UN PAIO DI AZIONI 'TRANQUILLE'

 

  By: Moderatore on Domenica 31 Ottobre 2004 22:33

------------------------------------------------------- Pirelli, quanto costa il biglietto per Telecom ^Nei prossimi due anni Tim avrà 7 miliardi di cassa in eccesso#http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=ECONOMIA&doc=MUCCHETTI^ Olimpia, la società che possiede la maggioranza relativa (17%) di Telecom Italia, sta rinegoziando il suo debito: con gli attuali dividendi, infatti, paga gli interessi passivi, ma non riesce a rimborsare le banche. Olimpia conta sulla garanzia assoluta, che il pacchetto Telecom offre, e, in prospettiva, sulla possibilità di attrarre molte più risorse dalle aziende telefoniche. Tim, in particolare, avrà 7 miliardi di cassa in eccesso nei prossimi due anni: le basterebbero per comprare tante azioni proprie dai soci minori aumentando così il peso della partecipazione di Telecom, e dunque i dividendi destinati ai piani alti della piramide societaria che fa capo a Marco Tronchetti Provera. Il quale, smentendo le voci, si limita a dire che nel 2005, una volta ridotto a 30 miliardi il debito del gruppo, deciderà se, in mancanza di nuovi investimenti redditizi, restituire denaro agli azionisti. E' in questo scenario che va riletta la situazione di Olimpia, dove le azioni Telecom non vengono svalutate (ci sarebbe una minusvalenza teorica di 4,5 miliardi) perché, si dice, il cash flow ripagherà l'investimento. Siamo pertanto a un passaggio nel quale diventa interessante misurare i risultati (per quanto provvisori) dell'avventura imprenditoriale di Tronchetti, che comincia nel 1992 con l'ascesa in Pirelli e ha la sua svolta nel luglio 2001 con l'ingresso in Olivetti, che due anni dopo assorbirà Telecom e ne assumerà il nome. Da quando è passata di mano, la Telecom ex Olivetti ha bruciato ricchezza per un miliardo, se si confronta l'attuale valore di Borsa con il costo cumulato dell'investimento fatto dall'azionariato a partire da fine luglio 2001, costo puro e semplice senza il premio al rischio. Telecom, invece, ritiene che si debba iniziare il conteggio due mesi dopo l’acquisto, e cioè da quando, autorizzata dall’Antitrust, la Pirelli, leader di Olimpia, mette piede negli uffici del gruppo telefonico. L’effetto è che il valore virtuale dell'investimento di partenza, e dunque il costo per l’azionariato, si dimezza e, al posto di una distruzione, viene una generazione di ricchezza per 6,3 miliardi. Noi siamo rimasti ai valori reali perché il mercato aggiorna i suoi conti già al passaggio di proprietà in base alla qualità della transazione. Nel caso specifico, poi, nessuno, arrivando due mesi prima, avrebbe potuto evitare lo sgonfiamento della speculazione sulle telecomunicazioni e il crollo delle quotazioni dopo l'11 settembre, che hanno reso tutto più difficile. Del resto, l'andamento dei mercati finanziari (dal luglio 2001 la Borsa italiana ha perso il 16% e il DJ Stoxx Telecom il 24%) si riflette anche sui gradini superiori della piramide. Dalla stessa data ai giorni nostri, l'azionariato di minoranza della Pirelli Spa (oggi fusa nella Pirelli & C.) ha visto svanire ricchezza per 1,4 miliardi. E l’intera platea degli azionisti di Pirelli & C. ha bruciato mezzo miliardo. Queste cifre dicono quale sia, al momento, l’entità del biglietto che Pirelli ha pagato per entrare in Telecom. Alla Bicocca spiegano che reinvestire nel core business la liquidità, derivante dalle fortunate dismissioni del 2000, non avrebbe dato ritorni migliori. E distribuire ai soci tutto quel ben di Dio (oltre 3 miliardi) - in stile Enel, diremmo noi - rappresentava un’alternativa impraticabile per un imprenditore. Tronchetti ha bisogno di tempo, stabilità e mercati al rialzo per dimostrare che i conti tornano. Intanto, mette sul tavolo la sua storia di azionista-manager che dal 1992 a oggi, con una Borsa che guadagna il 164% in 13 anni, ha saputo creare ricchezza sia in Pirelli & C. (un centinaio di milioni) che per i soci minori di Pirelli Spa (400 milioni), nonostante le telecomunicazioni e la crisi dei cavi.

