Cirio pagava il 9% invece del 15%

 

  By: panarea on Lunedì 11 Novembre 2002 13:42

Purtroppo il secondario italiano è una specie di truffa legalizzata. Il Sole ne parla da giorni: emissioni senza rating ufficiali, con valutazioni espresse dalle banche collocatrici in pieno conflitto di interessi. --------------------------- Le banche sono aziende a fini di lucro e non caritatevoli. Percui i risparmiatori sono sempre clienti su cui fare i soldi con la moderazione di non tirare troppo la corda perchè altrimenti questi cambiano e vanno da altri. Cioè la medesima "mission" del mio salumiere: guadagnare facendomi rimanere cliente. Davvero non capisco il concetto di conflitto di interessi nel sistema finanziario: si critica che un analista lavori per una banca che è anche collocatrice? Si critica che una banca venda azioni e bonds di una società a cui ha prestato soldi? Non capisco: siamo sempre nella relazione cliente/fornitore. L'analista ti ha fatto pagare la prestazione=consiglio? E poi era una bufala?Cambialo, così come il salumiere. La banca ti ha venduto un bond Cirio per spostare su di te il rischio di credito e lucra sullo spread e te sei rimasto con il cerino?Cambia banca. Ma sono tutte uguali? Come i salumieri, più o meno uguali. Se però l'analista ti ha dato un consiglio gratis e te lo hai seguito, beh, fatti tuoi, a caval donato non si guarda in bocca.

 

  By: panarea on Lunedì 11 Novembre 2002 13:28

Se una banca ha venduto dei bond Cirio ai clienti nonostante l'assenza di rating e un rendimento non sufficiente rispetto al rischio di default, non è un reato penale e la magistratura non serve. Rientra nella piena logica bancaria della forbice dei tassi: in questo caso spostato all'insù ossia prendevano 15% da Cirio e pagavano 8% i clienti, lucrando sulla differenza. Se i signori clienti che hanno firmato l'acquisto/sottoscrizione Cirio erano liberi nella loro scelte e pienamente capaci di intendere e volere, hanno soltanto fatto un pessimo acquisto. La questione non è materia di Fazio o altri, sono le medisime banche che dovranno ricostruirsi una relazione di fiducia con i clienti delusi. Altro è il discorso del managment Cirio rispetto alla tutela di azionisti di min., obbligazionisti e ottemperamento delle norme di diritto commerciale e tributario. Qui , se c'è del marcio, è bene che si intervenga. Dei presunti gestori che "sulla fiducia" amministrano ingenti patrimoni e poi vanno a gamba all'aria vale quanto prima: al meno di palesi irregolarità penali, se uno, ripeto liberamente, dà i soldi e segue i consigli di uno, sono fatti suoi. Io quando sto veramente male vado all'ospedale, un posto professionale e + o - controllato, se un altro preferisce affidarsi a medici ciarlatani, fatti suoi. A titolo di nota, ricordo qui che la cassa dei notai,anch'essa amministrata "alla bona", ha investito ingenti somme del proprio portafoglio su Cirio bonds, in barba non soltanto alla prudenza su questa società, ma anche al principio di differenziazione del rischio che qualunque investitore professionale avrebbe adottato. che dire? fatti loro

 

  By: fthome on Lunedì 11 Novembre 2002 12:13

più a nord un'altra storia molto educativa. responsabile (stimatissimo e con fama di genio del rendimento) di ufficio titoli che dalla banca pare abbia fatto un buchetto di 15-16 mln di € "gestendo in proprio" (è un eufemismo, o forse un neologismo, vedremo) i portafogli dei clienti della banca. dai giornali pare, ripeto pare, che alcuni clienti affidassero capitali senza chiedere ricevute di deposito.... sempre sui giornali si legge che pare che i resconti di portafogli erano dallo stesso prodotti diciamo così artigianalmente... per me comunque è difficile attendersi - in questo campo - di essere protetti più di tanto dalle regole, almeno, lo trovo molto molto duro, quasi peggio della riforma della giustizia...

