati di Maranghi, «investitori presenti nel cda e finanziati da Mediobanca». Peraltro, l’ad di Unicredito sostiene di non mirare all'egemonia «né in Mediobanca né, tanto meno, in Generali dove - spiega più esplicitamente - non salirà oltre al 3,49% già acquistato». Profumo ritiene inoltre opportuno «che le banche coinvolte, tra cui Unicredit, riducano progressivamente la quota in piazzetta Cuccia lasciando entrare altre istituzioni finanziarie per dare più distanza tra i soci e l'istituto». Il banchiere non rinuncia però a biasimare Maranghi, «i cui risultati sono insoddisfacenti» e i «seri problemi di corporate governance e di creazione di valore delle Generali». «Negli ultimi tre anni - prosegue Profumo - per i motivi più diversi ci sono stati tre cambi alla presidenza» e che comunque «non è nelle intenzioni di Unicredito chiedere un rinnovo del management». Inoltre, le modalità delle relazioni fra il precedente presidente e i vertici di Mediobanca sono anomalie che non giovano alla creazione di valore. «Noi non possiamo non farci carico della necessità di cambiamenti - aggiunge Profumo - di cui beneficeremo noi oltre che il mercato». Intanto sul fronte Generali, insieme ad alcuni segnali di tensione fra Profumo e il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, è stato confermato ieri l'intervento dell'Isvap, che ha richiesto a Unicredito, Capitalia e Monte dei Paschi l'esatta consistenza della partecipazione nella compagnia triestina. Un intervento per accertare «la possibile acquisizione del controllo della società». Oggi si terrà il cda delle Generali. Il presidente Antoine Bernheim e gli amministratori Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot sono pronti a sciogliere il rebus sull’entità del rosso di bilancio e presidiano da ieri la sede milanese di piazza Cordusio, quella che fronteggia gli uffici dello scalatore Profumo. Il cda convocherà poi l’assemblea per il 26 aprile a Trieste e all’ordine del giorno ci sarà anche l’integrazione del consiglio di amministrazione. Ma non si tratta della richiesta di rinnovo da parte di Unicredito e soci di cui si è parlato nei giorni scorsi: verrà infatti solo ratificata la nomina di Balbinot, cooptato a settembre in cda. Lo statuto prevede un massimo di 21 consiglieri - oggi sono 20 (compreso Balbinot)- e se gli scalatori volessero inserire qualcuno senza rovesciare il cda avrebbero ancora un posto a disposizione. ---------------------------------------------

 

  By: LaSignoraMaria on Lunedì 17 Marzo 2003 13:47

-----------da MILANO E FINANZA 15/03--------- Ora Maranghi nei patti conta meno Mediobanca, Generali e i fedelissimi di Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di piazzetta Cuccia. Un tris che ha sempre garantito alla banca d’affari milanese, presente in diversi patti di sindacato, di avere voce in capitolo nella gestione ordinaria e straordinaria di alcune società. Ma ora quest’asse di ferro, alla luce della battaglia in atto sul Leone di Trieste, traballa. La compagnia triestina è saldamente in mano alle banche, che si oppongono alla gestione Maranghi. Le stesse sono presenti anche nel patto di piazzetta Cuccia ma in questo caso devono fare i conti con i soci francesi guidati da Vincent Bolloré, forti di un 20% di Mediobanca in mano. Uno scontro inevitabile anche nel caso in cui il fronte capitanato da Unicredito riuscisse a costringere Maranghi a uscire di scena. Il risultato è che, almeno sulla carta, l’influenza storica che piazzetta Cuccia aveva sulle decisioni del gruppo assicurativo non c’è più. E che dire del partito dei fedelissimi? La sensazione è che sia ormai destinato a sciogliersi. E questo, sia nel caso in cui Maranghi alzasse bandiera bianca o, ipotesi opposta, non abbandonasse la poltrona di a.d. La fedeltà incondizionata degli imprenditori privati presenti nel patto di sindacato, l’unica arma a disposizione di Maranghi nel dopo Cuccia, è infatti ora tutta da