 

  By: CORTO on Martedì 06 Aprile 2004 01:47

Il mercato? beh mi sembra che in Italia ci siano titoli di aziende che generano copiosi cash flow, utili visibili e con possibilità di miglioramento (a volte notevoli), dividendi sostenibili e superiori a quelli dei titoli di stato e una situazione patrimoniale solida per cui credo siano stati (e siano ancora) da considerare con attenzione in una asset allocation (penso prima di tutto ad Enel).- Potrebbero essere ridimensionati solo da un rialzo dei tassi. Poi dipende sempre da quello che uno vuole fare...ma trascurarli perchè li trascura il mercato non mi pare una decisione fondata.- Saluti a tutti Corto

 

  By: gianlini on Domenica 04 Aprile 2004 17:32

zibordi, io esulto con lei per il giappone, anno fiscale o meno, ma di fronte a rendimenti delle azioni italiane al doppio della cedola obbligazionaria, non riesco ad essere altrettanto ottimista non stiamo parlando di due o tre titoli minori, ma di molti titoli maggiori difficile che il mercato si sbagli tanto su di un dato così palese (basta una Repubblica qualsiasi per leggere il div yield).

 

  By: GZ on Venerdì 02 Aprile 2004 16:38

c'è sempre qualche motivo per lamentarsi di qualche cosa, ma il punto è che in un mercato toro le notizie positive sono viste con scetticismo

 

  By: panarea on Venerdì 02 Aprile 2004 15:07

cito dal suo post: "Se si va a guardare da dove arrivano i dividendi, si nota che non sempre vengono dal cash flow 2003."

Altro esempio di mercato toro - gz  

  By: GZ on Venerdì 02 Aprile 2004 13:53

Altro esempio di mercato toro. I dividendi delle azioni italiane maggiori non sono mai stati così elevati negli ultimi dieci anni e il titolo delle agenzie è : "...GENEROSA MA NON CONVINCE ..." Se leggi il pezzo però non c'è nessuna ragione specifica addotta, semplicemente il sentiment del mercato è pessimista a dispetto dei dividendi che salgono --------------------------------------------------------- CAMPAGNA DIVIDENDI: ANALISTI, E' GENEROSA MA NON CONVINCE (ASCA) - Roma, 1 apr - Piuttosto generosa la campagna dividendi di quest'anno: come fanno osservare gli analisti i rendimenti attesi sulla base dei dividendi gia' annunciati battono abbondantemente quelli dei Bot, e si situano tra il 2 ed il 3%. Ma non sono rari dividendi assai piu' interessanti, specie tra le utilities e nel comparto dell'energia, dove una cedola del 5% non e' una rarita'. Ma in un mercato ancora in lutto per la serie di default che ha falcidiato tanti risparmi, una bella campagna dividendi non pare sufficiente a dar fiato alla Borsa. ''Abbiamo notato una maggiore attenzione da parte delle societa' emittenti nel distribuire gli utili - spiega Patrizio Pazzaglia, responsabile gestioni di Insinger De Beaufort - anche come risposta alla crisi di fiducia che ha interessato il sistema. Cosi' adesso i rendimenti in Borsa battono abbondantemente quelli dei titoli di Stato, specie tra le azioni di risparmio''. Qualche esempio: le Telecom di risparmio, con un dividendo unitario di 0,1151 euro, rendono circa il 6%. Le Italcementi di risparmio, considerando il rividendo ordinario e quello straordinario, rendono il 5,3%. Ma nel settore delle utilities anche le ordinarie pagano bene: le Eni ord. rendono poco meno del 4,5% mentre le Snam Rete Gas rendono il 5,4%. Le Enel, grazie al dividendo ordinario piu' quello straordinario che deriva dal collocamento di Terna - rendono il 5,5%. Tim e Telecom, sempre ordinarie, rendono rispettivamente il 5,6% ed il 4,1%. Tuttavia il mercato, almeno finora, non ha particolarmente premiato questi titoli. Vero e' che, trattandosi di blue chips, ci vuole tempo perche' le attese impattino sui prezzi di Borsa, ma lo stesso si puo' dire anche per una serie di titoli meno importanti, che pure pagano ottimi dividendi. L'ufficio analisi della Eurco spa segnala le Milano Assicurazioni, che pagano una cedola di 0,22 euro per le risparmio e di 0,20 per le ordinarie, con rendimenti risparrivamente del 7% e del 6,2%. Rendimenti attorno al 4% per le Mondadori, per le Fondiaria risparmio e per le Sogefi. Ma come osserva Pazzaglia non sono queste le cose che fanno schizzare i titoli in Borsa: ''a differenza degli obbligazionisti, che cercano sopratutto la cedola alta, gli azionisti sono abituati a cercare il capital gain''. E come sanno tutti, il giorno dello stacco dividendo le quotazioni di Borsa scendono in modo esattamente proporzionale al dividendo pagato. Ma secondo Michele Cantafio, Banca CR Firenze, la mancanza di entusiasmo dei risparmiatori verso le belle cedole quest'anno ha anche un'altra origine. Se si va a guardare da dove arrivano i dividendi, si nota che non sempre vengono dal cash flow 2003. ''Di conseguenza - spiega Cantafio - molti si chiedono se questi dividendi saranno sostenibili in futuro, e nel caso di alcune banche la risposta e' negativa''. E' il caso di Capitalia, che ha annunciato un piccolo dividendo nonostante le note disavventure, forse cercando anche un'operazione di facciata, mentre per quanto riguarda Banca Intesa il dividendo previsto verra' attinto per gran parte dalle riserve.

