politica post-ideologica

 

  By: vilcojote on Domenica 25 Novembre 2007 15:02

leggo questa notizia di Veltroni che ha detto VAFFFA al capo dei vigili urbani di Roma, che era notoriament una sorta di capo-cupola ufficiale della corruzione e del malaffare nella capitale. Ottima scelta, che dimostra come la politica non debba essere ne' di destra ne' di sinistra, ma debba solo funzionare e governare. Bravo Veltroni!: Veltroni caccia capo dei vigili urbani Revocato l'incarico al comandante dei vigili urbani della capitale Giovanni Catanzaro: usava un permesso per disabili, perso da un'anziana signora, per parcheggiare la sua autovettura. Non fatevi trarre in inganno, questo tizio ---- dal vertice, alimentava a Roma da anni un'ondata di CORRUZIONE senza fine, la storia del permesso auto e' quasi patetica... non fatevi incantare, pensate piuttosto alle licenze edilizie, i permessi per lavori e ristrutturazioni nel centro, tutto cio' che era legato all'ex boom (ora sboom) del mercato immobiliare. Sara' dura fare un repulisti di questa massa di lavativi corrotti, ma intanto il primo passo era dovuto ed e' andato.... antitrader, sono con te: V - Day 25 aprile - ps: qui vale il motto del prof. Aristogitone (quelli della mia generazione che se lo ricordano): prendo uno, sbatto uno, butto fuori! IN GALERA!!!!

 

  By: vilcojote on Sabato 10 Novembre 2007 17:29

da ^clicca qui#http://www.wittgenstein.it/^ Orgoglio e dignità Oggi il Foglio pubblica in prima pagina una non nuova celebrazione di Ann Coulter, esagitata giornalista americana divenuta popolare presso i reazionari di laggiù perché la pensa come Giovanardi ma è figa e più spiritosa. Oggi però il dettaglio interessante è che l'argomento del nuovo libro della Coulter raccontato dal Foglio è nel suo titolo \"Se i Democratici fossero intelligenti, sarebbero Repubblicani\". Che in effetti è un'idea semplice ed efficace, e legittima. Però adesso non vorrei sentire più dalle stesse pagine la vecchia solfa vittimistica sulla pretesa superiorità-culturale-della-sinistra (barra morale barra antropologica), che si basa sull'obiezione allo stesso concetto. A sinistra molti pensano che se uno è intelligente è di sinistra: bene, questo è del tutto normale. Perché come è normale avere molti dubbi sulle cose, è normale anche avere delle convinzioni, per quanto elastiche. Sarebbe quindi sciocco non ritenere quelle convinzioni, frutto di ragionamenti e analisi, più sensate e intelligenti di quelle opposte: \"superiori\", già. Se io penso di essere molto più intelligente di uno che va a bruciare i rumeni (questo mi sarà consentito, no?), non si capisce perché non devo pensare di essere un po' più intelligente di uno che non vuole pari diritti per gli omosessuali; eccetera. L'accusa alla sinistra (parlo della sinistra come valori, non le persone che stanno nel centrosinistra italiano avendo perso la bussola) di ritenersi \"migliore\" si spiega da sempre con un complesso di inferiorità delle persone di destra che la sostengono, e dalla percezione che - per le ragioni che volete - i valori di sinistra hanno prodotto nella storia cose assai più efficaci che non quelli di destra (lo stesso cristianesimo, prima che ne facessero chiese, è una cosa piuttosto di sinistra). Io invece non mi sento offeso o discriminato dalla battuta di Ann Coulter: la trovo anzi, ripeto, un modo efficace e non ipocrita di definire il suo pensiero. Il Foglio [*]

 

