By: kaiser soze on Martedì 25 Febbraio 2003 21:43
---------------------- IDA MAGLI (la maggiore antropologa italiana )-----------------------
Scontro di civiltà
Sentendo i commenti che vengono fatti riguardo all'attacco all'America, ci si rende conto che, malgrado qualche avvertimento sulla necessità di riflettere sul mondo islamico, le interpretazioni sono del tutto inadeguate. Il motivo di questa inadeguatezza nasce in pratica da un solo fattore: il rifiuto dell'Occidente di capire che il proprio modo di vivere, i propri costumi, i propri valori, non soltanto non sono giusti in assoluto, ma non possono essere assunti da altri popoli.
I nostri politici, sia in Europa che in America, annegano da anni in un mare di retorica sulla "pace", sull'"uguaglianza", sui "diritti dell'Uomo", con la convinzione che nessun popolo e nessun individuo possa non essere d'accordo; ma si tratta di una convinzione priva di realtà e comunque dettata, anche se in buona fede, dall'indiscusso primato dell'Occidente. A nulla è servito tutto il sapere degli antropologi, accumulato in secoli di ricerche, sul "punto di vista dell'indigeno", come lo chiamava Franz Boas, indispensabile per capire la realtà della vita dei vari popoli.
Se, viceversa, proviamo a mettere in atto il principio del "punto di vista" (sperando che nessuno voglia intenderlo come un tentativo di giustificazione di quello che è successo), dobbiamo per prima cosa smettere di definire con i nostri termini e i nostri concetti le azioni e i valori del mondo islamico.
Primo punto: noi chiamiamo "terrorismo" uccidere "civili", persone "innocenti", e quindi atti nefandi e non ammessi dal "diritto". Nel mondo islamico non esiste differenza fra diritto civile e diritto religioso, per cui chiunque appartenga all'Occidente satanico, nemico di Allah, può e deve essere ucciso.
Secondo punto: non esiste il concetto di un "tempo di pace" perché il fedele di Allah ha l'obbligo di comportarsi sempre come tale, e di lavorare per la vittoria di Allah in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo. L'errore gravissimo che da tanto tempo compie l'Occidente è quello di trasferire il concetto di "fanatismo", di "integralismo" al mondo islamico, e di considerare una specie di quello che noi chiamiamo "schegge impazzite", i terroristi. Non sono tali e se non ci sbrighiamo a comprendere e a comportarci di conseguenza, tutta l'Europa sarà presto nelle loro mani.
Come si può credere che esista questo tipo di personaggio hollywoodiano che, essendo un miliardario, ha l'hobby di organizzare atti terroristici? Questo è un tipico modo di rappresentazione occidentale, ma possiamo esserne certi - nessuno appare più imbecille di noi agli occhi musulmani. Tutto il mondo islamico lavora da anni per la conquista dell'Occidente, stabilendo la sua base in Europa, sia inviando migliaia di fedeli, organizzandone i viaggi e erigendovi moschee; sia facendo studiare nelle Università europee e americane le proprie classi dirigenti che (se lo metta bene in mente la Chiesa) non soltanto non si convertono mai al cristianesimo, ma viceversa operano con sempre maggiore successo nel convertire i cristiani all'islamismo.
Punto terzo. E' da molto tempo, ormai, che gli organizzatori della conquista dell'Occidente, fanno in modo che l'attenzione sia tutta concentrata sulla questione palestinese, ma si tratta di un'astuzia, dolorosa quanto si vuole, ma un'astuzia, nella quale sono stati stupidi gli occidentali a cadere. Il problema ebraico sarà drammaticamente più grave quando i musulmani avranno raggiunto il predominio in Europa.
E' questo il vero pericolo, e l'Unione europea, con i suoi confini che non esistono, il suo sudorientalismo, il suo favore verso l'Africa, che è già quasi tutta musulmana, ha reso estremamente più facile questo predominio. Chi può pensare che l'esistenza della più grande moschea d'Europa nel quartiere d'élite di Roma, non ne rappresenti già il simbolo concreto?
Punto quarto. Noi ce li rappresentiamo sempre come dei poveri, ma nulla è più sbagliato. I loro Paesi sono ricchissimi, perché possiedono il petrolio e le pietre preziose.
Se non investono le loro ricchezze nel benessere sociale è proprio perché sono tutti d'accordo con i loro governanti nel voler far vincere Maometto, concretamente impadronendosi dell'Europa e, attraverso l'Europa, distruggendo il modo di vivere americano.
Siamo noi degli ingenui a pensare che ci invidino. Non ci invidiano affatto, anzi. Vedono con occhi privi del velame occidentale: dei poveri maschi imbelli, assillati dalla puntualità e dalla fretta, le cui donne li comandano, li abbandonano, se ne vanno in giro nude come prostitute e gli fanno, quando va bene, un solo figlio; dei vecchi anch'essi abbandonati, nella solitudine e nella tristezza degli ospizi e delle case per anziani...
Dunque, adesso non c'è più tempo. Smettiamola di parlare con tutti la nostra lingua, nella presunzione che debba essere capita ,e accettata. Viene capita nel solo significato possibile: siamo deboli, privi di difese e dunque conquistabili.