 

  By: Moderatore on Venerdì 09 Gennaio 2004 11:42

Pirelli fornira' cavi a fibra ottica in Brasile (12/19/2003 3:41:03 PM) Pirelli Telecom Cables Brazil si è aggiudicata una serie di contratti per un valore complessivo di 15 milioni di euro per la fornitura di 2.000 km di cavi OPGW (Optical Ground Wire) e di servizi a un gruppo di aziende elettriche, nell’ambito di un insieme di progetti coordinati dall’agenzia brasiliana per l’energia ANEEL. Lo comunica Pirelli tramite una nota. ---------------------------------------------------------------------- Pirelli-Alcatel, parte collaborazione per reti Umts (11/27/2003 2:09:05 PM) Pirelli e Alcatel hanno annunciato oggi di aver siglato un accordo in base al quale Alcatel integrerà all’interno delle proprie stazioni radio base multi standard Evolium l’innovativa soluzione “Radio over Fiber” sviluppata da Pirelli Labs in collaborazione con Telecom Italia Lab, in grado di ridurre i costi e le emissioni elettromagnetiche delle reti mobili di terza generazione. In particolare, questa soluzione consentirà di abbassare significativamente gli oneri legati all’installazione e alla manutenzione dei siti presso i quali sono montate le antenne per la trasmissione dei segnali di telefonia mobile. Lo comunicano Pirelli e Alcatel tramite una nota congiunta. ---------------------------------------------------------------------- Consob: Il gruppo Pirelli ha il 51%, ma non controlla Olimpia (11/25/2003 8:22:59 AM) A due anni di distanza dall’ingresso di Pirelli in Olivetti e a 18 mesi dalla sentenza del Tar del Lazio che aveva evidenziato “vizi formali” nelle delibere adottate, la Consob è tornata ieri a esprimersi sul delicato argomento del consolidamento. La Commissione ha ribaltato il giudizio precedente: Tronchetti non deve consolidare Telecom. “Ora nessuno può governare da solo la società”. ---------------------------------------------------------------------- Pirelli: utile operativo di 197 mln (11/11/2003 5:50:34 PM) Nei primi nove mesi Pirelli ha riportato un utile operativo di 197 milioni di euro, in rialzo dell'88% grazie al buon andamento del settore pneumatici e immobiliare con il settore cavi che beneficia dei tagli dei costi. La perdita netta è stata di 33 milioni contro un risultato negativo per 262 milioni nello stesso periodo del 2002. Escludendo dai conti il contributo di Olimpia, Pirelli avrebbe riportato un utile netto di 32 milioni. ---------------------------------------------------------------------- Pirelli-Camfin: warrant negoziati sull'MTA dal 4/11 (10/31/2003 3:42:24 PM) Pirelli & C. spa e Camfin spa comunicano che Borsa Italiana spa ha disposto, a decorrere dal 4 novembre 2003, l’inizio delle negoziazioni sul Mercato Telematico Azionario dei “Warrant azioni ordinarie Pirelli & C. 2003-2006” e dei “Warrant azioni ordinarie Camfin 2003-2006”. I portatori dei warrant del primo tipo potranno sottoscrivere a partire dal 1 gennaio 2004 e fino al giugno 2006, fatti salvi i periodi di sospensione previsti dal relativo regolamento, azioni ordinarie Pirelli & C. ad un prezzo di 0,52 euro, pari al valore nominale, nel rapporto di una azione ordinaria ogni quattro warrant presentati per l’esercizio, mentre i portatori dei warrant del secondo tipo potranno sottoscrivere a partire dal 1 gennaio 2004 e fino al giugno 2006, fatti salvi i periodi di sospensione previsti dal relativo regolamento, azioni ordinarie Camfin ad un prezzo di 1,50 euro, di cui 0,98 euro a titolo di sovrapprezzo, nel rapporto di una azione ordinaria ogni quattro warrant presentati per l’esercizio. ---------------------------------------------------------------------- A Pirelli e Nexans contratto in Tunisia da 100 mln (10/24/2003 4:48:12 PM) Il consorzio formato da Pirelli Cavi e Sistemi Energia e Nexans si è aggiudicato un contratto del valore di 100 milioni di euro per la fornitura e l’installazione “chiavi in mano”, per conto dell’Ente nazionale per l’energia STEG – Société Tunisienne de l’Electricité et du Gaz, di cavi di trasmissione di energia elettrica sotterranei e relativi accessori ad alta tensione per il potenziamento e l’ampliamento della rete di trasmissione elettrica tunisina. Lo comunicano tramite una nota congiunta Pirelli e Nexans. ----------------------------------------------------------------------