  By: vilcojote on Mercoledì 07 Novembre 2007 18:58

scusate, ma certi artcoli vanno archiviati.... saluti a tutti! :) :p Politica debole, risiko confuso La tela del ragno mediatico riavvolge il gran gioco finanziario Report e dintorni. Freddissimi i rapporti tra Geronzi e Bazoli. Guai in Telecom e Generali. Giorni tosti per le nomine I rebus: Rcs, i francesi e la Fiat Milano. I rapporti tra Cesare Geronzi, presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, e Giovanni Bazoli, omologo in Intesa Sanpaolo, “oggi sono freddissimi”, dice un analista che segue da vicino Telecom. I due si attribuiscono l’un l’altro la responsabilità dello stallo, tanto che tra i soci industriali dell’azienda telefonica serpeggia un po’ di preoccupazione. L’atteso incontro tra i due dominus più esperti del sistema bancario italiano previsto per domenica scorsa è stato rinviato. Il nome di Gabriele Galateri di Genola, molto apprezzato dagli spagnoli di Telefonica, anche in Italia sembra mettere tutti d’accordo per la presidenza, ma molti guardavano e guardano a questa chiacchierata a quattr’occhi tra il regista finanziario più bipartisan, Geronzi, e il più prodiano Bazoli come l’evento risolutivo (o quasi) per il quadro generale delle partite aperte: innanzitutto Telecom, e la scelta del vertice operativo (anche per difendere un’azienda che provoca l’acquolina degli spagnoli di Telefonica), cui ormai è strettamente intrecciata la questione Generali, e il relativo dibattito su come rafforzare la compagnia assicurativa del Leone (anche per difendere un’azienda che provoca acquoline franco-tedesche). Sotterraneo come sempre, c’è anche il rebus Rcs-Corriere della Sera. Con Bazoli che non ha nascosto né le recenti irritazioni nei confronti della direzione di Paolo Mieli, colpevole di non difendere gli strenui sostenitori dell’intangibilità della Costituzione (e il governo), né le antiche simpatie per Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole 24 Ore. Il milieu cultural-finanziario prodiano sente l’avvicinarsi della fine di una stagione e lascia trasparire, oltre a piani ambiziosi come quello che interessa la vicenda governo- Alitalia-AirOne-Intesa Sanpaolo, anche una punta di nervosismo. Ma il ragionamento di molti osservatori è questo. Un’intesa di sistema tra Profumo (ad di Unicredit) e Geronzi con Bazoli e Passera (ad di Intesa) ha favorito, sotto il vigile laissez faire del governatore Draghi, la creazione di due grandi gruppi bancari italiani proiettati in Europa, Unicredit-Capitalia e Intesa Sanpaolo, con conseguenze su Telecom. Allo stesso modo un’intesa di sistema può aiutare a rafforzare campioni nazionali come Telecom e Generali. Il problema è che in una situazione di debolezza della politica – con un Prodi traballante, un Pd veltroniano in via di costruzione e alla ricerca di rapporti con la finanza e una Cdl distratta dalla voglia di elezioni – ogni intesa di sistema è più ardua. Anche perché la strategia del ragno mediatico rende tutto più confuso nel comprendere quale sia la posta in gioco e l’obiettivo strategico del risiko, soprattutto se la tela pare avvolgere principalmente uno dei due sistemi a confronto, quello che gravita attorno a Geronzi e Profumo. La brava Milena Gabanelli, per esempio, fa da sempre trasmissioni toste, ma più di un analista ha notato la “suggestiva” successione di puntate di Report su Profumo per i derivati, su Parmalat e dintorni, su Geronzi, che ha incaricato i legali di presentare querela perché la trasmissione ha rappresentato “episodi marcatamente deformati e offensivi”. Meno recenti, ma ritornate sulla stampa, le spigolature anti Scaroni, ora all’Eni ma secondo molti buon candidato alla guida delle Generali al posto di Bernheim, che confida nel sostegno di Bazoli. Il tutto mentre tornano sui quotidiani i cascami dell’affaire Telecom, con Tavaroli, fumus di tangenti e schizzi di intercettazioni. Il tutto mentre in tv si rievocano i “furbetti del quartierino”.

 