verificare. Con alcuni, come Salvatore Ligresti, da 25 anni alleato fedele di Mediobanca e al tempo stesso grande beneficiato prima da Cuccia e poi dallo stesso Maranghi, i rapporti sono cambiati. Anche in campo finanziario l’ingegnere ha ormai sciolto i legami che lo tenevano stretto alla banca di via Filodrammatici. Altri, come Giampiero Pesenti, hanno assunto posizioni più distaccate. E altri ancora, come Roberto Bertazzoni, sono passati al fronte guidato da Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito. Il doppio divorzio tra Mediobanca e Generali, Maranghi e fedelissimi, si ripercuote anche sugli equilibri dei patti di sindacato di Pirelli & C, Hdp, Gemina e Gim. Finora la coppia formata da piazzetta Cuccia e dalla compagnia triestina poteva contare su voti pari ad almeno il 10% del capitale di queste società. A cui si sommavano i pacchetti più piccoli in mano agli alleati storici di Maranghi. Tanto è che in alcuni casi questo fronte controllava fino al 30%, come per la holding di via Turati. Ma ora come si modificano gli equilibri di potere? E, soprattutto, di quanto si è ridotto il peso di Mediobanca? Ecco una fotografia dei quattro patti di sindacato in cui è presente piazzetta Cuccia. Pirelli & C. Ufficialmente, come ha ribadito più volte Marco Tronchetti Provera, il sindacato di controllo della Pirellina è a prova di qualsiasi ribaltone. In realtà il patto risulta essere eterogeneo. Attualmente l’accordo parasociale, in scadenza nell’aprile 2004 salvo recesso da esercitare tra il 15 dicembre e il 15 gennaio precedenti, controlla il 56,48% del capitale sociale. E dopo la riorganizzazione della catena societaria del gruppo controllerà una quota compresa tra il 27 e il 36% della nuova Pirelli. Finora la compagine azionaria è stata sempre divisa in due gruppi: da una parte il fronte più autonomo e indipendente, dall’altra Mediobanca e i fedelissimi. Nel primo gruppo di azionisti, ci sono Marco Tronchetti Provera, che attraverso la Camfin ha sindacato il 20,3% del capitale (che pesa per il 36,10%), affiancata dalla famiglia Benetton (6%), dal Sanpaolo-Imi (2,2%) e da Massimo Moratti, il presidente dell’Inter, che conta per l’1,31%. Il gruppo di piazzetta Cuccia (che controlla direttamente il 5%), veniva invece associato alla Premafin di Salvatore Ligresti (5,07%) e alle Generali (5,07%). Poi si aggiungeva Hdp con il 6% del capitale. In tutto fa circa il 21% del capitale. Una minoranza forte, pari al 40% circa sul totale del patto, capace di ostacolare le decisioni della direzione del sindacato che delibera con il voto favorevole di tanti membri che rappresentano almeno tre quinti dei titoli conferiti. Ora però la guerra in atto sulle Generali rimette tutto in discussione. Risulta difficile associare il voto di piazzetta Cuccia a quello della compagnia triestina. Come del resto viene a mancare l’appoggio di Ligresti, alleato storico e proprietario di un consistente pacchetto della accomandita. Hdp-Gemina. Anche l’accordo parasociale della holding di via Turati è sempre stato spaccato in due gruppi. Da una parte i soci storici vicini all’asse Gemina-Mediobanca, cui faceva capo complessivamente oltre il 30% del capitale. Che comprendeva la stessa banca d’affari milanese (9,378%), la Gemina dei Romiti (9,206%), il gruppo Italmobiliare di Pesenti (4,8%), Generali (2,542%), la Sinpar di Luigi Lucchini (1,88%) e la Smeg di Bertazzoni (1,18%). I cosiddetti soci dissidenti, ovvero coloro che in più occasioni si sono scontrati con le decisioni dell’asse di piazzetta Cuccia, sono Sicind-Fiat (10,21%), Pirelli & C. (1,903%), Intesa (1,9%) e Mittel (0,877%). In tutto, hanno in mano complessivamente il 14,88%. In pratica, la metà dei voti in mano allo schieramento di Mediobanca. La situazione, però, rischia ora di ribaltarsi. Primo perché il fronte di piazzetta Cuccia perde i voti delle Generali e il pacchetto in mano ai fedelissimi, da Pesenti a Bertazzoni. Ma è a rischio