 

  By: Moderatore on Domenica 05 Ottobre 2003 21:11

Dietrofront di Olimpia. Tronchetti prende tempo sulla ricapitalizzazione MILANO. Olimpia cambia idea. E accantona, almeno per il momento, il progetto di ricapitalizzazione. Anche alla luce dell’andamento delle ultime sedute di Borsa, Marco Tronchetti Provera, che attraverso Pirelli è l’azionista di maggioranza della holding, avrebbe infatti deciso di rimandare a data da destinarsi l’aumento di capitale. Nell’ultima settimana la prospettiva dell’aumento aveva fatto scattare un’ondata di realizzi non solo su Pirelli & C, ma anche sui titoli di Telecom Italia. Sicchè i soci, di comune accordo, hanno deciso di fare dietrofront. Il 50,4% di Olimpia è in mano a Pirelli, Benetton possiede il 16,8%, la Hopa di Emilio Gnutti il 16% e Unicredito e Banca Intesa l’8,4% ciascuna. La finanziaria ha in portafoglio 1,428 miliardi di azioni Telecom (l’11,5% del capitale) che - a valori di mercato - significano 3,1 miliardi di asset. Olimpia però ha anche 3,1 miliardi di debiti. Tuttavia per Pirelli l’obbligo di reintegrare le garanzie bancarie scatterebbe solo nel caso in cui le azioni Telecom Italia scendessero sotto quota 1,5 euro, un valore del 30% in meno rispetto alle attuali quotazioni (2,17 euro). Ma il problema di riaggiustare l’equilibrio finanziario si presenterà comunque a fine 2004, quando Olimpia si troverà a pagare i soliti 170 milioni di interessi sul debito e ne riceverà 135 sotto forma di dividendo Telecom. Visto che con il prossimo anno verrà abolito il beneficio del credito d’imposta (che per la finanziaria si tradurrà in una minus di circa 50 milioni), Olimpia non riuscirà perciò a raggiungere il pareggio. Fatalmente, nei prossimi 12 mesi Olimpia dovrà scegliere tra due strade: abbassare l’indebitamento di 600 milioni e quindi ridurre l’esborso a circa 137 milioni di interessi l’anno, oppure aumentare il capitale acquistando o conferendo nella holding un altro 3,5% di Telecom (un investimento di circa 850 milioni per riscuotere 35 milioni di dividendi in più). Ma è probabile che alla fine Tronchetti Provera opterà per una soluzione di compromesso tra un aumento di capitale cash e un conferimento di nuove azioni. Tuttavia, visto che al momento Olimpia non ha particolari pressioni, il numero uno di Pirelli ha preferito prendere tempo per individuare la migliore delle soluzioni. da Finanza&Mercati del 04-10-2003

 

  By: Aleff on Mercoledì 18 Giugno 2003 12:34

Eccoci, che forse alla fine ci siamo arrivati ! E poi qui la si conituna a chiamare Borsa valori ! da affari italiani: Tim Continua a fare fatica in borsa, nonostante sia una gallina dalle uova d'oro. Se non fosse che Tronchetti si è indebitato fino al collo, non sarebbe tanto remota l'idea di fare un'opa anche sul gruppo di telefonia mobile, approfittando sia di valutazioni a sconto, sia del costo del denaro bassissimo. Con un cash annuo di circa 3 miliardi di euro, l'investimento si ripagherebbe da solo entro 36 mesi. Da quel momento, Tim andrebbe a ripagare anche il debito ingente di Oli-Telecom.

 