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 11 Novembre 2002 11:49

Non fa una piega, Zibordi. Purtroppo il secondario italiano è una specie di truffa legalizzata. Il Sole ne parla da giorni: emissioni senza rating ufficiali, con valutazioni espresse dalle banche collocatrici in pieno conflitto di interessi. Sorge il sospetto che i bonds vengano collocati per coprire sofferenze nascoste nei conti degli istituti di credito, con il rischio totalmente a carico dei risparmiatori. La magistratura latita, purtroppo. Le autorità di vigilanza pure, visto che quel mercato non rientra nel loro controllo. Resterebbe Fazio ma è troppo impegnato a capire perchè il "miracolo italiano" che preconizzava un anno e mezzo fa ancora non si è materializzato. Speriamo lo nominino al più presto Presidente della Repubblica o capo del Governo. Forse il suo successore saprà fare meglio: diciamo dare almeno una sbirciatina a cosa succede nelle banche italiane. P.S.: pare che ci sia a Milano un agente di cambio con un bel buco da 100 vecchi miliardi per operazioni sui derivati. Tutto molto sotto silenzio per ora. Modificato da - luigi luccarini on 11/11/2002 10:52:5

Cirio pagava il 9% invece del 15% - gz  

  By: GZ on Sabato 09 Novembre 2002 23:50

Cirio non l'ho mai seguita. Ma di Cragnotti mi ha colpito anni fa aver parlato al telefono con un italiano che era socio fondatore dell'Hanseatic Fund, un hedge fund a Santa Fe nel New Mexico. Mi spiegò che aveva creato un hedge fund anni prima per Cragnotti che stava andando molto bene, ma dopo che il patron Cragnotti fu condannato per (mi sembra) insider trading e altre violazioni delle leggi di borsa in Canada (in modo indipendente dal fondo) tutti gli investitori che erano nordamericani lo avevano abbandonato. Per cui questo signore aveva dovuto ricominciare da zero non esattamente ringraziando Cragnotti. Ora che c'è il crac i giornali italiani dicono, ma solo en passant "... e poi anni fa Cragnotti era stato condannato per insider trading all'estero... come mai la Consob non ha dato seguito anche da noi.." Ma più uno legge più sembra incredibile tutto, dall'inizio alla fine. I BONDS DI CIRIO PAGAVANO IL 9% ai risparmiatori italiani a cui le banche li avevano venduti. E nessun fondo o istituzione li aveva toccati, erano finiti solo nelle mani del pubblico ! Una società con debiti pari a DUE VOLTE i mezzi propri come Cirio pagava il 9% quando Fiat paga nelle emissioni di bond peggiori il 13% e se uno fa un giro delle società in dificoltà il 12 o 13% è la norma per situazioni con debiti uguali ai mezzi propri. Cirio avrebbe dovuto pagare il 13-15% se fosse stata nel circuito internazionale. Ma non essendo seguita da nessuna agenzia di rating le banche ne approfittavano per vendere le sue obbligazioni con rendimenti del 9% e rotti. MA LE VENDEVANO SOLO E ESCLUSIVAMENTE AL PUBBLICO, nessuna banca o fondo o istituzione li voleva toccare. E per finire sul Corriere qui sotto un pezzo sull'uso di Cragnotti delle società del gruppo che dovrebbe spingere il giorno dopo la procura di roma o qualunque altra città con giurisdizione a aprire quattro inchieste Scatole cinesi di società offshore che compaiono e scompaiono per controllare una società quotata in borsa, commissioni pagate a Cragnotti per transazioni interne al gruppo... Sembrano un flash di Sindona & Calvi ------------------------- Anarca, i prestiti incrociati e la pista delle Antille Olandesi ------------------------------ Vittorio Malagutti -- corriere ---- Quei passaggi tra Italia e Brasile del controllo della Cirio e lo sbarco in Borsa del club calcistico C'era una volta l'Anarca. Un nome che nel mondo della finanza non suona granché promettente, per effetto di quella singolare assonanza con l'anarchia. Eppure, stando alle ultime comunicazioni ufficiali, proprio questa sarebbe la società capogruppo della galassia di Sergio Cragnotti. L'Anarca, probabilmente una semplice casella postale, ha sede in un posto esotico, ma molto conveniente sul piano fiscale: le Antille Olandesi, per la precisione a Curacao, paradiso degli affari offshore. Proprio da lì, da quelle isolette caraibiche, parte una lunga catena di società. Una catena che porta, qualche piano più in basso, fino alla Cirio, ovvero il gruppo alimentare quotato in Borsa che ora è al centro di una vera tempesta finanziaria. Prima dell'Anarca, lo stesso ruolo era svolto dalla Abberley, questa volta con base nelle isole del Canale. Ma l'anno scorso