By: Moderatore on Sabato 25 Settembre 2004 17:05
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Gim-^Smi#^: Intek tratterà in esclusiva fino alla chiusura dell’accordo. Ma se l’affare non dovesse andare il gruppo Riva è pronto a scendere in campo
^da B&F di Camilla Conti - 25-09-2004 #http://www.borsaefinanza.it/art.pic1?ID=103765^
Nella partita per il controllo del granducato del rame Gim-Smi, alla fine è sceso in campo anche un re: Emilio Riva, grande monarca dell’acciaio italiano. Ma la Intek di Vincenzo Manes non si è tirata indietro. Anzi, ha tenuto duro e alla fine il patto di sindacato della Gim gli ha concesso un chance: tratterà in esclusiva sulla base di un piano finanziario contenuto in tre cartelle fittamente dattiloscritte. Una proposta che Manes giudica la migliore possibile, viste le condizioni di salute del gruppo industriale che fa capo agli Orlando. Ce la farà il finanziere-imprenditore a vincere la partita mettendo sul piatto la somma di 90 milioni (quale parte di un aumento di capitale di 152 milioni che darà a Intek il controllo di Gim e Smi)? Il vantaggio nelle sue mani è indubbiamente grande. A sua volta Riva, che proprio giovedì 23 ha firmato l’impegno con l’advisor Vitale e Associati a non rivelare i contenuti dell’informativa sul gruppo fiorentino, per il momento si è messo da parte in attesa, appunto, che scadano i termini per l’esclusiva accordata a Manes. Comunque vada a finire, per il rame europeo si prospetta senza dubbio un passaggio cruciale.
UNA DINASTIA AL BIVIO. La dinastia del rame è infatti un pezzo di storia industriale di Firenze. In Toscana gli Orlando sono arrivati nel 1840 dalla Sicilia, dove facevano gli imprenditori navali. Un trisavolo del patron Luigi è stato tra i finanziatori della spedizione dei Mille e i carteggi con Giuseppe Garibaldi sono rimasti custoditi per anni nella dimora di famiglia, il palazzo rinascimentale della Gherardesca, che nel 2000 è stato venduto per diventare un albergo della catena Four Seasons. I tempi sono cambiati. Anche per altri gioielli di famiglia: la Società Metallurgica Italiana, quotata in Borsa dal 1897 e rilevata dal nonno Luigi Orlando nel lontano 1901, e la cassaforte di famiglia Gim, nata nel 1920 e quotata 10 anni dopo. Il settantasettenne re del rame ha lasciato lo scettro al figlio Salvatore dopo 30 anni di presidenza e mezzo secolo di vita in azienda. E per non far tramontare l’impero lo ha fatto diventare contendibile. La svolta è stata decisa con due storici consigli d’amministrazione di Gim e Smi lo scorso 19 marzo: dopo aver chiuso il 2003 con 236 milioni di perdite, la famiglia ha deciso di varare l’accorciamento della catena attraverso la fusione tra la finanziaria Gim e la controllata Smi insieme a un contemporaneo aumento di capitale che porterà la famiglia a cedere il controllo. Il progetto, che doveva concludersi entro l’estate, si è arenato sulla scelta del partner giusto al fianco del quale affrontare le sfide del futuro.
I PASSI DEL RIASSETTO. Sembrava una partita senza storia. Poi sulla strada della Intek di Manes è arruvato Riva. Il re dell’acciaio si è fatto avanti come il cavaliere bianco di natura industriale che alcuni soci del patto di sindacato della Gim (a cominciare da Mediobanca) avrebbero mostrato di preferire all’intervento troppo finanziario della Intek. Riva si era già proposto prima di agosto, durante le manovre per la fusione tra Gim e Smi. Per poi spegnere i motori quando sembrava che gli azionisti storici di Gim, Pirelli e Italmobiliare, si ferano dichiarati disposti a coprire pro-quota l’aumento di capitale, garantendo anche parte dell’inoptato. Tramontata quest’ipotesi, Riva è tornato all’attacco, puntando alla maggioranza posseduta dalla famiglia Orlando anche attraverso l’acquisto delle quote degli altri azionisti. Un’opzione alternativa a quella messa sul piatto dalla finanziaria di Manes, che nel piano proposto evita con attenzione percorsi vicini all’Opa grazie alle possibilità offerte dai regolamenti per gli interventi nelle società in crisi. La Intek subentrerebbe infatti a fusione avvenuta con il 29% (per poi salire oltre il 31,8% nel 2008 convertendo i warrant), tramite l’aumento del capitale da 152 milioni. Alla finanziaria di Manes è riservato un aumento di Gim al prezzo unitario di 1 euro più tre warrant per ogni due azioni nuove, sempre a 1 euro. Agli altri soci viene garantita la facoltà di sottoscrivere le nuove azioni a 1 euro più un warrant per ogni due azioni emesse. Insomma, al socio cui viene ceduta la maggioranza viene anche offerto, allo stesso prezzo, un quantitativo di warrant tre volte superiore. L’impegno di Intek per un totale di 88,1 milioni è però condizionato alla definizione entro ottobre di un consorzio di garanzia a copertura di parte dell’aumento di capitale e alla conclusione di un accordo con le banche creditrici sulla ristrutturazione del debito. Secondo la proposta Manes, a Intek dovrà anche spettare la nomina di metà dei componenti del nuovo cda post aumento di Gim e la scelta del vicepresidente esecutivo (il presidente resterà Salvatore Orlando). Non solo. Tra le condizione poste figurano anche la disponibilità degli istituti di credito a partecipare al consorzio di garanzia e collocamento dell’aumento di capitale con un impegno massimo di 30 milioni e l’impegno delle banche a rilasciare una ulteriore garanzia fidejussoria per le sanzioni (67 milioni) avviate dalla Commissione Ue nei confronti del gruppo Orlando.
PRODUTTORI EUROPEI COL FIATO SOSPESO. Il mercato europeo dei semilavorati in rame sta con il fiato sospeso. Perché chi conquisterà la nuova Smi si prenderà anche il 100% della Kme, la società tedesca capofila delle attività industriali, delistata negli anni scorsi per accorciare la catena e far affluire più rapidamente i dividendi verso la parte alta della piramide. Oggi il gruppo Orlando conta oltre 7.500 dipendenti in 17 stabilimenti di produzione e sta mettendo a frutto la leadership sui mercati europei del rame dove, dopo l’acquisizione di Kme, detiene una quota attorno al 30%, con punte del 70% in alcuni segmenti di mercato. La svolta rischia dunque di alterare gli equilibri europei del settore, che teme di perdere una stampella industriale in piena emergenza di materie prime: nel mondo le disponibilità di rame sono passate nel giro di otto mesi da 900mila a 200mila tonnellate e il prezzo in dollari è raddoppiato. A spaventare è anche la Cina, vera variabile indipendente del mercato, che continua ad assorbire larga parte della materia prima. Gli acquisti massicci effettuati fino a marzo 2004 hanno portato i corsi oltre i 3mila dollari la tonnellata, prima del calo della domanda, provocato anche dalla difficoltà delle consegne per l’intasamento delle strutture portuali destinate a scarico e stoccaggio dei metalli. Addirittura, visti i prezzi, si era assistito a vendite da parte degli stessi importatori cinesi, che hanno così potuto speculare sul rialzo che proprio loro avevano innescato