  By: Moderatore on Martedì 10 Giugno 2003 15:32

--------- da Finanza&Mercati del 10-06-2003 ------------- MILANO. Brusco scivolone per le azioni di Pirelli & C, che nel giorno della partenza della maxi ricapitalizzazione hanno perso l’8,62% a 0,66 euro. Da ieri fino a giovedì 19 giugno, gli azionisti della Pirellina potranno infatti aderire all’aumento da 1 miliardo finalizzato alla fusione con la spa (ieri in calo dell’1,66% a 0,86 euro). A causa degli arbitraggi, ieri il valore del titolo si è avvicinato a quello del concambio fissato con la società degli pneumatici (0,75 Pirelli & C per ogni Pirellona). Con l’aumento di capitale, ogni azionista di Pirelli & C potrà ricevere 3 titoli al nominale di 0,52 euro più un warrant gratuito (il cui valore ieri ammontava a 0,11 euro): il prezzo teorico di una nuova azione di Pirellina sarebbe dunque di 0,58 euro, che esprime un concambio di 0,67 . Lo stesso discorso vale per Pirelli & C rnc, che sono oggetto d’aumento e legate al concambio con Pirelli rnc. Tuttavia le risparmio di Pirellina sono poco liquide e così, dopo essere state sospese per eccesso di rialzo in apertura, hanno chiuso in calo del 2,97% a 0,60 euro. Chi è passata indenne dai calcoli legati all’aumento da 160 milioni (anche perché non correlata al prezzo di altri titoli) è l’azionista di riferimento Camfin, in salita dello 0,62% a 2,04 euro. A partire da ieri agli azionisti della società del gasolio bianco vengono offerti 11 nuovi titoli (più relativi warrant) ogni 10 posseduti al prezzo di 1,50 euro. In realtà il movimento al rialzo di Camfin, nonostante la già citata impermeabilità all’aumento, contrasta con l’andamento delle controllate quotate che rappresentano il 95% del suo Nav.

Ogni paese ha le sue regole - panarea  

  By: panarea on Sabato 31 Maggio 2003 11:49

Ho chiesto la stessa cosa ad un mio prof all'università e lui mi rispose: "il problema è mal posto: negli usa un ceo e qualunque dirigente sopra un certo livello guadagnano tra stipendio, benefit, e stock option molto di più che in italia. Basta confrontare i bilanci. Però l'ambiente è competitivo meritrocatico e porta valore agli azionisti. Ora in italia si preferisce un corporate governace più dolce (eufemismo) meno arrivista (in realtà paludosa e famigliare) ma si pagano anche meno i ceo e C. Praticamente si preferisce una company privata e casalinga ad un plc trainata da arrivisti sventurati. Si preferisce insomma chi tiene famiglia ad un gruppetto di lupi solitari". In parte è vero però i soldi persi da gli azionisti di minoranza nei casi citati sono molto di più che quegli "risparmiati" in meno stipendi al CdA. Per me siamo alle solite: la pizza è meglio a Napoli che a Ny, la borsa è + efficiente a NY che a Milano. A Milano si dice che Singer, il capoccia del fondo rompipalle Liverpool, è soltanto uno sprovveduto figlio di papa (che ha fondato il fondo e ha messo il pargolo non ancora trentenne in bottega) che sta producendo ottimi risultati soltanto per gli avvocati di diritto societario meneghini, che ha perso tutte le cause e le azioni intentate finora, dando un pessimo servizio ai suoi azionisti/sottoscrittori. Solo i fondi esteri più ingenui si fanno prendere nelle trappolone preparete per il parco buoi, gli altri sanno e negoziano. Esempi. scambio Zignago vs. Marzotto. i fondi italiani si arrabbiano perchè la mossa di parte della famiglia non è stata "concordata" con il sistema finanziario milanese. Cazziati, il conte Pietro costretto a chiedere scusa pubblicamente e fare marcia indietro. OPA autostrade: i fondi italiani pensano che 9.5 sia poco, accontentati. Caso inverso: OPA COlannino su Telecom. I fondi, quasi tutti esteri, detengono la maggioranza visto che il nocciolino molle capitanato dagli Agnelli ha pochi voti. Tutti pensano che sia i primi che i torinesi siano supersostenitori di Bernabè. In realtà mega accordo sottobanco agnelli e i fondi esteri si vendono per due lire cash e fanno passare la razza padana in barba a tutto la corporate governance e alla trasparenza americana. Ultimo esempio: nessun fondo italiano ha mai creduto che la Consob potesse mettere in discussione l'accordo Sai-Fondiaria e quindi non credevano neanche morti ad un opa o balle simili. Quindi non ci sono cascati. La morale è questa: la borsa italiana è poco efficiente, non premia gli azionisti e crea poco valore per loro. Si sa, rispecchia un paese non meritocratico e molto fangoso. La borsa americana al contrario è efficienza e creazione di valore. Premesso questo se un soggetto, singolo o fondo, decide, LIBERAMENTE, di operare in italia deve sapere le regole del gioco. E, all'interno della borsa italina, come RISULTATI COME PERFORMANCE Singer di Liverpool e gli altri hanno fatto veramente poco, dimostrando di non capire i meccanismi e le regole. i fondi italiani pur nei mille conflitti di interesse, generalmente, cadono invece meno nelle trappole. Insomma l'italia è questa, se a Singer non va bene, non ci operi.