anche la quota più importante, e cioè quella in mano a Gemina, pari al 9,2% di Hdp. La cassaforte della famiglia Romiti è infatti governata a sua volta da un accordo parasociale in cui proprio Mediobanca & c hanno in mano la metà delle azioni sindacate. Accanto a Miotir spa, azionista con il 14% del capitale, ci sono infatti piazzetta Cuccia con l’11,74%, Italmobiliare con il 4,37%, Fondiaria-Sai con il 3% (attraverso Premafin) e Assicurazioni Generali con il 2,3%. In tutto la banca d’affari milanese contava su voti pari al 21,5% su un patto che controlla il 43,42% del capitale. Ma il peso di piazzetta Cuccia è ora destinato a ridimensionarsi di circa il 9%. E questo perché i voti di Pesenti, Ligresti e della compagnia triestina non sono più sotto il diretto controllo della banca d’affari. Gim. Il patto di sindacato della Gim raccoglie il 48,07% del capitale. A capeggiarlo è la famiglia che tramite Orlando & C. ha in mano un pacchetto del 16,5% del capitale ma che sulle azioni sindacate pesa per il 34,4%. Nel caso Gim, Mediobanca ha una partecipazione diretta limitata al 2,79%. Eppure, tramite la Sinpar holding di Luigi Lucchini, azionista con il 7,9%, e ancora con Italmobiliare (4,33%) e Alberto Pecci (0,65%) arrivava a controllare circa il 15,67%, solo un punto percentuale in meno della famiglia Orlando. Si tratta di una fetta del capitale importante che ora è destinata a ridursi sensibilmente. Tra gli altri azionisti del patto figurano il gruppo Pirelli ( 9%), Ras (4,12%) e Fenera Holding (2,73%). -----------da MILANO E FINANZA 15/03--------- Mediobanca, Generali e i fedelissimi di Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di piazzetta Cuccia. Un tris che ha sempre garantito alla banca d’affari milanese, presente in diversi patti di sindacato, di avere voce in capitolo nella gestione ordinaria e straordinaria di alcune società. Ma ora quest’asse di ferro, alla luce della battaglia in atto sul Leone di Trieste, traballa. La compagnia triestina è saldamente in mano alle banche, che si oppongono alla gestione Maranghi. Le stesse sono presenti anche nel patto di piazzetta Cuccia ma in questo caso devono fare i conti con i soci francesi guidati da Vincent Bolloré, forti di un 20% di Mediobanca in mano. Uno scontro inevitabile anche nel caso in cui il fronte capitanato da Unicredito riuscisse a costringere Maranghi a uscire di scena. Il risultato è che, almeno sulla carta, l’influenza storica che piazzetta Cuccia aveva sulle decisioni del gruppo assicurativo non c’è più. E che dire del partito dei fedelissimi? La sensazione è che sia ormai destinato a sciogliersi. E questo, sia nel caso in cui Maranghi alzasse bandiera bianca o, ipotesi opposta, non abbandonasse la poltrona di a.d.. La fedeltà incondizionata degli imprenditori privati presenti nel patto di sindacato, l’unica arma a disposizione di Maranghi nel dopo Cuccia, è infatti ora tutta da verificare. Con alcuni, come Salvatore Ligresti, da 25 anni alleato fedele di Mediobanca e al tempo stesso grande beneficiato prima da Cuccia e poi dallo stesso Maranghi, i rapporti sono cambiati. Anche in campo finanziario l’ingegnere ha ormai sciolto i legami che lo tenevano stretto alla banca di via Filodrammatici. Altri, come Giampiero Pesenti, hanno assunto posizioni più distaccate. E altri ancora, come Roberto Bertazzoni, sono passati al fronte guidato da Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito. Il doppio divorzio tra Mediobanca e Generali, Maranghi e fedelissimi, si ripercuote anche sugli equilibri dei patti di sindacato di Pirelli & C, Hdp, Gemina e Gim. Finora la coppia formata da piazzetta Cuccia e dalla compagnia triestina poteva contare su voti pari ad almeno il 10% del capitale di queste società. A cui si sommavano i pacchetti più piccoli in mano agli alleati storici di Maranghi. Tanto è che in alcuni casi questo fronte controllava fino al 30%, come per la holding di via Turati. Ma ora come