Abbiamo addirittura fatto nostro l'inverso del vecchio e sempre valido motto dei Romani: invece del "se vuoi la pace sii pronto alla guerra", diciamo: "Se vuoi la guerra, sii pronto alla pace". Ci siamo arrivati. A forza di parlare di pace, ci troviamo in guerra. L'attacco all'America dimostra che scorrono fiumi di denaro per pagare proseliti, connivenza, spie, traditori, insieme con esperti e strateghi di grandissimo livello.
Non sono "martiri", altro termine nostro che non ha nulla a che fare con dei guerrieri: i martiri sono stati soltanto quei primi cristiani che "meravigliavano" il mondo perché rifiutavano le armi, non si difendevano, andavano incontro alla morte senza alzare un dito. Sono combattenti abilissimi, per far fronte ai quali dobbiamo inventarci altri modi di fare la guerra.
-------------------- IDA MAGLI ---------------------------------
LE CATENE DELL’UGUAGLIANZA
IMPRIGIONANO L’OCCIDENTE.
Si può tentare di fare il punto sulla situazione, non soltanto dell’Italia, ma dell’Europa e di tutto l’Occidente, senza essere accusati di catastrofismo? Si tratta, infatti, di guardare alla realtà come unico modo per costruire, o almeno per invitare coloro che sono in grado di "pensare", a costruire un sistema di significati e di strutture sui quali fondare la vita dell’individuo e la convivenza dei gruppi. Un compito immane, dunque, e che tuttavia è indispensabile dato che ciò che tutti vedono pur rifiutandosi di vederlo, è che il mondo uscito dalla rivoluzione francese, cui si è sommato quello socialcomunista, non ha più nessuna strada davanti a sé.
Diceva Cacciari, a proposito della crisi della sinistra in Italia e dei suoi "girotondi", che bisogna fare delle proposte, mettere a punto un programma, invece che limitarsi a controbattere quelle del governo Berlusconi. Giustissimo.
Ma quali possono essere queste proposte se non si ha il coraggio, o meglio la capacità intellettuale e morale, di dichiarare esaurito il modello dell’uguaglianza socialista? Esaurito perché spinto a una realizzazione "talebana", ossia assoluta, concreta, laddove l’ideale, per l’Uomo, qualsiasi ideale, incluso quello dell’uguaglianza, diventa violenza e coercizione quando viene imposto nella concretezza del Potere.
La situazione è intricatissima, ma dobbiamo fare lo sforzo di mettere in luce almeno alcuni degli aspetti più contraddittori e che stanno distruggendo il mondo occidentale, il senso della vita e della storia per i nostri giovani.
Cominciamo dalla fine, quella che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni con la catastrofe delle Borse, per tentare di risalire alle vere cause. Possibile che il metro per giudicare uno Stato, un Popolo, una Nazione, debba essere il Pil?
Eppure è così, da quando a guidare i destini dell’Europa si sono installati economisti e banchieri. Non meravigliamocene: chiunque detenga il Potere, lo fa sempre assolutizzando se stesso, oggettivando in una divinità il proprio strumento. Ma, proprio perché valutare gli uomini in base all’incremento dell’economia è profondamente sbagliato, la picchiata delle Borse, il flop della nuova tecnologia trova qui la sua spiegazione.
Spinta la "comunicazione" al di là dei bisogni degli uomini, questa è diventata, invece che strumento, oggetto "vuoto" della propria produzione. Ma non si tratta soltanto di questo. In realtà, non soltanto i mezzi di comunicazione sono troppi in confronto a ciò che gli uomini hanno da comunicare, ma è incominciato già da diversi anni il desiderio di ritrovarsi in se stessi, nel proprio gruppo, nel proprio territorio, nel tentativo di sottrarsi all’annegamento in un oceano non dominabile, il mondo intero senza confini.
Insieme, dunque, alla crisi delle tecnologie è cominciata anche la crisi del turismo, i bilanci in rosso delle compagnie aeree, aggravata senza dubbio dall’attacco dell’11 settembre, ma in realtà rispondente già al bisogno degli uomini di conoscere in profondità il proprio paese, il paesaggio in cui si è nati, i cibi e i costumi del proprio passato.
Ed è qui che si intravede più chiaramente la fine del modello dell’uguaglianza: cercare la propria storia significa cercare la propria differenza.
È un bisogno costitutivo sia del singolo individuo, che non sopporta di non conoscere chi sia il proprio padre, la propria madre, sia di ogni popolo, tanto che laddove non esiste la storia scritta, esiste il "mito di fondazione": il fatto, il dio, l’eroe che ha dato inizio alla vita del gruppo.
Le contraddizioni sono diventate, però, sempre meno dominabili a causa del sommarsi di due universalismi ugualitari: quello socialcomunista e quello cattolico, i quali si danno la mano nel cercare di mantenersi in vita con l’estensione del proprio modello a tutto il mondo e quindi nell’attività "immediata", in un presente che non riflette sul passato e non si preoccupa del futuro. Come mai la Chiesa cattolica si sia ridotta alla semplice funzione delle "opere di bene" è problema gravissimo del quale non è possibile discutere in questa breve nota.
Quello che è certo, però, è che la Chiesa oggi partecipa alla disgregazione dell’Occidente proprio in quei valori dei quali è stata assertrice: la coscienza e la responsabilità personale, che non possono mai essere incluse o sopraffatte da quelle collettive. È proprio da questo che siamo oppressi: l’uguaglianza cancella la libertà perché cancella la differenza delle coscienze (...)
Modificato da - kaiser soze on 2/25/2003 20:50:37