  By: britney on Venerdì 02 Novembre 2007 16:47

certo la sinistra e' ormai spaccata irrimediabilmente (come si e' visto anche sulla questione \"in-sicurezza\", dove giustamente Veltroni dice cose post-ideologiche e da tolleranza-zero mentre i comunisti BLATERANO usando le loro vecchie SOLFE ideologiche); spero serva ad accelerare il repulisti sulla scena politica italiana. Leggete questo articolo uscito sul Foglio: Quelli che “discuto coi fasci, ma con Veltroni no” Guerra culturale spacca in due la moralità del centrosinistra. Testimonianze ------------------------------------------------------------------------ Roma. Ormai, non c’è quasi più niente da dirsi. Non solo abissale differenza politica, ma antropologica, di linguaggio, di sguardo sul mondo. Due entità separate, la sinistra moderata e quella radicale, estremista, che nessuna legge elettorale o accordo di desistenza potrà più tenere insieme. La feroce vicenda della donna massacrata a Roma dall’immigrato rumeno ha prodotto la definitiva lacerazione tra due mondi che, se non simili, erano certo contigui. Qualcosa che ieri balzava agli occhi leggendo i commenti di Liberazione e del Manifesto, e mettendoli a fianco a quelli dell’Unità e di Repubblica. O l’analisi di uno scrittore come Vincenzo Cerami sul Messaggero: “Una cosa va detta subito. L’orrore a Roma di oggi che crea sgomento e profonda inquietudine è la conseguenza dell’eccesso di tolleranza di ieri”. Ancora più secco il titolo: “Fine della tolleranza”. Poi basta ascoltare Piero Sansonetti, direttore del quotidiano di Rifondazione, che così spiega il ruolo di Veltroni nella vicenda: “Lui fa le prove di leadership e di campagna elettorale cogliendo al volo il massacro di una signora. Un cinismo mai visto in politica: né nei vecchi democristiani né nei vecchi comunisti e neanche nei vecchi fascisti. Terrificante. Con un cinismo di questo tipo, ogni discussione è impossibile”.

 

  By: il tigre on Mercoledì 31 Ottobre 2007 14:40

caro vill.... te lo dico senza polemica... ma ho l'impressione di una persona che ha la casa allagata e da la colpa al vicino perche' ha rovesciato un bicchiere d'acqua in strada... il soggetto in questione spesso si e' distinto per affermazioni fuori dal coro ideologico e lassista che pervade e attanaglia questa sinistra... non tutto e' perduto... anche a sinistra ci sono persone oneste e impegnate... peccato vengono messe spesso alla gogna... forse perche' non odiano...

 

  By: vilcojote on Martedì 30 Ottobre 2007 19:26

Il dottor Castaldi è alfine giunto ad apprendere, dallo spiffero giornalistico e dal bisbiglio romano, che il giovane presidente della Commissione Attività Produttive della Camera (ove è stato eletto poco più di un anno fa da una maggioranza di centrosinistra, alla quale tuttora appartiene, almeno a livello nominalistico) avrebbe chiuso il deal con il Cavaliere, e sarebbe prossimo ad approdare a Forza Italia, in prospettiva elettorale ed elettoralistica. Il dottor Castaldi, a onor del vero, precisa di non far più parte di Decidere, di cui è stato uno dei primi firmatari, dallo scorso 3 agosto, sicché potremmo considerarlo uno dei più svegli tra i supporter di Capezzone. Altri, per contro, insistono con i loro bannerini policromi, le loro ruptures e le loro tavole mosaiche di Blair e Sarkozy. Quelli sono i sostenitori della cultura del fare e del decidere, i veri trend sniffer. Hanno naso, insomma. O più propriamente il moccio al naso. Che c’è di male, si chiederanno i miei giovani e meno giovani lettori, se un deputato decide di cambiare casacca così rapidamente, dopo poco più di un anno di legislatura? In fondo, è l’articolo 67 della nostra sana e robusta Costituzione che stabilisce che ogni parlamentare rappresenta la nazione ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato, giusto? E peraltro, qui non c’è ancora stato nessun salto della quaglia, si attende solo il termine di questa agonizzante legislatura Made in Far Left, per l’annuncio ufficiale. Ma qualche riflessione si impone comunque, che dite? ripreso da: ^clicca qui#http://phastidio.net/^

 

  By: percefal on Giovedì 25 Ottobre 2007 17:10

ma come cavolo si pubblica un video embedded???? Non si pubblica, metti solo il link ;)

 

  By: il tigre on Giovedì 25 Ottobre 2007 16:35

in fondo e' solo una questione di punti di vista.... dici bene quando affermi di essere un vecchio liberal... e' questo infatti il punto....sei vecchio!!!! tu hai paura di berlusconi...noi abbiamo paura di gente come te che non guarda alla realta' del fallimento...ma si sa...quelli come te usano nel valutare 2 pesi e 2 misure a seconda della misura che conviene nel momento... ancora oggi non capisco come mai il processo SME non sia stato a carico di prodi e del suo amico de benedetti, il piu' grande truffatore che c'e' in borsa, che senza l'intervento del cavaliere che ha pagato un giudice avrebbe intascato 1200 miliardi di guadagno che invece sono andati nelle casse dello stato... ma dove vivi? forse tu sei uno di quelli che pagano il canone della rai senza sapere che mediaset usa un quarto (30 euro di canone) delle risorse della rai... se berlusconi si fosse permesso di spostare generali o giudici durante il suo mandato avresti urlato al regime e saresti andato in piazza ad urlare la tua rabbia... l'unica cosa nella quale vi distinguete sempre e' nella vostra immensa ignoranza....