si modificano gli equilibri di potere? E, soprattutto, di quanto si è ridotto il peso di Mediobanca? -------------da WEBSIM 14/03----------------- E' cominciato da pochi minuti il consiglio di amministrazione di Mediobanca sui conti del primo semestre dell'esercizio 2003-2003. Non è presente il presidente Francesco Cingano, secondo quanto riferito da fonti vicine a Piazzetta Cuccia. L'assenza sarebbe dovuta a questioni personali. Assenti anche i consiglieri Ennio Doris, ad di Mediolanum, e Axel Von Ruedorffer, rappresentante di Commerzbank. La riunione rappresenta il primo confronto diretto tra l'ad Vincenzo Maranghi e i suoi oppositori, Unicredit e Capitalia, dopo il raid dei due istituti nel capitale di Generali. --------------------------------------------- (ASCA) - Milano, 13 mar - In attesa del consiglio di amministrazione di Mediobanca, che si terra' domani a Milano, si preparano le grandi manovre di azionisti e manager per un appuntamento dove si giochera' la partita per il controllo dell'istituto di Piazzetta Cuccia e dunque delle assicurazioni Generali. Mentre Vincent Bollore', il finanziere vicino a Vincenzo Maranghi, dichiara di voler salire in Mediobanca fino al 10%, chiedendo per questo il consenso della Banca d'Italia, la Fondazione Monte dei Paschi fa sapere di esser salita nelle Generali al 3,1%. Dunque il sistema bancario, guidato da Unicredito, si prepara a quello che qualche quotidiano ha definito il grande assedio di Mediobanca. Secondo alcune indiscrezioni le banche sono intenzionate a chiedere a Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di Mediobanca di farsi da parte. Una richiesta che puo' essere accettata solo se l'attuale management avra' in cambio qualcosa; a regola di statuto infatti il patto di sindacato di Mediobanca prevede una maggioranza del 75% ed e' per questo che fino ad ora malgrado le pressioni l'amministratore delegato e' rimasto al suo posto. E' difficile prevedere come andara' lo scontro e c'e' chi gia' pensa a una possibile mediazione tenuta in caldo dal presidente del patto di sindacato di Mediobanca Piergaetano Marchetti. Fino a qualche giorno fa il presidente del patto di sindacato aveva proposto come uomo di garanzia il consulente Roberto Poli ma sembra che questo nome sia stato bruciato dopo che qualche quotidiano aveva rivelato che Poli, e' tra le altre cose, consultente di Fininvest. Il gruppo di banche che vuole cambiare gli assetti di Mediobanca e gli equilibri azionari delle Generali dovra' ovviamente fare i conti con la cordata di investitori francesi che assieme a Vincent Bollore' controllano ormai il 15-20% dell'istuituto di Piazzetta Cuccia. La partita dunque e' tutta da giocare e un primo appuntamento sara' proprio domani quando i banchieri che fanno pressione sigli attuali assetti di Mediobanca e delle Generali si troveranno faccia a faccia con Vincenzo Maranghi. --------------------------------------------- Modificato da - giorgia on 3/17/2003 13:8:27

 

  By: Moderatore on Mercoledì 26 Febbraio 2003 14:02

Bolloré e Bernheim, i pirati francesi all’assalto delle Generali MARCO PANARA- repubblica Per le assicurazioni è stato un anno nero. I conti vanno male e i titoli vanno giù. Per le Generali invece l’anno nero è finito a settembre, almeno per quanto riguarda i titoli. I numeri sono clamorosi: in un anno l’Allianz, che all’inizio del 2002 era per capitalizzazione il numero uno d’Europa, ha perso il 73 per cento del suo valore, l’Axa che era il secondo ha perso il 41, le Generali solo il 13. Tanto che oggi il numero uno sono le Generali, che capitalizzano 29 miliardi di euro contro i 21 di Axa e i 17 e poco più di Allianz. Andando poi a guardare come si sono svolte le cose, si scopre che le azioni Generali andavano giù senza pietà fino a settembre, e poi si sono messe prima a camminare e quindi a correre, tanto che solo nell’ultimo mese hanno guadagnato il 22 per cento. In effetti a settembre alle