Solo gli stranieri combattono per l'azionista - gz  

  By: GZ on Venerdì 30 Maggio 2003 16:13

Secondo i commentatori inglesi su Edison e su Olivetti-Telecom, su Ifil e su SAI-Fondiaria gli azionisti di minoranza sono stati vittime di abusi. Secondo i fondi e i commentatori italiani, mah.. chissà.... abbiamo altro a cui pensare. Ci sono ora: i) cause legali ora intentate da UBS, che ha il 70% delle ^Edison#^ risparmio e ha chiesto 150 milioni di euro di danni , ii) i fondi esteri ABP, DWS, Fidelity, Morley, Schroder Investment Management e TIAA-Cref che assieme al famoso fondo rompi-scatole Liverpool hanno scritto la lettera aperta contro la fusione ^Olivetti#^-^Telecom#^ e attaccato Tronchetti Provera all'assemblea degli azionisti la settimana scorsa. E cercano in tribunale di avere un ingiunzione per conflitto di interessi contro Tronchetti dopo averne appena perso una. iii) C'è K-Capital che ha piantato un altra grana contro ^IFI#^-Ifil per il prezzo alto che il gruppo Agnelli ha fatto pagare a IFIL nel trsferirgli il grosso di Ifi un mese e mezzo fa. iv) ci sono SAI e ^Fondiaria#^ che a fine 2002 con SAI e i suoi alleati, incluso Mediobanca avevano oltre il 30% di Fondiaria e volevano aggirare la legge italiana che sopra il 30% impone l'OPA sul 100% del capitale a beneficio di tutti gli azionisti. E a SAI e alleati è stato consentito che votassero tutti assieme per imporre la fusione con la SAI della famiglia Ligresti senza fare nessuna OPA su Fondiaria. Che infatti era crollata in borsa. Dopo qualche mese anche l'Anti-Trust si è accordo che erano tutti d'accordo e il solito fondo Liverpool hanno vinto in tribunale una sentenza che diceva che erano stati danneggiati. Allora hanno fatto causa alla Consob (che aveva fatto finta di niente) per danni e non li hanno avuti. Ora questi fondi esteri fanno causa a SAI e soci. In tutti questi casi chi solleva la grana e combatte in tribunale e in assemblea sono solo i fondi anglo-sassoni. Di fondi e banche italiane ne vedi pochi. Il motivo per cui la borsa in Italia in media NON è stato un investimento che ha fatto guadagnare è, in parte, che le istituzioni italiane come Consob e tribunali non funzionano e che i fondi comuni e le banche italiane che hanno in mano azioni tirano a campare. Come investimento, per l'investitore medio, mettere il grosso dei propri sudati quattrini in prevalenza in azioni italiane è patriottico, ma non ha senso logico. Investite in modo GLOBALE, il mondo è grande, investite all'ESTERO. (ovvio che se uno invece riceve tramite amici e clienti soffiate su titoli italiani o è abile nella speculazione rapida può sgamarla anche a piazza affari) ------------------------------------------------------------------- Author: Hugo Dixon and Camilla Palladino Italy's minority shareholders get raw deals The outpouring of rage by minority investors in Telecom Italia has grabbed most of the headlines. Shareholders are complaining that the terms of the proposed merger between TI and Olivetti short-changes them. But this is not the only case. Dissident shareholders in Edison, the electricity group, are suing the company for damages following a merger with Italenergia last year. And an angry shareholder is on the point of suing the Agnellis for their rough treatment of minority investors in a shuffle of assets between two of their holding companies. The opposition to such abuse is mounting. Hedge funds - such as Liverpool, K Capital and arbitrageurs from UBS - are in the vanguard. But big long-only funds have also been spurred into action. ABP, DWS, Fidelity, Morley, Schroder Investment Management and TIAA-Cref are among the institutions that have put their names to an open letter complaining about the TI/Olivetti merger and urging other shareholders to defend their rights. But there is a big absence in the opposition. Local Italian investors are notable for their silence. Not a single one put its name to the TI open letter. Why? The main theory is that Italy is such a cosy club - with a web of financial and social connections between the big financial and industrial firms - that nobody wants to rock the boat by complaining in public. Meanwhile, a big part of the reason why Italy is such a fertile ground for abuse is that so many Italian companies are ruled by dynasties - such as the Agnellis, the Benettons and the Pirellis. One consequence is that many notionally public companies still have the feel of private fiefdoms. Another stems from the fact that these families typically try to control as big an empire as possible with the minimum amount of capital - a system dubbed "capitalism without capital". Italian controlling shareholders are pushed to find creative ways to maintain their grip. Add in the fact that other shareholders have historically been half-hearted about exercising their votes and that regulators and courts lack bite - and the outlook for shareholder activism doesn't look terribly good. Minority abuse comes in many different forms. But four main themes stand out: holding company mergers, intra-group asset sales, concert parties and unfair treatment of savings shareholders. Chinese box magic Heavily indebted holding companies are one of the mechanisms used by Italian dynasties to control vast empires with small amounts of equity. Often there are a series of such "Chinese boxes" - one on top of another. But what happens when the debt in the holding company gets too much to bear? You just merge the holding company with the industrial group that it controls in order to get access to the subsidiary's healthy cash flows. The snag is that the merger ends up diluting the controlling shareholders. Hence, there is a huge temptation to try to fix the terms of the deal in such a way that the controlling shareholders don't lose too much control. And because the controlling shareholders control both companies, they are in a good position to set the terms in a way that favours their own interests. This is precisely the complaint with TI/Olivetti. Marco Tronchetti Provera, the Pirelli boss, controls both companies. At the time the deal was announced in March, breakingviews estimated the value transfer at E2.9bn. Since then, share prices have rebounded making the deal less bad for TI minority shareholders. On Friday, the value transfer had shrunk to about E200m on BV's calculations. But TI/Olivetti isn't the only example of this type of scheme. Edison's merger last year with Italenergia, its leveraged holding company, was in many ways a precursor. In this case, the Agnelli family and its allies were calling the shots. Again, the plan was to gain access to a real company's cash flows to service a box company's debt. But if the Agnellis had merged the holding company with Edison using the power group's slumped E6.8bn market capitalisation at the time, they would have been massively diluted. They would have ended up giving away 48% of the assets lovingly assembled to Edison's minority investors. The answer to the conundrum? The Agnellis simply nudged up the value of the underlying asset - on the grounds that Edison was undervalued by the stock market. Accordingly, the merger terms meant that minority shareholders only got 18% of the merged company. At the time, BV estimated the damage to minority shareholders at E360m. Adding insult to injury, Edison then raised capital at a price much lower than the Agnellis had used to justify the merger terms. Edison's minority shareholders screamed blue murder. But the merger