Cragnotti l'ha messa in liquidazione. Chissà, forse anche all'Anarca è già toccato lo stesso destino. E adesso in cima alla catena, ci potrebbe essere un'altra holding dal nome esotico. Comunque sia andata, un fatto è certo: per cercare di comprendere la natura dei guai del patron della Lazio bisogna percorrere a ritroso il percorso che dalla Cirio conduce fino alle holding che direttamente e indirettamente esercitano il controllo sul gruppo romano. La matassa è intricata e conviene partire da un numero, che compare nell'ultima relazione semestrale della Cirio, chiusa al 30 giugno scorso. Nella relazione sulla gestione si precisa che il gruppo alimentare vanta crediti verso società controllanti o consociate per un totale di 518 milioni di euro, pari a circa 1.000 miliardi di vecchie lire. Oltre 150 milioni di euro sono finiti in cassa alla Cragnotti & partners capital investment, una finanziaria olandese controllata indirettamente dal finanziere romano. Proprio come la Cragnotti & partners overseas delle isole Vergini, a cui il gruppo Cirio, attraverso la controllata brasiliana Bombril, ha prestato 351 milioni di euro. In altre parole importanti risorse finanziarie di una società quotata in Borsa sono affluite verso alcune holding che fanno capo all'azionista di maggioranza della società creditrice. La situazione appare a dir poco anomala. Sia per l'entità della somme in gioco sia perché la Cirio, come dimostra la vicenda di questi giorni, avrebbe disperato bisogno di denaro fresco per pagare i propri debiti. La Consob, che da tempo marca stretto il finanziere, in un paio di occasioni a partire dal 2001 ha chiesto chiarimenti al diretto interessato. Nonostante l'intervento della Commissione il problema però resta. E rimane aperto l'interrogativo più importante. A che scopo Cragnotti si è fatto prestare tutto quel denaro? E, se necessario, in che tempi quei crediti potranno essere rimborsati? Assediato dai creditori, stretto in un angolo dalle banche, il patron della Lazio spera ancora di smarcarsi grazie all'ennesimo dribbling finanziario. Forse ce la farà, ma intanto sembra intrappolato in una ragnatela di pegni, prestiti incrociati, contratti anomali tra le società della sua stessa galassia. A leggere i bilanci si fanno scoperte a dir poco sorprendenti. Si comincia tra il 1998 e il 1999 quando la Cirio fece un paio di volte la spola con il Brasile. Prima passò sotto il controllo della brasiliana Bombril, che poi si vide sfilare la partecipazione, affidata alla holding Cragnotti & partner olandese. Questo ping pong generò plusvalenze che puntellarono il conto economico delle società interessate, ma anche debiti e crediti tra le varie società coinvolte nel doppio scambio. Stessa musica per la Lazio, che fino al 1997 era proprietà diretta di Cragnotti. In quell'anno, prima dello sbarco in Borsa, il controllo passò alla Cirio. E quest'ultima si è via via sfilata, fino a scendere a una partecipazione del 35%. Il resto è finito in un'altra holding di Cragnotti. La ragnatela continua. E dalle operazioni per decine e decine di milioni di euro, come quelle appena descritte, si passa ad affari meno eclatanti ma piuttosto sorprendenti. Si scopre per esempio che la Lazio avrebbe comprato non meglio specificate opere d'arte per arredare la sede di Formello. Prezzo: oltre 6 miliardi di vecchie lire, poco più di tre milioni di euro. E chi ha venduto questi arredi? Risposta: il gruppo Cirio. Non solo. La Cirio ha concluso nel 2001 con la squadra romana un contratto di consulenza, che costa circa un miliardo di lire l'anno. Senza contare che per l'iscrizione della Lazio al campionato di calcio, la stessa Cirio, ora sull'orlo dell'insolvenza, ha dovuto girare alla società biancoceleste circa 32 milioni di euro (60 miliardi di vecchie lire), che si aggiungono a un altro prestito di 19 milioni di euro (36,7 miliardi di vecchie lire). Dalla documentazione ufficiale emerge anche che Cragnotti avrebbe fornito alla squadra fideiussioni personali per oltre 160 milioni di euro, circa 310 miliardi di lire. Si tratta di garanzie per i debiti della Lazio nei confronti di società di factoring come Faber factor e Mediofactoring, e anche della Lega calcio. Il patron biancoceleste però non si è mosso per amore della squadra allenata da Mancini. Infatti in cambio di queste fideiussioni si è fatto pagare l’anno scorso delle commissioni. Valore: 1,5 miliardi di lire (circa 800 mila euro). Edited by - gz on 11/9/2002 23:1:55