 

  By: vilcojote on Giovedì 25 Ottobre 2007 15:59

ma come cavolo si pubblica un video embedded????

 

  By: vilcojote on Domenica 21 Ottobre 2007 17:49

il vecchio eugenio scalfari, pessimista, lucido, cinico e ormai disaffezionato: Prodi finora ha detto e ripetuto che se cade il suo governo non c'è che andare alle urne. Meglio ancora se alle urne ci si va con l'attuale governo in carica per far svolgere le elezioni. Probabilmente la posizione di Prodi è un deterrente per evitare la crisi. Ma se non fosse un deterrente sarebbe a mio avviso un grave errore. Le elezioni a primavera con questa legge elettorale darebbero partita vinta al centrodestra che ancora una volta si presenterebbe compatto dietro Berlusconi, tutti per uno uno per tutti. Veltroni dovrebbe fare un miracolo. E forse potrebbe anche farlo, il Pd potrebbe arrivare al 40 per cento, ma dovrebbe presentarsi da solo e questo, con l'attuale legge elettorale e il premio di coalizione è manifestamente impossibile. Per contrastare il Berlusconi \"ter\" e i suoi alleati bisogna andarci con lo stesso schieramento di centrosinistra attuale, ma con la frana dell'area centrista. Una frana di scarso peso elettorale ma di forte peso politico perché arginerebbe quel deflusso di voti moderati verso il Partito democratico sul quale punta Veltroni. Senza quel deflusso ed anzi con un sia pur modesto deflusso di segno contrario, la vittoria del centrodestra è scontata, non c'è miracolo che possa evitarla, checché ne pensino Ferrero e Diliberto. Questi sono i dati del problema. Noi, vecchi liberaldemocratici, rischiamo di morire sotto Berlusconi. E' vero che abbiamo altre risorse e altri interessi da coltivare per il tempo spero lungo che ci resta, ma per l'amore che portiamo a questo Paese vederlo sottoposto ad un ulteriore degrado morale ci riempie di tristezza. Qualcuno mi rimprovera il mio pessimismo, ma io non sono pessimista; cerco di vedere la realtà e la realtà non è né buona né cattiva se non per come ciascuno di noi la vive. Questa realtà io personalmente la vivo male. Non mi piace. Non mi ci sento. Ma non è affatto detto che altri non ci si troveranno bene. \"Goodbye and farewell\".

 

  By: sbfcmember on Sabato 20 Ottobre 2007 19:20

chi non e' d'accordo con Beppe, e' un servo Oggi mi sento più tranquillo. Un signor Nessuno, eletto da nessuno, che si chiama Ricardo Franco Levi ci ha rassicurato. Il disegno di legge Levi-Prodi per imbavagliare la Rete farà il suo percorso, ma sarà sereno. In caso di dubbi sulle finalità di un sito o di un blog ci penserà l'Autorità per le Comunicazioni. Sentite le parole di questo paraculo prodiano: “Distinguere tra attività editoriale e privata non è semplice. Per questo sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare quali siti o blog siano tenuti all’iscrizione”. Non solo fanno leggi non previste dal programma di governo, in silenzio, per non essere disturbati. Ma ci prendono anche per il culo. Levi, le do un consiglio: si tolga dalle palle, ma presto, torni alla panchina del parco dove l’ha raccattata il suo amico Prodi. Questa legge va CANCELLATA. Se volete, cari amici dell’Unione, discutetevela tra di voi nel nuovo loft del Partito Democratico, ma non fateci perdere tempo. Rete 4 abusiva da mandare sul satellite: non pervenuta. Legge sul conflitto di interessi: non pervenuta. Corruzione di giudici per l’acquisto della Mondadori: non pervenuta. Televisione pubblica occupata dai partiti: non pervenuta. Wi Max regalato alle società di telecomunicazioni: non pervenuto. E voi, dipendenti infedeli che avete tradito il vostro elettorato, vi occupate, senza alcun mandato, di mettere sotto controllo la Rete? Ma chi siete? Chi vi autorizza? Prodi fa sempre l’indiano. Non applica il suo programma per la legge Maroni (legge 30), fa l’indulto, non cambia la legge elettorale, non tocca l’ex-Cirielli e la Pecorella. Il debito pubblico sale come un termometro impazzito. Ma lui non c’entra mai. Un presidente del Consiglio inesistente. Il prossimo V-day sarà dedicato all’informazione, sto decidendo la data. Chiederemo due cose: - l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria - l’abolizione dell’ordine dei giornalisti. Stay tuned.