Generali è successo qualcosa: è stato mandato a casa il presidente Gianfranco Gutty e al suo posto è stato nominato Antoine Bernheim. Un cambio di guida potrebbe determinare un diverso atteggiamento dei mercati, e in effetti la gestione Gutty, brevissima in verità, non aveva brillato. Ma questa volta la qualità del nuovo presidente non c’entra, c’entra invece molto di più la sua storia. Antoine Bernheim, classe 1924, per Trieste non è una novità. E’ stato consigliere delle Generali per decenni e presidente dal 1995 al 1999. La novità è che questa volta è arrivato a sedersi su quella poltrona non avendo dietro la Lazard, Euralux e i pacchetti di Generali che vi erano custoditi dentro, ma portato dai cannoni della flotta pirata guidata dal finanziereindustrialeraider francese Vincent Bollorè, suo allievo e amico. E quando alla guida di un gruppo con il peso quasi istituzionale che hanno le Generali si arriva in quel modo, vuol dire che il grado di instabilità del sistema è vicino al suo apice. I mercati, come si sa, amano questo tipo di instabilità sopra ogni altra cosa, perché si aprono ipotesi di scontri, di passaggi verso nuovi equilibri, e quando le cose si muovono c’è da guadagnare. Qualcuno infatti da ottobre ha cominciato a comprare Generali e da gennaio la schiera dei compratori si è infittita. Chi compra lo si scopre sempre dopo, per il momento quello che si dice è che siano alcune fondazioni bancarie e alcune banche popolari. Da molto tempo ormai c’è un gran movimento intorno a Mediobanca e al suo portafoglio. Da quel portafoglio negli ultimi due anni sono stati già sfilati Edison e Fondiaria, e ora quello che resta sono Rcs e Generali, mentre di Mediobanca sono stati rastrellati sostanziosi pacchetti finiti per lo più nelle casseforti di Vincent Bollorè e dei suoi amici. A quello che si sa il rastrellamento di azioni Mediobanca è stato fatto con il consenso dell’amministratore delegato dell’istituto, Vincenzo Maranghi, ed è proprio grazie a quei pacchetti di Mediobanca rastrellati da Bollorè che Bernheim ha riconquistato la presidenza delle Generali. Ora siamo entrati però in una fase ulteriore, in cui il rastrellamento riguarda direttamente le Generali ed è fatto da acquirenti diversificati e probabilmente non schierati tutti da una sola parte. A cosa ci si prepara? Gli appuntamenti formalmente sono due. Il primo è l’assemblea delle Generali, che si terrà a metà primavera. Le ultime assemblee sono state tutte precedute da oscure manovre concluse dal ribaltamento del vertice: nel 1999 è stato licenziato Bernheim, nel 2001 il suo successore Desiata, nel 2002 prima riconfermato con poteri limitati e poi licenziato è caduto anche il successore di quest’ultimo, Gianfranco Gutty. Bernheim ha già posto la questione. Non si governa alcunché, e tantomeno un gruppo come le Generali con un mandato annuale, quindi ha chiesto di avere un mandato triennale, che però richiede una modifica dello statuto delle Generali e una decisione in tal senso del comitato nomine di Mediobanca, che delle Generali è il maggiore azionista. In effetti una modifica della regola che prevede il rinnovo annuale delle cariche sarebbe di assoluto buon senso, ma è questo il momento di mettere le Generali per tre anni nelle mani di Bernheim? La domanda non è peregrina perché dopo il primo appuntamento, l’assemblea delle Generali, ce n’è un altro, l’assemblea di Mediobanca, che si terrà come sempre alla fine di ottobre. Anche l’assemblea di Mediobanca negli ultimi anni è sempre stata preceduta da scontri e manovre, sempre finalizzate a sostituire il presidente Cingano con un altro che potesse contenere il potere assoluto esercitato da Maranghi, e sempre fallite. Questa volta però l’assemblea di Mediobanca ha un elemento che fa la differenza: con essa scadono i mandati sia del presidente Francesco Cingano che dell’amministratore delegato Vincenzo Maranghi. Riconfermare l’uno, l’altro o tutti e due richiede