still went ahead. Even so, the battle isn't finished. UBS, which owns 70% of Edison's savings shares, is suing for E150m in damages. Other shareholders are launching a class action too. The asset shuffle Another type of potential abuse is selling assets from one controlled company to another. The pitfalls are clear, as the same party is on both sides of the transaction. This is the heart of the debate over IFI, one of the holding companies through which the Agnelli family controls Fiat. It recently sold its stake in the ailing conglomerate to IFIL, another Agnelli-controlled holding company. K-Capital, a Boston-based hedge fund which owns a large minority stake in IFIL, is launching an action on the basis of conflict of interest. The hedge fund argues that IFIL's risk profile will be significantly altered when it owns 30% of Fiat's capital. K-Capital also reckons the price is unfair. The E1bn that IFIL is paying its parent may be the average six-month trading price. But owing to Fiat's inexorable slide, that still represented a premium on market prices when the deal was announced. Moreover, Fiat was downgraded to junk the day following this announcement, and its shares lost up to 20% of their value. The question is: would IFIL have agreed to the deal had it not been controlled by IFI? Recounting the votes and eliminating those cast by IFI suggests the answer is no. According to K Capital, only 56% of the shareholders present - excluding IFI - voted for the transaction, whereas it takes 67% to ram this sort of transaction through. A similar sort of egregious asset transfer almost occurred in an earlier battle over Telecom Italia in 1999. At the time, the group was controlled by Roberto Colaninno, via a shell company called Tecnost. He tried to transfer Telecom Italia Mobile, TI's cash-generative mobile subsidiary, to Tecnost. The terms of the transaction were at the time described by one of the authors of this article as "daylight robbery". After vociferous opposition, the transaction was dropped. Dis-Concert Parties Unsurprisingly, controlling a company is very valuable in Italy. However, there's a pitfall. Italian law says that should an investor build up a stake larger than 30% - the watermark for control - it has to make a mandatory takeover offer to the rest of the shareholders. Worse, the price for such an offer is fixed as the average between the six-month trading price and the highest price paid for shares in the controlling stake. For stakeholders carrying out private sweetheart deals, that can get very expensive. So the name of the game is trying to get round the takeover laws. Take the insurance bunfight between SAI and Fondiaria last year. SAI and its allies, including Mediobanca, between them owned over 30% of Fondiaria. The agreement between SAI and the white knights it had got to take the shares off it were pretty blatant, down to put and call options allowing SAI to repossess the shares. And Mediobanca, the Milanese investment bank that sits at the centre of many Italian webs, had masterminded the whole operation. Even so, SAI and allies were allowed to vote their Fondiaria shares to push through a merger unfavourable to Fondiaria shareholders. Consob, the Italian stock market regulator, didn't find any evidence of a concert party. Shortly afterwards, the Italian antitrust authorities seized information which backed up the claim that there was a concert party. Minority shareholders, led by Liverpool, won a court case where Consob had to admit that its lenient judgement on the concert party had been wrong. The snag is that by that time the egg was so scrambled that it was couldn't be unscrambled. Shareholders sued Consob for damages. But that failed. Now they are thinking of suing Mediobanca, SAI and their allies. No savings' grace Savings shareholders are often on the receiving of raw treatment in Italy. Ordinary minority shareholders at least get a vote. Savings shareholders don't get a vote at all. - except in certain exceptional circumstances. But occasionally, they do manage to defend their interests. Take Banco di Napoli - where two years ago the savers were left hanging after an offer was made only for the ordinary shares by SanPaolo IMI. But the Banco di Napoli savers were so noisy that SanPaolo eventually bought them out. Savers have also figured large in most of the skirmishes over TI in recent years. They kicked up a fuss at the time of the Tecnost plan (see above). They also complained loudly when Colaninno tried to get them to pay a fat premium in order to get enfranchised. That scheme collapsed after a share price trigger that was part of the plan was never hit. The TI savers are on the warpath again - in opposing Tronchetti's scheme. They have called their own meeting to object to the deal in June. But it is unclear yet whether they will get anywhere. Toothless watchdog Minority shareholders - especially foreigners - may have become much more active in seeking to protect their rights. And they have had some successes. But compared to shareholders in other countries, they are fighting an uphill battle. The lack of support from local investors is a big handicap. Quite apart from the fact that it reduces their voting strength, it means that the foreign investors' opposition can too easily be branded as the work of hedge funds and arbitrageurs. That matters in the public relations battle. So long as Italian industrialists think that their home base is solid, they won't be too bothered. That is not to say that complaining has no impact. One of the most effective forms of action has been to boycott the investment banks that bless these transactions. Many investors funds threatened to stop trading with Goldman Sachs because it has produced a fairness opinion on the TI/Olivetti merger. Goldman was deeply shocked by the opposition, according to people familiar with the situation. In earlier TI fights, investors threatened boycotts of Lehman Brothers, the group's adviser at the time. Appealing to the referee also doesn't seem to get very far. Consob doesn't have very strong investigative and enforcement powers - and it doesn't seem inclined to use those powers that it does possess aggressively. It is like a toothless watchdog that doesn't even like barking. Not surprisingly, shareholders have been driven to look to other regulators for redress. In the SAI/Fondiaria case, they got much more out of the anti-trust authorities. With TI/Olivetti, the dissidents argued that Olivetti should have been forced to make a proper takeover of TI rather than a merger on the grounds that Olimpia, yet another Chinese box, owned more than 30% of Olivetti. Consob has rejected that argument. The dissidents now seem to be placing more hope in the US SEC for some help by focussing on the specific position of savings shareholders in the US. It remains to be seen if the SEC picks up the issue. Taking action in the courts also doesn't get very far - or, at least, not very fast. The Italian courts have also rejected the TI shareholders' call for an injunction to stop Olivetti voting its controlling stake in favour of the merger. The courts are prepared to consider issues of conflict of interest - but only after the event rather than in a preemptive manner. The TI/Olivetti and IFI/IFIL mergers may yet be challenged in court on these grounds. But if there is any redress, it may take a long time. And, by then, most observers will have forgotten what the whole fuss was about.