 

  By: vilcojote on Sabato 20 Ottobre 2007 17:47

Al Senato è pronta la trappola per Prodi. Insomma, il clima sarebbe da ultimi giorni di Pompei. Si vota a primavera? Dieci, massimo quindici giorni. Dal tardo pomeriggio fino alla tarda sera di ieri, dai vari Palazzi del centro di Roma sono arrivati sempre più insistenti i boatos che danno per novembre, anziché per gennaio, il big bang dell’Unione di Prodi. Esemplare, in merito, la tranquillità ostentata dal Cavaliere che ha rotto il suo silenzio di questi giorni per dire che lui sta facendo shopping a Palazzo Madama. Piuttosto ha ribaltato i termini della questione ammettendo: «Posso dare una collocazione politica a chi un posto non ce l’ha più. Posso fare come ho fatto con Rotondi (il leader della Nuova Dc uscito dal’Udc, ndr)». Sempre Berlusconi, poi, ha fatto recapitare ai parlamentari azzurri una lettera in cui li invita a prepararsi «per un ritorno alle urne già nella prossima primavera». Insomma, il clima sarebbe da ultimi giorni di Pompei, come confermano anche le parole amare del Guardasigilli Mastella pronunciate ieri sera: «O si cambia oppure è meglio andare al voto in primavera. La maggioranza quasi non c’è più». Per quanto riguarda il toto-senatori le voci sono ormai tantissime. Fonti del centrodestra quantificano il numero nei soliti “quindici”, un gruppo in cui i noti certi sono sei: Dini, D’Amico, Scalera, Fisichella, Bordon e Manzione. E a proposito di questi ultimi due: probabilmente sarà un loro emendamento alla finanziaria a dare il colpo di grazia alla maggioranza. Almeno secondo le intenzioni di Forza Italia, An, Lega e Udc, che sarebbero pronte a votare la proposta di Bordon e Manzione per dimezzare i ministeri. Dice Bordon: «Noi chiediamo una cosa molto semplice: che venga reintrodotta la Bassanini, una legge che fece il centrosinistra poi violata e manomessa dal governo Berlusconi. Mi auguro che l’Unione la voti, ma in questo momento il centrosinistra si sta facendo male da solo. Non so cosa accadrà, sento dire che l’opposizione voterebbe l’emendamento. Lo voti pure. In ogni caso non si tratta di un provvedimento contro Prodi, ma nell’interesse del paese». Fabrizio d'Esposito 20/10/2007

 

