By: Moderatore on Martedì 19 Luglio 2005 00:49
Ma nel futuro qualcuno ci Credem
A febbraio i senesi incasseranno la liquidazione da Bnl. E se la famiglia Maramotti decidesse di vendere...
All’estero, all’estero! Dopo l’uscita dalla Banca nazionale del Lavoro le prospettive di shopping per il Monte dei Paschi di Siena sembrano orientarsi oltre confine. Magari nell’area dell’est o, come vezzosamente dicono a Siena, della Mitteleuropa. Perché è indubbio che la messa in vendita del 4,4% di Bnl rappresenti una buona mossa per il Monte, visto come si erano messe le cose nella banca romana, ma è soltanto metà del percorso. Una mossa ispirata a criteri di efficienza e di mercato (che difatti ha premiato il corso del titolo con un consistente aumento in Borsa), ma che non può essere fine a se stessa. Serve dell’altro, serve rilanciare sul piano dello sviluppo e delle alleanze, anche perché altrimenti esiste il concreto rischio che il Monte dei Paschi diventi una grande banca regionale e nulla più. Dunque all’estero, come dicono in molti in questi giorni a Siena: a caccia di un accordo in quell’area dell’Europa con maggiore vocazione alla crescita, paesi dell’Est, Austria, Germania. C’è chi cita Otto Schily, ministro dell’interno tedesco, ormai di casa a Siena, per indicare la via. Tutto vero?
«Francamente non ci credo - dice da Londra Alessandro Roccati, analista del settore bancario per conto della banca d’affari Fox-Pitt, Kelton - perché Mps non ha le dimensioni per fare un acquisto importante in un’area che non conosce e che presenterebbe poche integrazioni industriali. Sarebbe un’operazione che probabilmente verrebbe accettata male dal mercato, perché Mps potrebbe contribuire limitatamente in termini di skills apportati ad una banca straniera».
Fuori dall’Italia ci sono due banche in vendita, dice Roccati. Ma entrambe presentano delle difficoltà: «Entro la fine dell’anno va sul mercato Bcr, la prima banca della Romania, con una quota di circa il 30%. Vale tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro. Davvero il Monte adesso è pronto a un’operazione del genere, mettendosi in concorrenza con tutti i grandi gruppi europei (Fortis, Bnp, Kbc, Erste Bank e Intesa)? Non mi sembra. Resta la Turchia, dove c'è Garanti Bank. Lo scorso anno Banca Intesa andò vicina all’acquisto. Forse potrebbe riprovarci… Non mi sembra una preda da Monte».
Gli spazi di manovra sono stretti, molto stretti. Anche perché in vista di operazioni di questo genere va valutata anche l’indipendenza dalle scelte strategiche di alcuni soci molto attivi sul piano finanziario come Gnutti, Ligresti e Caltagirone, che rispettivamente hanno il 3, il 2,58 e il 4,72 per cento della banca. Meglio allora puntare sull’Italia. «Va considerato - continua Roccati - che la liquidazione da Bnl avverrà a febbraio 2006 (le azioni sono state affidate attraverso un’operazione strutturata a un pool di banche internazionali tra cui Deutsche Bank, Lehman brothers e Barclays Bank), e che solo allora Mps disporrà dei contanti. Reputo che un possibile futuro target per il Monte sia Credem.
Malgrado il patto di sindacato di Credem Holding che controlla il 73% di Credem scada solo a luglio 2007, dopo la morte del fondatore del gruppo Max Mara, Achille Maramotti, potrebbe crearsi lo spazio per un’operazione targata Mps». Anche perché nel patto che governa Credem holding gli azionisti sono 226, ma la famiglia Maramotti, punto di riferimento storico del Credem, controlla da sola il 34% di Credem Holding. Basterebbe una posizione forte dei Maramotti per convincere tutti a vendere. E a quel punto Mps sarebbe pronto.
«Il Credem è un obiettivo credibile - dice Roccati - molto più di ipotesi estere, è una banca con 460 filiali in Italia, dove è ben rappresentata ovunque con esclusione di Trentino e Valle d’Aosta e molto radicata in Emilia Romagna, dove hanno sede il 28% degli sportelli. Proprio questa presenza in una regione confinante con la Toscana potrebbe creare sinergie e ampliare il radicamento in due delle regioni più ricche d’Italia. Con l’acquisto di Credem, Mps incrementerebbe il totale delle proprie attività del 15% e il numero delle filiali di circa il 25% per un totale di oltre 2.300».
Più complesse altre soluzioni, anche se Mps - come sottolineato da un recente report di Mediobanca - sembra aver messo alle spalle il periodo più difficile. Ma quale partner cercare? Sul fronte delle banche popolari si dovrebbero affrontare problemi di governance da risolvere attraverso la trasformazione della banca obiettivo in Spa, come avvenne con l’acquisizione della Banca agricola mantovana. Ma sono ipotesi remote.
«Nel ruolo di venditrici - conclude Roccati - non vedo molte banche. Oltre al Credem c’è la Popolare di Milano, a meno che non si crei la Superpopolare di cui da tempo si parla. E non ci sono altri take-over target , possibili obiettivi, tanto che sul Credito Emiliano si sta concentrando anche l’attenzione della Banca Lombarda».
Dal punto di vista finanziario resta da valutare se il divorzio dalle sorti di Unipol in Bnl porti a qualche riflesso. Le due realtà in passato si sono scambiate delle azioni. Mps ha il 39% di Finsoe che controlla Unipol, l’assicurazione bolognese ha il 2% della banca senese. Pesati sul mercato i due pacchetti danno una differenza di circa 300 milioni di euro a favore di Bnl. Con la fame di liquidità da parte di Consorte & C. è un’ipotesi da scartare.