 

  By: pomponazzi on Giovedì 08 Maggio 2003 20:27

pirofilamente grazie.

Olivetti a 1 euro ha diritto di recesso - PIROPIRO  

  By: PIROPIRO on Giovedì 08 Maggio 2003 19:29

Io non sarò troppo bravo con l'analisi tecnica o con l'inglese, ma quello che ho affermato nei precedenti post si è in pieno verificato. IL DIRITTO DI RECESSO PER LE AZ. PIRELLI & C ORD. è stato fissato a 1,264, il diritto di recesso per le az. PIRELLI & C RISP. è stato fissato a 1,184, entrambi con pagamento 6 giugno 2003. Come operazione alternativa ai pronti contro termine ha reso decisamente bene. Ora seguo le Olivetti, che a 1 euro circa hanno il diritto di recesso. E' un modo per scommettere sui telefonici, con uno stop loss a scadenza un mese molto stretto (al massimo perdi l'1%). RIBADISCO PERO' IL CONCETTO: SONO OPERAZIONI CHE CONSENTONO PLUSVALENZE, SENZA RISCHIARE TROPPO, NON SONO QUINDI PURE SPECULAZIONI.

 

  By: Moderatore on Venerdì 25 Aprile 2003 23:35

CSFB sees Pirelli 1Q sales -9% at EUR1.53B when it reports May 5, and trims EBIT forecasts for 03, 04 by around 10% for both years. Says: "Our (EBIT) estimates reflect a still sluggish energy cable market and a weaker USD." Keeps at neutral and target unchanged. Pirelli -1.1% at EUR0.84