  By: vilcojote on Sabato 20 Ottobre 2007 17:22

Giuliano Ferrara, ex comunista, scrittore dei testi del Berluska e ministro nel suo governo, direttore del Foglio, si e' innamorato del Partito Democratico. Ve lo segnalo come fenomeno del caos totale in cui si trova la politica italiana in questi mesi. dal Foglio di oggi Come fare un partito nuovo Due vie: riempirlo di chiacchiere o prendere una decisione rivoluzionaria Alla fine del mese la Costituente del Partito democratico si riunisce a Milano in rappresentanza non degli iscritti di Quercia e Margherita ma di tre milioni e mezzo di cittadini. E il suo gruppo dirigente, intorno al leader che ha ottenuto l’onction démocratique o unzione democratica (citazione da Mitterrand, non dal Cav.), dovrà decidere come fare un partito nuovo, e cioè realizzare la promessa che ha portato alle primarie tanta gente diversa, mondi incomprimibili in una ordinaria platea di iscritti o militanti di partito (comprese le monachelle elettrici, un vescovo, i banchieri e molti elettori di altri partiti della sinistra e di altre aree della società, imprenditori, professionisti, tanto popolo che non si iscriverebbe per molte ragioni a un partito tradizionale). Secondo il nostro modesto avviso l’unico vero modo di creare una radicale novità è di scegliere la costruzione di un partito senza tessere, senza organi dirigenti a ogni livello territoriale e locale, senza consigli nazionali, congressi e correnti. Mentre arrivano dei sì o dei segnali di interesse inaspettati dal vicepresidente del Consiglio Rutelli, dal ministro dell’Istruzione pubblica Fioroni, dallo stesso leader Veltroni e da numerosi soggetti del dibattito pubblico interno ed esterno alla politica dei partiti, il ministro della Sanità, Livia Turco, dice che si vuole tenere strette le tessere della Fgci, del Pci, del Pds e dei Ds, esprimendo una rispettabile posizione di nostalgia personale verso la propria storia, insomma accucciandosi in un archivio. Il ministro dello Sviluppo, Pierluigi Bersani, ci segnala che l’Italia non è l’America e non si può fare un partito “liquido”. Dall’89 ad oggi Bersani è vissuto onorevolmente nella liquidità, passando da un nome all’altro di partito, da un simbolo a un altro, con la botanica al posto dell’ideologia, e infine si ritrova nell’organismo costituente di un partito che non c’è, il quale deve decidere il proprio futuro. E questo in un paese in cui tutti i partiti che hanno firmato la Costituzione non esistono più da molti anni, e il partito di maggioranza relativa è ormai stabilmente un partito personale e carismatico, con radicamenti molteplici nel territorio, un po’ americano e un po’ sudamericano, un po’ politico e un po’ extra o antipolitico. La novità rivoluzionaria è già alle nostre spalle, verrebbe di dire a Bersani, e l’Italia è anomala anche perché invece di un partito socialista di tipo europeo, che dovrebbe attenersi ai consigli di Anthony Giddens, egli stesso ha contribuito a costruire un partito democratico dal nome americano, che dovrebbe valutare con più attenzione e meno pregiudizi i modesti consigli che arrivano dalla società. Lo ripeteremo fino alla noia. Non proponiamo un partito depoliticizzato, freddo, astratto, solo elettorale, e magari infiltrato dalle lobby del denaro e del potere e della reazione sempre in agguato. Proponiamo un modello che è implicito nel nome del partito che è stato varato con le primarie e nelle primarie stesse e nel loro straordinario e innovativo e rivoluzionario risultato: un partito dei cittadini, che serve la politica come strumento per selezionare la classe dirigente a ogni livello, rimettendo ad essa le politiche pubbliche nel funzionamento ordinario delle istituzioni, e alimentando e nutrendo questa selezione con l’attività della società organizzata in movimenti e gruppi di interesse e correnti di cultura e di idee. Non è un’idea liquida, è un’idea solida, e per ora a occhio e croce l’unica su piazza. L’unica che verrebbe percepita come un fattore vero, serio, responsabile e inventivo di innovazione politica, civile e istituzionale, senza recintare di nuovo una massa di elettori che partecipano alla scelta di una leadership per il governo del paese nell’orto di un esercito di iscritti che servono alla misurazione di rapporti di forza interni tra dirigenti che alimentano la vita d’apparato, il dibattio interno e i suoi inevitabili gerghi. Sia detto senza alcun moralismo antipolitico, visto che la storia di partiti e apparati è stata gloriosa, ha prodotto insieme ad alcune evidenti storture anche il meglio della nostra vita democratica repubblicana, ma appartiene a un passato irriproducibile. Si dice: senza tessere è troppo, facciamo un partito snello, ché oltretutto quelli pesanti sono ormai inconcepibili. Ma siamo alle solite vie del mezzo, e stavolta minacciano di non funzionare. Di risolversi in una estenuante chiacchiera. L’innovazione deve essere un fatto, non può più essere solo un discorso. E un fatto all’altezza delle primarie e del loro significato. Su una base culturale condivisa, muniti della sola carta d’identità e di qualche euro, i cittadini iscritti nelle liste elettorali primarie dei democratici possono scegliere di aderire a un progetto di partito-strumento che ha per anima idee, programmi e persone destinate al governo delle città, delle regioni, del paese. La fine del partito tradizionale, chiuso, sarebbe una rivoluzione che si ripercuoterebbe sulle istituzioni e sull’intero sistema politico, con effetti benefici. Prendersi qualche rischio per fare una cosa nuova e proporre un’Italia politica nuova: non era questo il senso del Partito democratico? ^clicca qui#http://www.ilfoglio.it/editoriale.php^