la stessa forza che ci voleva per sostituirli, e nel patto di sindacato di Mediobanca né lo schieramento dei maranghiani sembra al momento avere la forza di imporre il rinnovo dei mandati né quello degli antimaranghiani la forza di imporre nomi diversi. Non sapendo con certezza chi comanderà in Mediobanca nei prossimi anni è chiaro che Bernheim farà di tutto per avere un mandato triennale che lo garantisca dai capricci di Maranghi e anche dagli eventuali cambiamenti al vertice di Mediobanca, ma è altrettanto chiaro che Maranghi non ha interesse a cedere totalmente il suo potere sulle Generali (come avverrebbe con il mandato triennale a Bernheim), e non hanno interesse neanche coloro che vorrebbero sostituire Maranghi, perché il presidente delle Generali vorrebbero magari sceglierlo loro. Bernheim però ha le sue carte da giocare. La prima e più trasparente è il buon senso della proposta di modifica della governance delle Generali per stabilizzarne la gestione. La seconda è la flotta di Bollorè, carica di azioni Mediobanca che al momento sono al servizio di Maranghi ma che potrebbero anche cambiare alleanze se Maranghi non soddisfacesse le aspettative dei suoi alleati francesi. La terza è il confronto che si profila su come gestire la scadenza di Maranghi. E’ possibile, anzi probabile, che a fine aprile la partita sia ancora tanto aperta che nessuno si sentirà di misurare gli schieramenti sulla richiesta di Bernheim, che quindi passerebbe approfittando dello stallo tattico di tutti gli altri. Quello che tutti pensano è che l’obiettivo primo di Bernheim sia di guidare le Generali il più a lungo possibile e quello di Bollorè di far fruttare al massimo il suo investimento di alcune centinaia di milioni di euro in azioni Mediobanca. Quello che tutti temono è che l’obiettivo finale dei francesi sia invece il controllo delle Generali e questo timore sarà la grande ombra che accompagnerà lo scontro sull’assetto di Mediobanca e delle Generali, che è diventato instabile con la morte di Enrico Cuccia e che non ha trovato fino ad oggi un nuovo equilibrio. Lo scontro sta entrando in queste settimane nella fase cruciale e si concluderà con l’assemblea di Mediobanca. Prepariamoci, di qui alla fine di ottobre sarà grande spettacolo.

Commenti ed Analisi Recenti su Mediobanca - Moderatore  

  By: Moderatore on Mercoledì 26 Febbraio 2003 13:22

Stock: Mediobanca

-------------------------------------------- Commenti ed Analisi Recenti su Mediobanca --------------------------------------------- ----------da WEBSIM 12/02-------------------- Giuseppe Tesauro, presidente Antitrust, lamenta che i pareri del Garante per la concorrenza e il mercato, sulla riforma del sistema televisivo che introduce nuovi limiti alle concentrazioni, siano stati ignorati dal governo sulla base di una prospettiva troppo nazionale.''Si tratta, come è noto, di interventi non vincolanti (pareri al parlamento sulle leggi), talvolta ignorati oppure contrastati con argomentazioni fondate su superati riferimenti ai campioni nazionali e su una non meglio precisata competitività dell'economia nazionale'', ha detto Tesauro in un'audizione alle commissioni riunite Industria di Camera e Senato. Il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, ha detto recentemente che conta in un'approvazione della riforma da parte del Parlamento entro l'anno. La riforma abolisce, tra l'altro, il limite della legge Maccanico per il quale nessun editore può crescere oltre il 30% in un singolo settore (carta stampata, radio o tv).Non ci sarà alcun divieto di incroci proprietari tra reti tv e giornali, ma nessun editore potrà raccogliere oltre il 20% delle risorse complessive del sistema informativo in Italia. Tesauro aveva auspicato in dicembre l'introduzione di correttivi ''tali da condurre all'approvazione di una legge che assicuri una reale apertura alla concorrenza del mercato tv e garantisca il pluralismo dell'informazione''.